Capitolo 12.

« I medikit ci sono. Bene, abbiamo scordato qualcosa? » chiese Jeff a Taylor.

« Termos, sacchi a pelo, torce, fiammiferi, salviette umidificate, cavi e funi per ogni evenienza… » rispose piano la ragazza, leggendo i punti della lista che aveva tra le mani. 

« Oh, le taniche di benzina le hai segnate?» si illuminò Jeff, facendo il giro del tavolo per avvicinarsi a lei, per poi leggere a sua volta la lista da sopra la sua spalla. 

Taylor annuì. « Abbiamo tutto » aggiunse, per poi inspirare profondamente. 

Sapeva che il giorno decisivo era ormai giunto: si sarebbero dovuti recare a Chico, dove ogni cosa aveva avuto inizio. 

Indugiò solo un secondo se avessero mai avuto la fortuna di trovare la cura, perché delle dita ferree le strinsero la spalla sinistra con fare di conforto, cancellando il suo timore in un istante. 

Alzando lo sguardo, incontrò gli occhi neri del soldato. 

« Ce la caveremo » mormorò, accennando un piccolo sorriso.

« Sì » disse Taylor un po' più sicura. 

Jeff strusciò lentamente i polpastrelli a destra e a sinistra, come per farle una carezza. 

La pelle di Taylor divenne d'oca, scossa da quel raro gesto rassicurante. 

« Dico sul serio » disse lui, abbassando la voce affinché nessun'altro potesse udirlo oltre a lei. 

Taylor fissò le sue iridi, ma erano completamente diverse dalle sue. 

“Diamine, devo smetterla di pensarci!” si disse tra sé, staccando lo sguardo da quello di Jeff per riportarlo sul foglio. 

La sua mente era tornata indietro nel tempo e aveva riportato a galla il momento in cui Andrea l'aveva osservata intensamente. 

Probabilmente, data la curiosa intesa dei due, sarebbe durato di più se solo Charlie non li avesse risvegliati da quello stato quasi magnetico.

« In base alla cottura ho sezionato il cibo nelle casse, così da non confonderci!» esclamò una voce frizzante dalla cucina.

Taylor sentì la spalla libera: Jeff si era voltato. 

« Dovrebbe bastarci sia per l'andata che per il ritorno. Comunque abbiamo la credenza piena, dovremmo passare più spesso per i magazzini delle fabbriche » ammise quella voce in tono ingegnoso. 

Taylor vide una mossa chioma scura fare capolino dalla porta della cucina.

« Non bisogna approfittare troppo di quel che ci è stato offerto, o andrà sprecato » disse il bruno, avanzando nella sua direzione. 

« Questa dove l'hai sentita? » domandò Elan, inarcando un sopracciglio. 

« L'ho appena inventata ». 

« Mi piace, anche se mi suona da persona avara » rise lei, guardandolo mentre si arrestava a un metro dal suo viso. 

Taylor scosse la testa, cercando qualcosa da fare per non starli a sentire: certe volte credeva proprio di essere da terza incomoda.

« Io la vedo più come un'azione saggia da compiere. Se non stiamo attenti a ciò che consumiamo, prima o poi resteremo senza » insisté Jeff, infilando le mani nelle tasche dei calzoni della divisa militare. 

« Tu non dovevi arruolarti, avresti fatto carriera come poeta » scherzò Elan, toccando con l'indice l'incisione del suo cognome. 

Decisa a svicolare da quella situazione che stava diventando sempre più imbarazzante, Taylor piegò in due parti il foglio della lista e lo depositò sul tavolo, dal quale si scostò. 

Subito si rese conto che anche senza il suo piano di fuga non avrebbe mai conosciuto l'effettiva risposta di Jeff: una voce si sovrappose a quella del soldato, impedendole di comprendere le sue parole. 

« Dove cazzo è finita la carta igienica? ». 

Taylor vide un ragazzo biondo uscire dal bagno e infilarsi tra Jeff e Elan per entrare in sala: sarebbero stati troppo stretti, nel piccolo corridoio. 

« Abbiamo foglie di quercia in abbondanza, pulisciti con quelle! » disse la castana ironica, non riuscendo a trattenersi. 

