XI - Million Reasons

Video: Lady Gaga

Il gruppo investigativo messo in piedi da Vincenzi non era certo ciò che ci si poteva immaginare per un'indagine del genere, delicata e difficile. Erano le nove e mezza di mattina ed erano riuniti in una saletta del commissariato di Ivrea. C'erano un Cena piuttosto perplesso, un ispettore con gli occhiali da sole che masticava un chewing gum a bocca aperta e un altro ispettore che canticchiava sottovoce "La mia mama veeul chi filaa al luunees". Fantastico, pensò Viktor, siamo un dream team degno dei migliori serial televisivi.

Viktor si era svegliato presto, quella mattina, in modo da essere pronto per l'incontro. Non appena fu in piedi, andò a guardare dalla finestra verso il balcone di fronte a lui. Non c'era nessuno, ovviamente. Aveva smesso di piovere ma, quando aprì le ante per cambiare aria, si rese conto che il freddo era intenso. Però il cielo era sereno e le nubi erano volate via, dalla Val d'Aosta verso il mare. Si cambiò frettolosamente, indossando il suo abbigliamento da runner, e scese in strada. Il fiato produceva un alone denso che sembrava cristallizzarsi nell'aria del mattino, l'umidità penetrava dentro le ossa, ma nonostante tutto voleva godersi il piacere di percorrere il lungo Dora di corsa, con il marciapiede mezzo vuoto, cosa che non aveva mai fatto quando era più giovane. Scese velocemente le strade che spezzano via Arduino e attraversò il corso, per ritrovarsi sulla passeggiata che fiancheggia la Dora Baltea.

Iniziò a correre guardandosi intorno, passo spedito, come al solito. Poi rallentò. Lì c'era un bar, ora c'è un negozio di scarpe. La vineria... sì c'è ancora. E il liceo? Eccolo. Si fermò, sudato, non percependo il freddo pungente. Da ragazzo si fermavano davanti al liceo classico a fare gli scemi con le ragazze. E poi lui prendeva l'ultimo bus per arrivare a casa. E a casa l'aspettava sua madre, furiosa ogni volta perché arrivava sempre in ritardo. Rimase imbambolato a guardare il vuoto per un tempo indefinito. Decise di non permettere all'emozione di emergere, la ricacciò sotto il suo strato di cinismo, dove doveva stare, e riprese a correre ancora più velocemente, percorrendo la strada da cui era arrivato a ritroso.

Rientrato a casa, dopo una doccia veloce, si vestì in modo molto semplice, jeans, camica, maglione, giubbotto corto e si incamminò di buon passo verso il commissariato. Non fece colazione per evitare di arrivare tardi e non voleva dare l'impressione di essere un borioso poliziotto della grande città. Mentre camminava, la mente tornò all'uomo della sera prima. Poteva essere un suo vecchio conoscente o uno svitato, più probabile il secondo, anche se il fatto di averlo visto piazzato là sotto, dopo essere rincasato, deponeva per una situazione del tutto diversa.

Partì con uno dei suoi ragionamenti, uno dei suoi voli senza rete, come piaceva definirli Tosin. Erano pensieri con i quali aveva imparato a convivere e che qualche volta lo avevano aiutato a vedere i fatti in modo differente e a pervenire a soluzioni insperate. In quel caso, perché sorvegliarlo? Perché seguirlo? Anche se fosse stato l'assassino e questi avesse capito che sarebbe andato a infiltrarsi nello Stato Maggiore, perché quel pedinamento e l'appostamento? Cosa poteva cambiare per l'assassino se lui fosse stato ucciso? No, c'erano troppe domande a cui non riusciva a dare una risposta. Quel volo senza rete non lo avrebbe portato a nulla. La ragione per cui quell'uomo lo aveva seguito era invisibile al momento. Magari non sarebbe mai saltata fuori, a pensarci bene. Forse era un balordo o uno che voleva un altro tipo di attenzioni. Hai fatto colpo, si disse. Scrollò le spalle e cercò di lasciare perdere l'individuo, anche se si annotò mentalmente di fare attenzione a chi aveva intorno nei giorni successivi.

Arrivato al commissariato mostrò i documenti al poliziotto di fronte al portone. Gli venne indicata la sala al primo piano preparata per l'incontro.

Oltre allo stesso Vincenzi e a Belleri c'erano gli altri due ispettori, Cossa e Verruca, il masticatore e il cantante. Il primo era un tipo tutto muscoli, maniaco del fitness probabilmente. La calvizie, la camicia aperta sul petto glabro e i due baffoni che ornavano il suo volto gli donavano un aspetto che lo facevano assomigliare a un attore di film porno. La gomma che masticava di continuo completava il quadro del personaggio. Il Verruca era indecifrabile. Era del tutto anonimo, jeans e maglione su camicia a quadri, sui quarant'anni, moro. Nel breve tempo che era passato da quando era entrato in commissariato, non aveva spiccicato parola, se non per i saluti di rito e per quel suo canticchiare in dialetto sottovoce.

