Capitolo 17.
Enormi rocce spigolose si allargavano tutt'attorno, riflettendo la propria ombra sulla terra secca che ardeva sotto il sole pomeridiano. Qualche arboscello si ergeva debolmente dal suolo, per quanto ancora le rispettive radici lo avrebbero permesso, altri si abbandonavano semplicemente alla flebile brezza del vento, rotolando e rimbalzando senza una destinazione prefissata.
La temperatura si era abbassata di un grado, ma questo non aveva vietato a un certo ventunenne di sfoggiare il petto perfettamente palestrato alla natura circostante. Al contrario di un ragazzino dal capo riccioluto, che se ne stava seduto al suo fianco con la zip del giacchetto tirata fino al collo.
Alle loro spalle, invece, un soldato stava tamburellando le dita sul volante della Jeep mentre l'unica ragazza del gruppo osservava malinconicamente fuori dal finestrino.
Stavano proseguendo dritti dal bivio di Barstow.
Rispetto ai centri abitati che avevano attraversato, non stavano badando molto alla velocità, che ora toccava gli ottanta chilometri orari: la priorità assoluta era quella di evitare la creazione di possibili orde di morti viventi.
In ogni caso, Jeff non aveva esitato nemmeno un istante quando se li era trovati davanti al cofano. La stessa cosa era valsa per Andrea, che aveva portato con sé l'ascia e il mitra.
Il sangue appiccicato sul parabrezza ne era la prova vivente. Di fronte a quelle scene, Taylor non aveva reagito in alcun modo. Non aveva mai distolto lo sguardo dal paesaggio: sperava di poter eliminare dalla memoria la sepoltura che era avvenuta un'ora prima, fuori dal bunker.
Così come avrebbe tanto voluto dimenticare le iridi azzurre di Jim Beine, mentre veniva ricoperto dalla terra che Jeff aveva scavato per lui.
Era stato un funerale improvvisato, quello, veloce e senza preghiere, interrotto solo dai loro respiri.
Charlie le era rimasto vicino e le aveva stretto la mano. Il dolore, a un certo punto, era diventato così soffocante che il battito dei loro cuori sembrava essersi sincronizzato, come se avessero iniziato a condividerlo. Cosa che non capitava spesso.
Per facilitargli il cammino dall'oltretomba, Andrea aveva legato due rametti in una croce e l'aveva infine piantata delicatamente sulla cima del cumulo.
Riprovando la stessa tristezza a quella visione, Taylor si asciugò una lacrima con l'indice e sollevò lo sguardo sulle colline tortuose che si susseguivano lungo la strada.
"Scusaci, Jim" pensò, dispiaciuta.
Sarebbe andato tutto diversamente se solo non fosse stato morso, lo sapeva per certo. Ma ormai era troppo tardi e questo la faceva sentire ancora più a pezzi.
« Innumerevoli sono le parole che avrei voluto riferirle»
Taylor si voltò a guardare Jeff: aveva un'aria stanca e le sottili pieghe attorno agli occhi, accompagnate dalle labbra stirate verso il basso, lo dimostravano.
« Horwan ha ragione. Non è stata colpa tua » proseguì.
« È tutto okay » Taylor gli rivolse un piccolo sorriso incoraggiante.
« No, invece » ribatté lui in tono serio, scuotendo la testa. « Non avrei dovuto lasciarla da sola, in quanto leader della squadra. Avrei dovuto proteggerla »
Taylor lo osservò in silenzio, scegliendo con calma la migliore espressione che avrebbe potuto rivolgergli per alleviarlo dal rammarico. Farlo innervosire era l'ultimo dei suoi desideri.
« Tutti facciamo degli errori. L'importante è non ripeterli »
Jeff annuì, il che era positivo: doveva esserci riuscita. O meglio, il merito andava alle perle di saggezza di suo padre che, in qualche modo, dovevano averlo riscosso dal profondo - nonostante fossero piuttosto scontate e banali, una di quelle frasi che si usavano proprio quando si era giù di morale-.
Quindi gioì a quel pensiero, riconoscendo quanto fosse difficile per lei vedere i suoi amici in quello stato.