Andrea fece qualche passo avanti e, mostrando un ghigno derisorio, dichiarò:« Qualcuno qui vuole fare la spiritosa! » 

« Guarda che io parlavo sul serio! Vai fuori e rompi qualche ramo » sollecitò Taylor con tutta l'indifferenza che poté sprigionare dal suo essere sebbene le stesse venendo da ridere, accennando alla porta principale del bunker. 

« Devo averla lasciata nella Jeep, errore mio » si mise in mezzo il trentenne, come se volesse mettere fine a quel litigio sul nascere. 

Andrea si girò a guardarlo, così come Taylor, e dalla sua fronte corrugata lei dedusse stesse valutando la prospettiva di doversi fare metà strada sterrata a piedi per raggiungere lo spazio riservato alle macchine. 

“Bene, che il cervello viziato andasse a prenderla senza rompere” pensò, facendo per andare nel dormitorio: aveva uno zaino nero da ricontrollare per la terza volta. 

Cercò di schivare il ventunenne, ma un ragazzino dalla corporatura magra uscì precipitosamente dalla camera, spingendo senza tanti complimenti Elan in cucina per superare Jeff, per poi varcare l'arcata tonda. 

« Cos'è tutta questa fretta? » lo rimproverò Elan con aria offesa, uscendo nuovamente dalla cucina. 

Taylor si accorse dell'enorme sorriso che galleggiava sulle labbra di Charlie, che stava porgendo un barattolo di vetro ad Andrea, e si chiese da cosa derivasse. 

« Che roba è? » domandò lui scettico, allungando una mano verso esso. 

« Delle gomme da masticare, tipiche di San Francisco! » presentò il quattordicenne, dondolandosi sulle punte dei piedi con fare impaziente. « Assaggiale! Sono buone! » 

Guardandole attentamente, a Taylor scappò una risatina che trasformò subito in tosse: aveva appena capito il suo gioco.

« E perché hanno questa forma? » chiese Andrea, sospettoso, prendendone una. « Sembra come se qualcuno le avesse mangiate, rigettate e poi rimodellate per essere mangiate di nuovo ». 

Taylor, arretrando di un passo, lanciò un'occhiata al riccio, come per dirgli che il suo scherzo non avrebbe retto a lungo questa volta. 

« Sono fatte così, ma se non vuoi provarle va bene. Vuol dire che non hai fegato » disse semplicemente Charlie, scrollando le spalle e facendo per chiudere il barattolo. 

« Ah sì? Ora ti faccio vedere chi non ha fegato! » esclamò Andrea, entusiasmato da quella sfida. 

Gli afferrò il barattolo dalle mani e si ficcò in bocca tre gomme assieme. 

« Di San Francisco, hai detto? » fece Jeff perplesso, appoggiandosi al braccio del divano nero, dove Elan era andata a sedersi. 

Taylor, con un percettibile gesto del capo, gli fece capire di non dire nulla: voleva vedere cosa sarebbe successo. 

« Oh, c'è qualcosa dent » Andrea si bloccò. 

Fissò nauseato il barattolo e lo gettò a un Charlie eccitato, che lo prese al volo e lo lanciò a sua volta a Elan, come se volesse sbarazzarsene prima che fosse troppo tardi. 

« Che cazz» si bloccò di nuovo, notando come l'altro stesse per esplodere dalle risate. 

Dopo qualche secondo di silenzio, Andrea sputò:« Ma ci hai messo il pepe! » 

Spalancando gli occhi, Taylor dovette concentrarsi per non unirsi alla risata gioviale di Charlie. 

« Il pepe? » ripeté Elan, incredula, per poi andare ad annusare le gomme che aveva sotto il naso. 

Quando Andrea si voltò nella loro direzione, Taylor vide la sua faccia corrucciata e al tempo stesso disgustata e fu quella la goccia che fece traboccare il vaso. 

Scoppiò in una fragorosa risata, tanto che il biondo le rivolse uno sguardo ferito: « Eri d'accordo con questo idiota? ». 

Taylor stava per dirgli di no, quando lui fece per tirare un pugno rancoroso a Charlie, che però non andò a segno dato che era saltato d'istinto sul divano. 

« Dove scappi, Il Magrissimo? » ruggì Andrea, buttandosi in avanti per acchiapparlo.  

Charlie, ridendo più forte, scavalcò le gambe di Jeff e scese dal divano, nascondendosi subito dopo dietro la schiena di Taylor. 