Il problema più grosso che Viktor doveva affrontare nell'immediato, era che si trovava in un commissariato che non era quello di appartenenza in qualità di sovrintendente, ovvero il minore in grado tra quelli del gruppo. Il che poteva tramutarsi solamente in una serie di compiti minori da portare a termine, fino a quando non sarebbe cominciata l'operazione vera e propria.

«Ci sono novità dalle telecamere, Cossa?»

«Poche, commissario. Abbiamo visionato i filmati dove si vede la BMW della vittima. Il passaggio dell'auto è stato registrato nei momenti precedenti all'abbandono, ovvero un movimento rilevato a partire dalle ventidue e quindici fino alle ventidue e trenta. La zona va dall'inizio della circonvallazione in poi, ovvero dall'altezza della strada che porta al lago Sirio, dove Berardi abitava, fino al Ponte Vecchio. La vediamo passare negli incroci successivi e davanti alla Banca Sella, ma della persona che era alla guida non si vede nulla. Poi, dopo il Ponte Vecchio, ossia nei dintorni del luogo di ritrovamento, non abbiamo più nulla. Abbiamo controllato i filmati dalle sei di sera fino a mezzanotte in tutta la zona. Chi ha tagliato la testa alla vittima si è mosso a piedi e ha fatto ben attenzione a non farsi riprendere. Per tutto ciò che può riguardare una ipotesi investigativa: è stato rilevato il movimento di una vettura a fari spenti alle dieci e tredici nella zona del mercato dalla telecamera piazzata nel mezzo del parcheggio. Non funziona bene, perciò non si capisce nulla dell'auto. È probabile che non si tratti della BMW, insomma. Abbiamo comunque verificato attentamente i dintorni, per rilevare eventuali tracce di aggressioni, ma non abbiamo trovato tracce di alcun genere. Testimoni non ce ne sono, la zona del mercato era deserta in quel momento. I fatti dicono che sicuramente il Berardi non è stato prelevato a casa, il portone di ingresso è risultato chiuso a chiave e gli interni sono privi di tracce di lotta. La teoria, che abbiamo già discusso, è che si sia allontanato spontaneamente e un testimone afferma di aver visto passare il Berardi in auto poco dopo le otto e trenta. Non c'è molto da aggiungere. Ah sì, dal PC non è emerso nulla di particolare se non la passione per gli orologi e il telefono, come sapete, non si trova.»

Cossa posò il foglio che aveva letto con lo stesso entusiasmo con il quale si può leggere un bollettino di guerra.

Vincenzi annuì sconsolato. Non avere supporto dalle telecamere non mette mai le indagini su un buon binario. Belleri, nel frattempo, aveva preso appunti velocemente.

«Verruca, le celle telefoniche?» chiese scocciato.

«Anche qui ben poche novità,» cominciò l'ispettore denotando un marcato accento piemontese che fece sorridere Viktor «il cellulare del Berardi non è stato ritrovato e la chiamata che risulta effettuata verso il 113 risulta muta e comunque la cella prende tutta la zona intorno al centro e non riesce ad aiutarci a localizzare il luogo dell'aggressione e del rapimento.»

Meeeento. La "e" aperta trascinata all'inverosimile, classica del linguaggio dialettale.

«Insomma, non abbiamo praticamente nulla. Un fantasma.» concluse Belleri.

«Diciamo che questo potrebbe essere un punto di contatto con il primo omicidio» riprese Vincenzi «Totale assenza di tracce. E anche questo aspetto vedrete che ci creerà non poche difficoltà. Un serial killer molto preparato e attento. A proposito. Cena, prenda la vettura di servizio che abbiamo qui sotto e vada a prendere la Kendall alla stazione. Chissà che la profiler non ci dia davvero una mano.»

Ecco che cominciamo, pensò Viktor, si parte con gli ordini. Bisognava prenderla con filosofia. Per lo meno la Kendall sarebbe stata una gradevole compagnia, dal punto di vista estetico, meglio dei tromboni che aveva lì con lui in quel momento.

«C'è ancora un po' di tempo, comunque, prima che lei arrivi. Riesaminiamo le foto del primo omicidio e quelle del secondo, nel frattempo. Cossa, prenda il pc e controlliamo tutti gli scatti, compresi quelli non catalogati. Cena, questa è una fase un po'... lei vada, per cortesia. Il treno arriva tra mezz'ora. Mi scusi se lo chiedo a lei, ma siamo in pochi e dobbiamo rivedere un sacco di cose.»