Subito dopo, Jeff cambiò marcia, abbozzò una smorfia amareggiata e affermò:« La amavo, Taylor, e mi pento per non averglielo mai detto di persona, quando potevo »
Una piccola lacrima si formò sulla ciglia inferiore del suo occhio sinistro. Lo stomaco della ragazza si annodò quando seguì quella goccia, colma di una disperata ricerca alla felicità perduta, scendere dagli zigomi marcati del soldato e terminare il breve corso sul mento non raso.
Riaprire una ferita era molto più struggente di quello che si pensava e la morte di Elan se la sarebbero portata per sempre sulla coscienza.
Un flebile lamento sorse dalla gola di Taylor, che posò immediatamente la mano sulla spalla massiccia di Jeff, rivestita dalla divisa militare.
Lui riportò l'attenzione sulla strada, emettendo un sospiro rassegnato.
Silenzio. Trascorsero il resto del viaggio con la bocca cucita, sigillata come l'involucro del sacchetto della frutta secca, dimenticato nello zaino della castana accanto alla borraccia dell'acqua.
L'ansia per l'ignoto che regnava nell'aria imprimeva in loro uno strano senso di angoscia.
Come si sarebbero mossi fuori dalla California? Nessuno di loro conosceva lo stato confinante.
A chi si sarebbero affidati?
L'opzione migliore era seguire i cartelli stradali, sperando di non perdersi.
Il pensiero che però assillava la loro mente era come avrebbero superato le guardie. Perché, sì, erano convinti che ne avrebbero trovate.
I loro dubbi cessarono quando, un'ora dopo, la strada venne loro bloccata da un cancello a sbarre di ferro alto quanto quello dell'Area Protetta.
Era la sola via di accesso, dato che la recinzione elettrica che si allungava ai suoi lati pareva tutt'altro che innocua.
Scesero cauti dalla Jeep e si riunirono davanti a esso.
Tralasciando i robusti pali della luce, la strada asfaltata era costeggiata sulla destra da una piccola cabina di controllo e sulla sinistra da un edificio in cemento bianco, dal tetto piatto, che si estendeva per una settantina di metri circa.
Oltre quello, si potevano intravedere due torrette provviste di una mitragliatrice.
Taylor si strinse il nodo della coda dei capelli con fare nervoso: erano arrivati alla base militare.
Non poté non constatare che non si udiva nemmeno il ronzio di una mosca. Ambiguo, per un luogo adibito alle esercitazioni.
« C'è qualcuno? » chiese Charlie, dando voce ai loro pensieri. « Non avranno abbandonato questo posto, vero? »
« Ti pare? » rise Andrea, passandosi una mano nel ciuffo biondo scuro.
Taylor, che fino a quel momento non lo aveva degnato di uno sguardo, si costrinse a tenere gli occhi lontani dai suoi addominali, perché era sicura che le sue guance sarebbero state poco collaborative e tremava all'idea di farsi scoprire nell'atto, sapendo che Andrea non ci avrebbe pensato due volte a ricordarle quanto fosse maledettamente attraente per la sua età.
« Fate silenzio, credo che ci abbiano visti »
Il tentativo di chiedere a Jeff a chi si stesse riferendo andò vano quando Taylor vide la porta della cabina aprirsi di scatto.
Un uomo corpulento, vestito con una camicia beige abbinata a un pantalone marrone stretto nei passanti dalla fascia di un fodero di cuoio, venne fuori puntando la pistola verso di loro.
« Oh, capperi! » esclamò Charlie, correndo a nascondersi dietro Andrea.
« Chi siete voi? Cosa ci fate qui? » domandò la guardia, marcando nel tono della voce la diffidenza che stava provando per quei sconosciuti, apparsi da chissà dove.
Si fermò a un passo dal cancello e spostò la canna della pistola su Jeff, che non si scompose di un millimetro.
Aveva gran parte della testa pelata, folti baffi bruni sotto il naso schiacciato e leggere rughe solcavano la sua fronte. Secondo Taylor, poteva avere una cinquantina di anni.
« Sono il soldato Moul, dell'esercito di Bakersfield. Qui con me ho tre sopravvissuti » Jeff li indicò, « Necessitiamo di un laboratorio alla svelta, per affari personali »
A quelle ultime parole, Taylor, seguita da Charlie e Andrea, lo guardarono perplessi.
