19: bozza n.1, 12 Luglio 1997.
L' A R T E
D I
U C C I D E R E
Rose arrivò puntuale al diner dove ci eravamo dati appuntamento. Indossava un cappellino che le copriva il volto e camminava a testa bassa e una felpa a ricoprire il suo corpo magro nonostante fosse Luglio. Sembrava un indumento che doveva essere appartenuto a Mark a giudicare da quanto largo vestiva su di lei.
Ci sedemmo ad un tavolo al riparo da occhi indiscreti, lontano dall'entrata principale.
«Il pranzo lo paga la redazione, sentiti libera di ordinare quello che vuoi e, ti prego, non limitarti solo ad un caffè. Mi potrei offendere», mentii indossando il mio miglior sorriso. La redazione non finanziava nemmeno i miei viaggi fino alla prigione ogni weekend, non mi concedeva un rimborso chilometrico o si offriva di coprire le spese per la benzina utilizzata.
Rose mi sorrise timidamente e mi sembrava di star leggendo un libro rimasto per caso aperto sopra la scrivania. Non pareva uscisse di casa troppo spesso, fuorché fosse estremamente necessario, oppure delegava ad altri quel compito atroce?
«Mi dispiace molto di averti costretta ad essere qui, oggi. È per una giusta causa, Rose.»
«Devo dire che non hai reso molto facile rifiutare quest'invito.»
«Di nuovo, mi dispiace...», chinai il capo, come un bambino colto sul fatto.
Sorpresi Rose ad osservare il mio stupido registratore che lampeggiava. Avevo dimenticato di spegnerlo e riporlo nella mia borsa prima che lei arrivasse e non sapevo come spiegarle che era solo un'innocente e genuina dimenticanza.
«Lo spengo e lo metto subito al suo posto, non è mai stata mia intenzione utilizzarlo per quest'incontro. Mi dispiace da–», non riuscivo a tenere a freno la lingua. Stavo per fare una colossale figura di merda che mi sarebbe costata la fiducia di Rose.
«Da morire?»
«No. Cioè, sì, stavo per dirlo. Però credo proprio sia fuori luogo..»
Rose scoppiò a ridere. Non riuscii a scusarmi nuovamente poiché Tamara ci interruppe, si era avvicinata per prendere l'ordine della mia ospite – che speravo vivamente non si sarebbe accontentata di un caffè amaro.
«Prenderò un... uhm... un grilled cheese con bacon e un contorno di patatine fritte, per favore. Mi piace mangiare le mie patatine fritte con un po' di ranch, altrimenti un classico ketchup va bene – a parte, grazie.»
Guardandola capivo perché Mark si fosse innamorato di lei. Aveva un viso perfetto. Lunghi capelli castani che le incorniciavano perfettamente il volto dalla pelle chiara, qualche lentiggine sparsa qua e là sulle sue guance e sul suo naso alla francese e due occhi azzurri, più azzurri del mare. E nonostante avesse sofferto molto negli ultimi anni solamente delle occhiaie le segnavano il volto. Sembrava non essere invecchiata nemmeno di un minuto, se non l'avessi saputo l'avrei collocate tra i trenta e i trentacinque anni.
«Non so se ne sei al corrente, ma io sono un giornalista di cronaca nera per il Canal Street Chronicles – non interrompermi, per favore, non sono qui per ricavarne un'intervista. Dicevo... oh, sì. Il mio incarico è quello di partire ogni sabato da Belle Chasse, guidare la mia auto fino al carcere di Orleans Parish e sentire Mark parlare di quello che gli passa per la testa per un'ora – a volte un'ora e mezza – per ricavarne un speciale sull'esecutore di New Orleans. Quando dico speciale intendo dire che probabilmente ne ricaveremo un articolo da copertina e un libro da un centinaio di pagine.»
