~Capitolo 17 ~

- 23 luglio -

Sono cinque giorni che oramai esco con Leonardo e ogni volta il mio cuore batte sempre più forte e mi sento sempre più a mio agio. Ancora non posso credere che mi sto vedendo con un ragazzo, non dopo quello che ho passato, dopo quello che mi sono ripromessa. Non avrei dovuto affezionarmi a nessuno, ma so che mi sto affezionando a Leonardo più di quanto vorrei.

Oggi pomeriggio é stato abbastanza piatto e il bel turista non si é fatto né vedere, né sentire. Mi pulisco le mani nella maglietta sporcandola di blu. Guardo la tela per qualche istante, ma non mi convince per nulla quello che ho fatto. Devo lavorarci ancora prima di presentarla ai russi, altrimenti non mi commissioneranno più nulla e ho bisogno di loro come clienti.

La porta della galleria é chiusa, anche se non con la chiave, e spero che non entri nessun mal intenzionato a rubare qualche dipinto, ma mi affido al buon giudizio delle persone e anche dei negozianti vicini. Vedranno sicuramente se c'é qualcosa che non va, quindi sono al sicuro.

Appoggio il pennello che tenevo fra i denti sul tavolo e sospiro fissando la tela. Manca qualcosa, a questo dipinto manca decisamente qualcosa e ancora non riesco a capire, però, cosa. Più lo guardo e più me ne rendo conto, ma non riesco a trovare cosa sia, come colmare la mancanza.

«Ciao.»

Sussulto voltandomi di scatto.

Cavolo!

Sgrano gli occhi fissando Leonardo che a sua volta mi guarda fermo sull'ultimo gradino. I suoi caldi occhi scivolano sul mio corpo accarezzandomi le gambe nude e mi ricordo che ho indosso solo la mia stupida maglietta larga. Tiro l'orlo cercando di abbassarla, ma senza grande successo. Almeno la parte sopra é ben coperta e non devo spiegare nulla.

Rimango ferma non sapendo cosa fare. Che stupida! Avrei dovuto chiudere a chiave la porta, o non scendere qui per dipingere quando é ancora l'orario di apertura della galleria. Non commetterò ancora una volta questo errore.

«L'hai dipinta tu?» chiede indicando la tela alle mie spalle.

Annuisco. «Ci sto lavorando.»

«Sembra che manchi qualcosa.» dice continuando a osservarla, ma non si sposta da quel maledetto gradino. «Vendi i tuoi dipinti?»

Ora cosa rispondo? Gli dico la verità? Non so se posso fidarmi fino a questo punto, anche se con lui mi sono lasciata andare. Insomma, ci sono stati baci abbastanza spinti in questi giorni e anche molto dolci e per me vuol dire fidarsi. Gli ho permesso di avvicinarsi a me, ma forse non é il caso che sappia che sono una pittrice, che il dipinto che ha acquistato é mio. No, non posso rivelarglielo. Gli ho già raccontato tanto di me.

«Ogni tanto.» rispondo torturando l'orlo della maglietta. «A questa tela manca chiaramente qualcosa, ma non so ancora cosa.»

Annuisce avvicinandosi solo di qualche passo. Osserva ancora la tela e poi sposta lo sguardo su quelle appoggiate dietro il tavolo dove risalta quella nera e rossa e altre, una delle quali gli ho mostrato come stessa autrice di quella che ha acquistato. Forse non si ricorda, infondo non stava prestando molta attenzione in quel momento. Potrebbe non accorgersi del collegamento.

Dannazione! Perché é venuto qui? Perché gli ho mostrato più tele del necessario?

Sposta lo sguardo su di me, ma prima di arrivare ai miei occhi si sofferma un po' troppo sulle mie gambe facendomi arrossire. Quelle iridi marroni sono così scure e intense che mi fanno battere forte il cuore e mi paralizzano al mio posto, come se già la situazione non bastasse.

«Ho una domanda da farti.» dice avvicinandosi ancora di un passo. «Il dipinto che ho acquistato, non è di una pittrice qualunque. Sei tu la pittrice?»

«No?» chiedo come una stupida. Alza un sopracciglio e sospiro annuendo. «Sì, sono io.» mi morsico il labbro nervosamente. «Per favore, non dirlo a nessuno.»

