V - Chiara

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Il racconto di Viktor aveva lasciato la piccola stanza ammutolita. Sebbene i due poliziotti di Ivrea conoscessero la leggenda, sentirla ripetere aveva suscitato in loro una sorta di inquietudine. Per un attimo il ghigno beffardo di Belleri aveva perso la sua solita limpidezza e si era increspato come il mare a settembre. Vincenzi, annuendo in una tacita risposta a quanto riportato da Cena, si rimise gli occhiali e rilesse il biglietto.

«Come potete vedere, signori, è difficile non pensare all'opera di uno squilibrato o comunque ad una specie di serial killer. Ed è proprio questo che temiamo di più: che l'omicidio non sia altro che il primo di una serie. Il biglietto cita un secondo tiranno» Guardò negli occhi Cena «Ed è anche per questo che abbiamo bisogno di lei, Viktor.»

Cena si guardò intorno spaesato. Si sentì come scoperto d'improvviso dalla tela del torpore che il filo dei ricordi aveva iniziato a tessere intorno a lui.

«Di me? E per cosa? Non sono assolutamente esperto di omicidi seriali e, tutto sommato, neanche di omicidi in generale. Mi occupo di criminalità organizzata, sezione uno. A voi serve un agente della sezione tre, omicidi appunto.»

I due poliziotti di Ivrea si guardarono tra loro. Vincenzi fece cenno di sì. Belleri allora si voltò e tornò a guardare Cena negli occhi e a rivestirsi del suo sorrisetto maligno

«Dato il biglietto, abbiamo ragione di credere che l'assassino agirà in contemporanea con l'inizio del Carnevale, che è ormai imminente. Stiamo facendo tutto il possibile per trovarlo, ma dobbiamo anche tutelare coloro i quali sono direttamente coinvolti nell'organizzazione dell'evento che è basilare per l'economia turistica di Ivrea. Abbiamo inoltre motivo di sospettare che l'assassino possa gravitare intorno allo stretto giro dei personaggi del Carnevale. Lui si firma l'Arancere, ma potrebbe essere tranquillamente un uomo del Comitato o uno del corteo storico.»

Si sporse ancora più verso di lui. Poteva quasi sentire la sua gioia vibrante nel fargli pesare la sua autorità e il peso della richiesta che stava sicuramente per arrivare.

«Quello che ci serve, Vittorio, è un agente infiltrato nel gruppo carnevalesco, nello Stato Maggiore.»

Viktor Cena rimase ammutolito qualche secondo, lasciando penzolare il mento. Dopodiché si voltò verso Tosin a cercare qualche aiuto. Quest'ultimo non parlò, lasciandogli tacitamente campo aperto, completa libertà di decisione. Come sempre, il commissario non voleva influire nelle scelte dei propri sottoposti. Cena, confuso e sorpreso, non fece attendere la sua decisione.

«Non se ne parla.»

Come se si aspettasse il netto rifiuto, Belleri aprì le braccia in segno di resa.

«Non mi aspettavo niente di meno Vittorio. Effettivamente era un azzardo. Il nostro ex concittadino detesta le divise da soldato napoleonico» esclamò aumentando in modo involontario la volgarità del suo sorriso. A Tosin non sfuggì il tono poco professionale e inadeguato del vicecommissario.

«Cena» intervenne Vincenzi «è chiaro che la scelta finale rimane sua e soltanto sua. Non abbiamo intenzione di farle pressione per accettare l'incarico. Sarebbe nostro desiderio avere lei perché è originario di Ivrea, conosce il posto e anche perché a Ivrea non vive più da tempo e quindi non attirerebbe troppe attenzioni. Andrebbe a sostituire un nostro collega, che rinuncerebbe al suo ruolo storico nel Carnevale con la scusa di un improvviso e improrogabile impegno professionale. Si sacrificherebbe per lasciare il posto a lei. Il collega è, ovviamente, Belleri.»

Cena si lasciò scappare una risatina.

«Claudio, stai tranquillo: non ti porto via il posto. Rimani pure nello Stato Maggiore. Ho un pessimo ricordo di Ivrea, non ho mai sopportato il Carnevale e, inoltre, la cosa che sopporto di meno del Carnevale è proprio il gruppo dello Stato Maggiore. E poi ripeto che non faccio parte della squadra omicidi, ho tutt'altra esperienza e sto preparando la tesi per la laurea in legge.»

«Vittorio, come sai e come ti ho detto prima le voci girano. Credo tu sia un po' scarico di lavoro in questo momento. Mi sembra che il fatto che tu ti sia bruciato con Manzanera ti lasci parecchio tempo libero. Diciamo che potresti ingannare il tempo con questo incarico» biascicò Claudio Belleri.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Tosin posò il proprio sguardo stupito su Belleri e Vincenzi. Stava per intervenire, ma Viktor Cena lo precedette.

«Se non ti spiace, caro Claudio, la scelta rimane mia, come ha detto poco fa il commissario Vincenzi.»

Si alzò dalla sedia e tornò a guardare il commissario Tosin, che decise di tacere ancora. Per il momento. Avrebbe redarguito a dovere i due colleghi di Ivrea non appena Cena si fosse allontanato.