Perché tenere nascosto il loro vero scopo? Dopotutto, stavano agendo per il bene dell'umanità. Che senso aveva agire nell'ombra?
« Accesso negato. Chi mi dice che non siete infetti? » urlò l'uomo con aria contrariata, abbassando la leva della sicura.
Allora Taylor, notando come il quattordicenne si stesse strizzando dietro la schiena del biondo, si fece avanti: « Se fossimo dei morti viventi non avremmo avuto la possibilità di parlare, giusto? Noi siamo vivi e vegeti, a quanto lei stesso può vedere »
L'uomo scosse la testa, spostando di nuovo l'arma, questa volta verso il suo cuore.
« Abbiamo bisogno di passare! » si fece coraggio Charlie.
« Anche se volessi non potrei lasciarvelo fare »
« Ascoltate! Se non vi fidate della nostra parola, provate almeno a riscontrare i dati forgiati sulla mia piastrina. Confermeranno quanto detto » esortò Jeff perentorio, tirando dal colletto della divisa la catenella per mostrargliela.
La guardia rimise la sicura alla pistola, per poi riporla nel fodero. Tuttavia, non fece segno di voler aprire il cancello.
« Il presidente è l'unico che può darci l'autorizzazione » spiegò. « E non mi sembra il caso di scomodarlo tanto per una simile assurdità! »
Taylor sentì il sangue ribollirle nelle vene: era questa l'accoglienza che riservavano ai sopravvissuti? In che modo li stavano aiutando, per l'esattezza?
« Stai buono » sentì sussurrare al suo fianco.
Ma Charlie non riuscì a placarlo: quando Andrea perdeva la pazienza era la fine.
« Senti, sbirro da quattro soldi! Mentre tu te ne stai seduto dietro una cazzo di scrivania a mangiare ciambelle, ci sono persone che, come noi, si stanno facendo il culo per mettere qualcosa sotto i denti! »
Un sorriso sorse spontaneo sulle labbra della ragazza, influenzato dalla consapevolezza di avere di nuovo il lato arrogante del ragazzo dalla loro parte.
« Quindi, ora apri questo cazzo di cancello e cerchiamo una soluzione per questo casino, che Dio solo sa perché quei bastardi abbiano voluto crearlo! » sbottò Andrea, battendo un pugno sul palmo dell'altra mano.
Taylor osservò la guardia, in attesa di una sua risposta.
Sul suo volto si stava delineando una smorfia impassibile, priva di compassione. I suoi occhi si conficcarono, impertinenti, in quelli di Andrea, come se avessero voluto tenergli testa in una guerra a suon di minacce.
"Si è messo contro il ventunenne sbagliato" pensò orgogliosa, incrociando le braccia sul petto.
« Se non facciamo qualcosa le bombe ci annienteranno » aggiunse piano Jeff, con l'intento di persuaderlo. « Abbiamo poco tempo a disposizione »
Lui diede loro le spalle, catturato dal sibilo disturbato che scaturì dal walkie-talkie, agganciato sulla camicia all'altezza del pettorale sinistro.
« Ehi! Non puoi lasciarci così! » strillò Charlie, gettandosi sul cancello e cominciando a scuoterlo.
Taylor tese le orecchie. Dalle parole affrettate che lui scambiò con il suo interlocutore riuscì a coglierne a sufficienza da comporre alcune frasi di senso compiuto, che ripeté tra sé per memorizzarle:"Due zombie hanno valicato le difese. Caos nel cuore di Las Vegas. A tutte le unità: si richiede l'immediato intervento sul campo"
« Passo e chiudo » terminò l'uomo, rilasciando il pulsante.
« Dove cazzo vai? » sbraitò Andrea, strattonando a sua volta le sbarre di ferro, mentre l'uomo si dirigeva a passo spedito per l'edificio bianco.
« Aiutaci! » inveì Charlie, disperato.
Taylor, ignorando gli insulti del primo e i piagnucolii del secondo, assottigliò la vista per seguire i movimenti della guardia attraverso le finestre quadrate della struttura.
Lo vide mentre passava di fronte a due uomini intenti in una seria conversione. Quelli annuirono e si apprestarono a controllare le munizioni che avevano all'interno dei propri caricatori. Successivamente, varcarono una porta e lì Taylor li perse a causa del muro.
