Segreti

"Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei."
       Nicolò Machiavelli


"Sei proprio certa di voler restare a casa?" grida Ginger dal salotto, mentre finisce di prepararsi per la serata al Miracol, un locale situato direttamente sulla spiaggia, e organizzata da alcune sue amiche. "Sicura" rispondo, seduta sullo sgabello dalla cucina, intenta a scorrere il dito sul display del telefono alla ricerca di un ebook.

"Ormai è più di un mese che abiti qui e sei uscita solo una volta!" esclama alle mie spalle, e con un rapido gesto mi strappa di mano il cellulare.
"Devi smetterla di chiuderti in casa a leggere le favole, la vita vera è là fuori..."

Mi alzo, le cammino accanto guardandola infastidita dalla sua insistenza e giunta difronte al divano, sprofondo sul morbido tessuto e afferro il telecomando per accendere la tv.
"Mi spieghi perché fai così?" Ginger, si piazza dinanzi al televisore con le mani sopra ai fianchi e le sopracciglia inarcate.
Alzo le spalle, mostrando una finta indiferrenza che non mi appartiene, sposto la testa di lato, allungo il braccio in avanti e con il pollice premo il tasto di accensione sul  telecomando, ma non accade nulla: la mia coinquilina mi guarda diabolica  dalla sua postazione e sulle labbra le compare un ghigno.
"Non mi muovo di qua, finché non mi spieghi perché non vuoi venire alla festa e continui a comportarti da eremita" sputa, divertita.
"Lasciala stare..." interviene Dean, scendendo le scale e guadagnandosi il mio sguardo confuso; lui che mi difende? Com'è possibile? Da quando ho iniziato questa convivenza, non ha mai cercato un dialogo, con me si è sempre limitato a poche parole e queste ultime non sono mai state carine, anzi, credo proprio non mi sopporti.
"È solo una snob che non frequenta le persone normali come noi..." continua, andando in cucina come se niente fosse.
Ecco, lo sapevo che avrebbe trovato il modo di insultarmi!
Affondo le unghie nella fodera del cuscino e mordo le labbra per trattenere il fiume di parole indecenti che premono per uscire, anche se, oltre la rabbia, provo una fitta di delusione nell'essere stata giudicata così superficiale. Ma in fondo lui che ne sa di cosa ho dovuto sopportare!?
Loro, credono sia qui in Italia per una vacanza, per staccare un po' la spina dalla frenetica Inghilterra, convinti che terminata l'estate tornerò a casa mia; mi hanno etichettata come la classica ragazza ricca e viziata, incapace di essere indipendente, perché, certi che mio padre abbia pagato tre mesi di villeggiatura; quanto sono lontani dalla realtà. Nessuno sa che ho cambiato Stato e identità, che sono fuggita da quell'uomo che mi ha cresciuta e che fatico a chiamare padre.
Mi alzo di scatto, decisa a non dargliela vinta.
"Venti minuti e sono pronta" grido a Ginger, mentre salgo in fretta le scale.

~~~~~~~~~~

Dopo un'ora a questa festa, in cui, oltre a svignarmela difronte ai discorsi insensati di ragazzi, i quali, puntavano solo a una conquista per passare la notte e, a evitare persone ubriache, sono già pentita di essere venuta; già, ma in verità ho accettato solo per dimostrare a quel maleducato quanto si sbagliava!
Mi allontano dal caos, affondo i piedi nudi nella sabbia e cammino un po', finché, decido di sedermi a riva: poggio i sandali a terra e allungo le gambe, godendo del sollievo dell'acqua fresca che mi bagna fino alle caviglie.
"Jasmine, a quanto vedo non sono l'unico che odia queste feste."
La voce di Damon mi sorprende alle spalle, facendomi sobbalzare.
Non immagina minimamente, l'intolleranza che provo verso questi ritrovi, mi viene la nausea al ricordo di quando ero obbligata a partecipare e dovevo stamparmi un'espressione felice in viso, nascondendo gli occhi gonfi con tonnellate di trucco e i lividi sulle braccia indossando abiti a manica lunga. Nel corso degli anni, la disperazione si è tramutata in rabbia e ribellione, così con la scusa dei corsi scolastici extra, riuscii a frequentare una palestra e imparai a sfogare i sentimenti negativi nella boxe e a difendermi. La mia autostima aumentò, divenni più furba e un giorno ebbi il coraggio di scappare.
