Capitolo 7.
Il profumo dei gustosi marshmallows contaminava l’aria circostante. Si poteva cogliere la tipica atmosfera che solo una fabbrica di caramelle avrebbe reso. La tipica sensazione che ti faceva sentire a casa, al sicuro da ogni problema o pensiero negativo.
Quell’odore era soprattutto gioia per il palato, paradiso per lo stomaco e un momento felice che i sopravvissuti dell’Area Protetta stavano creando tra loro, dopo essersi svuotati dal peso che ognuno aveva portato dentro.
Un peso non tanto pesante per quanto riguardava la situazione dei genitori di Taylor Vennins, ma insopportabile per le perdite che i ragazzi avevano dovuto comprendere, senza mollare la speranza di vivere un giorno migliore.
Non era poi così male, assaporare con il naso quel dolce profumo.
L’idea era venuta a Taylor stessa. Il suo intento era quello di far dimenticare in parte ciò che si erano detti, affinché Elan non si sarebbe dovuta sentire in colpa per non aver condiviso la propria vicenda, accaduta nell’attimo in cui gli infetti avevano raggiunto Sacramento.
Rigirò il lungo rametto che teneva tra le dita, osservando il marshmallow che aveva infilato sulla punta abbrustolirsi pian piano, solleticato dalle fiamme del falò.
Alla sua sinistra vide quello di Andrea cuocersi più velocemente: lo aveva letteralmente messo nel cuore del fuoco.
Al suo fianco Charlie lo stava facendo molleggiare, probabilmente trovandolo come un gioco divertente.
Ancora dopo, Jeff lo teneva perfettamente in alto, seguendo sicuramente una delle regole che aveva appreso da semplice recluta di Bakersfield.
Spostando lo sguardo più a destra, Taylor vide Elan ritirare il suo, soffiarci sopra e morderlo sulla cima.
La guardò masticarlo lentamente, con gli occhi che fissavano un punto impreciso e Taylor seppe con certezza che in realtà non stavano vedendo nulla, partiti per chissà quale nuovo pensiero.
« Come faccio a sapere quando sarà cotto? » chiese al gruppo, riportando lo sguardo sul suo che aveva assunto un lieve colorito giallognolo, come per rompere il ghiaccio.
« Lo sanno persino i sassi, Miss Horse » mormorò il biondo, torcendo la bocca in una smorfia esausta.
« Nemmeno io lo so, sinceramente… non sono mai andato in campeggio » confessò Charlie, imbarazzato.
“Questo mi conforta”, pensò Taylor, sistemando una gamba sopra l’altra.
« Appena vedi formarsi delle macchioline nere, Vennins. Naturalmente, non siamo tutti uguali: c’è chi lo preferisce bruciacchiato e chi no » le spiegò pazientemente Jeff.
Taylor annuì. Tirò indietro il rametto e controllò il marshmallow, decidendo al contempo se avesse dovuto farlo arrostire o se lasciarlo così com’era.
Tuttavia, un basso ringhio le fece venire la pelle d’oca.
« Avete sentito? » chiese Jeff, guardandosi attorno.
« Anche noi sappiamo usare le orecchie » commentò acido Andrea, alzando la testa oltre quella di Taylor per vedere alle sue spalle.
Taylor, ignorando il suo pomo d’Adamo, si volse nella sua stessa direzione.
« Non sapevo che qui ci fossero degli animali » disse Elan a Jeff, turbata.
« Non ci sono, infatti » rispose lui, altrettanto preoccupato.
Nessun’altro fiatò. Taylor tese le orecchie, pronta a percepire il più piccolo dei versi.
Nulla. Solo il fruscio che il soffio del vento provocò sulle foglie di alcuni alberi vicini.
« E se ce lo fossimo immaginato? » azzardò Charlie, qualche secondo dopo, staccando il marshmallow e esaminandolo con occhio critico.
Lo avrebbe mangiato? Conoscendolo, Taylor era sicura che se non gli fosse piaciuto al primo morso, lo avrebbe sputato di fronte a tutti senza tanti drammi.
« Sei stupido? Come fai a immaginare una cosa collettiva? » esplose Andrea.
« Be’, ora è sparito, no? » continuò Charlie con la sua tesi.
Aveva parlato troppo presto.
Un grido più terrificante del precedente li trafisse in pieno petto, come una lama lacerava la carne.
