Il racconto

 Rudy mi guardò divertito, quasi volesse prendersi gioco di me. Si avvicinò ancheggiando.

Io tremai, terrorizzato, ma per quanto facessi leva sulla mia intelligenza quella sembrava sparita. Fui in balia dello spavento.

"Mycroft, ti ho insegnato tanto, se un uomo ormai, bello e affascinante."

Rudy si avvicinò pericolosamente. "Io non sapevo..." 

Farfugliai e intanto indietreggiavo.

"Hai paura mio amato nipote? Paura di una verità scomoda?"

Rudy mi corteggiò come se fosse una donna, ne fui totalmente atterrito. 

Anni dopo, con la maturità, avrei padroneggiato la situazione, ma allora in quel momento vinse il terrore.

"Vorrei baciarti, Myc, ti completerei, ti farei conoscere la tua parte femminile, la adoreresti nipote. Ne saresti ammaliato."

Era così vicino da sentire il suo respiro affannoso, la sua mano finì per accarezzarmi e infilarsi fra le mie gambe.

Reagii malamente, gridando. "Lasciami, non voglio."

"Non essere stupido, ci sei dentro nipote, so che hai visto dove tengo quella pazza di tua sorella. Se vuoi che rimanga viva farai quello che ti ordinerò." 

Rise sguaiato.

Mi bloccò le braccia, mi ruotò, le mani strette in una morsa. Mi spinse sul bordo del letto. 

"E lì che ti voglio, mi restituirai la devozione che mi devi."

Le lacrime mi offuscarono gli occhi, ero consapevole di quello che mi aspettava.

"Mi prenderò anche Sherlock, se non sarai ubbidiente. Gli farò fare la fine di Eurus."

Lasciò la presa e si avvicinò al mio viso, cercando di baciarmi. 

Mi sottrassi, ma lui urlò.

"Bada Mycroft, mi devi obbedienza, tu sarai mio, non osare ribellarti." 

Prese il cellulare. 

"Una sola chiamata e metterò fine alla vita di Eurus." 

Piansi, mi spinse nel letto.

"Smettila idiota ti prenderò lo stesso! Vuoi che porti Sherlock con noi? È solo un ragazzino da domare con lentezza, vuoi che lo sostituisca a te, stupido ingrato?"

Fu convincente, aveva l'esperienza dalla sua parte. Io ero smarrito.

"Ti piacerà vedrai, sarai un uomo con molto potere, dopo questa lezione." 

Singhiozzai mentre lui chiudeva la porta.

"Perché mi fai questo? Perché non mi hai detto di mia sorella?

"Quella pazza? E per quale motivo? Mi è servita per arrivare a te." Rise. 

"Mi piaci nipote, voglio averti e crescerti secondo le mie regole. Non sarò prepotente all'inizio, ma sarai solo mio."

"Zio, ti prego..." Implorai, sapevo quello che mi aspettava.

Si avvicinò deciso, senza ascoltarmi, prese a baciarmi. Girai la testa per lo schifo. 

"Il patto è fatto Myc, a me la tua dedizione. E a te i tuoi fratelli. "

Non reagii, pensando di salvarvi, e trovare un modo per tornare a casa. 

Mi rifugiai nel mio palazzo mentale, mentre lui si infilò nel mio corpo.

Subii tutte le sue attenzioni malate... Fece di me quello che voleva.

Nulla fu come prima... non dopo quella violenza.

Uscì dalla stanza, soddisfatto, dopo avermi abusato.

"Non ne parlerai con nessuno, questo è un patto tra noi. Aspetterai ubbidiente finché ti vorrò ancora."

Mi lasciò stordito sul letto, sporco e coperto di vergogna.

Piansi e fu l'ultima volta che lo feci.

Ero solo un ragazzo con poca esperienza che sapeva poco del sesso, rimasi svestito sul letto, incapace di alzarmi.

Il Mycroft che ero stato non c'era più.

Un silenzio irreale avvolgeva i fratelli Holmes.

 "Questo è quello che accadde?" Sherlock non respirava, le mani erano strette in due rigidi pugni, fremeva. Non riusciva a guardare il fratello. Il vecchio Holmes, la testa china, le mani aperte sul marmo grigio del muro che delimitava la riva.

"Sì, quello che successe a un giovane e inesperto Mycroft. Così naufragò la speranza di portarti a Londra con me. Zio Rudy era troppo pericoloso. Eri un adolescente facilmente plagiabile. E lui era un predatore insaziabile. Diradai i nostri incontri, volevo tenerti al sicuro e proteggerti, ma non ti abbandonai mai! " Mycroft cercava comprensione, si sentiva sporco e in colpa per quello che aveva taciuto.

"Non fosti in grado di proteggerti da quell'animale, per Dio! Come potevi aiutare me? Perché non dicesti la verità? Tu cambiasti e io non compresi. Pensavo che mi avessi abbandonato."

Si girò verso il fratello. "Presi quella via distruttiva che conosci. Cominciai a provare qualsiasi tipo di droga mi sballasse. Ora so che la colpa fu anche di quel bastardo dello zio."

Sherlock alzò la voce, adesso capiva tante cose, come un puzzle che si ricomponeva.