Ma, ora, non voglio rattristarmi riesumando vecchi ricordi.

"Scusa, non volevo spaventarti" dichiara, sedendosi accanto a me.
Sorrido, osservando i suoi occhi azzurri e la sua mano destra che scosta qualche ciocca ribelle dal viso.
Non so spiegarmi il motivo, ma lui è stato gentile fin dall'inizio nei miei confronti; non mi ha giudicata per il mio comportamento poco espansivo, anzi, quando mi ha vista più volte giù di morale ha trovato sempre il modo per farmi ridere e ogni giorno mi riempie di complimenti; è una presenza inaspettata e molto gradita.

"Sei bellissima..." sussurra, appoggiando una mano sulla mia e accarezzandomi il viso con l'altra. Chiudo gli occhi e mi godo la sensazione magica che le sue parole hanno sul mio cuore malandato, facendomi sentire importante e speciale.

"Vuoi che ti accompagni a casa?" chiede, costringendomi ad alzare le palpebre.
Annuisco, mi alzo, infilo i sandali tra le dita e cammino al suo fianco verso la festa.
"Devo dirlo a Ginger" lo avviso.
Quando intravedo la sua capigliatura viola muoversi tra la folla, in attesa al bancone, mi muovo veloce e la raggiungo.
"Vado a casa" la informo.
Lei mi guarda un po' delusa, poi le compare un sorriso "E... con chi vai?"
"Mi accompagna Damon" grido, per sovrastare la musica.
In quell'istante compare Dean al suo fianco ed entrambi si guardano perplessi.
Ignoro il loro strano comportamento e torno dal mio inquilino preferito.

Arrivati a casa, mi spoglio, indosso gli shorts e una conotta e, prima di andare a dormire, scendo in salotto per ringraziare Damon che trovo stravaccato sul divano a fare zapping.
"Grazie per il passaggio."
Mi fissa dalla testa ai piedi, poi picchietta la mano accanto a lui, invitandomi a sedere.
"Veramente stavo andando a dormire..."
"A quest'ora? Dai, vieni qua e regalami il privilegio della tua splendida compagnia" insiste.
Guardo l'orologio appeso alla parete in cucina, in effetti sono solo le ventidue e poi domani è domenica e non deve lavorare.
Mi siedo sul morbido tessuto, piego le ginocchia e incrocio le gambe, sfregando le mani tra loro.
"Allora, che film vuoi guardare?"
"Avrei un'idea migliore..." propone, accorciando le distanze.
"Oh... che hai in mente? Partita alla Play? " chiedo ingenuamente, convinta voglia stracciarmi al gioco delle corse in auto.
Una sua mano mi sfiora la spalla nuda, sale sul collo, poi inizia a scendere verso il décolleté.
"Fermati! Che stai facendo?" urlo, alzandomi di scatto e indietreggiando spaventata.
Lui sorride, con due falcate è già difronte a me e mi osserva con uno strano sguardo.

"Faccio ciò che avrei voluto fare dal primo giorno che sei arrivata" parla con estrema calma, scostandomi i capelli dalle spalle e continuando a sfiorarmi, ignorando il mio rifiuto.

"Te lo dico l'ultima volta: toglimi le mani di dosso!" esclamo seria, e sempre più sbalordita da questo suo lato sconosciuto, compiendo un altro passo indietro.
"Prima fai la carina e poi ti tiri indietro? Dai, non farti pregare, lo so che lo vuoi anche tu" continua, gesticolando e indicando il mio corpo.
"Per me eri un caro amico... nulla di più e non ti ho mai dato modo di credere altro."

Damon mi spinge verso la parete alle mie spalle, piega la testa di lato e percepisco il suo fiato sul collo, con una mano mi stringe il fianco e l'altra scende verso il fondoschiena, esaurendo la mia pazienza.
Piego il braccio destro, sbatto con forza il gomito sul suo naso e contemporaneamente fletto il ginocchio sinistro, caricandolo dritto tra il suo cavallo: si piega in due dal dolore, lamentandosi e ridendo al tempo stesso.
"Se ti piaceva violento, bastava dirlo."
"Sei uno stronzo! Io mi fidavo di te..." grido, sorpassandolo e scappando fuori.
Mi precipito in strada, corro senza sapere dove andare, mentre le lacrime scendono copiose, lacrime di delusione.
Come ho potuto essere così ingenua, avventata e fidarmi di lui?