Allarmata, Taylor scattò in piedi, seguita dagli altri.
« Dicevi? » sibilò Andrea a Charlie, alzando un indice in aria per fargli capire che non lo avevano affatto immaginato.
« Sì, ma cos’è sta- » iniziò a dire Elan, quando un rauco ruggito le impedì di finire la frase.
Si voltarono tutti dove lo avevano chiaramente udito: la strada sterrata.
Guardarono muti ogni singolo dettaglio di questa, la minima ombra e qualsiasi tipo di movimento, sebbene l’unico fu quello di un sottile bastoncino sospinto dal vento.
Poi, proprio quando i ragazzi stavano per sedersi, un ammasso di urla si levò in fondo alla strada.
« Cazzo! » esclamò Andrea, vedendo delle sagome sfigurate avanzare alla luce della luna.
Taylor, il cuore che cominciava a battere rapidamente, scoprì presto che quelle erano dei morti viventi.
Cinque. Due donne e tre maschi, per la precisione. E correvano, eccome se correvano.
« Avete lasciato il cancello aperto, per caso? » sbottò Jeff spiccio a Charlie e Elan, mentre si chinava dietro il tronco per estrarre un fucile a pompa dalla canna liscia.
Prima Taylor non lo aveva nemmeno notato, ma sapeva che si trattava del suo Remington 870. Lo aveva visto spesso usarlo contro gli zombie e doveva ammettere che un uomo più veloce di lui nel ricaricare i proiettili non esisteva.
« Merda… ce ne siamo scordati! » esclamò Elan, avvicinandosi al quattordicenne e tenendolo per le spalle, conscia dell’errore che avevano commesso.
Jeff scoccò a entrambi uno sguardo inferocito, poi superò il falò e si mise sulla strada, portando il fucile all’altezza della spalla.
Nello stesso istante Taylor sentì qualcosa muoversi dietro di lei. Si girò e vide Andrea precipitarsi nel bunker: ipotizzò per recuperare l’ascia.
Taylor si ritrovò lì, a osservare come Jeff, togliendo la sicura, facendo scorrere l’astina frontale all’indietro e schiacciando sul grilletto, stese al primo tentativo lo zombie più vicino, che si afflosciò a terra come un castello di carte veniva distrutto da un gesto imprudente del suo costruttore.
Una donna zombie, che aveva i capelli biondi crespi e strappati in più punti, correva più forte degli altri, spinta dalla voracità. Jeff non le diede la possibilità di accontentare tale desiderio ancora per molto, sparandole il secondo proiettile dritto nel cervello.
Taylor vide come Jeff si affrettava ad aprire in due il fucile, a infilare le cartucce e a richiuderlo con un secco click.
I ruggiti si facevano sempre più rauchi, sempre più vicini.
Taylor sentì un altro sparo scaturire dal fucile e poi il tonfo sordo di un corpo grigio centrato sulla testa.
“Ne rimangono solo due” pensò, rassicurata nel sapere che Jeff aveva la situazione sotto controllo.
Un altro sparo, un altro corpo abbattuto.
“Solo uno” pensò, raggiante.
Ma il morto vivente non sembrava molto intenzionato a farsi uccidere, perché accelerò la corsa buttandosi a quattro zampe.
Taylor guardò preoccupata Jeff, che stava ricaricando l’arma.
Lo zombie era a pochi metri da lui, e se lei non avesse fatto subito qualcosa si sarebbero potuti scordare per sempre del loro leader.
Così agì. Sollevò il ciottolo più grande tra quelli che racchiudevano il fuoco, lamentandosi un po’ da quanto scottasse, e allungò il braccio dietro sé.
Lo rilasciò quando ebbe calcolato la posizione esatta che avrebbe toccato lo zombie di lì a momenti.
Il ciottolo volò e si schiantò sul naso già massacrato dell’essere, che barcollò da un lato per la botta.
A quel punto Jeff, riportando il fucile all’altezza della spalla, fece qualche passo indietro e premette sul grilletto.
Un ultimo ruggito fuoriuscì dalla bocca sporca dello zombie, prima di abbandonarsi al suolo.
Jeff, ansimante, gli diede un calcio per controllare se fosse effettivamente terminato.
Non si mosse, per cui il bruno abbassò il fucile e tornò da loro.