Mycroft mormorò. "Feci di tutto per tenerti lontano, quando lui allentava il controllo cercavo di contattarti e di vederti, venni quella notte a tirarti fuori da quello schifo dove eri finito. Eri in overdose, non potevo ignorarlo. Ma fu abile, lo fiutò e minacciò di farti rinchiudere come Eurus." Prese del tempo, le mani sfioravano la pietra fredda del muretto, la lisciavano.

"Due fratelli avariati, mi sussurrava continuamente: un drogato e una pazza..." Sospirò ricordano le parole ossessive dello zio.

"I nostri genitori non sapevano niente, mi costrinse a stare zitto, l'uso che facevi della droga era la sua chiave per ricattarmi e finii per diventare la sua puttana che prendeva quando voleva." Si fermò, osservò il breve passaggio di due gabbiani. "E non dissi nulla di nostra sorella."

"Diventai quello per cui mi aveva addestrato, freddo, calcolatore, manipolatore, dedito solo al lavoro, con nessun altro intorno se non lui. Arrivai a un punto di non sentire più nulla, nemmeno il dolore che mi provocava. Fino a quando non si ammalò e cessò le sue attenzioni malate su di me. Avevo 28 anni e la mia vita emotiva e sentimentale era distrutta. E ti avevo perduto."

Mycroft si portò le mani al volto come volesse nascondersi per la vergogna. Si riprese e continuò mesto.

"Passarono gli anni e io mi abbandoni alla vita che mi era stata imposta. Lui era ammalato, rivolse le sue attenzioni ad altre prede, ma teneva salde le mie redini e il mio silenzio. Fino a quando l'anno scorso morì."

Sherlock non intervenne, bloccato dalla disperazione del fratello. Non sapeva come aiutarlo, adesso capiva il motivo del suo cambiamento. Aveva davanti un'altra persona, un altro fratello. Angosciato provò un misto di dolore e rabbia. Ora comprendeva il perché della poca empatia che Myc provava verso gli altri, non amava essere avvicinato, né toccato. prese coraggio e cercò di mitigare il suo dolore.

"Mycroft sei la mia famiglia. Non si finisce mai di essere fratelli, so di poter contare su di te, e tu sai che ci sono e ci sarò sempre per te. Questo non scordarlo mai, non respingermi."

Sherlock si avvicinò, la mano scese per prendere quella pallida del fratello, la tenne stretta, regalandogli una carezza che nessuno dei due reclamava da anni. Quella vicinanza perduta, ma ancora viva. Sepolta da lunghi periodi d'incomprensioni.

Mycroft era irrigidito, non riusciva a sciogliersi, chiuso, arroccato dentro sé stesso.

"Avresti dovuto dirmelo quello che avevi sofferto. Perché tenerlo nascosto?" La voce di Sherlock si era addolcita.

"Per la vergogna di quello che mi aveva fatto. Di come lo aveva fatto. Tu mi respingevi, arrabbiato dal mio presunto abbandono, mi aggredivi con la tua rabbia, con il tuo sarcasmo, mi ferivi ma l'ho accettato perché era l'unico modo per averti vicino." La voce si fece sottile, quasi un soffio.

"Cosa sarei diventato se lui non si fosse intrufolato nella mia vita e nei miei calzoni? Come sarebbe stato ora tra noi? Ho ottenuto il potere ma è stata una magra consolazione. Morto lui, mi sono sentito libero e questa libertà mi devasta perché non so sapevo che farmene. E tu hai dimostrato di non avere più bisogno di me."

Sherlock grugnì.  

"Questo non è vero, lo sai. Ora sappiamo entrambi il perché del nostro scontrarsi. Come potrei rinunciare a te?"

Mycroft sorrise impercettibilmente, respirò pesantemente, fissava il fiume,  abbassò la testa, come rassegnato a quello che era diventato. La voce gli uscì monocorde, non tradiva nessun dolore.

"Non voglio compassione per quello che ho fatto. Alla fine ho accettato le sue avance e non mi sono ribellato. Ho ottenuto la carriera che volevo. Me la sono meritata la sorte che mi ha inflitto."

Sherlock lo fece ruotare, la mano ferma sulla spalla, lui mugugnò, ma non si sottrasse.

"Vedi come ne parli?" Il minore reagì con forza a quell'atteggiamento di rinuncia. 

"Mio, lo senti quello che affermi? Sei ancora succube di quella bestia. Eri un fratello amorevole sia con me che con Eurus, non c'era nulla di sbagliato in te, eri Myc che ci consolava. Su cui io potevo contare."

"Sono sbagliato Lockie. Avresti dovuto spararmi a Sherrinford." Gli uscì una rabbia repressa, covata per anni.

"Questa è la cosa più stupida che ti abbia sentito dire."

Sherlock lo scosse con forza, le mani così strette così forte nelle spalle magre del fratello che sussultò, ma il maggiore sembrava non reagire. Sherlock capì che lui non aveva elaborato il passato e prese una decisione rapida.

"Vieni con me, saliamo in auto." 

Lo strattonò, Mycroft si ritrasse stupito pensando fosse uno dei sui giochetti, ma il minore lo trascinò letteralmente alla berlina nera che li aveva raggiunti e li attendeva più avanti.

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