Capitolo X - In difesa dell'Ordine
-UOMINI! VOI SIETE STATI SCELTI DA ME SU ORDINE UFFICIALE DI SUA SANTITÀ SIR JOHN CHAPMAN PER DIFENDERE L'ORDINE DALL'UOMO CHE HA UCCISO BRUTALMENTE DUE DEI NOSTRI SOLDATI MAGGIORI. ANDREMO IN SPEDIZIONE PER CERCARE QUEST'ASSASSINO, PER CATTURARLO E RENDERE VISIBILE A TUTTA L'INGHILTERRA CHE CHI SI RIBELLA AL VOLERE DI DIO VERRÀ PUNITO SEVERAMENTE, IN QUESTA E NELLA VITA ULTRATERRENA. IL QUI PRESENTE SOLDATO SEMPLICE GABRIEL CARTER SI TROVAVA LI' IL GIORNO DEL MASSACRO ED È RIUSCITO A FUGGIRE, RIPORTANDO QUESTE NOTIZIE. VI FORNIRA' TUTTI I DETTAGLI. –
Il sergente Hammond si presentò così. Era un uomo di costituzione robusta ed alto, sulla quarantina, il cui sguardo era quello di chi aveva combattuto e vinto molte battaglie. Era cieco da un occhio, come si poteva notare dal bulbo oculare destro vacuo e leggermente socchiuso, e da una cicatrice che gli sfigurava il volto in verticale, attraversando il viso dal sopracciglio fino alla guancia, confondendosi tra la folta barba bruna, conferendo così la sensazione di terrore a chi lo guardava. La sua armatura dell'Ordine rispecchiava l'alto grado che aveva raggiunto con la grande carriera militare che aveva condotto in maniera esemplare. Era stato lui a sedare la recente rivolta contadina avvenuta proprio a Londra, evitando così di mettere la capitale in subbuglio mentre l'esercito reale dava prova di sé in guerra. Aveva richiamato sotto i suoi comandi venti uomini, come gli era stato ordinato, tra i più valorosi, molti dei quali erano già stati suoi fidati compagni in altre occasioni. Al solo passare in mezzo alle strade cittadine, le persone si erano sbarrate in casa e i mercanti avevano chiuso le proprie botteghe, fermando così tutta la frenesia che si trova ogni giorno in città in questo periodo.
La pioggia, incessante, non voleva saperne di smetterla di cadere.
Il generale, dopo avermi affidato il compito di descrivere l'uomo e l'abilità di cui si era servito per uccidere i soldati Dave e Bram, stava dando importanti consigli tattici su come circondare il nemico e renderlo inerme, considerando anche il fatto che se si fosse reso ostile, l'avremmo dovuto metter fuori gioco, in un modo o nell'altro. Tutto stava procedendo secondo i piani, e io mi sentivo utile alla causa, in quanto sarei rimasto per tutto il tempo accanto al generale Hammond, che mi avrebbe insegnato i trucchi che l'hanno reso un abile stratega, dimostrando di essere una nobile persona pronta a tutto per il bene dell'Ordine. Faceva molto freddo ormai, l'inverno era alle porte, e sicuramente avrebbe portato con sé le prime gelate. Ma non vi era un attimo di tregua. Il generale ci voleva pronti in qualunque momento a brandire le nostre armi e a dispiegarci in formazione, la quale prevedeva che i soldati formassero una sorta di triangolo, il cui vertice sarebbe stato occupato dalla spalla destra del generale, il sergente Grant; dietro si sarebbero disposti tutti gli altri soldati e infine, nelle retrovie, ci saremmo stati io ed il generale Hammond, che avrebbe supervisionato tutto e intervenuto se ve ne fosse stata la necessità. La giornata volgeva ormai al termine e quindi venne dato l'ordine di rientro in caserma. All'interno gli uomini si divertivano e si raccontavano storie, tra un bicchiere e l'altro di vino, fino a crollare ubriachi fradici. Io me ne stavo lì ad osservarli, senza voler partecipare, perché non credevo fosse il momento per festeggiare quando quell'uomo sarebbe potuto arrivare a Londra la stessa sera, assassinando tutti nella notte.
Mi svegliai presto l'indomani mattina, non notando nemmeno di essermi addormentato. Le ferite, che mi erano state curate e fasciate, stavano cominciando a guarire, tant'è che finalmente riuscivo a camminare senza zoppicare o fare smorfie di dolore. Avevo avuto soltanto il tempo di sgranchirmi un po', che la tromba era già stata suonata, il che significava che dovevamo riunirci tutti quanti nel cortile dietro la caserma.
