Capitolo 9.
Solitamente si usava il termine “adrenalina ” per indicare quell’istante di euforia che cresce nell’individuo in una situazione estrema e contemporaneamente spaventosa vissuta nel momento stesso, ma per Taylor Vennins guidare una familiare, con l’amica seduta nel sedile a fianco, rendeva la stessa identica dose.
Il motore rombava, le ruote schizzavano sull’asfalto e il gas di scarico, espulso dal tubo di scappamento, si librava nella condensa del cielo leggermente annuvolato: a differenza del pomeriggio prima, la tranquilla brezza trascinava freschezza e qualche odoraccio che ricordava molto uova marce.
Erano partite alle nove e mezza di mattina, giusto il tempo di caricare i sacchi e le borse nel bagagliaio.
« Ancora un miglio, passo » proferì, a un tratto, una seria voce maschile dai walkie-talkie di entrambe le ragazze.
La frase fu poi seguita dal tipico suono disturbato simboleggiante l’attesa di una risposta.
« Ricevuto signor capitano, signore! » scherzò Elan, portando il suo alle labbra carnose.
Un attimo prima di superarlo, Taylor guardò di sfuggita il cartello stradale che segnava i chilometri rimanenti per Fresno, dove il gruppo era diretto, inspirando l’aria che entrava brutalmente dal finestrino rotto.
Spostando lo sguardo su Elan, sorrise al pensiero di Jeff che, con nulla, era riuscito a convincerla per la questione della cura.
Questa, per lei, era stata l'ulteriore conferma di quanto entrambi esercitassero una certa influenza l'una sull'altro.
« Hai scordato “passo e chiudo”! » rimbombò una voce pimpante, facendo scaturire una risata sommessa alla castana che accelerò per stare dietro alla Jeep gladiator, dal quale cassone si intravedeva Andrea: i posti a sedere erano due, ma a lui non dispiaceva stare fuori.
Perché non era andato con la fiat? La jeep era decisamente più veloce e, come Jeff aveva spiegato loro, era più sicuro restare uniti nel territorio nemico. Taylor, però, suppose che un altro motivo plausibile fosse il rumore delle macchine: meno erano e meno morti viventi attiravano.
« È uguale » fece Elan, rilasciando il pulsante del walkie-talkie.
« No, invece. Se non lo dici la chiamata non si chiude! » ribatté Charlie in tono cocciuto. « Lo so perché ho visto un sacco di film in cui lo fanno ».
« E stai un po’ zitto, Il Magrissimo » sbraitò una voce prepotente e Taylor vide Andrea girarsi e bussare sul vetro che aveva alle spalle. « Stai otturando il canale di comunicazione e a me serve per dire a Miss Horse che persino mia nonna corre più veloce. È a settanta all’ora, diamine! » aggiunse, voltandosi di nuovo per adocchiare la familiare.
A quelle parole, Taylor guardò subito il tachimetro e si imbronciò notando la freccetta ferma sul numero settanta.
Si costrinse a non rispondergli stringendo il manubrio e inoltrando lo sguardo sulla lunga strada desolata.
Per i ragazzi le cose si fecero difficili quando giunsero in città: vi erano sempre più vetture sulle corsie, man mano che avanzavano, tanto che a volte furono costretti a spostarle entrando e mettendole in moto con il metodo che Taylor conosceva fin troppo bene. Tuttavia, quando era possibile, tornavano semplicemente indietro imbucando una strada secondaria.
Svolgevano il tutto con la massima prudenza dato che i morti viventi avrebbero potuto assalirli da un momento all’altro. Del resto, Taylor lo sapeva, quegli esseri avevano una certa fama come assalitori, con tanto di effetto sorpresa.
« Continuate a seguirci, ragazze. Alla ferramenta manca poco » disse Jeff qualche istante più tardi, tramite i walkie-talkie.
Taylor, con la coda dell’occhio, vide Elan nell’intento di rispondere quando, all’improvviso, un’adolescente grigio piombò accanto al suo finestrino, emettendo versi rauchi.
Elan sobbalzò, finendo per sbattere contro la spalla di Taylor che sterzò a sinistra.
« Merda! » esclamò Elan, trafficando le mani sulla cinta per estrarre uno dei suoi tre pugnali.
Per non farle schiantare al palo della luce, la castana, iniziando a respirare affannosamente, tentò all’ultimo di riportare la macchina sulla corsia.
