Rosso vermiglio
La nave con il ponte sparì e a un tratto uno sfolgorio gli colpì gli occhi. Era così intenso da annebbiargli la vista. Fece in tempo ad arretrare di un passo e sentì tutto lo sconforto addosso che gli chiudeva lo stomaco. Il bagliore proveniva da un angolo della stanza: era un barbaglio rossastro, di una tonalità sanguigna. Avvertì le iridi colpite in modo malevolo da quel riflesso, che sembrava trapassare la retina fino ad arrivare al cranio.
"Oh, mio Dio", pensò. Nonostante l'aria si fosse rinfrescata iniziò ad avvertire un forte calore e a sudare copiosamente.
Turbato, si avvicinò, là dove una chiazza si espandeva sul pavimento di linoleum, si chinò, toccò con mano, alzò lo sguardo per capire da quale oggetto potesse irradiarsi una tale luce.
Era un chicco di melograno che fluttuava in aria sospeso. Ne seguì la traiettoria, rapito da tanta bellezza. Era perfetto, lucente e maestoso, quasi regale. Allungò la mano e lo afferrò. Non risplendeva più. L'aveva fatto suo, accorciato le distanze, fino a inglobarlo nella sua
mano.
Quel rosso vermiglio gli rammentò il suo misfatto: aveva ucciso Eleonora.
Fu scosso da tremiti. Si era macchiato di una grave colpa, ma per fortuna era sfuggito a Costantine e alla sua banda. Quei delinquenti gli avevano prestato soldi e poi gli avevano succhiato il midollo con gli interessi alle stelle. "Maledetti strozzini!" La colpa era stata anche sua che si era giocato tutto. A causa del vizio per il gioco d'azzardo aveva perso tutti i suoi averi e la sua impresa di pescatori era stata dichiarata fallita.
La Temperanza, all'epoca, era stata l'unica sua salvezza, e poi l'incontro con Lui.
A pensarci bene era così disperato che non aveva potuto fare in altro modo.
Quella sera sul ponte, quando aveva osservato il mare e i riflessi del tramonto, avrebbe voluto tuffarvisi, ma quel Matusalemme dagli occhi penetranti blu l'aveva trattenuto e, dopo aver ascoltato la sua storia, gli aveva offerto i dadi. «Prendili», gli aveva detto «in cambio, la tua anima sarà mia». Aveva accettato. Non credeva alle fanfaronate del marinaio, che si professava essere una sorta di Mefistofele. Da allora, però, aveva iniziato a vincere, erano dadi esoterici che si attivavano al contatto delle dita della mano ed erano capaci di percepire le emozioni attraverso il calore impresso.
Ora, venuto fuori dal nulla un secondo chicco di melograno gli danzò intorno. Prese anche quello. Ma poi vide qualcuno, proprio dietro la traiettoria disegnata dal chicco. Un'ombra fluttuante e tenebrosa come le ali di un pipistrello. Un grido rauco gli morì in gola.
La figura era avvolta in un mantello nero come l'ebano. Aveva la faccia seminascosta, ma gli parve d'intravedere un ghigno. O era solo la sua impressione?
Incubo, realtà, allucinazione. In quale universo stava viaggiando?
Vide una mano scheletrica, che aprì lentamente le dita nodose rivelando nel palmo altri chicchi di melograno.
Era dunque lei che li stava lanciando in aria?
«Chi sei, cosa vuoi da me?» gli chiese.
Per tutta risposta altri chicchi di melograno furono lanciati in aria e atterrarono sul pavimento.
La figura parlò:
«I dodici chicchi di melograno rappresentano la tua anima. Sei li ho già tirati, altri sei sono nelle tue mani.
Solo superando alcune prove che ti sottoporrò potrai prendere possesso della metà e tentare di salvarti, altrimenti la tua anima sarà persa per sempre, in balia dell'Incantatore Infernale.»
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