Capitolo 14.
Una comoda poltrona posizionata accanto alla stufa a pellet accesa.
Una tazza di caffè in una mano e un buon libro aperto nell’altra.
Lo scrosciare della pioggia che picchiava i vetri del soggiorno: suono naturale interrotto di tanto in tanto dal rombo di qualche lampo, il quale spezzava le compatte nuvole grigie tramite la sua immensa e sfuggevole luce.
Un rumore inaspettato, quello di una macchina, distrasse Taylor da quelle immagini che aveva provato a ricreare nella sua mente per combattere la noia. Socchiuse le palpebre, cercando di aggrapparsi con tutta se stessa a quegli strascichi pieni di quiete.
Nonostante le sue gambe fossero indolenzite per la rigida postura che avevano assunto dall’inizio del viaggio, soprattutto a causa dello zaino accasciato sulla sua caviglia, la ventenne non si scompose di un millimetro, poggiata serenamente contro lo sportello.
I raggi del sole le solleticavano le guance, invitandola come una carezza a sprofondare in un lungo e meritato sonno. Cosa che lei non poteva assolutamente permettersi: la loro meta finale si faceva sempre più vicina.
Come il giorno prima, Andrea aveva il controllo del veicolo.
Taylor non aveva fatto nulla per protestare, anche perché era sicura che lui non gliela avrebbe data vinta.
Inoltre, era certa che non sarebbe riuscita a sopportare le sue puntigliose frecciatine già alle undici di mattina.
Il suo insolito umore era dovuto al fatto che non aveva dormito bene, quella notte.
Dopo cena, Jeff aveva assegnato a ciascuno di loro i turni di guardia che avrebbero garantito una maggiore protezione contro i famelici morti viventi.
Scelta dalla sorte, o meglio, dalla sfortuna, a Taylor era capitato il bastoncino più corto. Si era ritrovata a scrutare per due ore l’area circostante, inginocchiata davanti al fuoco del falò, che si era premurata spesso di attizzare, mentre il gruppo sonnecchiava sotto i soffici sacchi e pelo.
Il cambio le era stato dato da Elan, che aveva coperto le ore successive, per poi passare il testimone ad altri.
Volgendo lo sguardo allo specchietto, Taylor notò la figura minuta di Charlie rilassata sul sedile posteriore, i piccoli occhi puntati al paesaggio che cambiava fuori dal finestrino.
Essendo il più giovane, lei e gli altri si erano accordati di lasciarlo dormire, dividendosi il turno che avrebbe dovuto rivestire.
Altre immagini si materializzarono nella sua mente, quando riposò la testa sul braccio.
Tornò alla sera prima: era seduta su una sedia pieghevole, che Jeff aveva scortato sulla Jeep assieme agli altri attrezzi da campeggio, e si stava riscaldando davanti al fuoco.
All'improvviso, Elan aveva proposto di giocare a obbligo o verità.
Ripensandoci, Taylor doveva ammettere che l’amica lo aveva reinventato in un modo tutto suo.
Il primo passo da eseguire era stato quello di tenersi tutti per mano, cosa che Andrea aveva rispettato senza farselo ripetere due volte. Un lieve rossore si fece strada sulle gote di Taylor, nel ricordarlo: il ragazzo aveva afferrato con decisione la sua mano. Lei era trasalita e d'istinto aveva rivolto il suo sguardo a Elan, capendone solo in quel momento le intenzioni.
L'occhiata divertita e ammiccante che l'amica le aveva restituito l'aveva portata a prendere in seria considerazione di ritirarsi.
Alla fine, motivata dalle esortazioni positive di Charlie, si era lasciata trasportare ed era entrata nel vivo del gioco. A un certo punto, era stata così euforica da obbligare Elan a dare un bacio sulla guancia di Jeff, come per vendicarsi, e ricordò che lui non era sembrato affatto dispiaciuto.
Naturalmente, i ragazzi non erano stati tanto sprovveduti da richiedere cose che l’altro non si sentiva di fare. Taylor era rimasta stupita persino dalle tre singole domande che le aveva rivolto Andrea: "Cane o gatto?", "Se avessi un milione di dollari dove andresti?" e addirittura:" Ti piacciono più i tipi intelligenti e timidi o quelli coraggiosi e sicuri di sé?".
A suo avviso, le erano parse semplici e banali che solo a ripensarci le veniva da ridere.
Fece una smorfia ricordando che, in ogni caso, il biondo aveva ricalcato il suo stupido nomignolo in tutte le risposte che lei gli aveva dato.