« Grazie per l’aiuto » disse a Taylor, riconoscente.
« Figurati » rispose lei, scansandosi per farlo passare.
Assieme al rumore di una porta aperta con troppa violenza, Andrea comparve sull’uscio, l’ascia stretta in mano, e con un’espressione eccitata chiese:« Dove sono? »
« Fai con comodo la prossima volta, eh » disse la ragazza, sarcastica.
« L’ascia si era impigliata nei lacci della mia sacca rossa. Ho cercato di sbrogliarla il più velocemente possibile » informò Andrea, risentito.
« Bella scusa » mormorò Taylor avvilita, facendo per voltarsi verso gli altri, ma venne fermata per un braccio dal ventunenne, azione che la fece inspiegabilmente avvampare.
« Non mi credi, Miss Horse? » disse guardandola negli occhi e lasciando piano la morsa.
« Dovrei? » sputò lei, dandogli le spalle una volta per tutte, pur sapendo nell’intimo che non era un bugiardo.
« Poi sarei io l’antipatico » sussurrò Andrea, divertito.
Lui non faceva che prendersi gioco di lei e lei voleva imparare a fare lo stesso, così da farsi portare rispetto.
In quel momento cercò di capire cosa Jeff stesse dicendo a Charlie ed Elan, che se ne stavano abbracciati, l’orrore dipinto sui loro volti illuminati dal fuoco.
«… parola della frase “gli zombie sono attratti dalle fonti di calore” che non avete appreso a dovere? » domandò severo.
Il motivo per cui alzavano la leva della rete elettrica ogni volta che facevano ritorno dal proprio turno di rifornimento era per difendersi dai morti viventi.
Taylor aveva imparato che, oltre a possedere il senso olfattivo e uditivo super sviluppato, il virus aveva dato loro la capacità di percepire il calore, di seguirlo. Al tempo stesso gli zombie lo temevano, per via del fatto che erano facilmente infiammabili.
Quindi ne erano attratti, ma ne restavano distanti.
Una delle cose fondamentali che Taylor aveva impresso nella memoria era che gli zombie erano più attivi di notte: il buio permetteva una maggiore possibilità di scorgere le fonti di calore, cosa impossibile di giorno dato che il sole costituiva la più grande fonte di calore dell’intero pianeta Terra. Da questo ne derivava una seconda regola: gli zombie la mattina erano relativamente innocui se circolavano in uno spazio aperto, l’opposto se si trovavano in uno spazio chiuso.
« E quanto ci vuole a ricordarsi di alzare una leva, dopo aver chiuso il cancello? » proseguì il soldato in tono adirato, notando che nessuno dei due interrogati aveva risposto.
Taylor non lo aveva mai visto così arrabbiato, in quei due mesi, nemmeno quando Charlie, una volta, gli aveva lanciato sui capelli neri a spazzola una tarantola finta.
« C-ci dispiace… n-non lo abbiamo fatto apposta! » balbettò il riccio, staccandosi dalla ragazza.
« Cosa sarebbe successo se io non avessi avuto il fucile a portata di mano? » ipotizzò Jeff, dando una sonora pacca sul calcio dell’arma.
« Io mi sarei salvato comunque » disse Andrea modesto, poggiando le dita incrociate delle mani sulla testa con fare rilassato.
Taylor lo guardò storto, come per dirgli che doveva stare zitto, ma lui non diede segno di aver ricevuto il messaggio.
« Okay, saremo più prudenti in futuro » disse Elan, sicura.
« Sarà meglio, altrimenti che senso avrebbe sopravvivere? Che senso avrebbe raccogliere cibo a lunga conservazione, se poi portate gli zombie nell’ultimo posto della lista in cui dovrebbero stare? » fece Jeff, abbassando il tono della voce.
« L’Area Protetta è protetta, in fondo » disse Taylor saggiamente.
« Ora tutti a dormire! Fatevi trovare sull’attenti alle sette di mattino esatte. Abbiamo tutta la zona da ispezionare, dubito che siano stati solo quei cinque ad averci invasi » aggiunse dubbioso, inoltrando l’interesse verso la strada sterrata, dove un tumulo inerme rappresentava il corpo del morto vivente di prima.
Elan e Charlie assentirono in silenzio, ancora frustrati dal senso di colpa, e si avviarono lentamente al bunker.