« Ehi » sussurrò lei, le lacrime agli occhi per la scena divertente che non avrebbe di certo dimenticato.

« Aiutami! Tanto a te non fa niente » rivelò Charlie, aggrappandosi al tessuto della sua T-shirt. 

A quelle parole, Taylor guardò avanti e quasi sussultò nell'incrociare le iridi nocciola chiaro di Andrea. 

« Togliti di mezzo, Miss Horse! » esclamò lui, acido. 

« No ». 

« Avanti, levati! » disse, scandendo lentamente le parole. 

Taylor sentì le mani di Charlie strattonarle la maglietta all'indietro, come nell'intento di arrivare alla porta del bunker per fuggire in tutta sicurezza.
Vide Andrea fare un altro passo avanti. I lineamenti del suo volto segnavano ancora un'espressione schifata: il pepe aveva fatto il suo effetto. 

« Te la prendi troppo, con Charlie » riferì, sostenendo il suo sguardo inviperito. 

Andrea protese un braccio alla sua destra, ma Taylor spostò le sue verso Charlie, così da proteggerlo.

« Gli do solo un pugno » promise Andrea, rassegnato. 

« No! Non lasciarti convincere! » si lamentò Charlie. 

Taylor, vedendo Andrea farsi il segno della croce sul cuore, si volse allora verso il quattordicenne:« Ieri avevi detto che lo avresti lasciato in pace, ricordi? » 

Le guance di Charlie si arrossarono e Taylor sorrise, scambiandolo per un piccolo cagnolino. 

« Volevo testare la mia creazione » confessò pianissimo, lasciando la presa sulla maglietta di lei. 

« Che ha detto!? » disse Andrea adirato, allungandosi con fare minaccioso, ma Jeff lo trattenne per il busto a mo' di quarterback. 

« Ci sono cose serie a cui pensare. Volete vedere il contenuto della stanza in cui vi avevo proibito entrare? ». 

Taylor si rallegrò, non potendo credere che lo avesse detto davvero: si era sempre chiesta cosa vi fosse, all'interno. Magari qualche segreto scientifico custodito dai militari, come l'esistenza degli alieni, o un qualche tipo di arma nucleare. 

Qualsiasi cosa fosse, suscitò la curiosità di tutti gli altri, tanto che si riunirono attorno al soldato. Persino Andrea aveva assunto un'aria più serena: pareva aver schiacciato sotto un masso lo scherzo delle gomme al pepe. 

« Ci hai legato uno zombie? » domandò Charlie, mentre Jeff stava cercando la chiave giusta dal mazzo che aveva in mano. 

« Ma che dici! Altrimenti avremmo sentito le urla, no? » ridacchiò Elan, spostandosi una ciocca dietro l'orecchio.

« Non è da escludere » continuò Charlie, testardo. 

« Tranquilli, niente di pericoloso. Qui dentro c'è l'ultimo pezzo mancante per il nostro viaggio, nonché quello fondamentale » spiegò Jeff, paziente. 

« Un robot? » azzardò il castano, euforico. 

Il suono di uno scappellotto rimbalzò per le pareti della sala. 

« Ahi! » gemette Charlie, tenendosi la testa. 

« Questo è per prima! » disse Andrea, soddisfatto. 

Taylor roteò gli occhi anche se doveva ammettere che, in fondo, uno scappellotto era comunque meno doloroso di un pugno. 

« Finitela » ammonì Elan, esasperata dal loro comportamento. 

« Ha cominciato lui! ». 

« Sei tu che ti sei mangiato quattro gomme! ». 

« Mi avevi dato del codardo, volevo dimostrare il contrario »

« La tua faccia lo ha dimostrato » rise Charlie, chinandosi quando vide la mano di Andrea sferzare l'aria per assestargli un altro scappellotto. 

« Ha ragione lui » convenne Taylor, guardando Andrea con un sorrisino divertito. 

Lui si rabbuiò, aprì bocca ma il rumore dello scatto di una serratura gliela fece rinchiudere. 
Tutti si ammutolirono nell'attimo in cui Jeff spalancò la porta e accese la luce. 

« Scheda madre se è una figata! » esclamò Charlie, radioso.

Taylor fu stupita quanto lui di vedere un intero arsenale. 