Chiuse gli occhi, stimando che in fin dei conti aveva passato una piacevole serata, e inspirò.
Ma non trascorsero nemmeno un paio di minuti che li riaprì subito, risvegliata da un inconfondibile brontolio.
« La vuoi una carota, Miss Horse? » le chiese Andrea, sogghignando.
“Dove ho messo il piede di porco?” pensò Taylor, prendendosela con il suo stesso stomaco per essersi fatto scoprire.
Ignorò il sorrisino compiaciuto impresso sulle labbra di Andrea e si fece forza sul braccio per mettersi composta.
Poi un qualcosa di freddo le strusciò sulla gamba.
Chinandosi, Taylor vide l'asta del suo fidato compagno emergere da sotto lo zaino.
Spostò i piedi, che avevano iniziato a formicolare, e aprì la cerniera superiore di questo.
Sistemata la spranga, affinché fosse in bella vista, si abbandonò con la schiena al sedile, tenendo tra le mani un pacchetto di mandorle sgusciate.
« Quelle non mi sembrano carote » sentenziò Andrea.
« No, sono meglio » confutò lei in tono orgoglioso, alzando il naso come segno di fierezza.
Andrea non aggiunse altro.
Scosse lievemente il capo, facendo di conseguenza dondolare il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte liscia.
« Siamo arrivati? » una voce allegra si frappose al suono ovattato che il pacchetto produsse quando Taylor lo tirò per due estremità.
« Non ancora. Mancano circa cento chilometri » rispose Andrea, osservando la strada con più attenzione.
« Mi sto gasando tantissimo, anche se dovrei avere paura » ammise Charlie, sganciando la cintura per avvicinarsi ai due.
« Ma non devi avere paura » lo incalzò Taylor perentoria, esaminando con curiosità la forma di una mandorla per poi metterla in bocca.
La assaporò lentamente, come se quella fosse stata l'ultima che avrebbe mangiato, rosicchiandola adagio.
« Dovresti, invece. Quei mostri non vedono l'ora di fracassare il tuo minuscolo cranio per ingurgitare il piccolo cervello che ti ritrovi! » esclamò Andrea, con fare esagerato.
Il quattordicenne rabbrividì alle sue parole: l'espressione entusiasta che aveva illuminato fino a quel momento il suo viso era svanita nel nulla.
« Non ascoltarlo. Vuole solo spaventarti » lo rassicurò Taylor, mandando giù quella misera leccornia per poi prenderne cinque in una sola volta.
« È la verità » insisté il biondo, fingendosi serio.
Evidentemente con scarso successo perché tradito dal sorriso che sembrava stesse lottando per mostrarsi.
« Fe sfai on » Taylor si bloccò, consapevole che non si dovesse parlare con la bocca piena.
Una risata strozzata scaturì da Andrea, che le lanciò un'occhiata divertita.
« Se stai con noi non ti accadrà nulla. Te lo prometto » ripeté lei calma, dopo aver inghiottito, voltandosi a guardare Charlie.
Incrociò le iridi castane nelle sue, rendendosi conto quanto fossero straordinariamente identiche alle proprie.
Charlie, sospirando, piegò gli angoli della bocca in un debole sorriso, senza distogliere lo sguardo, come per dirle che di loro si fidava ciecamente.
Taylor, nel profondo, era certa che per lui fosse dura nascondere quello che provava, che fosse dura l'idea di uscire allo scoperto con mille civili dal sistema cognitivo alterato che bramavano carne fresca ventiquattr'ore su ventiquattro.
Era convinta che lui si sforzasse ad assimilare tutti gli insegnamenti dettati dal loro leader, non avendo altro.
Al contempo, sapeva che Charlie ce la stesse mettendo tutta e le sue incredibili invenzioni lo stavano dimostrando.
“Ti proteggerò, non ti lascerò mai più solo” pensò sincera, ricordando come si fosse sentita quando lui era sparito nel magazzino della fabbrica di Bakersfield.
« Dammene un po'! ».
Taylor, colta alla sprovvista, non ebbe modo di analizzare quella richiesta che si ritrovò una mano, dalle vene leggermente sporgenti, trafugare nel pacchetto della sua frutta secca.
« Sì, ma non finirle tutte! » esclamò un secondo più tardi, con una vocetta da bambina lagnosa, notando la vigorosa manciata di mandorle che Andrea si era portato alla bocca.