All’improvviso Taylor sentì puzza di fumo, si voltò e si rasserenò quando vide una piccola nebbiolina galleggiare sulla legna ardente, sulla quale Jeff stava svuotando una bottiglia d’acqua.
Entrò nel covo a bocca asciutta, ricordandosi che non aveva fatto in tempo a mangiare il marshmallow, superò il tavolo rotondo e fece per entrare nel dormitorio, quando si bloccò.
Non poteva andare a dormire, non dopo quello che era successo.
Rimise piede in sala. La attraversò e fece per salire sulle scale della rampa che portava alla torretta, quando dei passi affrettati l’arrestarono di nuovo.
« Dove vai, Miss Horse? Hai forse scordato cosa ha detto il capo? » le chiese un ragazzo dal ciuffo biondo scuro.
« Volevo stare un po’ per le mie » si limitò a dire Taylor, toccando con il palmo della mano sinistra il freddo corrimano.
« E perché, tutta sola? » insisté lui, mostrando un ghigno furbetto.
« Bisogna stare da soli, certe volte, quando si hanno troppe cose a cui pensare e che vorremmo invece lasciar volare via dalla nostra anima » disse la castana, picchiettando sul corrimano con calma.
Andrea assunse un’aria perplessa. Taylor sorrise nel vederlo in difficoltà, ma lo fece sparire subito dopo quando lui le affermò: « Sei strana »
Lo seguì con gli occhi fino a vederlo addentrarsi nell’arcata tonda.
Sospirando, alzò un piede e lo posò sul gradino, per poi coordinare l’altro affinché lavorassero insieme per raggiungere il tetto.
Sospinta la botola, un quadrato blu disseminato di bianco le catturò immediatamente le iridi castane. Aveva visto quello spettacolo anche prima, ma lì, in alto, poteva considerarlo diverso, quasi immenso.
Si issò su spingendo la punta di un piede sul piolo della scaletta su cui si era arrampicata e spostò lo sguardo in basso, dove, più avanti, vide le sei lastre dei pannelli solari.
Alla sua destra vi era una sedia e vicino c’era una cassa rettangolare: Taylor sapeva contenesse torce, alcune munizioni e garze mediche di ricambio.
Lasciò che l’aria riempisse i suoi polmoni, mentre si sistemava sui gomiti sopra il balconcino.
Da quell’altezza era in grado di osservare la strada fino al pezzo riservato alle macchine.
“A cosa devo pensare?” rimuginò un attimo, riguardando le stelle in cerca di consigli.
Gli zombie li avevano attaccati nel bel mezzo di una cena tranquilla, cosa poteva esserci stato di peggio?
Una strigliata di Jeff, probabilmente.
Taylor era certa che lui, in ogni caso, aveva ragione: dovevano essere cauti e non dovevano prendere l’epidemia con leggerezza.
Almeno non come faceva Andrea Horwan.
Aggrottando la fronte, si chiese come lui si fosse insinuato nella sua mente.
“È un capoccione” disse tra sé, riferendosi all’istante in cui le aveva chiesto se sarebbe stata pronta a perdere la sfida.
Però poi ricordò quando, in autofficina, l’aveva salvata dal morto vivente che lei non aveva nemmeno sentito. Allora sospirò, non capendo le intenzioni dell’altro, chiuse le palpebre e si gustò con tutta se stessa quel momento di pace.
Il sole picchiava senza indugio sulle fitte chiome degli abeti e delle querce appartenenti al bosco privato di Palm Springs.
Le nuvole erano sparse liberamente nel cielo.
Un tempo ottimale per cacciare i morti viventi che si erano infiltrati nell’Area Protetta: una ventunenne aveva avuto l’incarico di controllare il lato Sud-ovest.
Taylor stava toccando la corteccia di una vecchia quercia. Sotto le sue dita riusciva quasi a percepire la linfa vitale scorrere dalle radici alle foglie.
Staccò dopo qualche secondo la mano, guardando davanti a sé il fusto marcio di un albero caduto.
Riprese a camminare, tenendo ben stretto il piede di porco nell’altra mano.
Sentiva l’erba sotto i suoi piedi fare un buffo suono a ogni passo che compieva: ricordava vagamente quello dei rami mossi dal vento.
“Finora nulla” pensò, saltando una grossa radice sporgente.