Nel mentre, l’essere allungò un braccio dal polso spezzato, ossuto e raggrinzito verso Elan.
Dal grido agghiacciante che Taylor udì, capì che l’altra doveva avergli conficcato la lama nella fronte.
« Muori, testa marcia! » disse Elan con enfasi.
Dallo specchietto retrovisore Taylor vide il corpo di quello rotolare esanime, per poi fermarsi sotto le ruote di un pullman e sentì una stretta allo stomaco.
Ripensò alla sua regola: in quel caso non c’era stata altra scelta, se non porre fine alla sua esistenza. O forse sì?
Se avessero riparato il finestrino, che Taylor aveva spaccato per impossessarsi della familiare, e lo avessero chiuso prima, probabilmente lo zombie sarebbe ancora vivo visto che lei lo avrebbe seminato con qualche manovra astuta.
Rise ai suoi stessi pensieri, constatando quanto fosse ironico che un morto potesse essere vivo.
« Hai mai considerato l’idea di prendere parte a una gara di Rally? » la domanda dell’amica la riportò al presente.
« Non sono poi così in gamba » borbottò Taylor con fare timido. « Tu, invece, hai un coraggio da leone ».
« Oh, non è stato niente di che. Quel coso puzzolente se lo meritava, dopotutto nessuno gli ha detto di avvicinarsi a noi! » fece Elan, sventolando una mano come per farle comprendere che era una sciocchezza e ripose il pugnale nella cinta.
Sorridendo, Taylor si accorse solo un istante dopo che si erano allontanate dai ragazzi. Sperò con tutta se stessa che quelli non avessero cambiato strada e pigiò con forza sull’acceleratore.
« Dove siete? State bene? Cos’è successo? Passo! » riecheggiò la voce di un uomo e Taylor, rassicurata di sentirla, fece per staccare il suo walkie-talkie dalla fascetta che aveva intorno al polpaccio, ma Elan la batté sul tempo, avendo il proprio già in mano.
« Uno zombie ci ha attaccate dal finestrino, Jeff. Ma tranquillo, l’ho ammazzato. Ora vi raggiungiamo ».
Taylor, aguzzando la vista, si rallegrò nell’individuare, appena dopo la curva di sinistra, il cassone grigio della jeep: dovevano aver rallentato apposta. Così rallentò a sua volta e girò il volante.
« Il “passo e chiudo”, Elan. La chiamata non si chiude senza! » intimò Charlie.
« Passo e chiudo. Contento adesso? » brontolò lei, divertita.
« No! Non dovevi aggiungere altro. La chiamata è ancora aperta! ».
« Oh, giusto » sentì mormorare Taylor dalla mora. « Ho capito. Passo e chiudo » concluse infine, abbandonando l’apparecchio dentro il vano portaoggetti.
Proseguirono diritto per un po’, sopravvivendo ad alcuni morti viventi che, usciti da dietro i bidoni dell’immondizia e dalle case, facevano qualsiasi cosa per farli deviare, cosa che non accadde.
La ventenne evitava spesso di guardare il biondo, il quale pareva avere le iridi chiare incollate solo sul suo viso e sulle labbra predominava l’ombra di un ghigno perfido, sebbene il parabrezza scuro.
All'improvviso, vide Andrea smettere di sorridere e girarsi, come distratto da qualcosa, mentre la Jeep inchiodava. Taylor fece lo stesso, per poi spostare il suo sguardo oltre la macchina dei suoi amici: un grosso camion ribaltato obliquamente bloccava loro la strada.
« Di lì non si passa. Ci conviene fare inversione e prendere la terza a destra, che porta comunque alla ferramenta » informò gli altri tramite il walkie-talkie.
« Grazie, non lo sapevamo. Se in futuro avremo bisogno di un navigatore sapremo a chi chiedere! » commentò Andrea, sarcastico.
« Spiritoso! » canzonò lei, gettando irritata il walkie-talkie sulle gambe di Elan, mentre portò la mano sul pomello del cambio per mettere la retro marcia.
« Lascialo perdere, lo sta facendo apposta » disse questa, apprensiva, dandole una piccola pacca sulla spalla. « Sai, per vedere la tua reazione » aggiunse poi, scrollando le sue con indifferenza.