«Non ho ancora capito a cosa ti può servire parlare con me se non ricavarne una mezza intervista», il suo sguardo era dubbioso ed io sentivo le mie guance andare a fuoco. Mi stavo imbarazzando.
«Non ti preoccupare, Rose, non sono qui per storcerti un'intervista. Te lo giuro. Sono qui per altro...»
«Alla scuola per giornalisti non vi hanno insegnato ad arrivare al punto?»
«Mark sta per essere giustiziato, so che ne sei al corrente. Mi sono fatto impietosire da quella sua faccia da innocente e ti ho cercata. No, ti prego, stammi a sentire.»
«Lo so che lo giustizieranno, è quel che si merita. Potrei esserci stata io al posto di qualsiasi delle sue vittime, Harry. Potrebbe esserci stato nostro figlio.»
«Non sono qui a giustificare ciò che ha fatto, ma quando parla di te vedo nei suoi occhi... qualcosa. Cambiano, come quando sorridi, lo vedi dagli occhi che una persona sta sorridendo perché è felice. Ed io dai suoi vedo amore. Amore vero.»
«Baggianate, Harry. Vuole solo arrivare al suo scopo cercando di impietosirti.»
«Anche fosse quello il suo intento, sono fermamente convinto che meriti un'ultima visita, Rose. So che ha fatto del male a delle persone, ma da quando è stato condannato non ha mai ricevuto una visita. Mi definisce il suo unico amico, si è messo a contare i giorni che lo separano dal parlare con me ogni singola settimana.»
«Nessuno vuole far visita ad un serial killer, Harry.»
«Anche Ted Bundy riceveva visite.»
«Questo non prova nulla», sbuffò.
«Mark nemmeno lo sa che volevo mettermi in contatto con te e ci sono riuscito. Veramente, non ti voglio impietosire, ma sono convinto che qualsiasi essere umano – indifferentemente da ciò che ha deciso di fare ed essere nella sua vita – merita un'ultima visita prima di morire. Mark è stato condannato alla sedia elettrica e morirà a Gennaio. Tu sai meglio di me da quanti anni si trova nel braccio della morte e ti supplica di fargli visita per ricordarsi del tuo viso e del tuo profumo prima di essere giustiziato.»
«Mi credi una persona senza cuore, vero?»
«Non proprio, io capisco tu abbia le tue ragioni, però–»
«Non sono senza cuore, Harry. Provo solo del risentimento verso chi mi ha rovinato la vita, è diverso. Per colpa sua mi hanno licenziata, mio figlio viene bullizzato e non dormo più la notte. Ho bisogno di uno strizza cervelli, ma come faccio a fidarmi quando mio marito era uno di loro e si è rivelato essere un assassino nel suo tempo libero? Non ho quasi più un soldo perché il suo conto è stato congelato e non riesco più a portare il pane a casa. Probabilmente il mese prossimo mi staccheranno la luce e non avrò più acqua calda con cui lavare mio figlio perché non riesco a pagare le bollette. Non mi godo un secondo di silenzio da quando Mark è stato arrestato perché i giornalisti sono fuori casa mia ogni giorno, tutto il giorno. Non mi preoccupo di essere sfrattata perché il mutuo è stato estinto anni fa.»
«Posso fare qualcosa per aiutarti Rose, ne sono certo. Lascia che ti aiuti.»
«Sono convinta di dover rialzarmi da sola.»
«Puoi rialzarti da sola accettando un piccolo aiuto da chi te lo sta porgendo.»
«Nessuno vuole assumermi, Harry. Sanno che sono la moglie di un assassino», Rose iniziò a piangere.
«Possiamo iniziare riprendendo il tuo cognome da nubile, no?»
«Dovrei presentare la domanda di divorzio per iniziare le pratiche per riprendere il mio cognome da nubile. Mark non firmerebbe mai.»
«No, non lo farebbe. Sa di averti fatto soffrire, ma non sa quanto tutto ciò ha influito sulla tua vita», però potrebbe essere possibile dopo la sua morte. Lo pansai, ma non lo dissi.