Il sole raggiunse il centro del cielo limpido nell'arco di mezz'ora: in questo stesso lasso di tempo, i sopravvissuti raggiunsero la città dove speravano di trovare la cura.
Non essendoci mai stata, la prima cosa che catturò lo stupore di Taylor fu l'enorme numero di vasi di porcellana posti su ogni balcone dei grattacieli che superavano, nei quali si potevano intravedere quelli che sembravano aghi di rosmarino, foglie di basilico e rami aggrovigliati di germogli rinsecchiti.
Su ciascun marciapiede si trovavano delle aiuole poste a intervalli regolari.
Da quello che ne rimaneva, Taylor suppose avessero ospitato sottili alberelli sempreverdi, piante grasse e, specialmente, fiori dai svariati colori.
Tutte quelle decorazioni naturali sembravano essere state messe appositamente per accogliere i visitatori.
Purtroppo l'epidemia aveva causato un incendio dopo l'altro, facendo di quegli alberi un cumulo piramidale di cenere o, nel raro caso in cui si fossero salvati dalle fiamme, dei rami carbonizzati privi delle consuete e familiari foglie.
Quindi decretò che Chico doveva essere stata rigogliosamente ricca di vegetazione, in passato, una località dall'aspetto sublime.
Ma la sua anima venne lacerata in mille pezzi quando si accorse degli atroci morti viventi che vagavano per le strade.
Osservando una donna grigia zoppicare fuori da una cabina telefonica, dalla porta sporca di sangue, Taylor sentì i propri nervi tendersi dall'ansia.
Strinse la cintura di sicurezza, cercando di mantenere la calma: mai in vita sua aveva pensato di ritrovarsi così tanti zombie nello stesso luogo.
« Fate attenzione! » disse una profonda voce maschile dai loro walkie-talkie.
Il respiro della ragazza si mozzò vedendo un essere senza gambe volare oltre la Jeep e atterrare di botto sul loro cofano, provocando una lieve crepa sul vetro: doveva essere resistente.
« Ci sta dando di brutto, il capo » commentò Andrea, sterzando per far scivolare lo zombie sull'asfalto, a tratti dissestato e a tratti schizzato di rosso.
« Sono tantissimi! » esclamò Charlie, gli occhi che dardeggiavano in ogni direzione, chiaramente preoccupato da ciò che li aspettava.
« Stagli dietro » suggerì Taylor ad Andrea, indicando la vettura che continuava a investire gli zombie che gli si paravano davanti.
« Con piacere » sorrise Andrea, determinato, cambiando marcia per accelerare.
Il problema era che più si addentravano e più la presenza degli zombie si intensificava, tanto da rendere complicata la guida nelle vie a senso unico.
Furono altrettanto numerosi quelli che Jeff ed Elan schiacciarono, attirati dai motori delle macchine.
Taylor era amareggiata da quella situazione: avrebbe di gran lunga preferito serrare gli occhi e risparmiarsi le scene cruente che si manifestavano senza sosta oltre il parabrezza.
Ma era cosciente che non vi fossero altre soluzioni, dato l'obiettivo che si erano prefissati di portare a termine.
« Manca ancora tanto? » domandò Charlie, la voce intrisa di stanchezza.
« Mi hai preso per un navigatore? Chiedi a Miss Horse » rispose Andrea brusco, girando il volante per imboccare una curva costeggiata da un podio sul quale si innalzava una statua di marmo.
A seconda delle informazioni incise sulla targhetta nera, posta al di sotto del paio di scarpe scolpite con particolare cura, raffigurava il corpo massiccio del recente sindaco. Un sorriso amabile spiccava sul suo volto statico, infondendo sicurezza nei cuori al solo sguardo.
Taylor storse il naso nel distinguere i graffiti volgari che si estendevano sulla superficie del suo cappello a cilindro, perciò indirizzò l'attenzione al biondo.
« Guarda che ne so quanto te. È Jeff che stiamo seguendo, ricordi? ».
« Oh! Scusami tanto, signorina, se sono stato sgarbato nei tuoi confronti » scimmiottò Andrea, scoccandole una veloce occhiata ostile che lei ricambiò con uno sbuffo irritato.
« Ma che vi prende? Le mandorle vi hanno dato di matto? » blaterò Charlie, rivolto a entrambi.
Tuttavia, nessuno dei due interrogati riuscì a pronunciare una parola, perché un essere piombò all'improvviso contro lo sportello posteriore, colpendo il finestrino con una violenta testata.