« Lo buttiamo giù con queste? »
Taylor guardò Charlie: aveva strette nelle fragili mani due palline da ping pong e un sorriso a trentadue denti che preannunciava l'inizio di un suo formidabile piano.
« Non abbiamo alternative migliori, per cui permesso accordato » decretò Jeff, sferrando una pacca bonaria sulla schiena del quattordicenne che a quel gesto ridacchiò.
Turbata, Taylor osservò Andrea allontanarsi dal cancello.
« Puoi dire addio alla regola numero quattro, vecchio » disse, sogghignando.
"Non fare troppo rumore" piombò nella mente della ragazza.
Realizzò all'istante quello che stava per accadere.
« Vi conviene salire sulla Jeep, l'impatto sarà enorme! » esclamò Charlie, tutto eccitato.
Taylor non se lo fece ripetere due volte.
Andrea, invece, se la prese con comodo: scompigliò i capelli di Charlie e solo al secondo richiamo del leader si decise a ubbidire.
« Comunque, se non vuoi sfracellarti dovresti salire anche tu sulla Jeep » Taylor udì Andrea attraverso il finestrino abbassato.
« Sei mortale tanto quanto noi » continuò lui, appoggiando i gomiti sul tettuccio grigio della macchina.
Taylor si costrinse anche questa volta a non guardare i suoi muscoli definiti, che erano in bella mostra dietro il lunotto, volgendo lo sguardo su Charlie che aveva assunto un'aria perplessa.
« E queste? » chiese quest'ultimo, alludendo alle bombe.
« Le lanci da qui, no? »
Mentre Charlie si apprestava a raggiungerli, Taylor si sentì diversa: un formicolio stranamente piacevole le aveva attaccato le punte dei piedi e si stava propagando per tutto il corpo. Era l'adrenalina.
« Dimmi quando, Phinar Quaggen » gridò Jeff, accendendo il motore della macchina.
Taylor si allacciò la cintura e, facendo un respiro profondo, scambiò un sorriso complice con il soldato.
Frenetica, assordante, luminosa e affascinante: i quattro aggettivi che Taylor attribuì alla città di Las Vegas.
Avevano esplorato le prime zone limitrofe, eppure lei rimase ugualmente stupefatta dalla moltitudine degli altissimi palazzi che si erano succeduti alla sua vista.
L'adrenalina continuava a scorrere nelle sue vene, incidendo nella sua memoria il ricordo di come avessero fatto saltare in aria il cancello e di come si fossero addentrati nella base militare, evitando le forze speciali.
Sembrava un mondo nuovo, quello, un mondo che era loro lontano quanto vicino. Un mondo a cui loro avevano sperato di poter appartenere una seconda volta e in modo permanente.
Come Taylor, anche gli altri sopravvissuti si sentivano straniti, quasi strabiliati dalla vivacità che coglievano per i quartieri, abituati al silenzio cupo della California.
La vita pullulava in tutte le sue forme: vi erano bambini che giocavano a pallone per le piazze, adulti che portavano a spasso i propri cani, gruppi di ragazze che uscivano dai centri commerciali reggendo buste colorate - gonfie di vestiti e accessori vari-, anziani che chiacchieravano del più e del meno sotto al consueto spuntino pomeridiano e tutte le altre cose che rendevano una città degna di nota.
Tuttavia, la difficoltà stava nel guidare: Jeff aveva dovuto riprendere maestria con la carreggiata, dato il numero infinito di macchine che avevano rallentato il loro viaggio sull'autostrada, per non parlare dei semafori di cui sembrava quasi essersi scordato l'esistenza.
A ogni modo, Taylor si sentiva in pace con se stessa. Era un'emozione indescrivibile quella che stava provando.
Non vi era una macchia di sangue sui marciapiedi, tanto meno l'ombra di un morto vivente.
In quel momento avrebbe solo voluto restare aggrappata a quella particolare sensazione, guardando fuori dal finestrino senza pensare a niente e a nessuno, ma la macchina si fermò.