Credevo fossimo amici, credevo fosse diverso...
Esausta, mi fermo a prendere fiato: piego il busto in avanti e poso le mani sulle ginocchia, quando qualcuno mi viene addosso, facendomi finire con il sedere a terra.
Sbatto le sopracciglia per mettere a fuoco la vista, ancora appannata dalle lacrime, e osservo la figura del ragazzo a terra, che subito si alza e si volta.
"Non dovresti girare sola a quest'ora"
dichiara una voce insopportabile, che conosco fin troppo bene.
Mi alzo, sposto lo sguardo dal suo e riprendo a camminare, decisa a chiudere la conversazione, prima che degeneri.
"Non dovresti farti gli affari tuoi?" sputo, allontanandomi, infastidita dal suo finto interesse.
Che diavolo vuole?
Ci si mette anche lui, ora?
Cos'è, oggi è la giornata rompiamo le palle a Jasmine?

Proseguo, un passo avanti all'altro a testa china, riflettendo su dove poter trascorrere la notte, quando, qualcuno mi afferra il polso sinistro.
Mi volto di scatto, già pronta a colpire, fermandomi con il pugno destro a un millimetro dal volto di Dean .

"Perché hai pianto? Che ha combinato Damon?"

Alzo le sopracciglia sorpresa in un primo momento, poi ricordando chi ho di fronte, mi metto sulla difensiva rigirando le sue parole. "Le snob come me, piangono per nulla." Detto ciò, gli volto le spalle e cammino a passo spedito, senza attendere una sua risposta.
Dopo mezz'ora, decido di fermarmi in un bar per chiedere di poter usare un telefono per chiamare Ginger e chiederle aiuto: sono uscita senza cellulare e portafoglio!
Terminato di scusarsi un milione di volte, per il comportamento di Damon, mi rimprovera e accusa di essere un'incosciente ad andare in giro da sola, dopodiché promette di raggiungermi subito.
Nel frattempo, ordino una bibita fresca e mi accomodo a uno dei tavolini all'aperto che si affacciano sulla strada e ripenso alla mia vita fino a ora.
Potrò mai vivere serena?
Riuscirò mai a confidare la verità a qualcuno?
Sicuramente, mi sentirei sollevata; condividere il mio segreto sarebbe la mia salvezza, da una parte, ma una grande responsabilità nei miei confronti per chi lo dovrebbe  custodire.
Ho rinunciato a tutti gli agi che quella vita offriva, più che volentieri, ma anche agli obblighi di figlia di un Conte. Diversamente, da ciò che pensa la maggior parte delle persone, non è un'esistenza facile e, sopratutto è fondata sulla menzogna.

"Elisabeth?"

Ripiombo subito nel presente, tremando nell'udire qualcuno chiamarmi con il mio vero nome.
Fingo di osservare le piante dall'altra parte della strada, sperando con tutto il cuore che lo sconosciuto desista e se ne vada, ma purtroppo la fortuna non è dalla mia parte.

"Elisabeth? É lei..." continua quella voce, sempre più vicina, finché me lo trovo faccia a faccia.

"Mi confonde con qualcun'altra..." tento, dissimulando una sicurezza che non mi appartiene e cercando con gli occhi, alle sue spalle, l'auto di Ginger.

"No, sono certo sia lei!" esclama, mentre esamina il mio viso.
"Il Conte Raimonds, la cerca da parecchio tempo sa? Ha avvisato la stampa, credendo in un suo rapimento..."
Tipico di quell'uomo, rigirare la situazione a suo favore, lasciando intendere la sua preoccupazione, che non è altro paura di essere smascherato.
Mi sfugge una risata isterica.
Ma, adesso, cosa faccio?
Non voglio tornare mai più da lui.
Devo ragionare e non farmi prendere dal panico.

"L'ha assunta per cercarmi?" indago, cercando di saperne di più.

"No... Però, potrei avvisarlo, magari otterei una buona ricompensa..." dichiara, sfregandosi le mani e sorridendo compiaciuto.
Percepisco le mani prudere e una morsa stritolarmi lo stomaco; gli punto un dito contro e sputo rabbiosa.
"Se si azzarda a chiamarlo, giuro che le farò molto male e si pentirà di avermi incontrata."

La sua risata rimbomba nelle mie orecchie, intuendo che il mio tentativo di intimidirlo non abbia funzionato.