« Cazzo, quanto è brutto! » urlò Charlie, saltando sul posto dallo spavento.
Taylor, allarmata, cercò di voltarsi per vedere con chi avessero a che fare, ma rischiò di strusciare sulla spalla muscolosa di Andrea, che aveva sterzato senza troppi complimenti a sinistra.
Un rantolo rauco si levò all'esterno, seguito dal rumore di ossa spezzate: il morto vivente si era schiantato al palo della corrente.
"Stai bene? " era la prima domanda che Taylor avrebbe voluto porre a Charlie, passato il pericolo.
Invece, si sentiva ribollire dalla rabbia.
« Non si dicono le parolacce! »
« Cosa? » inveì il castano, con aria smarrita. « Voi le dite in continuazione! »
« Che c'entra? Noi siamo grandi » fece Andrea, guardandolo dallo specchietto retrovisore con severità.
« E i grandi sbagliano, a volte » completò Taylor, gesticolando.
Un silenzio avvolse i tre.
Charlie passò lo sguardo prima su uno e poi sull'altra, l'espressione corrucciata.
« Vi siete messi contro di me? » borbottò poco dopo.
« No, ti stiamo solo spiegando che sei troppo giovane per dire certe cose » chiarì Taylor, addolcendo il tono della voce.
« Esatto » convenne Andrea.
Charlie li fissò ancora una volta, sempre più perplesso.
« Com'è che ora andate d'accordo? »
A quella domanda, Taylor si tirò nervosamente l'elastico dei capelli e iniziò a sentire un calore partire dalla punta dei piedi e propagarsi per tutto il suo corpo.
Andrea, invece, continuava a passarsi compulsivamente le dita nel ciuffo biondo scuro.
Taylor non sapeva con certezza per quale ragione stesse accadendo ciò, ma quella semplice e innocua frase era riuscita a stravolgere la situazione.
« Non stiamo affatto andando d'accordo! » esplose, sperando che la sua versione lo avesse dissuaso almeno un po'.
« Già! C'è differenza tra "rimproverare un ragazzino combinaguai" e "dare ragione a una ragazza che adora follemente gli zombie" » disse Andrea, aggrottando le sopracciglia.
« Infa » Taylor si bloccò. « Aspetta, cosa? »
« Vedi, Il Magrissimo? Non andiamo d'accordo » fece notare Andrea, stringendosi nelle spalle.
"Respira, conta fino a dieci e poi sospira" si disse tra sé Taylor, mandandosi le ciocche castane dietro le orecchie con fare imbronciato, e trasse una grande quantità d'aria nei polmoni.
Chissà come, Charlie si era lasciato convincere ed era tornato a guardare fuori - o almeno ne dava l'impressione -.
Andrea, invece, guardò la ragazza come se volesse farle capire che stava scherzando, ma lei non gli rivolse il suo, di sguardo, ancora offesa per quello che aveva detto.
L'ospedale si trovava nelle prossimità della penultima periferia, come Jeff comunicò loro.
Doveva ammettere che le immagini che il telegiornale aveva mandato in diretta non erano nulla in confronto alla realtà.
Con la bocca spalancata, Taylor osservò tristemente i dettagli della struttura bianca che si ergeva alla sua vista, man mano che si avvicinavano, a cominciare dalla dozzina di carcasse dimenticate sull'asfalto.
Vedere pezzi di carne umana ammuffita le diede addirittura il volta stomaco: era sparpagliata per tutto il perimetro frontale e spiaccicata sulle fiancate delle ambulanze, alle quali facevano compagnia la ruggine, le ampie ammaccature e le manate di sangue.
Si chiese perché si stupisse tanto: erano volati due mesi da quel giorno e il virus era stato diffuso proprio dai pazienti che erano stati contagiati dal morso dei tre militari, che si erano offerti come cavie.
Contando le numerose vetrate frantumate e drappeggiate di altrettanto sangue, che si allineavano per altezza e lunghezza, stimò che l'ospedale fosse formato da sei piani.
"Ci siamo" pensò, mordicchiandosi l'unghia di un pollice.
« Negativo. Non possiamo sostare qui, passo. » informò una voce imponente dai walkie-talkie, come se Jeff le avesse letto nella mente.
« Perché no? » gli chiese Taylor, ma non aggiunse altro quando vide quattro figure minacciose appostate all'entrata dell'edificio.
« Il parcheggio posteriore è meno esposto. Passo e chiudo » rispose Elan.