« Siamo arrivati »
Sospirando come una bambina alla quale avevano negato una bambola giocattolo, Taylor afferrò lo zaino con il piede di porco, poi aprì lo sportello e si perse a osservare la struttura che aveva davanti.
Il laboratorio era basso e lungo, tinto completamente di nero.
Spiccava, infatti, la piccola siepe di ligustro, accuratamente potata, che lo circondava e il cartello bianco informativo posto all'entrata.
« Tieni ».
Taylor si girò di scatto al suono calmo della sua voce.
Incrociò un paio di iridi nocciola chiaro e il suo cuore parve perdere un battito.
Andrea le stava porgendo una grossa borsa quadrata, sotto consiglio di Jeff: utile per contenere oggetti fragili come le beute e le ampolle di vetro.
Senza dire una singola parola, Taylor allungò la mano. Involontariamente, le sue dita sfiorarono quelle del ragazzo che, vanitoso com'era, gonfiò subito il petto abbozzando un ghigno divertito.
A quel punto, Taylor cedette alla tentazione: il suo sguardo si posò dapprima sulla canna del mitra, sorretta dalla cinghia che Andrea aveva passato attorno al collo, per poi percorrere lentamente le forme scolpite del torace, baciato dai raggi morenti del sole, e indugiare sulla tartaruga, che terminava sopra al pantalone indaco da spiaggia.
“Quanto leggero dovrei vestirmi?” pensò imbarazzata, riportando gli occhi in quelli suoi.
I suoi piedi avevano smesso di esaudire gli ordini impartiti dal cervello, perché si fossilizzarono sul suolo.
Andrea si passò allora la mano nel ciuffo e trasformò il ghigno in un sorriso appagato.
A salvarla fu un'esplosione.
« Cazzo! Guardate che nuvolone! » esclamò Charlie, saltando giù dal cassone e indicando loro un punto non troppo lontano.
Taylor era troppo sconvolta per rimproverarlo dal linguaggio scurrile che aveva appena adoperato: a pochi isolati, esattamente al centro della strada, era scoppiato il putiferio.
Le persone correvano ovunque, scappando dalle fiamme che, a quanto pareva, erano state provocate da un incidente automobilistico.
Alcune donne urlarono strattonando i propri bambini. Altre si affacciarono dal balcone delle loro abitazioni per vedere la scena. Una sirena annunciò l'arrivo della polizia. Un'altra quello dei pompieri.
« No! » urlò Andrea. « Non qui! »
« Noi non siamo al centro città » mormorò Taylor, cacciando indietro le lacrime. « Non possono aver infettato così tante persone innocenti in poco tempo »
Si stava riferendo agli zombie di cui aveva sentito parlare al walkie-talkie della guardia.
La sola idea di dover assistere a qualcosa di spregevole come la morte causata dallo sbranamento, o la trasformazione stessa di quei civili, le faceva attorcigliare le viscere dello stomaco.
« Dobbiamo fare in fretta! » li incitò Jeff, sbattendo la portiera della Jeep.
I ragazzi cercarono con tutta la forza che avevano in corpo d'ignorare il caos, seguendo a ruota il leader attraverso il parcheggio.
Entrarono spediti nell'edificio. Una donna dalla fronte nascosta dalla frangetta liscia, che le ricadeva da un lato del viso ovale rispetto alla chioma dei capelli rossi che teneva legati in una coda, sprofondò nella poltrona nel vedere le loro armi, con la speranza di non essere coinvolta in un rapimento.
I quattro non le prestarono minimamente attenzione, oltrepassando la sua postazione per imboccare il corridoio contiguo.
Taylor non sapeva come avrebbero fatto a trovare quello di cui avevano bisogno: il suo istinto le stava dicendo di fidarsi ciecamente del soldato.
Superarono diverse porte in alluminio chiuse, all'interno delle quali si udiva il sibilo delle reazioni di alcune sostanze chimiche o il parlottare degli scienziati.
Camminarono senza fiatare fin quando si imbatterono in un giovane che stava tranquillamente immettendo i comandi sulla macchinetta del caffè, dando loro le spalle.
Jeff lo agguantò per un braccio, facendo sussultare per la sprovvista sia lui che Taylor.
« Sono Jeff Moul, un soldato dell'esercito di Bakersfield. Esigo la sua collaborazione per il bene dell'umanità » gli disse, allentando di poco la morsa.
