LA FIDUCIA SI GUADAGNA GOCCIA A GOCCIA, MA SI PERDE A LITRI (parte prima)

Mi sveglio che è quasi ora di pranzo, ho passato l'intera notte ad arrovellarmi il cervello. Un bacio. Quel bacio. Il bacio del tradimento. Il bacio tenero e caldo di Gabriel.

Sento ancora appiccicate le sue labbra sopra le mie ed è una tortura che non riesco a tollerare, è un tormento senza fine, un senso di colpa talmente pesante da non riuscire a sostenerlo.

Sciacquo il viso con vigore, strofino le dita sulle labbra sporche, ma l'acqua non servirà a ripulire la mia coscienza. Sul cellulare c'è ancora l'icona della chiamata persa di Flavio, non gli ho più telefonato. Come avrei potuto?

Un tintinnio leggero mi fa sussultare. È la notifica della chat di WhatsApp, il cuore ricomincia la sua incessante maratona, la stessa maratona iniziata ieri sera e placatasi solo dopo essermi rintanata sotto le lenzuola.

Un numero sconosciuto. Sconosciuto alla memoria del mio telefono, non certo a me.

Giù, sono sul treno diretto a Roma, tornerò lunedì mattina. Dobbiamo vederci. Forse è il caso di parlare. Non riesco a non pensare a quel bacio.

Leggo il messaggio un paio di volte, poi lo cancello. Non gli risponderò. Per quanto mi riguarda quel bacio è stato l'errore più grande che io potessi commettere. Non rivedrò Gabriel mai più.

Mi fiondo in cucina. Ho bisogno di A.Z.A.

A.Z.A. è l'acronimo che sta per: acqua, zuccheri e analgesico. Abbiamo coniato io e Gaia questa sigla durante il primo anno di università quando, di tanto in tanto, ci abbandonavamo agli eccessi del sabato sera, ingurgitando quantità di alcol che ci lasciavano in eredità pessimi effetti post-sbronza. Un bicchiere d'acqua per depurare − anche se, per sortire qualche effetto disintossicante reale dovrei iniettarmi in vena una bottiglia intera di fisiologica −, zuccheri per innalzare la glicemia crollata ai minimi storici e analgesico per evitare di sbattere la testa contro il primo spigolo a disposizione.

Il tablet suona, segno evidente di una videochiamata Skype in entrata. Rischio un crollo nervoso istantaneo. È Flavio. Mi faccio coraggio e rispondo.

«Ciao, amore!»

Mi ha chiamata amore e io questo appellativo credo proprio di non meritarmelo. Sorrido in risposta al suo saluto talmente solare da credere che non sia lui a farmelo. Londra lo rende davvero così felice?

Il cielo britannico più grigio di Milano e sempre pronto ad acquazzoni sortisce sul serio questo tipo di vivacità nel mio fidanzato?

«Ehi, ma che hai fatto? Hai una faccia terribile, Giù!»

«Ah, sì, ho un mal di testa lancinante.»

«Hai preso qualcosa?»

Alzo il blister dell'analgesico che tengo stretto nella mano.

«Tu che fai oggi?»

«Sono appena uscito dall'ateneo. Ora vado a mangiare un boccone.»

«Ho bisogno di vederti» gli comunico.

Sento la necessità di stare accanto a lui, di riempire quel vuoto che la sua assenza ha scavato dentro di me. Può sembrare assurdo un pensiero del genere dopo la nottata passata in compagnia del mio ex, ma quel bacio non è stato dettato da una mera esplosione ormonale, piuttosto da un tentativo disperato di placare il mio malessere, e il vino bevuto ha solo facilitato le cose. Io amo Flavio, di questo ne sono certa.

«Cercherò di scendere questo weekend» risponde, ma non lo vedo poi così convinto.

«Flavio, venerdì è il mio compleanno» mormoro consapevole che, probabilmente, questa ragione non sia un motivo sufficiente per annullare i suoi impegni, prendere un aereo e raggiungermi.

Respira, Giù. Respira, Giù. Continua a respirare.

«Lo so. Devo vedere se riesco a organizzarmi, ma non ti assicuro nulla.»

«Scusa, mi stai dicendo che c'è la possibilità che non verrai?»

«La possibilità c'è. Ma ti prometto che ce la metterò tutta.»

Sprofondo nella delusione.

«Ne riparliamo nei prossimi giorni, d'accordo?»

Annuisco anche se vorrei solo mettermi a piangere.

«Ti amo» mi dice.

Una pugnalata mi trafigge il petto.

«Anche io» rispondo.

Io lo amo davvero, io lo amo sul serio anche se ho commesso un errore. Un errore gigante.

Una volta chiusa la videochiamata il senso di solitudine torna a farmi compagnia, mi dispiace ma io non riesco a viverla questa distanza. Anche sforzandomi di trovare dei buoni motivi per giustificare un tale sacrificio io non ce la faccio a stare senza di lui. È tutto forzato: i miei sorrisi quando lo sento, il tentativo disperato di riempire le mie giornate pur di arrivare in fretta alla sera e poter depennare un altro giorno sul calendario.

Sono sempre stata convinta di rientrare nella categoria delle donne forti, emancipate e perfettamente in grado di superare ogni difficoltà, ma sto fallendo miseramente, ogni giorno di più. La resistenza che non sono stata in grado di opporre ieri sera a Gabriel ne è la prova inconfutabile. Per una manciata di attimi di pura estasi sto rischiando di mandare a puttane una storia straordinaria.

Passo al vaglio tutti i comportamenti superficiali che Flavio ha avuto con me negli ultimi mesi: i suoi rientri a casa in orari inaccettabili per il lavoro che svolge; cene rimandate a causa di impegni improrogabili; weekend trascorsi ad aspettare diligentemente che lui staccasse lo sguardo dal pc; conferenze mediche che hanno tolto a entrambi la possibilità di trascorrere del tempo insieme. Ma in questo elenco non c'è neppure un motivo che mi scagioni dal gesto commesso ieri sera.

Il giorno seguente mi impongo di dedicarlo alla mia tesi per la specialistica e, contro ogni aspettativa, riesco a rendere fruttifero l'intero pomeriggio. Parlo con Flavio in serata, speranzosa che possa darmi notizie del suo rientro. Non accade nulla di ciò che mi ero augurata, in compenso viene a me una straordinaria idea: comprare un biglietto e partire in direzione di Londra. Come si dice: se Maometto non va alla montagna, è la montagna ad andare da Maometto.

Una volta infilata sotto le rassicuranti coperte del mio letto provo a elaborare un piano, o meglio, cerco di costruire nella mente un discorso su come presentare la proposta a Flavio, poi il suono del cellulare mi notifica l'arrivo di un messaggio.

Solito numero sconosciuto.

Giù, perché non mi hai risposto? Domattina prendo il treno per Milano, possiamo vederci? Ho bisogno di parlarti.

Gabriel è come la tortura della goccia cinese, l'acqua che scende poco a poco ha l'obiettivo di scavare un varco nelle mie resistenze per potersi insinuare e arrecare danno. Gabriel non è cambiato. Gabriel è un manipolatore e io da sempre mi lascio incantare dai suoi modi gentili, subdoli e incredibilmente efficaci.

Cancello anche questo messaggio chiedendomi, nel frattempo, se per inviarmi quelle poche righe si sia nascosto in bagno per non farsi scoprire dalla sua bella Bambola rotta, poi spengo il telefono e mi addormento.

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