«Perché?» chiede evidentemente confuso. «Gli artisti non cercano la fama? Non vogliono essere conosciuti?» continua lanciando uno sguardo al tavolo ricoperto di disegni e spero che non veda i suoi ritratti. Ho già fatto abbastanza figuracce. «Sei brava, i tuoi quadri sono pieni di sentimenti. Penso di avertelo già detto, anche se non sapevo che fosse tuo quel dipinto.»

«Grazie.» mormoro imbarazzata, ma poi torno a guardarlo con decisione perché deve capire che questa scoperta deve tenersela per lui. «Sono seria Leonardo, non dire a nessuno di me. Con Arielle sono d'accordo che nessun cliente sappia di me, voglio che a parlare siano i miei quadri e non io. Per me il pittore non deve parlare, sono le tele che lo fanno.»

Annuisce, anche se lo vedo ancora titubante. «Un volto porta sicuramente più clienti.»

«Va bene così.» dico sperando che capisca. «Leonardo, per favore, tieniti per te questa cosa.»

«Va bene.» dice avvicinandosi e sorridendomi dolcemente mandandomi il cuore in gola. «Se per te é tanto importante, manterrò questo segreto.»

«Grazie.» dico tirando un sospiro di sollievo.

Per fortuna che ha capito e che non ha fatto altre domande perché non avrei saputo cosa rispondere. Non voglio che sappia del mio passato, non voglio che si informi su di me. Strano a dirsi, ma ancora non sa il mio cognome e quindi non può nemmeno collegarmi alle notizie uscite sui giornali qualche anno prima, ma lo stesso vale per me. Non so come si chiama di cognome e non ho potuto cercare nulla su di lui, ma non voglio nemmeno. Mi piace che ci stiamo scoprendo lentamente e qualcosa dentro di me mi dice che mi posso fidare, che posso continuare a farlo.

«Hai bisogno di qualcosa?» chiedo attirando la sua attenzione che si é persa nelle tele dietro al tavolo. Si volta verso di me corrugando la fronte. «Sei venuto qui in galleria per qualcosa in particolare?»

«Non proprio.» risponde sorridendo maliziosamente e avvicinandosi ancora a me lasciando solo un passo di distanza fra noi. «Avevo voglia di vederti.»

Sorrido felice di ciò che ha detto. «Se vuoi possiamo andare sopra.»

«Perché non rimanere qui?» chiede accarezzandomi il braccio con la punta delle dita. «Ho notato un divano che sembra alquanto comodo.»

Sento il rossore invadermi il volto e abbasso lo sguardo imbarazzata. Per quanto possa piacermi, non voglio che mi veda senza abiti e non sono per nulla pronta a quel tipo di contatto intimo. Lo so che Leonardo vorrebbe spingersi oltre, lo capisco da come mi guarda, dai suoi baci che si fanno sempre più spinti e che io cerco di rallentare. Vorrei spiegargli che non sono pronta, ma passerei per una ragazzina e se gli dicessi la verità scapperebbe e non voglio.

Sono combattuta con me stessa, ma non posso assolutamente permettere che sappia del mio passato. Non voglio perderlo, non ancora.

«Cosa ne dici di bere un caffè?» propongo indicando la macchinetta vicino alla porta e posta su un tavolino basso di legno. «É molto buono, i clienti lo apprezzano.»

«Io non sono un cliente.»

Mi allontano da lui facendo il giro del tavolo e fermandomi sull'altro lato. «Però è buono il caffè.»

Sorride scuotendo la testa e poi fa scivolare lo sguardo sui disegni sparsi sul ripiano. «Mi piace il tuo tratto.»

«Grazie.»

Raccoglie uno straccio sporco di tempera e se lo rigira fra le mani guardandolo e sporcandosi un po'. Penso che sporco di tempera sarebbe ancora più affascinante, chissà se ha mai dipinto in vita sua. Senza camicia, solo con dei pantaloni e a piedi nudi, davanti ad una tela e sporchi entrambi di colore sarebbe una scena che vedrei volentieri.

Scuoto la testa imponendomi di tornare alla realtà e concentrandomi sul presente. Non é proprio il caso che la mia mente divaghi troppo, anche perché non ho nemmeno il coraggio di togliermi la maglietta, di sentire per troppo tempo le sue mani su di me. Ho paura di avere qualche reazione sbagliata. Quando ci baciamo e le sue mani indugiano sulle ferite per troppo tempo, il mio corpo inizia a reagire in modo sbagliato e mi allontano.