Il sorriso beffardo di Belleri non passò inosservato agli occhi di Viktor. Non fece alcuna discussione. Non voleva più accendere alcuna questione e non voleva più cascare nelle trappole puerili di Claudio. Si alzò, salutò e scese verso il pianterreno.

Trovò un'Alfa 159 nel parcheggio, pronta, con le chiavi nel cruscotto. Un quarto d'ora dopo era accanto al binario due per attendere il diretto da Torino Porta Susa. A cinque minuti dall'arrivo, il megafono annunciò un ritardo di mezz'ora. Imprecando fra sé e sé, Viktor decise di andarsi a prendere un caffè e un croissant al bar lì vicino, visto che aveva saltato la colazione. La corsa e la riunione gli avevano messo addosso una fame da lupo. Si rivelò una buona idea, perché ne approfittò per riflettere a mente fredda.

Si sedette davanti a un tavolino che dava verso il piazzale antistante alla stazione. Gustando una tazzina di caffè si ragiona meglio, e il pensiero andò subito alla riunione di poco prima.

La faccenda delle telecamere era strana. In linea teorica, nulla sfuggiva agli apparati tecnologici che ormai quasi tutte le città avevano in dotazione. Un'auto che si aggira per il centro viene identificata molto velocemente, se esce dalla città generalmente ancora prima, è diventato quasi impossibile non incappare nelle telecamere di una banca o della stradale. E infatti, poco prima che il corpo venisse decapitato e l'auto abbandonata, le telecamere ne avevano registrato il passaggio. Il punto cruciale era, quindi, il luogo in cui la vittima era stata intercettata dal suo assassino. Ora, supponendo che Berardi fosse partito da casa verso le venti e trenta, calcolando mezz'ora per arrivare in un qualunque luogo a Ivrea e parcheggiare, era in discussione un lasso di tempo di circa un'ora, visto che le telecamere avevano ripreso l'auto intorno alle ventidue e quindici. In quella frazione temporale c'era tutto il tempo per rapirlo e per fargli qualunque cosa, ma lui era morto d'infarto, mentre correva presumibilmente. Perché sul luogo in cui gli era stata tagliata la testa, Berardi era arrivato già morto, questo era sicuro. Guardò verso il monitor con gli orari dei treni sistemato di lato. Quaranta minuti di ritardo.

La causa della morte era da legarsi a stress e attività fisiche insolite per lui, quindi si poteva supporre verosimilmente che magari stesse scappando. Per scappare, però, doveva essere in un posto dove non era stato udito e neanche visto. I boschi intorno al lago Sirio? Che ne sapesse lui non erano state individuate tracce di fango sull'auto di Berardi. Quindi poteva essere potenzialmente esclusa quella zona. Dopo il lago Sirio rimanevano poche alternative: o scendeva in centro città, o andava fuori. Ma in entrambi i casi qualche telecamera l'avrebbe ripreso, sia in uscita che in pieno centro. E poi perché incontrarsi fuori e rientrare con un cadavere in auto elevando il rischio di essere intercettato? Dal lago Sirio fino al centro di Ivrea si supponeva che telecamere ce ne fossero davvero poche, la maggior parte dalla zona mercato in poi, ma l'ipotesi del rapimento non lo convinceva per nulla. Per rapirlo avrebbero dovuto bloccare l'auto sulla strada dal lago al piazzale mercato, una strada stretta e tortuosa, con il rischio di bloccare il traffico. E per bloccarla dovevano averne un'altra, e la seconda dove la lasciavano? No.

C'era almeno un milione di ragioni per cui Berardi aveva seguito una certa strada, ma una sola ragionevole spiegazione. Una ragione su un milione.

Aprì Google Maps e osservò attentamente la cartina del centro di Ivrea. Si fermò intorno al mercato e poi alle strade limitrofe. La strada verso l'istituto Jervis sicuramente no, troppo frequentata. Quella verso la circonvallazione impossibile. Ripensò allora alla strada dal lago al mercato, ma scosse la testa. Non c'era spazio e poi, secondo lui, l'agguato per strada era da scartare.

Poi vide l'altra stradina. Quella che saliva e saliva.

Cosa c'era lì?

Fece uno zoom.

Ma certo.

Non poteva essere altrimenti.

C'era solo una zona fuori da ogni telecamera, vicina al centro e che permetteva di compiere un omicidio.

E c'era una sola ragione su un milione perché Berardi si trovasse proprio lì quella sera.

Berardi aveva un appuntamento. Con il suo assassino.

Fu proprio alla fine di questo volo senza rete che l'altoparlante annunciò l'arrivo del treno in stazione.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top