SCELTE parte seconda
Per la restante parte del pomeriggio continuo a seguire i pazienti e a dispensare diagnosi, senza smettere neppure un istante di pensare al dottorato di ricerca. Quando finisco il turno, la perplessità si è trasformata in delusione, un accenno di rabbia mi contorce lo stomaco impedendomi di controllare l'irrefrenabile impulso di prendere la metro e precipitarmi in facoltà da Flavio.
Una volta raggiunto il campus universitario sono letteralmente in preda a un attacco d'ira.
Perché Flavio non mi ha comunicato questa notizia? Perché sono venuta a saperlo da un collega che, tra le altre cose, non lavora neppure nel team di Flavio?
L'ateneo è vuoto. Sono quasi certa che il mio futuro marito sia ancora rinchiuso nel suo ufficio. Una volta raggiunta la porta non esito un istante ad aprirla, senza neppure preoccuparmi di bussare.
«Ehi Giù, che ci fai qui?» domanda Flavio non appena si accorge della mia presenza.
Chiudo la porta dietro di me e resto in piedi, non ho tempo di sedermi, non ho tempo di mostrarmi in qualche modo accondiscendente perché, di colpo, avverto un fremito nervoso attraversarmi la schiena, e la consapevolezza di sentirmi presa in giro non fa che peggiorare il mio malumore.
«Perché non mi hai detto nulla?» pronuncio precipitosamente.
«Dirti cosa?»
«Dirmi cosa!? Ti sembra giusto che io abbia saputo del dottorato alla Kingston University da un mio collega? Ho fatto anche la figura della cretina, perché lui lo sapeva e io, che sono la tua fidanzata, no!»
Flavio sfila dal viso gli occhiali che ultimamente usa quando passa molte ore davanti al computer. Si alza dalla sedia, gira intorno al tavolo e viene verso di me.
«Giù, l'ho saputo ieri mattina. Ma è successo tutto talmente in fretta che ieri sera non sapevo come dirtelo, ero stordito anche io da questa notizia e lo sono ancora. Te ne avrei parlato stasera.»
«Ah, me ne avresti parlato stasera? Ieri eri troppo stordito? Ma ti rendi conto della scusa che stai mettendo avanti?» Alzo il tono di voce e Flavio si irrigidisce di colpo.
«Giù, abbassa la voce, non c'è bisogno di urlare.»
Resta fermo, trattenuto e super controllato come sempre.
«Non abbasso il tono di voce! Che cosa mi stai nascondendo, Flavio?»
Ora siamo più vicini, se allungassi una mano potrei toccarlo, ma provo una fastidiosa repulsione verso di lui, quella repulsione è dettata dalla consapevolezza che un dottorato di ricerca a Londra significherà tante notizie belle per lui e altrettante novità spiacevoli per me.
«Calmati. Vieni qui» mi afferra per il braccio e mi attira a sé, poi mi stringe forte, talmente forte da capire che le novità spiacevoli sono molte più di quante io me ne aspetti realmente.
«Vuoi lasciarmi?» quasi balbetto.
«Non dire assurdità. Ti amo, non posso lasciarti. È un dottorato della durata di un anno. Il professor Milligan è rimasto impressionato dalle mie ricerche e vuole finanziarle.»
Alzo la testa per scrutare meglio il viso di Flavio e i suoi meravigliosi occhi cristallini.
«È un'opportunità che non avrei mai pensato di avere. Il dottorato include il trasferimento a Londra.» Nel pronunciare quest'ultima frase alza la testa verso la porta dietro di me, interrompendo quel sottile magnetismo che si è creato non appena i nostri sguardi si sono incrociati.
Trasferimento a Londra è una frase che mi rimbomba nel cervello come un'eco.
«Tra quanto dovresti partire?» le mie parole sono un sussurro talmente debole da temere che lui non possa sentirle.
«Un mese.»
Una sentenza.
Una condanna.
«Cosa?» Mi scosto dal suo petto repentinamente, come se una scossa elettrica mi avesse improvvisamente raggiunta.
«Devo decidere entro una settimana.»
«Il nostro matrimonio...»
Al suono della mia frase Flavio dirotta nuovamente la sua attenzione sul mio viso, mi accarezza le guance con il dorso della mano. «Non rinuncerò al nostro matrimonio. Prenderò delle ferie e ci sposeremo.» Mi bacia, le sue labbra mi sembrano un tentativo disperato di persuasione.
Mi sottraggo dalla sua bocca. «Torneresti per il matrimonio? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Mi lasceresti qui da sola ad aspettare la data delle nozze?»
«È l'occasione di una vita! Cristo santo, perché non riesci a capirmi? Perché ti ostini a vederla come un affronto a noi e al nostro rapporto?»
Già, perché non riesco a capirlo? In fondo facciamo lo stesso lavoro. Io dovrei assecondare la sua passione più di chiunque altro. Io dovrei essere fiera e orgogliosa del mio uomo, della sua intelligenza, delle sue straordinarie capacità. Ma no, non ci riesco. Non posso, non voglio comprendere le sue ragioni perché lui non sta considerando le mie. Flavio ha già in mente un piano, ha sviluppato una strategia per ottenere entrambe le cose: il suo successo professionale e il nostro matrimonio. Quello che non ha considerato è che io sono una donna e non solo una ricercatrice. Io voglio sentirmi amata, coccolata e anteposta a qualsiasi situazione e decisione. Io anteporrei Flavio a qualsiasi scelta, ma gli uomini e le donne utilizzano parametri decisionali diversi. Flavio è determinato e abnegante verso il suo lavoro in maniera ossessiva. Io ragiono con il cuore e poi con la testa quando si tratta di noi due. Lui ragiona con la testa, punto.
«Vuoi sapere perché? Te lo spiego subito: perché tu hai già deciso prima ancora di confrontarti con me, tu ieri non hai avuto il coraggio di dirmi nulla perché già sapevi cosa farai e hai escluso il mio punto di vista a priori. Sei un egoista.»
«No. Tu sei egoista, perché io non ti tarperei mai le ali se avessi un'opportunità del genere, e non ti ricatterei mai psicologicamente come stai facendo tu con me.» Mi afferra il polso costringendomi a guardarlo. «Appena avrai discusso la tesi per la specialistica potrai raggiungermi. Lavoreremo insieme, a Londra, ti farò entrare nella mia squadra di ricerca. Tornerò ogni fine settimana se mi sarà possibile, te lo prometto.»
A me non basta la prospettiva di entrare nella sua squadra di ricerca, a me non basta sapere che tornerà per il matrimonio e non mi consola neppure che lui torni ogni fine settimana, quando potrà. La realtà, per come la vedo io, è che Flavio ha già deciso senza possibilità di replica e questo fatto sta avendo su di me effetti devastanti.
Ci sono scelte che rientrano in quelli che vengono considerati obblighi morali verso sé stessi e verso gli altri. Ci sono fatti, che avvengono nella vita di un individuo, che includono tali doveri morali e le scelte conseguenti possono essere difficili, talvolta inaccettabili.
L'obbligo morale di Flavio è quello di considerarci come coppia, e lui si sta sottraendo volutamente a tale dovere. L'obbligo morale di una coppia è quello di decidere insieme, di valutare le situazioni della vita in tandem senza trascurare le necessità di nessuno. Ma la realtà è che, molte volte, le persone ragionano prima per sé stesse e poi per gli altri, anche quando si parla di coppia. Allora ogni considerazione diventa inutile, ogni speranza viene a mancare e la distanza di un amore inizia a palesarsi.
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