~ Capitolo 9 ~

- 11 luglio -

Questa settimana non é stata semplice e avere due uscite consecutive non rientrava nei miei piani. Claude é passato a salutarmi questa mattina portandomi un caffè, ma per mia fortuna era in ritardo e non è potuto rimanere troppo. Ero imbarazzata, ma lui sembrava a suo agio e il suo sorriso calmo mi ha tranquillizzata un po'.

Non è arrabbiato con me, nonostante il mio strano comportamento, e non si è nemmeno avvicinato troppo. Ha mantenuto le distanza come al solito e ciò mi ha fatto solo piacere. Forse ha capito che per me è solo un amico.

Liscio la gonna dell'abito con fare nervoso. Sento i palmi delle mani sudati e spero che il mio abbigliamento sia adeguato al posto in cui Leonardo mi porterà. Non é un abito firmato, non ne possiedo nessuno, ma è uno dei miei preferiti e mi sembra abbastanza elegante. É verde scuro, con le maniche strette fino al gomito mi fascia il busto aprendosi leggermente in una gonna morbida lunga fin sopra il ginocchio. I bottoncini rotondi di bronzo corrono al centro sul davanti dalla scollatura rotonda fino alla vita, abbinati alla pochette e alle decolté di dieci centimetri. Ho legato i capelli in una coda alta e ordinata, ma il trucco é quello di sempre con mascara e una linea sottile di eyeliner nero.

Mi volto verso la strada e vedo Leonardo venire verso di me, ma sta guardando il suo cellulare digitando qualcosa. Non mi nota e continua a camminare come se nulla fosse, non prestando attenzione nemmeno alla signora accanto a lui che per poco non tocca con i sacchi della spazzatura.

Aggrotta la fronte e si morde l'angolo del labbro inferiore facendolo apparire ancora più affascinante. Cavolo, devo ammettere che è proprio affascinante e mi solleva il fatto che non può vedere il rossore che mi sta invadendo il viso e che non é vestito troppo elegante. Indossa dei jeans scuri, abbinate a i soliti mocassini scuri e una camicia bianca, ma questa volta non ha tirato le maniche fino ai gomiti.

«Ciao.» dico quando è a pochi passi da me.

Alza la testa di scatto e mi fissa, ma non dice nulla. Fa scorrere lo sguardo lungo il mio corpo e mio malgrado sento dei brividi causati da quegli occhi caldi che mi fanno sentire bella. Come può farmi questo effetto? Perché non provo paura, o panico, cosa che invece sento quando gli sguardi degli altri ragazzi diventano troppo insistenti?

«N-non...» mi schiarisco la voce lisciandomi la gonna. «Non va bene? Mi devo cambiare?»

Scuote la testa. «Stai molto bene.»

«Grazie.» mormoro e abbasso lo sguardo perché non voglio che noti quanto sono arrossita.

Cavolo! Non dovrei sentirmi così, non dovrei essere tanto agitata, quasi emozionata. Sono un fascio di nervi, sento il cuore battere forte e lo sguardo caldo di Leonardo non aiuta per nulla. Perché non la smette di fissarmi? Forse ho qualcosa in viso, forse il mascara sbavato.

Si schiarisce la voce. «Andiamo?»

Annuisco sorridendo timidamente. «Dove mi porta?»

«Che ne dici di passare al tu per questa sera?» dice sorridendo e infilando il cellulare in tasca. Mi fa un cenno con la testa di seguirlo e sono grata che non abbia voluto alcun saluto ravvicinato. «Mi sentirei più a mio agio se non mi trattassi come uno sconosciuto.»

Non sarebbe male passare al tu, anche se lui l'ha fatto dal primo giorno che ci siamo visti. Credo che dia fin troppa confidenza, ma questo suo lato intraprendente infondo mi piace. Non dovrei pensare cosa mi piace e cosa no, ma per una sera posso anche comportarmi come una normale ventiquattrenne.

«Sei uno sconosciuto.»

Scuote la testa. «Sai il mio nome, che sono americano e vivo a Manhattan. Sai che sono qui in vacanza e che mi piace l'arte. Sai che mi piace la pasta e ho un debole per i macaron.»

Ridacchio perché é convinto che io sappia tanto di lui. «Ti conosco molto bene.»

«Abbiamo anche questa sera per conoscerci.» dice iniziando a camminare per la discesa diretto verso il parcheggio. Si ferma all'improvviso voltandosi verso di me. «Pensavo di cenare a Cannes, ti va bene?»

Mi piacerebbe molto, ma so bene il costo dei ristoranti di Cannes e so di non potermeli permettere in questo momento. «Proprio a Cannes?»

«Ho prenotato all' Astoux & Brun.» dice passandosi una mano dietro il collo. «Se vuoi cambiamo.»