Nel tono della sua voce non si percepiva un briciolo di paura, sembrava più che altro eccitata da quella avventura.
Taylor riagganciò il suo apparecchio alla fascetta che le cingeva il polpaccio destro e iniziò a prepararsi psicologicamente, mentre Andrea continuava a seguire la Jeep.
Poi spensero le auto, una accanto all'altra, e scesero cautamente portando con loro le armi ricevute dal leader.
« Okay, se procediamo con discrezione avremo una qualche possibilità di riuscita » iniziò a dire Jeff, aggiustandosi la cinghia del mitra attorno al collo.
« Quindi stiamo vicini vicini? » propose Charlie, speranzoso, inforcando gli occhiali dalle lenti rosse.
« Come zecche! » esclamò Elan, afferrandolo per un braccio per dargli un rapido abbraccio.
Charlie annaspò in cerca d'aria, stravolto dalla sua stretta.
A quella scena Taylor sorrise e accantonò per un momento la preoccupazione di dover usare la Beretta 92: l'aveva infilata nella fondina che Jeff le aveva regolato tra i passanti dei jeans blu, che lei aveva indossato al posto dei leggins appena prima di partire.
« A quanto pare abbiamo una new entry! » avvertì Andrea, sorprendendo l'intero gruppo, indicando un punto non troppo lontano del parcheggio.
Girandosi, Taylor vide un orrendo omone grigio come la pietra arrancare verso di loro, per quanto la sua caviglia spezzata lo permettesse.
« Lo faccio fuori? » Elan si rivolse a Jeff, come per chiedergli il permesso.
« Ma no, restiamo a guardare come sbrana il Magrissimo! » ironizzò Andrea, passando anche lui la cinghia del mitra attorno al collo scoperto, guadagnandosi al contempo la smorfia contrariata di Charlie.
Bastò un cenno da parte del leader che Elan si lanciò all'attacco, il machete sguainato che rifletteva la prorompente luce del sole.
Taylor era sicura che la mora ci avesse messo meno di un secondo. Ne ebbe la certezza quando vide la testa del morto vivente schizzare a terra mentre l'amica faceva dietro front.
« È incredibile » sentì mormorare da Jeff, le cui iridi nere parevano brillare solo per lei.
« Sì, lo è » gli sorrise Taylor, annuendo.
Jeff sussultò, riacquistando subito il controllo di sé.
« Andiamo » ordinò sbrigativo, superandola come se niente fosse.
Il suo essere impassibile suscitò un rivolo di contraddizione nell'animo della ventenne, che rimase a fissarlo interdetta.
« Tieniti pronta, Miss Horse » le sussurrò Andrea, passandole accanto e sfoderando uno dei suoi soliti ghigni.
Taylor, roteando rassegnata gli occhi al cielo, impugnò il piede di porco dal laccio dello zaino e avanzò sulle orme di Charlie, che aveva attivato il teaser.
Corsero verso la porta con su stampato il simbolo di emergenza e vi entrarono.
L'accoglienza non fu certo delle migliori: vennero subito avvolti da un'acre puzza di marcio, mischiata di farmaci e ferro.
Un lungo corridoio dalle pareti tappezzate di piastrelle bianche si estendeva al loro cospetto.
A causa della scarsa illuminazione, Taylor non fu in grado di stabilire quanti altri corridoi sfociassero in quello e questo non le dava di capire quanto effettivamente grande fosse l'ospedale.
"Solo questione di attimi" pensò, sperando che la sua vista si abituasse in fretta.
Storse il naso inorridita, notando delle strisce di sangue grosse come serpenti sul pavimento e immaginò fossero stati trascinati dei corpi.
« Dobbiamo salirle tutte? » domandò Charlie in tono esterrefatto, riferendosi alla rampa di scale che stava alla loro sinistra.
Ma nessuna corda vocale dei quattro osò emettere una singola sillaba per rispondergli, bloccate dall'improvviso rauco verso che riecheggiò tetro nel corridoio.
Taylor strinse forte il piede di porco a arretrò di qualche passo, udendo un ruggito più rancoroso del precedente scaturire da uno dei corridoi immersi nel buio.
Subito, due sagome si precipitarono verso di loro, uscendo alla luce.
Allo stesso tempo delle figure familiari si fecero avanti e il rumore assordante dei proiettili riempì l'area.
Vagamente felice, Taylor si avvicinò ai due maschi, che avevano cessato di fare fuoco, seguita a ruota da Charlie ed Elan.