«Come posso concedergli una visita se non riesco a rimettermi in sesto, Harry?»
«Trai da questa disgrazia del profitto. Scrivi un libro. Vai in televisione. Non avresti nemmeno bisogno di cercare una casa editrice perché saranno loro a cercare te, puoi venderlo al miglior offerente. Ci sono editori che offrirebbero milioni per leggere un tuo libro. Sfrutta questa tragedia, Rose.»
«Non era proprio così che volevo rimettermi in piedi», ridacchiò, asciugandosi le lacrime.
«Ti posso aiutare. Un mio amico cerca qualcuno da inserire nel suo team per tradurre libri di autori emergenti, ti pagherebbe un fisso e poi il resto arriverebbe se il libro vende. Posso mettervi in contatto. Saresti la persona più adatta vista la tua laurea in materie linguistiche.»
«Non è una brutta idea, in realtà. Potrebbe essere un buon piano», Rose, finalmente, mi rivolse un sorriso vero. Finalmente era felice d'essere in mia compagnia.
«E puoi sempre considerare l'idea di scriverlo di tuo pugno, un libro. E le interviste e tutto il resto.. potresti persino pensare di denunciare la questione del licenziamento in una delle tue interviste in tv. Qualcuno si potrebbe commuovere ed offrirti un lavoro in qualche scuola!»
Ci furono dei lunghi minuti dove nessuno dei due parlò. Ci limitammo ad addentare il pranzo e guardarci attorno. Mark mi aveva impietosito, ma Rose mi aveva fatto capire cosa significava raccogliere i cocci di una situazione drammatica e ritrovarsi ad affrontarla da sola.
«Non sono un mostro, sai? Non l'avrei lasciato morire così, completamente da solo. Non sono ancora riuscita a spiegare a Leonard perché papà non può più tornare a casa, non è che non volessi portarglielo. Però più passavano gli anni e meno riuscivo a dirgli la verità. Quindi papà è diventato un brutto ricordo, il classico papà che esce di casa per comprare il latte e ti abbandona.»
«Non ho mai pensato che tu fossi un mostro, Rose.»
«Ma tanta gente lo pensa!»
«Lo pensano perché non sanno la verità.»
«Non ho mai trovato il coraggio di fargli visita. Volevo andarci a testa alta, sai. Come se non mi avesse rovinato la vita. Ma non riesco a farlo finché non mi rimetto in sesto. Non voglio che muoia da solo. Ma non voglio nemmeno che mi veda in queste condizioni. Lo odio, ma una volta l'ho amato da morire», entrambi ridemmo per il gioco di parole.
«Questa felpa che indosso è la sua, perché è l'unica che mi è rimasta che profuma ancora di lui. Io le leggo le sue lettere, sai? Non gli rispondo perché non saprei da dove cominciare o come giustificare le mie mancate visite. Non rispondo al telefono perché non so mai chi mi sta chiamando e non parlerei, sono sicura che risentire la sua voce mi farebbe piangere come una neonata che ha perso il ciuccio nella culla e non riesce a riprenderlo.»
«Io voglio vederlo, ma voglio essermi sistemata prima. Per me è imprescindibile. Vorrei dirglielo, ma non trovo le parole. Come puoi dire ad una persona che hai amato così tanto che non riesci a porgergli qualche periodica visita perché ti ha rovinato la vita e non vuoi che lo sappia? Come posso dargli questo dispiacere? Come puoi dire ad una persona che sta per morire che lo stai punendo per qualcosa di cui lui non ha più nessun controllo? Non è colpa sua se anziché progredire stiamo regredendo. Non dovrei soffrirne io per ciò che lui ha fatto e per cui sta pagando con la sua vita. Lui sta scontando la sua condanna a morte per il male che ha inflitto, non è colpa sua se le persone hanno deciso di punire anche me, un'innocente.»
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