Capitolo V - Una scintilla per l'anima
Arrivato davanti al grande portone in legno che legava le mura di cinta di Cambridge, le guardie della città sbarrarono la mia entrata incrociando le lunghe lance.
-Non ti abbiamo mai visto da queste parti, cosa ci fai qui? – mi chiese uno dei due. Era un uomo sulla quarantina, con una vistosa cicatrice sulla guancia e una folta barba che si univa ai suoi capelli castani chiari, tendenti al rosso. Il secondo stava a fissarmi, come per scrutare il mio sguardo qualora avessi parlato, per notare qualche piccola smorfia sul mio viso che tradisse le mie parole. Mi era capitato centinaia di volte durante l'addestramento di essere messo così sotto pressione, quando dovevano insegnarci a non cedere alle torture del nemico, seppur estremamente brutali. La Corona va difesa fino all'ultimo istante di vita dicevano.
-Sono solo venuto a far visita alla proprietaria della locanda in piazza per conto di un amico. – risposi, senza lasciar trapelare nessun tipo di emozione dal tono della mia voce, risultando quasi apatico. La seconda guardia, più bassa dell'omone con la cicatrice, con un viso che avrebbe fatto ridere qualsiasi ragazzino in quanto molto simile ad un cinghiale, mi rispose –Noto che indossi l'armatura della Corona inglese, come noi. E dimmi, qual buon vento porta qui un soldato che invece di difendere sua Santità la Regina, va a zonzo per il regno a fare il ragazzo delle consegne per gli amici? Non sarai mica uno di quei viandanti che cercano problemi giù in città spero! - ridendo sotto i compatti baffi.
-Sono in congedo per delle ferite riportate durante la battaglia d'Orleans. Ora se non vi dispiace vorrei entrare in città per potermi godere un pasto caldo e un buon bicchiere di vino- il mio voltò mutò, inarcando le sopracciglia verso il basso e aprendo le narici. Quei due zotici mi davano sui nervi.
-Hai combattuto durante la battaglia ad Orleans? – disse il primo esterrefatto. –Scusa il mio collega, alle volte è proprio maleducato. Le do il benvenuto a Cambridge, spero possa godersi questo soggiorno e che trovi la pace che desidera! – Disse schiarendosi la voce e sollevò la lancia, esortando con lo sguardo il compagno a fare la stessa cosa. Mentre passavo il secondo mi disse all'orecchio –Ti tengo d'occhio, spero che non ci costringerai ad intervenire nell'eventualità succedesse qualcosa alla locanda. –
Lo osservai per qualche secondo. Aveva la tipica faccia di chi parla a sproposito avendo le spalle coperte dai compagni. La peggior specie di persone che possa esistere. Sputai accanto al suo piede destro, e continuai a camminare, tenendo ben stretta la corda che legava la martingala di Hug, che sembrava quasi spazientito.
Il grande portone venne aperto lentamente, segno che era pesante e ben costruito. Si sollevò qualche piede di polvere, e finalmente la cittadina fu ben visibile davanti a miei occhi. C'era un gran via vai di gente: chi stava da poco mettendo in bella mostra la propria mercanzia, chi invece stava aprendo la propria bottega. Alcuni ragazzi molto giovani erano indaffarati a portare oggetti e materiali di diverso tipo ai loro artigiani, mentre, proseguendo in linea retta, in lontananza si poteva osservare la vista del castello, con i suoi drappi blu maestosi in cima alle quattro torri di vedetta, mentre una seconda schiera di mura lo circondava. Le guardie avevano da poco messo giù il ponte levatoio, in quanto stavano cominciando a fare il consueto giro in città per controllare che tutto procedesse per il verso giusto, senza intoppi. Alla Chiesa, un ciarlatano gridava le sue preghiere alla folla che lo ascoltava. Povere quelle persone che si fanno abbindolare così dai discorsi. Un soldato fissava al tronco di un albero i resoconti di guerra durante l'assedio di Orleans. Diedi una breve occhiata, e lessi:
"La tenace resistenza dell'esercito francese mette in seria difficoltà i nostri fratelli che strenuamente continuano la loro avanzata per onorare la nostra Corona. Lodate nostro Signore e pregate affinché i vostri mariti o figli tornino sani e salvi a festeggiare la gloriosa vittoria."
