21: 15 Luglio 1997.

L' A R T E
D I
U C C I D E R E

Dott.ssa Eryn Forst,
1165 Harrison St.,
Seattle, Washington.

A Harry Styles,
115 Sherwood Dr.,
Belle Chasse, Louisiana.

All'attenzione di Harry Styles.

Salve, signor Harry.

Non cestini questa lettera, si prenda un paio di minuti per leggere (e rileggerla, se serve).
Ho avuto il suo indirizzo postale dal suo capo, al Chronicles. Avrei di gran lunga preferito inviarle una lettera in redazione, ma non me l'hanno permesso, sa, hanno preferito lasciarmi il suo indirizzo personale poiché erano convinti che questa lettera potesse contenere referti medici personali (solo perché mi sono presentata come Dottoressa). Sono desolata per l'accaduto.

Sono la dottoressa Eryn Forst, sono un chirurgo plastico e svolgo la mia professione all'ospedale Mercy West, ed utilizzo il mio cognome da nubile soltanto in campo medico (in quanto mio marito è il primario di chirurgia di un'ospedale concorrente al nostro), se mai dovesse sentire la necessità di spedirmi una lettera di risposta, la prego di indirizzarla ad Eryn Lancaster.

La contatto poiché sono sicura di essere l'unica vittima sopravvissuta dell'esecutore di New Orleans, o meglio, di Mark Harbory.

Ci siamo rivisti una decina di anni fa ad un seminario di Medicina a Miami, per la presentazione di una nuova tecnica di sutura post-operazione, l'ospedale per cui lavoro ha deciso di imporci la partecipazione al seminario e non potevo certo rifiutare un weekend completamente finanziato a Miami, dopotutto.

Mark, che non lavora nemmeno nella chirurgia, era presente al seminario su questa nuova tecnica per i punti di sutura che non lasciano nessuna cicatrice. Come chirurgo plastico, ne avevo già sentito parlare ed avevamo appurato che era una tecnica rivoluzionaria, ma perché tale argomento poteva interessare ad uno psichiatra?

Mark ed io abbiamo avuto una breve storia da ragazzini, almeno finché mio padre non ha dovuto trasferire l'intera famiglia in Nebraska per rilevare l'attività del defunto padre. Mark mi ha odiata per aver scelto di andarmene, nonostante non avessi molta voce in capitolo.
Eravamo giovani, io avevo sedici anni e lui diciassette, ed era brutto, goffo ed in piena fase ormonale, non avrei riconosciuto l'uomo che si sedette vicino a me al seminario se non fosse stato per un'etichetta appicciata alla sua giacca con su scritto nome e cognome.

Non aveva più brufoli ovunque sul viso, non era più goffo, e nemmeno brutto. Mi ritrovavo davanti un uomo attraente, dagli occhi azzurri e penetranti. Non era lo stesso Mark che aveva lasciato per trasferirmi in Nebraska. Era più un modello di Play Boy travestito da dottore per una festa in maschera. Come poteva, il Mark che conoscevo, essersi trasformato in tale piacere per gli occhi?

Anche lui mi riconobbe per l'etichetta con il nome e, al tempo, non portavo - ancora - nessun anello di fidanzamento o la fede matrimoniale. E, in ogni caso, non ne notai una presente nemmeno sulle sue, di mani. Nonostante, poi, venni a conoscenza che, in realtà, una moglie ad aspettarlo a casa c'era.

Non ho mai avuto la sensazione che la mia vita fosse in pericolo mentre ero in sua compagnia. Sembrava.. innocuo.

Alla fine della prima giornata di seminario del weekend, mi ha chiesto se avevo piacere di cenare con lui. Ripeto, non mi era risuonato nessun campanello dall'allarme, pensava non sarebbe stato in grado di fare del male nemmeno ad una mosca, quindi accettai.

Fu una cena tranquilla, consumo controllato dell'alcol e tante chiacchiere superflue. Ma avevo passato una serata deliziosa, possibile che quello fosse lo stesso Mark che a diciassette anni si era convinto che fosse stata una mia decisione lasciarlo?