« Avanti il prossimo! » urlò Andrea, alzando il mitra in aria come segno di vittoria.
Taylor vide Elan rifilargli un buffetto sulla schiena e accennargli il soffitto.
Il gruppo sollevò lo sguardo, il fiato corto: qualcosa si stava muovendo.
« Avete dimenticato che il rumore li attira? » li riproverò a bassa voce, scrutando Jeff con profonda delusione.
« Ehi, dovreste ringraziarci, invece! » ribatté Andrea, alludendo agli zombie che avevano appena abbattuto.
« Quelli fanno troppo chiasso » mormorò Taylor, posando lo sguardo sulle loro armi dai fori ancora fumanti.
« Sì, ma… » provò a giustificarsi il bruno, ma venne zittito da Elan che continuò: « Da ora in avanti ci pensiamo noi tre »
Charlie, sentitosi chiamato in causa, annuì vigorosamente.
Tuttavia, rigettando uno sguardo ai molteplici corridoi e alla rampa di scale, Taylor si liberò della domanda che le stava tartassando l'animo dall'inizio del viaggio:« Dove sarà la cura? »
« Da qualche parte qui dentro » rispose Andrea. Si soffermò sullo sguardo torvo che Elan gli stava riservando, per poi aggiungere a bassa voce :« Mi sembra ovvio »
Calò il silenzio e tutti guardarono Jeff.
« Vennins ha ragione: dobbiamo dividerci » annunciò il soldato, alcuni secondi dopo di riflessione.
« Fermi! Che fine ha fatto lo stare "vicini vicini come zecche"? » farfugliò Charlie, visibilmente spaventato all'idea di restare da solo.
« Jeff non ha torto, se ci dividiamo… » assentì Elan, ma venne a sua volta interrotta da Taylor:« Finiremo sotto terra senza rendercene conto »
« Okay, ho avuto un'idea! » esclamò Charlie un po' troppo forte, perché un ringhio irritato rimbalzò per le pareti.
Andrea corse subito a tappargli la bocca, impedendogli di spiegarla.
« Non possiamo stare qui tutto il giorno, è troppo pericoloso » disse Jeff, scuotendo la testa.
« Se proprio dobbiamo dividerci, facciamolo in un gruppo da due e uno da tre affinché ciascuno abbia un appoggio dall'altro » consigliò Taylor, saggiamente.
Charlie, che fino a quel momento stava cercando di strattonare con scarso successo il palmo della mano di Andrea, si rilassò.
« Perché no? » concordò Elan, dandole una pacca sulla spalla.
« Ottima osservazione » annuì Jeff. « Abbiamo sei piani e possiamo dividerceli equamente »
« Io vengo con te! » esclamò subito Elan, sorridendogli.
« Te lo scordi. Sono io che ho il mitra! » ribatté Andrea, lasciando andare Charlie.
« Okay, ora non litighiamo » disse Jeff, allungando le mani in avanti.
« Senza di me non c'è la faresti! » insisté Elan, mostrando il machete.
Taylor vide le labbra di Jeff stirarsi in un piccolo sorriso imbarazzato.
“E ancora cercano di farci credere che tra loro non ci sia nulla” pensò, sfinita.
« Allora io rimango con Taylor » fece Charlie, avvicinandosi a lei.
Taylor gli rivolse un sorriso, ricordando la promessa che gli aveva fatto.
« Non se ne parla! » disapprovò Andrea. « Sareste capaci di mettervi spalle al muro da soli! »
« Non è vero! » replicò la castana, sentendosi di nuovo offesa.
« Come la mettiamo? » chiese Charlie a Jeff, che sospirò.
Si divisero: Elan e Jeff restarono al piano terra mentre gli altri tre risalirono le scale.
Non raggiunsero nemmeno il primo piano che uno zombie venne loro addosso, attirato dal loro vociferare.
Taylor, svelta come una gazzella, tirò Charlie indietro e lasciò ad Andrea il compito di ucciderlo. Poi continuarono a salire.
« Ci restano ancora due piani » mormorò Charlie, a metà della seconda rampa, sorreggendosi sulla canna di bambù.
« Terminator è un tipo tosto o una femminuccia? » lo rimbeccò Andrea, tenendo il mitra alzato.
« Un tosto! Lui non si abbatte mai » rispose energicamente Charlie, indugiando sugli occhiali che portava sul piccolo naso.
« Dai, che ce la fai » lo esortò Taylor, aggrappata al corrimano.
Furono fortunati per il resto della salita e non si chiesero minimamente che fine avessero fatto quelle putride creature.