« Sa benissimo che, se fosse per me, gli ficcherei il piede di porco nel cu» sibilò digrignando i denti e schiacciando il pedale per retrocedere, ma venne bloccata da una poderosa gomitata nelle costole dalla ragazza.
« Quello che intendevo dire » si affrettò a precisare Elan, giocando con la cintura di sicurezza. « È che vuole attirare la tua attenzione ».
« La mia attenzione… » fece eco Taylor, eseguendo con successo l’inversione e lanciando al contempo uno sguardo allo specchietto retrovisore, dal quale vide la Jeep arretrare e, quindi, anche il soggetto della discussione. « Sì, per prendermi in giro! »
« Questo è ciò che credi tu! » fece stancamente l’altra, scuotendo la testa. « Lo hai visto? Andrea ti sta sempre vicino, praticamente è ovunque! Non pensi sia legato al fatto che provi qualcosa per te? ».
Riabbassando gli occhi sulla strada, a Taylor rivenne in mente quando per poco non lo aveva urtato nel corridoio. Ricordò quando lui l’aveva osservata con aria di sfida, allargando le braccia per non farla passare e, tre sere prima, quando l’aveva afferrata per un braccio, chiedendole se avrebbe creduto alle sue parole. Soprattutto quando l’aveva fissata a lungo alla luce del falò, dicendole a un certo punto che avesse un verme sullo scarponcino.
E tutte le volte in cui le aveva sventolato sotto il naso i carciofi, classificato la sua acconciatura come quella di un cavallo e giudicato inutile il suo passatempo preferito.
“ Mi ha osservato mentre saltavo la corda…” ripensò, avvertendo le guance colorarsi per l’imbarazzo che, in quel giorno, aveva provato.
Però, doveva ammetterlo, anche lei si era permessa di guardarlo mentre lui spaccava la legna.
« C’è solo odio reciproco » disse infine, sospirando per digerire la bugia che aveva appena pronunciato.
Taylor era sicura che un po’ lui le piaceva, ma era altrettanto sicura che Andrea, in lei, non vedesse altro che una comunissima ragazza, che aveva lavorato in una normalissima caffetteria. Ai tempi di scuola, i rari ragazzi che le avevano rivolto la parola lo avevano fatto solo per sapere che materia o compito vi fosse la mattina seguente, se non addirittura farsi prestare fazzoletti, penne e fogli di quaderni.
Dunque di cosa si sarebbe dovuta stupire? Taylor ormai si era abituata a essere illusa e, per questa ragione, aveva deciso di non affezionarsi immediatamente al prossimo. A eccezione di Charlie ed Elan, ovviamente.
« Magari, prenderti in giro è la tattica che adopera per iniziare una conversazione » mormorò Elan, pensierosa.
« Può darsi » rispose in un sussurro Taylor, traendo un profondo respiro.
« La ferramenta è alle vostre ore sette! » esclamò in quell’istante Jeff. Dal tono della voce, lei dedusse fosse allarmato.
“Oh cavolo” pensò e, soffiando la ciocca di capelli che le cadeva sulle labbra, frenò di botto: avevano chiacchierato così tanto da non essersi accorte dove stavano andando.
Dopo aver parcheggiato, le due scesero sul marciapiede. Si trovavano tra un furgoncino dei gelati, ai quali lati Taylor notò delle strisce di sangue, e un taxi dal cofano ammaccato. Scuotendo la testa per scacciare la tristezza salita a quella visione, insieme a Elan si sbrigò a raggiungere gli altri, che le stavano aspettando davanti alle porte manuali dell’edificio.
« Ce l’avete fatta, alla buon’ora! » disse il biondo, saccente, picchiettando il manico della sua ascia sulla gamba destra.
Taylor si trattenne dal giustificarsi, impugnando e sfilando il piede di porco dal laccio dello zaino.
« Basta che non vi siate fatte male. Ora andiamo, ognuno prenda ciò che ho detto in precedenza » comandò il soldato, appoggiando la canna liscia del fucile a pompa sulla clavicola.
Taylor li vide entrare per primi nella ferramenta, seguiti a ruota da Elan. Mancavano solo lei e il quattordicenne.
« Ci appariranno alle spalle, vero? » chiese lui, teso.
Aveva all’asciutto avambraccio un coperchio dei bidoni della spazzatura, in stile Capitan America, e un teaser – ampiamente modificato – fissato sulla punta di una canna di bambù con un abbondante strato di scotch.