Il cortile era rettangolare, circondato da uno steccato in legno tutt'intorno. Al suo interno vi erano delle attrezzature dall'allenamento, oltre a varie armi e armature poggiate o appese al muro. Il generale Hammond ci stava aspettando già là con le braccia conserte, affiancato dal sergente Grant. La giornata non appariva delle migliori, poiché anche se non pioveva, la temperatura dava l'impressione d'essersi notevolmente abbassata, tanto che era spuntato un filo di nebbia leggera.
Il generale ordinò di schierarsi in riga.
-SOLDATI, OGGI SI PARTE! PERCORREREMO LA STRADA VERSO CAMBRIDGE, DOVE SI PENSA CHE SI STESSE DIRIGENDO L'UOMO CHE CERCHIAMO. QUEST'ULTIMO, A QUANTO RIPORTATO DAL SOLDATO CARTER, SEMBREREBBE ESSERE PERICOLOSO E PERCIÒ DOBBIAMO STARE SULL'ATTENTI. CHI PENSA DI NON ESSERE PRONTO PER QUESTA MISSIONE FACCIA UN PASSO INDIETRO. –
Non si mosse nessuno. Questi soldati davano l'impressione di dare la vita per il loro generale e per l'Ordine.
-VI DO MEZZ'ORA PER PRENDERE TUTTO L'OCCORRENTE PER PARTIRE. – poi si rivolse verso di me – SOLDATO CARTER! –
-AI SUOI ORDINI GENERALE! – gridai con tutta la voce che avevo in corpo.
-TU TI OCCUPERAI DI ANDARE A PRENDERE IL MIO CAVALLO E QUELLO DEL SERGENTE, VISTE LE TUE CONDIZIONI FISICHE. LI VOGLIO FUORI DALLE PORTE AL PROSSIMO RINTOCCO DELLA CAMPANA! TUTTO CHIARO? –
-CERTO SIGNOR GENERALE! –
Ero sull'attenti aspettando che il generale e il sergente fossero andati via, per poi correre ad eseguire il compito che mi era stato assegnato.
I due cavalli erano all'interno della caserma, nelle stalle, che venivano lucidati da due ragazzi che più o meno potevano avere la mia età. Quando mi videro arrivare subito si alzarono e si allontanarono, come se avessero paura che potessi far loro del male. Presi le redini dei cavalli e li portai con me. Erano due stalloni purosangue bellissimi, dotati entrambi di una lunga criniera marrone e di un morbido pelo bianco, mentre l'altro era color miele. Su ambedue vi era applicato, in corrispondenza della coscia, il marchio dell'Ordine, probabilmente inciso col fuoco. Misi loro addosso l'armatura e cominciai a camminare, ed essi a loro volta mi seguivano con innata eleganza, facendo notare tutta la loro classe.
La campana suonò proprio nel momento in cui ero da poco giunto alla porta Nord della città, quando vidi arrivare il generale con i soldati al suo seguito, che portavano tutta l'attrezzatura necessaria per stare fuori un paio di giorni.
-Signor generale, ecco il suo cavallo e quello del sergente. Ho provveduto di controllare personalmente se essi fossero stati lucidati e puliti. – affermai, cercando di apparire il più serio possibile.
-Ben fatto soldato Carter. Prendi posto assieme ai soldati e fatti consegnare il tuo equipaggiamento. – mi rispose con tono abbastanza quieto, salendo sul cavallo, senza mostrare segni di fatica derivanti dall'età avanzata.
-Signori, da ora in poi ognuno di voi stia attento al compagno che ha alla sua destra e alla sua sinistra. Non voglio nessuna morte ingiustificata. – La sua serietà e convinzione riuscivano a motivare gli animi di tutti i soldati. Era incredibile vedere come un solo uomo fosse in grado di avere il controllo totale della situazione.
I soldati messi a guardia del grande portone Nord aprirono in fretta la porta, mentre altri si adoperarono nell'abbassare il ponte levatoio.