Giunti al quarto piano, attivarono i loro sensi, procedendo con estrema prudenza.
Mentre i ragazzi si avvicinavano alla porta adiacente alla colonna che avevano virato, Taylor inoltrò lo sguardo alla vetrata che lasciava penetrare i tiepidi raggi del sole.
Vista da quell'altezza, Chico pareva essere il risultato di un negozio di erboristeria spento da uno spiacevole incendio.
« Qui non c'è niente, solo un lettino mal ridotto » sentì sussurrare.
Si voltò e notò Andrea bisbigliare qualcosa nell'orecchio del quattordicenne, per poi spingerlo nella stanza e chiuderlo dentro.
« Ehi! Fammi uscire! » urlò Charlie, tempestando la porta di pugni.
Il cuore di Taylor perse un battito: un'infermiera allampanata priva di bulbi oculari era uscita dalla porta accanto e stava avanzando pericolosamente verso Andrea, il quale era impegnato a tirare la maniglia che Charlie tentava disperatamente di abbassare.
“Uccidili, o loro ti uccideranno” pensò, inspirando piano.
Cos'era successo l'istante successivo? Lei stessa non sapeva darsi una risposta.
L'unica cosa di cui era certa era che la donna grigia, alla quale aveva conficcato la punta del piede di porco nel cranio, non avrebbe nemmeno potuto immaginare di sfiorare il biondo.
« Cazzo. Da dove è venuta fuori? » sussurrò quest'ultimo, osservando la ragazza estrarre lo strumento di ferro.
« Un grazie sarebbe più che sufficiente » lo incalzò lei, ingoiando un groppo che le si era formato nella gola per l'azione che aveva compiuto.
« Ho paura. Sento qualcosa muoversi! Non vedo niente! » piagnucolò Charlie, oltre la porta.
Taylor toccò la mano del biondo, per poi squadrarlo da cima a fondo con aria incredula e affermare :« Fai sul serio? ».
Andrea piegò la testa da un lato e allentò la presa sulla maniglia.
La porta si aprì di scatto e una chioma riccioluta ne uscì frettolosamente.
« Non farlo mai più! » disse Charlie ammusato, puntando il teaser contro Andrea.
« Era solo uno scherzo, idiota » borbottò lui, allontandosi.
Taylor lo vide entrare in una stanza, per poi uscirne e affacciarsi in un'altra.
Scambiando con Charlie uno sguardo complice, lo seguirono e osservarono a loro volta il contenuto delle camere che lui stesso aveva perquisito, trovando però solo letti dai materassi squarciati e macchinari spenti spruzzati di rosso - in genere, servivano per controllare lo stato dei pazienti-.
Cinque minuti dopo tornarono a mani vuote ai piedi della rampa di scale e, silenziosi, si recarono al quinto piano.
Un'altro quadrato di luce appariva dalla rispettiva vetrata e colpiva i contorti disegni che il sangue imprimeva sulle pareti.
Taylor osservò Andrea mirare al centro del corridoio, verificando se fosse libero.
Charlie, al suo fianco, si sistemava nervosamente gli occhiali da sole.
“Prima usciamo da qui e meglio è” pensò, levando lo sguardo al soffitto con aria pensierosa.
« Io proseguo » disse infine, voltandosi verso le scale.
« Da sola? » mormorò Charlie, preoccupato.
« So cavarmela » lo rassicurò lei, facendo per solcare il primo gradino.
« Taylor, aspetta! ».
Increspando le sopracciglia, Taylor si fermò: più stupita per il fatto che Andrea l'avesse chiamata per nome anziché del vero motivo per cui lo avesse fatto.
Ma non fece nemmeno in tempo a chiedere cosa volesse che si ritrovò le sue labbra sottili sulle sue.
Taylor emise un lieve gemito soffocato. Il cuore iniziò a batterle all'impazzata nella gabbia toracica: non erano mai stati così vicini.
Il suo respiro caldo la fece arrossire ferocemente, mentre le sue labbra si spinsero leggermente di più verso di lei, come se non volessero abbandonarla, come se ne avessero bisogno.
Taylor sentì il suo ciuffo biondo solleticarle la fronte. Per questo chiuse gli occhi, assaporando quel momento come se fosse stato l'ultimo.
“Miss Horse ha paura, ma Miss Horse ha un valoroso cavaliere al suo fianco che agisce sempre” le balenò per la mente.
Era vero.