In città si respirava un'aria del tutto diversa rispetto a quella del mio villaggio. La vita qui continuava tranquillamente, come se la guerra non fosse mai giunta.
Continuai a camminare per dirigermi verso la piazza centrale. La vedevo già da qui, non era molto lontana. Essa pullulava di persone che si muovevano laboriosamente in cerca del miglior affare o in cerca del prossimo cliente che volesse comprare della roba. Mi avvicinai per prima cosa al casolare di un contadino, e chiesi gentilmente se si potesse prendere cura di Hug e di lavarlo e nutrirlo durante la mia assenza, in cambio di quel poco mangiare rimasto nelle sacche che portava con sé quel bellissimo puledro. Accettarono senza esitazione davanti a tutto quel ben di Dio, quasi come avessero fatto un affarone e me l'avessero fatta sotto il naso. Arrivato davanti alla piazza vidi finalmente la locanda, anche se per raggiungerla avrei dovuto attraversare tutto il mercato, venendo fermato da tutti i mercanti che volessero vendermi i loro prodotti. Mi divincolai con non poche difficoltà da quelle mani che mi afferravano per attirare la mia attenzione.
La locanda si chiamava "Jane's Inn", facendo così presuppore che la proprietaria si chiamasse in quel modo. Davanti l'entrata vi erano alcuni soldati che scherzavano e ridevano, tenendo boccali colmi di birra in mano, con le loro facce paonazze, facendo insinuare che fossero già più che allegri con le prime ore del mattino. Entrai all'interno e un campanellino suonò simultaneamente, destando l'attenzione della donna seduta dietro al bancone, che con un sorriso mi accolse all'interno della locanda. Era già tutta piena di individui di tutte le età, che sorseggiavano le loro bevande preferite, tra gli odori delle candele provenienti dall'Oriente. La ragazza dietro al bancone continuava a fissarmi con aria festosa, come chi non riceve da tempo la visita di un caro amico, invitandomi quasi con lo sguardo a sedere su di uno sgabello qualsiasi. Aveva dei capelli rossi legati con un nastro blu, gli occhi verdi scuri e un abito succinto che faceva intravedere tutta la sua abbondante femminilità. Mi avvicinai e subito anticipo le mie parole.
-Benvenuto alla locanda di Jane, rinomata in tutta la contea di Cambridgeshire per i suoi servigi. Spero che troviate ciò che più vi aggrada, da un letto a un pasto caldo, una pinta di birra o idromele se più preferite. –
Parlava a ruota libera della fondazione della locanda e dei prezzi stracciati a cui vendeva le proprie bevande. La interruppi bruscamente chiedendole se lei fosse Jane.
-Mi spiace signore, ma non sono io Jane. La sto sostituendo dal momento che ancora non ha finito di cambiarsi. Volete che le riferisca qualcosa nel frattempo che voi sedete ad aspettare, consumando qualcosa nell'attesa? -
-No grazie, non ho molta fame né sete, gradirei parlare con la signora al più presto. Potete riferirle che sono un amico del vecchio fabbro Thomas, giù ad Ipswitch? - Chiesi quasi spazientito.
La ragazza afferrò il mio stato d'animo e corse nel retro della locanda, a chiamare la signora Jane. Guardandomi attorno notai che alcune signore mi osservavano estasiate e, girandomi, due di loro arrossirono, scatenando l'ilarità delle altre tre. Dovevano essere delle signore che prestavano i loro servizi ai soldati di passaggio. Distratto da questo evento, non mi accorsi nemmeno che dietro il bancone vi era già la signora Jane, che mi osservava divertita.
-sono Jane Mulligan, la stessa Jane padrona della locanda, al vostro servizio. – Si presentò così con aria di saccenza.