Eravamo già in cammino da diverso tempo. Il sole era giunto sulle nostre teste ma nonostante ciò, esso non riusciva a scaldarci. Io assieme ad altri soldati stavamo tremando dal freddo, anche se eravamo coperti da soprabiti pesanti. I nostri passi erano appesantiti dal terreno reso molle dalla pioggia. Il generale stava davanti a tutti noi, assieme al sergente, che teneva in mano una pergamena. I due stavano conversando, senza però riuscire a capire cosa si dicessero, in quanto la pioggia aveva ripreso da poco a cadere, coprendo così le parole dei due cavalieri. Pensavo a quegli uomini che poco prima avevano strigliato i cavalli con perizia, e invece ora erano completamente inzuppati e con gli zoccoli inzaccherati dalla pioggia. Qualche nuvola grigia ogni tanto copriva il sole, lasciandoci al più completo buio nelle terre attorno la città, che ormai distava parecchio e che si perdeva nella leggera coltre di nebbia. Sembrava lo scenario di una di quelle storie dei pellegrini che visitavano Canterbury, che mia madre mi raccontava spesso da piccolo.
Il generale si fermò, destando l'attenzione e lo stupore di tutti. Cercai di farmi largo tra i soldati che ansimavano affaticati non tanto dal viaggio che stavamo compiendo, tanto più dalle condizioni climatiche in cui ci trovavamo. Avvicinatomi al cavallo del generale, vidi qualcosa muoversi tra la nebbia e la pioggia, che batteva con forza sul terreno. Delle figure, le quali inizialmente non si distinguevano molto bene, ma poi si riuscì ad intravedere a fatica un uomo che teneva un cavallo dalle redini, sopra il quale vi era probabilmente una bambina. Forse provenivano da lontano e si erano persi, non essendo abituati al repentino cambiamento di tempo di cui è tipica tutta la Bretagna in questo periodo.
L'uomo si avvicinò al generale, che a sua volta stava sulla sua destra, venendo affiancato dall'altro lato dal sergente.
-Cosa ci fa lei qui con una bambina e un cavallo al suo seguito? Vi siete persi per caso? – chiese il generale Hammond, un po' sorpreso di vedere persone battere queste strade in totale solitudine.
Il vagabondo rispose -Stavamo solo cercando di raggiungere Londra per trovare riparo prima che arrivasse la tempesta. Ma purtroppo non ci siamo riusciti, e quindi stiamo cerando un posto dove passare la notte. –
Aveva una voce molto familiare, ma non riuscivo a capire dove l'avessi sentita.
A sua volta il generale ribatté -Quella è sua figlia? – per cercare di capire se fossero veramente delle brave persone oppure dei ladruncoli da quattro soldi.
-Si, ora se non le dispiace dovremmo rimetterci in viaggio. Sono certo che anche voi nobiluomini abbiate da fare. – rispose a sua volta l'uomo,quasi per sviare il discorso. Quella voce era troppo familiare, così mi affacciai per guardare, dato che il cavallo del generale occludeva la mia vista.
Non mi sarei mai aspettato di vederlo in questo modo. Quell'assassino era proprio davanti a me. Aaron Parson!
Gridai – GENERALE, È LUI L'UOMO CHE CI HA ATTAC... – ma non ebbi il tempo di finire la frase che l'assassino sfoderò la spada e trafisse il sergente Grant alla gola, squarciandogli completamente il collo, facendo così pendere la sua testa verso sinistra, causandone di conseguenza la caduta da cavallo facendolo stramazzare al suolo, tra lo sconcerto generale di tutti i soldati. La vita abbandonava il sergente che affogava i suoi rantoli e il suo respiro affannato e tremante nel sangue, che sgorgava dalla ferita mischiandosi alla pioggia che cadeva senza sosta, fermando il tempo. Il cavallo di quest'ultimo fuggì correndo, perdendosi tra la nebbia. Mentre tutti guardavano con sconcerto l'orribile scena della morte del sergente, il generale, che era caduto da cavallo per salvarsi, osservava il criminale arretrare fino a perdersi nella nebbia assieme al suo cavallo, mentre la bambina strillava dalla paura.
il generale ordinò, gridando con rabbia -SOLDATI! DISPIEGARSI IN FORMAZIONE! – arretrando e occupando il posto del sergente nello schieramento.
PS: cari lettori, se siete qui è perché in qualche modo questa storia vi è sembrata interessante, perciò vi ringrazio e spero di avervi intrattenuto per tutto il tempo che avete letto . Perciò vi chiedo di commentare e scrivere la vostra: Ogni commento per noi che scriviamo è importante per avere un Feedback costante sulle nostre storie .
Grazie ancora
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