L’Area Protetta era grande, per questo Jeff aveva assegnato a ciascuno di loro una parte da esplorare.
Taylor nel frattempo tentava di non perdere l’orientamento, anche se perdersi, in un bosco delimitato da una rete alta più di due metri era impossibile. Avrebbe trovato comunque, bene o male, la via per tornare al bunker. Inoltre aveva con sé il walkie-talkie: nel peggiore dei casi avrebbe richiesto aiuto a uno dei suoi compagni di sopravvivenza.
“Spero di no” pensò, camminando all’indietro per vedere di quanto si stava allontanando.
Tuttavia non era stata una mossa intelligente, quella di non guardare dove metteva i piedi, perché finì per sbattere sul tronco di un albero.
Tastandosi la schiena dolorante, imparò la lezione e avanzò dritto, scavalcando un cespuglio di mirtilli.
Peccato che non ve ne fosse nemmeno uno, altrimenti si sarebbe abbuffata senza ombra di dubbio.
Eppure le sembrò strano, dopotutto era quella la stagione dei mirtilli selvatici.
Poi un improvviso cinguettio la fece sussultare.
Rapidamente, Taylor si voltò a destra e vide un leggiadro fringuello sorreggersi sul gracile rametto di una giovane pianta.
« Sei stato tu, non è vero? » gli domandò con una sciocca vocetta, come quella che si faceva quando si parlava con i bambini piccoli.
La creaturina allungò il collo piumato ed emise un breve e melodioso cinguettio, per poi spiegare le ali e spiccare il volo.
Taylor lo vide farsi sempre più piccolo mentre si alzava nel cielo, fino a diventare un minuscolo puntino grigio e arancione.
All’improvviso, le sue orecchie l’avvertirono che qualcosa si stava muovendo, dietro di lei.
Pietrificandosi, la ragazza strinse con forza l’arma e lasciò che quello si avvicinasse ancora.
Quando fu sicura di averlo in pugno, roteò su se stessa, colpendolo.
Tuttavia, il suono attutito che udì la fece ricredere: si trovava faccia a faccia con Andrea, il quale aveva anticipato il gesto impulsivo della ragazza difendendosi con il manico dell’ascia.
« Ehi, sta’ calma! Sono io » disse lui in un tono straordinariamente sorpreso.
« Che cazzo di paura, Andrea! » scoppiò lei, abbassando il piede di porco con profondo sollievo. « Credevo fossi uno zombie » aggiunse.
« Uno zombie fottutamente affascinante! » esclamò Andrea, mettendo l’ascia sulle spalle e abbozzando un sorriso vanitoso.
Scuotendo la testa con disappunto, Taylor lo schivò e rivelò:« Avrei potuto ammazzarti »
« Dubito che lo avresti fatto » sostenne lui, mentre si girava per starle a fianco.
« Mi stai sfidando? » chiese Taylor irritata, fermandosi.
« Oh, ci hai ripensato allora! » affermò lui con finto stupore. « Credevo che quella dell’altro ieri sarebbe stata la prima e ultima volta »
Sbuffando, Taylor non rispose, anche perché era conscia che lui non avesse torto, e iniziò a marciare pur di allontanarsi dalle sue provocazioni.
« Parole tue, eh » le fece notare Andrea, restando al passo.
« Mi dici che ci fai qui, piuttosto? » gli domandò la castana in tono smarrito, sperando di cambiare discorso. « Non avevi la parte Sud-Est? »
« Devi sapere, cara Miss Horse, che non ci vuole niente a percorrere un tratto di bosco » rispose lui, sfacciato.
Il rimbombo di uno sparo mise fine alla loro conversazione. I due si scambiarono uno sguardo, prima di correre verso il punto in cui quello pareva essere partito.
Sul lato Nord dell’Area Protetta, qualche metro antecedente al cancello di ferro che era stato accuratamente chiuso, Jeff stava sollevando per lo scalpo una ragazzina grigia, dalle pupille degli occhi dilatate all’estremo dell’immaginazione e dalle guance segnate da profondi squarci.
Taylor si portò una mano alla bocca quando individuò, alla fine dell’avambraccio sinistro, un chiodo arrugginito conficcato nell’osso che usciva dalla carne sbrandellata.