Quel ristorante è magnifico e i prezzi non sono abbordabili per le mie tasche. Ci sono andata solo una volta a festeggiare con Arielle la mia vendita di quadri ai russi e ci ho lasciato il cuore. Uno dei posti più buoni in cui sono stata qui in Costa Azzurra, non che la lista dei ristoranti sia molto lunga.

«Leonardo, apprezzo molto, ma non posso permettermelo.»

«Non c'è problema.» dice sorridendo. «Ovviamente pago io, ti ho invitato io a cena.»

Ora sono ancora più imbarazzata. «Andiamo in un altro posto, non...»

Mi interrompe avvicinandosi a me. «Sei mai andata lì?» annuisco. «Ti piace?» chiede ancora e annuisco un'altra volta mentre lui sorride. «Bene, allora si va lì. Ho voglia di pesce e non preoccuparti, puoi prendere tutto quello che vuoi. I soldi non mi mancano e sono più che felice di cenare con te all'Astoux & Brun.»

Si volta pronto a continuare a camminare verso l'auto, ma lo fermo prendendolo per il braccio. Appena mi scontro con i suoi occhi lascio subito la presa e mi schiarisco la voce sperando di convincerlo a cambiare posto. Non voglio che mi paghi la cena e non voglio nemmeno passare per la lamentosa di turno.

«Sophie.» dice prima che io possa aprire bocca. Mi sorride sfiorandomi il braccio provocandomi brividi lungo la schiena. «Vorrei davvero cenare con te in quel posto.»

«Non posso permettermelo.» mormoro abbassando lo sguardo.

Appoggia un dito sotto il mio mento e poi lo solleva in modo tale da guardarlo negli occhi. «Ti offro io la cena, per me è solo un piacere.»

«Non mi sembra giusto, mi hai anche già dato più soldi del necessario per il dipinto.»

Sorride scuotendo la testa e lasciando cadere la mano lungo il suo fianco. «Ti ho già detto che quel quadro costava troppo poco.»

Sbuffo alzando gli occhi al cielo. «Non puoi decidere te i prezzi.»

«Tu non sai darli.»

«Lo so fare.» ribatto incrociando le braccia al petto.

«Facciamo in questo modo.» dice puntando uno sguardo deciso nel mio. «Mi riprenderò i soldi in eccesso se accetti il mio invito a cena all'Astoux & Brun e ti fai offrire la cena.»

«Ma...»

«Altrimenti ti carico in spalla e ti metto in auto e me ne frego delle tue obbiezioni.»

«Non lo faresti.»

Alza un sopracciglio e sul suo volto appare un sorriso poco rassicurante. «Vuoi rischiare?»

Lo guardo cercando segni di cedimento, ma sembra sicuro. Voglio rischiare? No perché vorrebbe dire farmi toccare troppo a lungo e non sono pronta. Le sue mani sarebbero strette intorno alle mie gambe, potrebbe toccarmi la schiena, o... no. Non posso. Non tollererei il suo tocco.

Indietreggio di un passo e accetto la sua proposta.

Mi sorride e riprende a camminare seguito da me.

Arrivati davanti alla sua auto non rimango nemmeno sorpresa di vedere una Maserati scura, me lo aspettavo. Un ragazzo come lui non poteva certo guidare un auto normale.

Salgo senza spiccicare parola, ma tutto sommato sono tranquilla. Il silenzio che ci avvolge non é carico di imbarazzo e poi la musica della radio ci fa compagnia e ogni tanto canticchiamo. Lo vedo rilassato mentre guida e devo ammettere che ha proprio fascino con un braccio poggiato al finestrino, lo sguardo attento alla strada e una mano stretta al voltante con le dita che vanno a tempo.

Il viaggio passa in un lampo e dopo aver parcheggiato in uno dei posteggi sotterranei, ci avviamo al ristorante.

Il porto è pieno di vita e la ruota panoramica torreggia su tutti con la sua musica e le sue luci. Il vociare delle persone riempie l'aria insieme ai suoi profumi di cibo e quello del mare. Cannes è piena di vita fra turisti e abitanti, ma per i miei gusti è anche troppa.

Un ragazzo biondo e alto mi passa accanto facendomi l'occhiolino e indietreggio di scatto scontrandomi con qualcun altro. Mi volto subito e mi ritrovo un paio di occhi castani che mi guardano confusi. Sorrido imbarazzata e inizio a camminare verso il ristorante. Devo essergli sembrata una pazza.

Leonardo mi si affianca in fretta, ma non mi dice nulla con mio sollievo.

Appena arriviamo il cameriere ci conduce al nostro tavolo senza che Leonardo abbia detto nulla. Deve venire qua spesso da come viene accolto anche dagli altri camerieri. Saluti, sorrisi e molta cortesia, un cliente privilegiato senza dubbi.