Come lui in passato le aveva illustrato, con tanto di dimostrazione pratica, la scossa era potente tale da mandare K.O. un morto vivente. Charlie ne andava fiero, era la sua invenzione migliore.
O meglio, la seconda: sulla cinghia del marsupio verde smeraldo portava sei palline da ping-pong. In realtà erano delle bombe a distanza che, esplodendo cinque secondi dopo dalla rimozione del cappuccio di plastica con cui lui aveva chiuso ognuna di esse, non erano state progettate per demolire un palazzo, bensì per spappolare un’orda di cinque, massimo sei zombie.
« Ehi, hai forse dimenticato l’addestramento? » gli disse, scombussolandogli la folta chioma castana.
« No, ma l’idea di essere in missione mi fa venire la tremarella! » rispose goffamente Charlie, sorridendo appena.
« Tu fa finta che questo sia uno dei tanti turni di rifornimento che fai sempre con Elan, ma in cui siamo tutti insieme. Okay? » cercò di rincuorarlo lei, in tono dolce.
Charlie, abbassandosi per liberarsi dalla mano che gli stava arruffando i ricci, annuì vigorosamente.
Felice di averlo aiutato, Taylor si diresse all’entrata.
Una marea di oggetti vari si focalizzarono alla sua vista. Vi erano scaffali pieni di torce, chiavi inglesi, batterie di ogni dimensione, gomme e attrezzi da giardino, pezzi di rubinetti, docce, catene, mangimi per animali domestici e altri oggetti che Taylor non riusciva a identificare al primo sguardo.
Lei si mise a percorrere ognuno di essi, spesso schivando uno dei compagni, fino a quando non trovò i contenitori salva-freschezza: utili per tenere il cibo avanzato dei pasti.
La sua anima gioiva sapendo che il locale era vuoto.
Al richiamo del leader, uscirono tutti: la prossima tappa era la farmacia.
Fortunatamente ce l’avevano di fronte, per cui non persero tempo ad attraversare.
« Attenzione! » gracchiò Jeff, a metà strada, alzando istintivamente il fucile.
Un proiettile volò dalla canna e trapassò il cranio di un morto vivente che si era messo a correre nella sua direzione, uscito da chissà dove.
Taylor, sentendo il sudore inumidirle il palmo al contatto della spranga di ferro, allungò il passo, affiancandosi a Charlie.
All’improvviso un grido rabbioso si levò tutt’attorno, come se provenisse da molteplici megafoni giganti. Non prometteva nulla di buono.
« Stanno arrivando i rinforzi » disse Andrea risoluto avvicinandosi a lei, il volto crucciato dalla concentrazione.
Con il cuore che cominciava a battere speditamente contro la gabbia toracica, Taylor vide una decina di zombie avanzare da tutte le parti: quattro sbucarono dall’incrocio che avevano alla sinistra, altri tre vennero fuori dalla farmacia, chi trascinava i piedi e chi barcollava, e gli ultimi da una viuzza interna, accanto al negozio di scarpe, non molto lontano dalla ferramenta.
Erano circondati.
« Avanti, fatevi sotto! » strillò Elan, aprendo le braccia all’indietro, verso il basso, le lame dei due pugnali che risplendevano alla tenue luce blu del teaser che Charlie aveva prontamente azionato.
« Questo è lo spirito! » concordò Jeff, soddisfatto, coprendola alle spalle.
Taylor ebbe l'impressione che gli esseri non stessero aspettando altro: scattarono in avanti, verso di loro, chi velocemente e chi meno.
Sentendo il cuore arrivarle in gola, Taylor vide Elan schizzare verso quello più vicino, per poi infilzarlo al collo. Il morto vivente, dalla testa calva e cosparsa di sangue incrostato, fece per graffiarle il ventre, ma lei lo finì conficcandogli il secondo pugnale sopra gli occhi.
Subito dopo la mora, con una repentina giravolta, li estrasse di colpo e recise la mano dello zombie che l’aveva puntata.
Quello aprì la bocca e si sospinse, provando a morderla. Purtroppo per lui, si ritrovò un pugnale dentro la mascella. Elan sollevò il polso, facendolo fuoriuscire dal cranio.
In un secondo, un altro essere le fu addosso ma Jeff lo abbatté, sparandogli in testa con una minuziosa precisione.