Sulla parete di destra vi erano appesi fucili di vario genere, nella parete opposta mitra e altri tipi di armi d'assalto. 
Nella parete di fronte erano invece fissate armi d'acciaio di diversa lunghezza, a partire dai pugnali. 
Infine, abbassando lo sguardo, Taylor vide due cassoni di plastica gremiti di colorate scatoline rettangolari di svariate dimensioni e sapeva contenessero le rispettive munizioni. 

« È di questo di cui abbiamo bisogno per sopravvivere contro gli zombie. Non le cazzate che troviamo in giro » espresse dopo qualche secondo di silenzio Andrea. 

« La tua ascia è una cazzata? » gli fece notare Elan, serrando le palpebre. 

« Cosa c'entra la mia ascia? Io parlavo del coltellino da formaggio di Miss Horse » disse lui, adocchiando Taylor. 

A quella affermazione lei si gonfiò di indignazione: « E tu come fai a saperlo? ». 

« Spesso lo lasci sul comodino. E sai, il tuo comodino è vicino alla mensola dei nostri vestiti » informò Andrea, passandosi le dita tra i sottili fili zafferani che rendevano il suo ciuffo lievemente mosso. 

Taylor, stizzita, avrebbe tanto voluto dirgliene quattro, a cominciare dal fatto che non era suo diritto frugare tra le sue cose, ma Jeff mise ancora una volta fine alla loro discussione. 

« Ho qualcosa per ognuno di voi ». 

« Ah, non possiamo scegliere noi? » fece Charlie debolmente, con aria delusa. 

Jeff sorrise ed entrò nella stanza, staccando dalla parete frontale un machete. 

« Elan Karut, abile nel maneggiare i coltelli. Questo può fare al caso tuo » iniziò calmo, passandoglielo. 

Taylor distinse immediatamente un'espressione meravigliata delinearsi sulle labbra carnose dell'amica. 

« Non ne ho mai usato uno, ma sono certa che io e questo gioiellino faremo grandi cose insieme » assicurò Elan, specchiandosi alla lama con fare persuasivo. 

« Andrea Horwan, prima di dedicarti alla falegnameria hai eseguito con tuo padre delle battute di caccia. Dunque hai  sufficiente esperienza in materia » proseguì Jeff, sollevando un fucile a pompa dalla doppia canna corta e spessa. 

« No, vecchio, io so già cosa voglio » declinò Andrea, superando l'uscio della stanza per impugnare un mitra. 

« Sicuro di saperlo usare? » chiese Charlie, intimorito. 

« Certo, per chi mi hai preso? » rispose Andrea, smontando il caricatore per osservarlo. 

Taylor dubitava alquanto della sua ferma convinzione: era già troppo sfrontato con l'ascia, figurarsi con un mitra! 
Si destò dai pensieri quando sentì una cosa fredda e solida toccarle il palmo sinistro. 

« Tu vai bene così come sei, ma un'arma da fuoco può sempre far comodo » le riferì il bruno, avvolgendole delicatamente le dita al calcio della pistola. 

« M-ma… » provò a giustificarsi Taylor, quando Charlie le parlò sopra. 

« A me cosa dai? ». 

« Niente, sei troppo piccolo per sparare » commentò Andrea, la sincerità che invadeva la sua voce. 

Il riccio lo squadrò accigliato per un po'. Dopo pochi secondi di riflessione, rilassò i muscoli facciali sostituendo la precedente espressione in una smorfia di pura accettazione, come se avesse realizzato che non aveva affatto torto: non sarebbe mai riuscito a reggere una responsabilità simile. 

Emise un sospiro, guardando silenziosamente Jeff scoperchiare un piccolo bauletto di legno che Taylor prima non aveva notato: forse doveva averlo tirato fuori da uno dei due cassoni. 

« Tieni, con questi assomiglierai davvero a Terminator » garantì Jeff amabilmente, porgendogli un paio di occhiali da sole dalle lenti rosse. 

Charlie li afferrò come se avesse appena ricevuto una gustosa caramella e, alzando le stecche, li inforcò. 
Taylor scosse sbalordita la testa quando lui iniziò a giocarci, alzandoli e abbassandoli per vedere come cambiava la vista. 

« Ma guarda che figurino, che sei! » esclamò Elan, il machete posato sulla spalla. 

« Terminator non è un figurino, Terminator è tosto! » informò lui, indicandosi tutto contento. 