«Se non c'è altro. Mi scusi, commissario Vincenzi, è stato un vero piacere. Claudio, tanti saluti. Buona giornata, signori. Ho un impegno urgente con uno spacciatore di CD, attività poco stimolante ma che implica una certa attenzione.»

Mentre si stava dirigendo verso la porta, Belleri tamburellava con le dita sul tavolo mostrando il solito sorriso sprezzante che neppure il no secco di Viktor era riuscito a cancellare.

«Devo dirti ancora una cosa prima che tu esca, Vittorio.»

Cena si fermò davanti alla porta. «Dimmi, Claude» fece Viktor ironico.

«La Mugnaia è Chiara, quest'anno.»

Viktor rimase di ghiaccio. Staccò la mano dalla maniglia della porta. Anche il sorriso di Belleri si era tramutato in una smorfia e il suo sguardo fu attraversato per un attimo da una sorta di ombra oscura. Solo per un attimo, perchè il suo sorriso del cazzo tornò immediatamente a palesarsi nella sala.

«Non ci credo» disse Viktor quasi a se stesso.

«Credimi, Vittorio, è così. Sapevo che la cosa ti avrebbe colpito. Avevo accennato, infatti, al commissario Vincenzi di voi...» guardò Cena dritto negli occhi «Del vostro passato, insomma.»

Lo sbalordimento lasciò lentamente posto all'ira. Cena avanzò nella stanza fino ad arrivare di fronte a Belleri.

«Ora capisco. Ecco perché hai pensato a me. Diabolico, Claudio, un vero stratega, te li meriti proprio i tuoi gradi. E con la scusa di Chiara speri di ottenere la mia collaborazione?»

«Certo che me li merito i miei gradi. E se tu avessi accettato, come un poliziotto con i controcoglioni dovrebbe fare, non avrei tirato fuori la storia di Chiara.»

«Tu lo sai che i controcoglioni non c'entrano un beneamato cazzo in questa storia. L'unico coglione che io vedo...»

«Ora basta!»

Il commissario Tosin aveva accompagnato l'esclamazione con un pugno sul tavolo. Era rosso in volto e guardava Cena con occhi di fuoco.

Viktor abbassò lo sguardo mentre Belleri era rimasto totalmente sbalordito dal gesto improvviso di Tosin.

«Voglio ricordare a entrambi che fate parte del corpo della Polizia di Stato e che nel mio commissariato non permetto a nessuno, ripeto, a nessuno» e guardò Belleri «soprattutto a ufficiali, di comportarsi in maniera incivile e irrispettosa verso la divisa che avete il dovere di onorare. Il fatto di agire in maniera informale e al di fuori di regole più rigide non vi esime dal portare rispetto verso questo corpo e, soprattutto, verso i propri colleghi. Avete capito tutti e due? Sono stato chiaro, Cena?»

Cena fece cenno di sì mentre il viso di Belleri diventò cinereo, la consapevolezza di essersi spinto troppo oltre.

«Commissario Vincenzi, in quanto commissario capo e quindi suo superiore le devo far notare la riprovevole condotta che il suo sottoposto ha tenuto quest'oggi. Il vicecommissario Belleri ha provocato più volte il sovrintendente Cena, ha citato episodi che sono stretti dal riserbo più assoluto e ha riportato in riunione risvolti della vita personale di un suo collega. Faccia in modo che non si ripeta né in questa e neanche in altre sedi. E mi creda che se succede un altro episodio del genere lo verrò a sapere.»

«Senz'altro, commissario» rispose Vincenzi imbarazzato.

«Naturalmente vale anche per lei, Cena. Per oggi può bastare. Per l'incarico vi faremo sapere al più presto. Buona giornata, signori. Accomodatevi verso l'uscita.»

I due agenti ritirarono i documenti in silenzio. Per un attimo lo sguardo di Vincenzi incontrò quello di Belleri, come per dirgli che avrebbero fatto i conti fuori dall'ufficio.

«Cena! Lei rimanga qui!»

Quando i poliziotti di Ivrea furono usciti, Tosin tornò davanti alla finestra. «Vai a casa. Prenditi mezza giornata di permesso. Per oggi ritieniti sollevato dai tuoi incarichi.»

«Preferirei rimanere in commissariato. Avrei del lavoro da sbrigare. Devo anche andare in centro...»

«E' un ordine! Non ti voglio vedere più nei dintorni tra un quarto d'ora.»

Cena fu tentato di rispondere, ma pensò che avrebbe parlato a sproposito. Il commissario aveva ragione. Si era comportato in modo disdicevole. Rispondendo alle provocazioni di Belleri aveva messo in seria difficoltà un suo superiore.

«Va bene.»

Uscì dalla stanza e percorse il corridoio dirigendosi direttamente verso l'uscita. In commissariato stavano entrando due ragazzotti ammanettati che Cena ben conosceva, accompagnati da tre agenti in divisa. Tutti e cinque lo salutarono. Viktor Cena, però, non salutò nessuno di loro e se ne andò.

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