Tento l'ultima chances: la pietà.
"La prego, la supplico, non dica di avermi vista... La pagherò." soffio, al limite della disperazione.

Lui, sfiora una ciocca dei miei capelli e mi scruta dalla testa ai piedi.
"Potrei accettare a una condizione... passi la notte con me."

No! Non posso crederci, questo è un'incubo!
Spingo via con forza le sue luride mani e indietreggio basita e spaventata.
"No! Se lo scordi!" grido.

"Che cazzo sta succedendo?" interviene, una voce che non avrei mai voluto sentire.
Il molestatore si volta verso Dean, con un ghigno dipinto in viso.
"Oh, sto contrattando con la Contessa Elisabhet Raimonds. Lei chi è? Non le hanno insegnato che è maleducazione intromettersi nei dialoghi altrui?"

Dean stringe i pugni, serra la mascella e mi guarda con un'espressione indecifrabile.
Afferra dietro il collo l'individuo di fronte e lo trascina verso un vicolo poco distante."Tu, resta qui, torno subito." ordina severo.

~~~~~~

"Mi spieghi che gli hai fatto per convincerlo a lasciarmi in pace?Poi, questa assurdità: credeva fossi una duchessa" dico, gonfiando la voce e improvvisando una risata.
Dean si alza, si dirige al bancone per pagare il conto e quando torna mi impone di salire in macchina con lui.
"Smettila di darmi ordini! Piuttosto, perché sei venuto tu e non Ginger?"
"Sali in auto" insiste, stavolta con voce calma.

~~~~~~~

Arrivati dinanzi a una spiaggia, parcheggia l'auto e scende, invitandomi a seguirlo.
Titubante e con parecchie domande per la testa, mi avvio dietro di lui che dopo alcuni minuti si ferma e si siede sulla sabbia.
Tentenno un'istante, incerta su cosa fare, ancora provata dagli avvenimenti di stasera.

"Siediti, per favore."
Accetto, troppo curiosa di avere delle risposte.
Guardo il mare piatto e la luna specchiarcisi, mentre rifletto sullo strano comportamento di Dean; mi ha difesa senza fare battutacce e durante il tragitto non ha fiatato, osservandomi di tanto in tanto con sguardo serio.

"Non devi più mentire, non con me... Conosco il tuo segreto" sussurra, voltandosi e incastrando i suoi occhi neri nei miei, nocciola.
"Come..." bisbiglio, incapace di dire altro.
"Quando sei entrata il primo giorno, mi sembrava di averti già vista, questo pensiero non mi abbandonava, finché un giorno, intento a cercare su internet alcune notizie, mi sono imbattuto in un annuncio che parlava della scomparsa della Duchessa d'Inghilterra con annessa la tua foto."

Alcune lacrime sfuggono al mio controllo, le asciugo con il dorso della mano e cerco il coraggio per parlare.
"Te lo chiedo per favore, ti scongiuro... non avvisare mio padre..."
Dean racchiude la mia mano tra la sua, stupendomi e torna a osservare il mare.
"Il tuo segreto è al sicuro."
Stacco la mano dalla sua, arrabbiata dalla sua tranquillità. "E secondo te, dovrei fidarmi della tua parola? Tu che mi hai derisa fino a stamattina?"

Dean racchiude, di nuovo, la mia mano tra la sua e mi guarda triste.
"Se avessi voluto smascherarti, lo avrei già fatto, non credi? E poi, stavo solo scherzando, cercavo un modo per comunicare..."
In effetti, ha ragione, so di non essere la persona più estroversa al mondo e, se avesse voluto farmi scoprire non avrebbe aspettato, ma non ne capisco il motivo.
"Perché? Perché hai custodito il mio segreto e non mi hai chiesto il motivo della mia fuga?"
Avvicina l'intreccio delle nostre mani e ci deposita un leggero bacio.
"Solo chi ha sofferto, riesce a leggere e capire il dolore altrui."
Spalanco la bocca, disorientata e sbalordita dalle sue parole; lui ha intuito la mia sofferenza solo guardandomi?
"Quindi, anche tu... hai un segreto? Ti va di raccontarmelo? Io farò lo stesso" soffio, incredula della nuova fiducia nata tra noi.
"D'accordo, Jasmine..." sussurra, vicino al mio orecchio, sorridendo divertito.
"Grazie"  concludo, sigillando questa promessa con un bacio a fior di labbra.

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