« V-voi » balbettò il ragazzo. La sua espressione era diventata uguale a quella della segretaria, nel soffermarsi sulle loro armi.
« Senti, non abbiamo tutto il giorno » si inserì Andrea acido.
« Così lo spaventate » borbottò Taylor, guardando storto i due maschi.
Gli occhi neri del ragazzo, cerchiati da un paio di occhiali dalla montatura rettangolare, dardeggiarono sul suo viso e arrossì.
Taylor aggrottò le sopracciglia.
“Possibile...?” si chiese.
Anche Andrea doveva essersi accorto del suo improvviso cambio d'umore, perché s'imbronciò.
« Ehi! » lo richiamò. « Solo io posso prenderla in giro, chiaro? »
« I-io non » sussurrò flebilmente l'altro, evidentemente intimorito.
Taylor provò ad aprire bocca, ma Charlie le impedì di scatenare una lite, asserendo: « Micheal, giusto? ».
« S-sì, sono io »
« La brutta foto sulla tua targhetta lo conferma » annuì Charlie con aria altezzosa. « Comunque, non perdiamoci in chiacchiere. Fai il bravo e dicci dove conservate la roba! »
A quella proposta Micheal, che secondo Taylor aveva una ventina di anni o giù di lì, lo guardò confuso.
« Lo perdoni, intendeva i diversi elementi che mischiate per comporre una sostanza omogenea » spiegò Jeff paziente.
« N-non mi è permesso » Micheal si bloccò, rivolse un debole sorriso a Taylor e abbassò lo sguardo. « Sono solo un'apprendista »
« Stai iniziando a stancarmi, tu » esplose Andrea, irritato.
Prima che qualcuno potesse fermarlo, il biondo lo prese per il colletto del camice bianco e lo spinse senza troppi complimenti contro il muro.
« Mostraci subito dove conservate le cose che lui ti ha detto, o te ne pentirai amaramente » gli disse a denti stretti.
Micheal alzò le mani in aria in segno di resa e, tremando, acconsentì.
Andrea lo mollò bruscamente e gli permise di andare avanti, di guidarli lungo il corridoio.
« Potevi essere più gentile con lui » lo rimbeccò la castana, qualche secondo dopo.
« Gentile? Lo hai visto? Ti stava mangiando con gli occhi, quel maiale! »
« E allora? »
« Dovevo fargli capire che ha sbagliato ragazza » rispose lui, serrando la mascella.
“È geloso di me?” pensò Taylor, sempre più confusa. “Nessuno ha mai fatto una scenata per me”.
Di una cosa era ormai certa: Andrea era diventato protettivo. Magari lo era sempre stato, ma Taylor se ne era resa conto solo da quel bacio. Il suo primo bacio, per la precisione, cui stava ancora cercando di dare un significato.
« Qui dentro » proferì piano Micheal, aprendo una porta.
Per la terza volta, esitò impacciatamente su Taylor.
Seccato, Andrea attirò a sé la ragazza e le fece varcare la soglia per prima, per poi andarle dietro.
« Mi raccomando, leggete bene i nomi sulle etichette » disse Jeff, entrando dopo Charlie che si guardò attorno con incredulità.
Non era spazioso, come magazzino, eppure in qualche modo riuscirono a muoversi.
I liquidi era suddivisi in categorie e per dimensione: era un po' come fare la spesa.
Nel giro di alcuni minuti uscirono con tutto il necessario.
« Vi accompagno all'ingresso » disse Micheal, con l'aria di chi si era infangato in un mare di guai.
« Aspettate » ribatté Andrea. « Siamo in un laboratorio, no? Approfittiamone »
« Allora anche tu sai essere intelligente, quando vuoi » lo stuzzicò Charlie, issandosi la borsa a tracolla.
Taylor sorrise nel vedere la smorfia stupita di Andrea.
« Hai ragione » concordò Jeff, per poi voltarsi verso Micheal. « Lei è qualificato, quindi è nelle sue competenze riprodurre sieri e composti elaborati. »
Micheal immerse le dita tra le ciocche dei folti capelli neri. Sembrava preoccupato.