Mi torturo le mani sperando di non fare nessuna figuraccia. Appena arriviamo al tavolo ho quasi il terrore che Leonardo faccia come Claude e mi tocchi, ma mi scosta la sedia senza nemmeno sfiorarmi e poi va a sedersi di fronte a me tranquillamente.

Sembra capire che non mi piaccia molto essere toccata e lo apprezzo. Apprezzo che non faccia nemmeno domande del mio comportamento.

«Hai qualche preferenza negli antipasti?» chiede guardando il menù.

Scuoto la testa. «Mangio quasi tutto.»

«Quasi.» dice sorridendo. «Scommetto che le lumache non ti facciano impazzire.»

Rido perché ci ha azzeccato. «Quelle e le ostriche.»

«Non ti piacciono le ostriche?» mi chiede sconvolto e non posso fare a meno di ridere ancora di più. «É la prima volta che incontro qualcuno a cui non piacciono.»

Mi stringo nelle spalle. «Il resto lo mangio più che volentieri.»

«Ti va il plateau royal da dividere?»

Sono felice che mi chiede la mia opinione senza imporre la sua. «Volentieri.»

«Facciamo anche qualche antipasto?» propone e prima che io possa rifiutare continua. «Qualcosa di semplice, niente lumache e ostriche. Cosa ne dici?»

«Va bene.» rispondo sorridendo.

Il cameriere arriva poco dopo a prendere gli ordini e mi rendo conto che mi sto rilassando godendomi la serata. Una serata completamente diversa dalla precedente, dove mi sento calma e a mio agio senza i mostri del passato che bussano prepotentemente.

Parliamo del più e del meno e noto che non accenna mai alla sua famiglia, tranne per la sorella più piccola. Del suo lavoro so ben poco, praticamente nulla perché so solo che lavora a Manhattan nell'azienda di famiglia, ma niente di più. Noto questi particolari perché sono gli stessi di cui io non voglio parlare e mi chiedo come mai una persona come lui non voglia parlare della famiglia. Dalle poche cose che so si capisce che vuole un gran bene alla sorella e gli piace il lavoro, ama lavorare in quell'azienda, ma rimane sempre sul vago proprio come me.

Lasciando da parte questi argomenti che a quanto pare sono difficili per entrambi, mi trovo sorpresa di quello che abbiamo in comune. Oltre all'amore verso l'arte, ci appassionano i dolci al cioccolato, i libri gialli, i film d'azione e d'autore e soprattutto la musica classica. Lui ne sa molto più di me e sono rimasta quasi incantata a sentirlo parlare della musica e dei concerti a cui é andato. I suoi occhi non nascondono la sua passione e quella luce che si espande su tutto il viso mi fa battere forte il cuore.

Più di una volta ho sentito il cuore accelerare e ho cercato di portarlo subito al suo posto, con scarso successo. Devo ricordarmi che non ci sarà una prossima volta, che questa singola e bellissima uscita rimarrà l'unica.

Una volta finito di cenare decidiamo di fare una passeggiata sul lungo mare e continuiamo a chiacchierare. Ci fermiamo persino a prendere un gelato che sono felice di offrirgli.

All'una passata mi riporta a Mougins parcheggiando l'auto al solito posteggio vicino e nonostante le mie proteste, mi accompagna fino a casa. Proteste deboli, lo devo ammettere.

«Grazie per la serata.» dico sorridendo. «Mi sono divertita.»

«Sono stato bene anch'io.»

Il suo sguardo si fa caldo e l'agitazione nel mio stomaco si fa sempre più forte. Si aspetta un bacio? Si aspetta per caso che lo faccia salire? Eppure per tutta la sera non ha cercato di prendermi la mano, di mettere un braccio intorno alle spalle o alla vita e non ha cercato di baciarmi. É stato accanto a me a passeggiare e chiacchierare senza farmi alcuna pressione.

Infilo in fretta le chiavi nella toppa della porta. «Grazie.» ripeto di nuovo come una stupida.

Ridacchia. «Basta ringraziare. Allora...»

«Ci vediamo.» dico prima che possa aggiungere altro. «Se hai bisogno di altri dipinti passa alla galleria.»

«Passo volentieri.»

«Bene.» dico continuando a sorridere come una perfetta stupida. Presa da un attacco di coraggio mi avvicino baciandogli la guancia. «Ciao Leonardo.»

Chiudo in fretta la porta alle mie spalle e salgo le scale. Non voglio pensare troppo a quello che ho appena fatto. Non devo pensare al suo profumo speziato, al calore sotto le mie labbra e a quanto io sia stata bene questa sera.

Non posso pensare a Leonardo e a come mi sono sentita. La confidenza che gli ho dato é anche troppa, ma da domani tornerà tutto come prima.

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