« L’ho trovata a terra, con una caviglia incastrata in una radice » spiegò Jeff come leggendo nella mente di Andrea, che vicino alla ragazza cercava di evitare che lo sguardo ricadesse sulle mosche che si stavano posando nei denti acuminati dello zombie.
« Questa è l’unica che ho ucciso… voi? » aggiunse il soldato, studiando l’atteggiamento di Taylor.
« Io nulla » rispose, sincera.
« Nemmeno io » concordò il biondo.
« Non fermiamoci adesso, dobbiamo perlustrare il bosco da cima a fondo! » decretò Jeff, trascinando l’essere verso il cancello per sbarazzarsene definitivamente.
Quando anche Charlie ed Elan avevano affermato agli altri che di morti viventi non avevano percepito nemmeno l'abominevole puzza, Jeff li lasciò ai propri affari personali.
Quel pomeriggio, Taylor si dedicò al bucato che l'amica aveva tolto dalla lavatrice.
Sollevò dalla bagnarola azzurra dei pantaloni grigi e capì, dalla misura, fossero quelli di Charlie.
Li appese sul filo con delle mollette di legno che lei considerava assolutamente pessime - a casa sua aveva sempre adoperato quelle di plastica -.
Guardò il mucchio di panni che le restavano da stendere e fece una smorfia stanca.
Diede uno scrollone a una maglietta bianca con il disegno di una pizza al centro, così da ridurre un po' le pieghe, e gettò il collo e le maniche oltre il filo, per poi andare a prendere due mollette dal cesto che aveva vicino ai piedi.
Mentre si accucciava, sentì una serie di spacchi netti.
Alzando lo sguardo, la ragazza si imbambolò vedendo, più a sinistra del campo d'allenamento, il fiocco indaco di un pantalone da spiaggia evidenziare una vita impeccabilmente proporzionata.
Levando molto lentamente lo sguardo, osservò come i muscoli del petto e delle braccia si contraevano per assestare un altro taglio sul pezzo di legno, poggiato all'in su, sopra il ciocco più grande.
Il pezzo si divise a metà e le due parti caddero con un sordo rumore addosso alla catasta di legna già spaccata.
Taylor seguì come ipnotizzata la vena di una mano che scendeva verso un ceppo di legno intatto.
Poi la vide mentre lo sistemava sul ciocco e si avviluppava intorno al manico liscio dell'ascia.
Taylor spostò a fatica gli occhi sulla mascella pronunciata, dalla quale scivolò una piccola goccia di sudore.
"Ma nessuno è come me" ripeté mentalmente la frase di Andrea. "Cavolo se ha ragione" pensò, seguendo gli avambracci allungare l'ascia dietro la testa bionda.
Era davvero un ragazzo carino.
"Peccato sia così presuntuoso" pensò Taylor, amareggiata dal fatto che si lasciava sempre prendere in giro.
« Non riesci a staccare gli occhi dal mio fisico, vero Miss Horse? » disse Andrea, fermandosi a fissarla con un ghigno divertito.
Taylor sobbalzò, come se le avessero buttato dell'acqua gelata, e arrossì ferocemente, sapendo di essere stata beccata alla grande.
Tuttavia, infastidita dal soprannome che lui non smetteva di darle, roteò gli occhi al cielo ed emise uno sbuffo.
Attaccò le mollette alla maglietta con la pizza e scrollò il capo successivo, sperando con tutto il cuore che le sue guance riacquistassero il loro colore naturale.
Angolo Autrice:
Certo che gli zombie arrivano proprio quando meno te lo aspetti! E pensare che Taylor voleva solo mangiarsi il suo marshmallow!
Per fortuna Jeff ha fatto sì che nessuno del gruppo venisse morso, anche grazie al piccolo aiuto finale di Taylor.
Gli incidenti capitano, ma Charlie ed Elan hanno imparato sicuramente la lezione!
E, a tal proposito, voi come state trovando questi morti viventi? Vi piacciono? (siamo solo all’inizio, XD!)
Eh eh, io qui sto prevedendo qualcosa tra Taylor e Andrea, anche se non sembra.
Qualcuno qui sta cominciando a shippare l’Andylor? (se ve lo state chiedendo… sì, amo inventare i nomi delle ship)
Come sempre, ringrazio Alyssa_Dream per aver letto e revisionato il capitolo!! (mi sta aiutando molto con la scrittura, non la potrò mai ringraziare abbastanza ❤️)
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