« Se vi state riferendo alla cura- »
« Abbiamo la formula » lo interruppe Taylor, mostrandogli il quaderno ad anelli che avevano consultato nel trovare gli ingredienti, compreso l'Exion.
Tuttavia, il giovane apprendista non si rallegrò.
« Lo scienziato aveva sbagliato ventisei volte prima di completarla » si giustificò invece, facendo per svignarsela.
Ma un teaser lo rispedì al suo posto.
« Ci sono scritti tutti i passaggi, persino io potrei capirli! » osservò Charlie, increspando la faccia il più possibile nel vano tentativo di apparire minaccioso.
« Per favore » rincarò Taylor la dose, abbassando la canna di bambù del quattordicenne per rassicurare Micheal. « Ne dipende la vita di tutti noi »
Un sospiro rassegnato scaturì dalla sua gola. Fece loro un cenno e li condusse per un altro corridoio.
Intanto che lo seguivano, le urla all'esterno del laboratorio si erano intensificate. Taylor conosceva quella sofferenza, lei stessa l'aveva sentita sulla sua pelle, in quella buia cantina.
Erano passati due mesi, ma le sembrava come se fosse stato ieri.
Micheal arrestò il passo davanti a una porta. Infilò la mano in tasca in cerca del portachiavi e perse una manciata di secondi nel trovare quella giusta.
La mise nella serratura e girò, facendo scattare lo scrocco reversibile all'interno.
« Vi ripeto, io non sono sicuro di poterlo fare » supplicò loro.
« Ci provi, almeno! » lo esortò Jeff, invitandolo a entrare.
Micheal si sistemò gli occhiali sul naso con aria agitata. Abbassò la maniglia ed entrò.
Accadde tutto alla velocità della luce: una figura contorta gli si avventò addosso, trascinandolo in un angolo.
Spaventata, Taylor vide una finestra rotta in mille pezzi e ne trasse una triste conclusione.
« Oh, Cristo! » esclamò Andrea, scansando Charlie per vedere cosa gli fosse capitato.
« Horwan! » lo chiamò Jeff, alzando il fucile a pompa.
Taylor si sporse abbastanza da vedere Micheal accasciato a terra, su una pozza di sangue che si allargava sempre di più a causa delle numerose lacerazioni che un uomo grigio, terribilmente sfigurato, gli stava infliggendo con ferocia sul collo e sulle braccia.
« State indietro! » ordinò Jeff, piazzandosi davanti allo zombie.
Charlie andò a stringere la mano di Taylor, bianco in volto.
L'eco dello sparo rieccheggiò per la stanza, ma il proiettile non colpì il suo bersaglio, sfiorandolo di un centimetro.
Jeff non si perse d'animo, fece scorrere l'astina frontale e premette di nuovo il grilletto.
Lo zombie cadde di peso su un Micheal privo di sensi.
« Finisco io » si fece avanti Andrea, mentre Jeff ricaricava, impugnando il mitra.
Ma Taylor lo bloccò per un polso.
« Non farlo »
« Potrebbe infettare i suoi colleghi » obiettò lui, addolcendo la voce. « Ormai è andato, non ci possiamo fare niente »
Ingoiando la cruda e ingiusta verità, Taylor annuì debolmente.
Quando tornarono alla Jeep scoprirono con orrore che l'epidemia si stava diffondendo più rapidamente di quello che avevano previsto.
L'unica soluzione che tenevano sotto la manica, nonché quella più sicura, era di creare la cura all'Area Protetta: restare a Las Vegas avrebbe voluto dire correre il rischio di essere travolti dal pandemonio.
In un modo o nell'altro, con le conoscenze che possedevano, lo avrebbero fatto.
Angolo autrice:
Le cose si stanno leggermente complicando, a quanto avete potuto vedere.
L'epidemia ha valicato le difese della California e ha raggiunto il Nevada.
Secondo voi cosa accadrà?
C'è la faranno i nostri sopravvissuti, nel ricreare la cura ora che hanno tutto l'occorrente?
Manca davvero pochissimo alla fine, e io già sto piangendo ahah. (chi sta amando Taylor e Andrea me lo dica, grazie!)
P.s: Il capitolo è stato interamente revisionato Alyssa_Dream che ringrazio come sempre! ❤️❤️
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