L'apprensione che stagnava

Dan si legò la cravatta, attorcigliando la stoffa e il sudore in un nodo sbilenco. Poi si guardò allo specchio. Tra i capelli pettinati alla perfezione si inalberava un ciuffetto ribelle, dritto e verticale verso il soffitto.
Urlava: "Pazzia!"

Non poteva permetterselo, non quel giorno.

Si passò la spazzola un'altra volta, premendo con insistenza sul ciuffetto. L'unico risultato che ottenne fu del sangue sulle setole e un dolore graffiante sul capo. Dan lasciò cadere a terra l'utensile insanguinato e afferrò una forbicina per le unghie. Con un taglio netto, eliminò ogni traccia del nemico.

Attraversò il salotto a testa bassa, quasi di soppiatto. Jessie, seduta sul divano, si interruppe dallo sfornare parole per il nuovo romanzo.

"Amore! Mi porti un sacchetto di biscotti? L'ho lasciato sul tavolo".

Dan si voltò e borbottò che era in ritardo.

"Dove devi andare?" chiese perplessa Jessie.

"Dal medico. Sto un po' male" sibilò lui con voce acuta.

La ragazza aggrottò le sopracciglia. Aveva intuito che qualcosa non andava. Ma lasciò correre, notando l'apprensione che stagnava sul viso di Dan. Lo salutò con il sorriso e tornò a digitare alla tastiera. Il ragazzo la vide farsi piccola con il capo, chino verso lo schermo.
Sembrava voler scomparire tra le nubi pregnanti della menzogna.

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