Fra di noi non potrà funzionare a lungo, non con me che tremo se mi tocca troppo a lungo.

Odio questa parte di me. Odio il fatto di non riuscire a lasciarmi andare con Leonardo come vorrei perché lui mi piace.

Mi piace.

Cavolo! Mi piace Leonardo! Mi piace il bel turista americano! Mi piace il ragazzo presuntuoso che si é presentato in galleria quasi un mese fa. É passato quasi un mese da quando é apparso, mi sembra così strano. Oggi è solo il ventitre luglio, eppure mi sembra che Leonardo sia entrato ieri in galleria.

«Francesina.» dice attirando la mia attenzione distogliendomi da tutti quei pensieri vorticosi. «Francesina, voglio che tu mi ritragga come una delle tue ragazze francesi.» dice guardandomi dritto negli occhi e poi alzando quello straccio sporco di tempera. «Con questo addosso.»

Non posso crederci che abbia appena citato il Titanic.

Rido, ma lo assecondo in questa stupidaggine. «D'accordo.»

«Con solo questo addosso.» dice sorridendo maliziosamente e anche il suo sguardo si riempie di intensità.

Scoppio a ridere strappandogli lo straccio di mano. «Bene, Rose, vatti a sedere sul divano e stai in silenzio.» dico prendendo dei pezzi di carboncino. «Come una delle mie ragazze francesi.»

Sorride scuotendo la testa e sedendosi sul divano. «Hai mai ritratto delle modelle?»

«Sì.» rispondo prendendo il mio blocco e spostando una sedia davanti a lui. «Vuoi un ritratto intero, o un particolare?»

«Fai tu, mi affido al tuo giudizio.»

Annuisco e mi concentro sul foglio. Alzo lo sguardo studiando il suo volto e so già cosa disegnare per prima cosa. Più volte ho pensato a come potesse essere ritrarlo dal vero e ora che ne ho la possibilità sono agitata, quasi emozionata. Sento il viso diventare rosso per l'intensità con cui mi sta guardando, ma decido di concentrarmi sul disegno e inizio a ritrarre le sue labbra perfette.

Dopo qualche minuto prende il cellulare aggrottando la fronte e poi lo appoggia sul divano con lo schermo verso il cuscino.

«Tutto bene?» chiedo continuando a tracciare le linee.

Annuisce. «Tranquilla.»

Mi concentro sul disegno lasciando da parte tutti i miei pensieri. Restiamo avvolti in un dolce silenzio spezzato solo dal carboncino che viene premuto sul foglio e nient'altro. Non parliamo e mi piace questo silenzio complice che si crea fra di noi e non é la prima volta.

«Finito.» dico dopo poco più di mezz'ora.

Guardo il disegno soddisfatta e Leonardo mi sorride stirandosi le braccia verso l'alto e facendo tendere la camicia sul petto. É una bella visione e direi che potrei ritrarlo nuovamente, ma questa volta i muscoli delle sue braccia.

Lo vedo prendere in mano il cellulare aggrottando la fronte. Guarda attentamente qualcosa sullo schermo per poi digitare frettolosamente e tutta la sua tranquillità e serenità é sparita.

«Devo andare.» dice passandosi una mano fra i capelli.

«É successo qualcosa?» chiedo preoccupata.

Si avvicina a me sorridendomi dolcemente. «Nulla di cui ti debba preoccupare. Cam mi ha detto di tornare in hotel, forse qualche cliente é passato per parlare con me.»

Annuisco, anche se sono sicura che non mi stia dicendo la verità. «Tieni.» gli allungo il disegno del suo volto. «Ti ho disegnato come una delle mie modelle.»

«Ne sono felice.» risponde dandomi un bacio veloce. «Spero che non baci tutte le tue modelle.»

Scuote la testa. «Solo quelle brave.»

«Spero di essere stato l'unico bravo.»

«Direi di sì.» rispondo mentre mi bacia un'altra volta.

Sorrido mentre Leonardo sale le scale e se ne va. Qualcosa nel suo sguardo non mi rassicura, ma non posso certo costringerlo a dirmi le cose quando sono io la prima a nascondere dei segreti.


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