Elan lo buttò a terra senza ritegno, preparandosi per uccidere il prossimo.
Taylor staccò gli occhi da quella scena solo quando sentì qualcosa toccarle la borsa che aveva a tracolla.
Si voltò di scatto, alzando il piede di porco. Tuttavia si calmò, riconoscendo la schiena di Andrea.
Da come i muscoli si stavano contraendo, intuì stesse uccidendo uno zombie.
La sua supposizione venne confermata dalla sua mente quando vide una testa mozzata rotolare ai suoi piedi.
« Perché non ti guardi le spalle? Ci tieni alla tua vita o no? » tuonò lui, voltandosi.
« I-io… » balbettò Taylor, cogliendo il furore galleggiare nelle sue iridi. « Posso difendermi benissimo da sola » terminò indignata, conscia che lui l’avesse salvata di nuovo.
« Davvero, Miss Horse? Perché non mi pare ».
Un fastidiosissimo ronzio li fece sussultare. Andrea afferrò la ragazza sotto braccio e si scostò rapidamente da lì.
Sbattendo le palpebre per il gesto improvviso, Taylor scovò l’origine di quel rumore: uno zombie era disteso a terra con un teaser premuto sul petto grigio.
« Fate anche voi qualcosa, invece di abbracciarvi! » urlò Charlie, ridendo.
A quelle parole, Taylor sentì le dite calde di Andrea lasciarla e le proprie guance iniziarono irresistibilmente a bruciare. Forse Elan aveva ragione riguardo a lui.
« Sta’ zitto, il Magrissimo! Vatti a fottere un paio di occhiali, che non ci vedi » borbottò lui, scandalizzato.
« E perché l’hai spostata? » continuò il quattordicenne, una smorfia maliziosa dipinta sulle labbra.
« Ma che cazzo di domande fai? »
« Hai paura di rispondere? ».
« Perché pensavo che stesse cascando quel palo della luce! » rispose Andrea in tono offeso, indicandolo con l’ascia.
Taylor notò che effettivamente, da come il cemento reggeva a malapena, avrebbe avuto senso.
Tuttavia, ignorando il litigio dei due, le sue viscere si contorsero vedendo un mostruoso morto vivente, dal bulbo oculare sinistro che penzolava sullo zigomo squarciato, arrancare verso di loro.
Per la prima volta non pensò a niente. Non diede peso alla sua regola. Agì.
Diede un rovescio al suo bacino e l’essere inciampò sui suoi stessi piedi, finendo sull’asfalto. Ma si rialzò in un attimo, ruggendo.
Lei lo colpì all’orecchio con la parte biforcuta, scagliandolo nuovamente a terra.
Esso, quasi tramortito, cambiò tattica camminando a quattro zampe.
Taylor, allora, sollevò la spranga e la riabbassò quando lo zombie le fu a un centimetro di distanza, centrandolo sul capo.
Furono gli sguardi strabiliati di Andrea e Charlie a risvegliarla. Così ritirò il suo fidato compagno d’avventura, arricciando il naso nel vedere un po’ di materia cerebrale.
Poi vide Charlie muovere la bocca nell’intento di dire qualcosa, ma l’acuto e inconfondibile suono d’allarme d’auto, provocato senza alcun dubbio dall’impatto di uno zombie respinto dalla fucilata di Jeff, non glielo permise.
« No! Ne attirerà degli altri! » esclamò Elan, turbata, rimuovendo i pugnali da un cadavere.
« Muovetevi! » esortò il soldato, premendo sul grilletto per stenderne un altro. « Entrate e prendete tutto lo stretto necessario! » aggiunse.
« Che significa “muovetevi”? » chiese lei, chinandosi per deviare le unghiacce dell’essere che le era apparso alle spalle.
Elan attorcigliò le gambe sulle sue caviglie, facendolo cedere, e incrociando i pugnali gli tagliò il collo.
« È il mio incarico, proteggervi » spiegò brevemente il bruno, caricando il fucile.
« Faremo presto! » assicurò Taylor scambiando un’occhiata complice ai ragazzi, i quali annuirono determinati.
« Sta’ attento, però! » bofonchiò Elan, i grandi occhi scuri intrisi di ansia.
Con un cenno, Jeff li congedò, rialzando successivamente l’arma.
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