« E così saresti un tosto, eh? » disse Andrea, sfiorando l'avambraccio di Taylor per stritolare Charlie in un "abbraccio amichevole". 

La castana non notò nemmeno quel contatto con Andrea: la gola le si era seccata e la mano che stringeva la pistola stava tremando in una maniera preoccupante. 
Chinò lo sguardo su di essa, cercando di fermarla con l'aiuto dell'altra. 

“Perché a me, perché devo saper sparare?” pensò rattristata, deglutendo a fatica.

Udendo uno scatto, levò subito l'attenzione sulla porta che Jeff aveva appena chiuso. 

« Un momento » mormorò piano, prima che lui ruotasse la chiave nella serratura. 

« I-io non sono sicura di volerla usare. Insomma, quello che v-voglio dire è che » balbettò, fissando Jeff nella speranza che lui avesse potuto cogliere il suo instabile stato d'animo. 

« Seguimi » disse semplicemente, dopo averla studiata da cima a fondo.

Inspirando, Taylor annuì. 
Una volta entrati nella stanza, il leader spostò il sottile tappeto nero a cui, lei era certa, nessuno aveva dato grande importanza perché attratti dalle numerose armi che mai, nella loro vita, avrebbero immaginato di provare. 

“Una maniglia?” pensò, cercando di capire perché avessero dovuto nasconderla sotto al tappeto. 

Un gridolino stupefatto lasciò la sua gola quando vide Jeff tirarla all'insù: era una botola. 
Taylor volse un'occhiata pensierosa a Elan, la quale le sussurrò di farsi coraggio. 
Rincuorata, smise di farsi problemi e scese le scalette di ferro, stando attenta a non cadere per il buio che la stava pian piano divorando. 

Quando giunse all'ultimo gradino, si accostò alla parete e si fece strada a tentoni. 

“Che posto è mai questo?” si chiese tra sé, tendendo le orecchie per non perdere i passi di Jeff, solitamente pesanti a causa degli anfibi che indossava. 

All'improvviso, un secco click la fece sussultare. 
Un'abbagliante luce la investì in pieno. Era così fastidiosa che dovette ripararsi con un braccio. 
Le ci vollero alcuni istanti per abituarsi e quando le sue pupille si stabilirono si ritrovò i capelli a spazzola del trentenne a pochi centimetri di distanza. 

« Ci sei? » le chiese, mollando quella che sembrava una cordicina penzolante. 

Seguendola, Taylor vide la lampadina priva di plafoniera dalla quale proveniva quella altissima luce fredda. 

« Sì. Perché mi hai portata qui? » rispose con un'altra domanda lei, per poi andare a strizzare le palpebre per mettere a fuoco l'immagine di alcune sagome color crema che si stagliavano alle robuste spalle del soldato. 

« Dammi un attimo » mormorò Jeff, passandole accanto.

“Che fa? Se ne va?” rimuginò Taylor, stranita, voltandosi per dare un senso logico a ciò che stava accadendo. 

Vide Jeff allungare le mani su una mensola che lei, per l'oscurità, non aveva nemmeno intravisto. 
Tornò dinanzi alla castana e le porse un paio di occhialetti di plastica compatta. 
Taylor non fece in tempo a chiedere per cosa le servissero che Jeff l'aveva afferrata per le spalle. 

“Che intenzioni ha?” pensò sempre più confusa, osservando i suoi occhi neri brillare di una luce propria. 

Jeff fece pressione sulle mani e la voltò verso i sei manichini sopraelevati al pavimento da un'asse di legno di quercia. 
Alcuni erano bucherellati sull'addome, altri sul capo.

« Non è difficile » riprese Jeff, allontanandosi di nuovo. 

Taylor alzò la mano sinistra e osservò ogni dettaglio della pistola nera che riconobbe essere una Beretta 92 - avendola sentita citare molte volte nei film polizieschi -. 
Era davvero pesante, il manico era ruvido e il foro assolutamente liscio. Non era poi così male, come arma, ma lei sapeva quanto non fosse nella sua natura uccidere intenzionalmente il prossimo, anche se quello era il più malvagio degli zombie. 

A un tratto qualcosa di soffice le toccò il collo e Taylor saltò sul posto, terrorizzata. 

« Il paraorecchie » le illustrò Jeff, mettendosi di nuovo di fronte a lei. 