Lui era il suo cavaliere. Elan aveva capito tutto fin da subito: c'era sempre quando aveva bisogno, anche se lui lo dimostrava con il suo solito caratteraccio.
L'aveva salvata molte volte e adesso rimpiangeva per non averlo mai ringraziato.
Tuttavia, la mente le stava proponendo un'altra affermazione che la portò a scacciare quel pensiero: “Anche io ho un cuore. È piccolo, certo, rispetto al tuo che è grande e puro, ma c'è. So che c'è".
A quel punto, era sicura al cento per cento che lui avesse un cuore e che battesse, proprio come il suo.
Il turbinio di emozioni che stava provando, quella piacevole sensazione di assoluta beatitudine che mai aveva sentito prima di allora, svanì nell'attimo in cui Andrea si staccò per riprendere fiato.
Con le guance ancora in fiamme, Taylor lo fissò negli occhi.
Le iridi nocciola chiaro, rischiarate dalla luce che li stava entrambi abbracciando come solo una mamma sapeva fare, si incollarono nelle sue.
Un brivido gelido le percorse a rapidi passi la schiena, quando Andrea piegò le labbra in un tenero sorriso.
Taylor si sciolse completamente, ricambiandolo, poi si riprese e, maldestramente, cercò di afferrare il corrimano.
Salì lentamente le scale, ancora persa tra le nuvole.
« Bleah, vi siete baciati! » sentì esclamare alle sue spalle.
« Sta’ zitto » ridacchiò l'altro.
Taylor, udendo la sua voce, sorrise come una bambina: era stato il suo primo bacio.
Ma la realtà la schiacciò come un giornale spiaccicava una mosca posata sul tavolo.
Riprese subito la padronanza del suo corpo quando vide un dottore privo di capelli sbucare dal pianerottolo dove lei era diretta.
Si accinse a estrarre il piede di porco quando esso, notandola, si mise a ruggire.
Taylor salì velocemente le scale, la spranga stretta in mano.
L'essere, di tutta risposta, mostrò i denti e si gettò su di lei.
La ventenne, con un rovescio, lo infilzò alla mascella e lo trascinò a destra.
Dato che l'essere non sembrava molto intenzionato a ruzzolare sugli scalini, allungò le mani raggrinzite verso le sue braccia, con l'intento di graffiarla.
Taylor non si lasciò sfuggire quella mossa, perché con un calcio sul ginocchio glielo impedì.
Un ringhio furioso emerse dalla sua bocca insanguinata, mentre Taylor strattonò il piede di porco per schiantarlo al muro, che si macchiò immediatamente di materia nera.
Il silenzio che seguì le diede modo di calmarsi e riprendere l'arma.
Poi si sporse in avanti, aguzzando la vista per capire al meglio la situazione: il corridoio che l'aspettava aveva solo due porte.
Aprì la prima con riluttanza, scoprendo poco dopo che fosse lo stanzino delle scope, per poi esitare sull'altra.
Dai vari tagli e segni messi in risalto sulla ruvida superficie di legno, dedusse che qualcuno doveva averci fatto a botte.
La spinse, essendo socchiusa.
Varcò la soglia e quasi non credette ai suoi occhi: tre lettini disfatti e sporchi di rosso cremisi erano ammassati l'uno sull'altro; i mobiletti e gli armadietti erano stati ribaltati, mentre i medicinali e le diverse attrezzature erano sparse disordinatamente per terra.
Deglutendo, spostò lo sguardo sul quadrato di pavimento cosparso di minuscoli frammenti di vetro, che provenivano senza alcun dubbio da quella che in passato era…
"La teca!" pensò, amareggiata.
Nulla era integro. Tutto era andato perduto.
Angolo autrice:
OMG! Omg!! Andrea ha baciato Taylor!
Ripeto: ANDREA HA BACIATO TAYLOR.
Okay okay, diamoci tutti una calmata (me compresa) e analizziamo a fondo la situazione.
Taylor è finita nella stanza dove sperava di trovare la cura, ma da come avete potuto dedurre tutto è stato distrutto (ci credo, le cavie zombificate non sono state buone buone sui loro lettini, no?)
Quindi secondo voi ora cosa accadrà? Chiamerà gli altri e dirà che la missione è fallita?
Si inventerà qualche scusa?
Ma soprattutto, come reagirà Jeff nel saperlo?
Ringrazio sempre la mia Alyssa_Dream per aver revisionato il capitolo in anteprima! (ti adoro, sappilo) ❤️❤️
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top