Per tutta la durata della cena, però, non lasciò mai trapelare il fatto d'essere sposato, o della sua situazione sentimentale generale. Io, invece, l'avevo spiattellato ai quattro venti d'essere single, perché un bell'uomo come Mark, che t'invita a cena e si atteggia da galantuomo, ti fa sentire le farfalle nello stomaco. E poi, ero convinta che, tra medici si potesse avere un'intesa migliore - ed è così, solo che, non con lui.

Non presenziai alle altre due giornate di seminario perché, quella sera, dopo che Mark mi aveva riaccompagnato nella mia stanza d'hotel (pericolosamente un po' troppo vicina alla sua) non riuscii ad uscirne per 24 lunghe ore.

Ero appena uscita dalla doccia quando sentii la porta della mia camera d'albergo richiudersi, segnalandomi che non ero più sola.
Chiunque fosse entrato nella mia stanza l'aveva fatto utilizzando una passe-partout rubato a qualche dipendente dell'Hotel ed indossava un passamontagna. Riuscii, però, a riconoscere i suoi occhi azzurri penetranti.

All'università di medicina non ti insegnano come comportarti prima e dopo la presunta aggressione di un serial killer, ed essendo io una sopravvissuta avevo paura solo al pensiero di dover recarmi alla polizia e denunciare ciò che mi era successo quel weekend a Miami, a cui nemmeno volevo partecipare.

Ha fatto irruzione nella mia stanza, con un passamontagna che non copriva nemmeno i suoi occhi, spesso penso che volesse solamente farsi riconoscere, oppure sperava che, una volta tornata dal mio weekend lo denunciassi, così che la polizia potesse arrestarlo e fermare la sua furia omicida.

Ero troppo scioccata dal proferire parola, quella sera, nella mia camera d'albergo mentre guardavo negli occhi il mio ex fidanzato pazzo che prendeva qualcosa dalla tasca posteriore dei suoi cargo neri.

Era una siringa con dentro quello che - credo - fosse Vallium.
Avrei voluto opporre resistenza, ma non riuscivo a muovere un muscolo. Avevo paura e la paura mi aveva pietrificata.
«Non.. farmi del male», ero riuscita a sussurrare, prima che mi piantasse la siringa sotto pelle e mi iniettasse qualsiasi cosa contenesse.


Mark era uno psichiatra, quindi era altamente possibile che, ad occhi, riuscisse ad indovinare la dose esatta di qualsiasi tipo di sonnifero per far cadere qualsiasi persona in un sonno talmente profondo da perdere i sensi. Ed è ciò che successe, poiché mi risvegliai legata al letto. Ancora vestita.

Mark voleva pareggiare i conti. Voleva sentirsi potente. Voleva comandare lui.
Non aveva avuto la possibilità di comandare la nostra relazione quando eravamo giovani, poiché io ne porsi fine, e stava finalmente attuando la sua vendetta.

Se non avessi supplicato per la mia vita, spingendolo a pensare che ci fosse qualcuno che avrebbe sicuramente notato la mia scomparsa e che sapeva che eravamo stati a cena assieme, quindi collocandolo come l'ultima persona ad avermi vista viva, probabilmente mi avrebbe uccisa, ed oggi non sarei qui e raccontare le mie 24 ore di prigionia.

Mi ero risvegliata con un mal di testa pungente, una sete da paura, e dolore dove le corde immobilizzavano le mie braccia e le mie gambe. E con Mark che mi osservava nella penombra della mia stanza.
«Morirai e scaricherò il tuo cadavere nello sterco di vacche, come avevi fatto con la nostra relazione, Eryn», mi disse quando realizzò che ero abbastanza vigile da capire ciò che mi veniva detto.

Ne sono uscita viva, con una brutta cicatrice al petto ed una nell'interno coscia destro, ma viva.

La prego di considerare questa lettera, signor Harry.
Sono disponibile a raccontare la mia storia nei minimi dettagli. Oppure può farsela raccontare direttamente da Mark Harbory e farmi sapere perché bramava così tanto di rendermi una sua vittima.

Distinti saluti,
Dott.ssa Eryn Forst.

P.S: Lettera di ritorno intestata a:
Eryn Lancaster,
1165 Harrison St.,
Seattle, Washington.

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