Taylor, cercando di calmarsi, annuì.

« Bene, adesso scegli un manichino ». 

Non aveva mai affrontato una situazione del genere, finora. 
Jeff le spiegò per filo e per segno il modo corretto per impugnare l'arma, la giusta posizione da assumere con il corpo e le braccia e la funzione di ogni componente della pistola stessa, tra cui come staccare il caricatore e come togliere la sicura. 

« Regola numero cinque » disse piano il bruno distendendo le braccia di Taylor, che si stava agitando dall'ansia. 

« Mira sempre al cervello » rispose meccanicamente lei, fissando la testa del manichino al di sopra del mirino. 

Il ricordo dello zombie che continuava a strisciare irato, sebbene Andrea gli avesse mutilato la maggior parte degli arti, le riapparse vivido nella mente come se questa l'avesse riportata a sei giorni addietro. 

« Affermativo » approvò lui, coprendole le orecchie con le cuffie.

Taylor non sentì nulla, eccetto il suo respiro e il cuore che pulsava dalla profonda inquietudine che la stava assalendo.
Guardò Jeff, cercando di capire il suo labiale: non le ci volle granché per comprendere che doveva fare fuoco.

Avvolse le mani alla pistola con più convinzione e si concentrò, traendo dei grandi respiri. 
Riempì i polmoni di quanta aria potevano contenere per tre volte di seguito, espirando al tempo stesso per calmare i nervi. 

Posò il dito sul griletto, andando a stringere a poco a poco, come se stesse cercando di farlo il più delicatamente possibile. 
Deglutendo, lo schiacciò del tutto e subito si sentì sospingere all'indietro, mentre una pallina nera si andava a conficcare nella clavicola del manichino. 

Strabuzzando gli occhi, Taylor sentì dei muscoli attutirle lo sbilanciamento dovuto dal rinculo dello sparo. 
Sentì il cuore arrivarle in gola nell'istante in cui dei polpastrelli le cinsero la vita. 

« È solo la prima volta, vedrai che poi riuscirai a fare centro » le assicurò Jeff in tono caloroso, dopo averle tolto il paraorecchie. 

Taylor deglutì ancora, non sapendo cosa rispondere. 
Al suo posto molteplici proiettili parlarono, bucando come delle furie tutte le teste dei manichini, i quali traballarono sul pavimento. 

Scioccata, Taylor si girò verso Andrea, che cessò di prendersela con quelle povere sagome di plastica. 

« Sei una schiappa » ridacchiò, appoggiando il mitra dietro la propria testa. 

Taylor, scostandosi da Jeff, fece per aprire bocca, ma non aveva la minima idea di come zittirlo. 
Andrea, soddisfatto, sghignazzò e risalì le scale. 

« Andiamo anche noi » la invitò Jeff, spegnendo la luce. 

Taylor corse su per le scale, seguendo lo spiraglio che veniva dall'alto.
Uscì dalla botola e tornò in sala, per poi mollare la pistola sul tavolo, come se fosse stata una bomba in procinto di esplodere. 

« È andato tutto bene, lì sotto? » le chiese Elan, che stava improvvisando una piccola lotta di scherma con un Charlie intento a difendersi con la sua canna di bambù dal teaser ampiamente modificato. 

« Non è necessario che tu la adoperi se non vuoi. Ma nel caso ti trovassi in un vicolo cieco, ti ho mostrato le basi » ammise Jeff, chiudendo a chiave la porta. 

Taylor si voltò, annuendo. 

« Allora, a che ora partiamo? » chiese Charlie, precipitandosi al fianco di Taylor per sfuggire al machete. 

« Partiremo » iniziò a dire Jeff, ma Andrea lo interruppe.

« Sì, lo sappiamo, si parte all'alba» roteò gli occhi, per poi aggiungere: « Un classico ». 

« Negativo, Horwan. L'alba costituisce in parte la notte e gli zombie sono più attivi. 

« Partiamo a mezzogiorno » annunciò un secondo più tardi, indugiando sull'orologio che aveva al polso. 

« Mezzogiorno oggi? » domandò Charlie, leggermente confuso. 

« Ti pare? Prima ho diviso le scorte di cibo come passatempo, cosa credi? » gli rispose la mora, sarcastica. 

Taylor sorrise, riprendendo la pistola: per mezzogiorno sarebbe stata pronta. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top