Parole che rimanevano bloccate in gola
I bicchieri batacchiavano tra loro, in una melodia di trilli e tintinnii. Il bar, immerso in una nebbia di luci calde, emanava un'aura accogliente, tipica dei locali sorti quasi per sbaglio nei paesini di montagna. Dan e Jessie sedevano silenziosi, sprofondando nella confusione che si immischiava, curiosa, nel loro mutismo. I tavolini, per quanto sbeccati e graffiati dalle posate, erano puliti con una minuzia quasi superflua e decorati da vasi colmi di fiori. In ogni brocca, tra i gambi delle piantine, ve n'era uno, al centro, di metallo, che spiccava verso l'altro, in cerca d'aria tra i petali. Era il corpo di una lampadina, che, timidamente, illuminava i volti dei clienti seduti attorno al vaso.
Dan tossì. Un insolito imbarazzo aleggiava tra loro, in quello scambio di parole che rimanevano bloccate in gola. Agitato, scostò lo sguardo dai fiori e si abbarbicò con tutte le proprie forze agli occhi della ragazza, quasi come uno spago intento a incastrarsi nella stoffa, per diventare con essa un tutt'uno. Sperava di trovare in quella trama della sicurezza, un "sono stanca, per questo non parlo" o un "ti va di ascoltare questa canzone jazz, sparata a tutto volume?".
Ma quello che vide gli parve un'allucinazione.
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