-Saltiamo i convenevoli Miss Jane, la sua apprendista mi ha già fatto venir mal di testa raccontandomi ogni crepa nel legno di questa locanda-
-Oh! - esclamò -Monique. Al suo solito spazientisce i clienti. Quella ragazza è davvero brava a servire ma per nulla a intrattenere il cliente, e facilmente si lascia andare a sproloqui. Ha ancora molto da imparare sul mestiere – disse, con una punta di ironia e velate allusioni ad altri argomenti. – cosa posso fare per lei signor... –
-Aaron Parson. Sono giunto fin qui perché Thomas mi ha detto che potevo rivolgermi a lei. -
-Thomas è un mio carissimo amico. Quante bevute ci siamo fatti assieme all'orario di chiusura e che giornate divertenti abbiamo passato! Sei nel posto giusto per cercare ciò che desideri. Come ti avrà già sicuramente detto Monique, siamo la locanda più rinomata nel Cabridgeshire, quindi qualunque pettegolezzo o segreto, qui è di casa! –
Abbassai la voce, così che venisse coperta dalle parole delle persone, e mi alzai dallo sgabello, avvicinandomi al bancone e sporgendo il busto verso Jane che fece altrettanto. Quella donna, anche se giovane, era più vissuta del previsto. Aveva dei bellissimi occhi azzurri e dei capelli biondi anch'essi attaccati con un nastro blu, ma essendo più lunghi, alcuni le scivolavano lungo il collo, magro e leggermente allungato, che compensava comunque il fatto che fosse una donna veramente alta. Anche lei metteva in bella mostra tutta la sua femminilità, lasciando così rivelare il perché quella locanda fosse frequentata quasi esclusivamente da soli uomini.
-Vorrei sapere se puoi darmi informazioni circa gli spostamenti dei cavalieri dell'Ordine durante le loro ronde. - Lo sguardo della donna passò da essere quello di una ragazza spensierata che ama il proprio lavoro, a quello di una donna titubante che medita bene sulla risposta da dare. Era veramente una donna molto furba. Mi rispose con un'apparente risoluta tranquillità se poteva sapere il perché di questa domanda, ma dal mio sguardo capì che non ero il tipo di persona che ama che alle proprie domande si risponda con un'altro quesito.
-E va bene Aaron. Solo perché sei amico di Thomas e gli devo dei favori. I cavalieri passano di qui ogni venerdì della prima settimana del mese. Raramente compiono ritardi, ma a quanto pare questa settimana è una di queste eccezioni. Solitamente si fermano qui a passare la notte divertendosi in città, riprendendo la loro ronda l'indomani. Partono da Londra, vengono qui a Cambridge, poi Nottingham, Manchester e, infine, Liverpool, per poi tornare a Londra a fare rapporto ai generali che poi andranno a Roma, in attesa del nuovo giro. – La donna mostrava preoccupazione nel vedere che mi fossi appuntato su di una cartina d'Inghilterra tutto il percorso dei cavalieri. Così, esitando dapprima, mi disse –Senti Aaron, noi non ci conosciamo, e perciò non vorrei risultare scortese, ma ho la sensazione che tu ti stia cacciando in un brutto guaio. Quegli uomini sono spietati e non guardano in faccia né se sei una donna o un uomo. Perciò se mi concedi, vorrei consigliarti di desistere dal cercarli. Davvero, lascia perdere. –
Senza la benché minima mimica facciale, raccolsi le mie robe e le chiesi –Una stanza per favore. Se cortesemente domani mi potresti svegliare prima dell'orario d'apertura te ne sarei grato. Allora, quanto verrebbe a costare? – Mi rispose che per me era gratis, con una punta di sbalordimento nei confronti nel mio modo di fare. Così mi avviai verso la scalinata in legno che conduceva al piano superiore, dove vi erano situate le stanze. Jane non prosegui le sue raccomandazioni, ma parlò a lungo con Monique su quanto l'attirasse questo mio modo di fare, ma che era anche spaventata dal fatto che potessi cacciarmi in brutti pasticci. Poco importava. La giornata scorreva tranquillamente senza che ci fossero particolari eventi da raccontare. Mi ero coricato sul letto a pensare agli avvenimenti precedenti all'arrivo a Cambridge, e a quell'insolito incubo, che mi aveva lasciato non poco turbato. Era come se qualcosa dentro di me si stesse muovendo, come un serpente che striscia nella boscaglia tra i rami caduti di un albero, in attesa di captare una preda, pronto a sfamare la sua insaziabile ingordigia. Tutti questi misteri che aleggiavano nella mia testa, vennero improvvisamente interrotti dalle urla di un uomo provenienti dalla piazza. Così mi affacciai dalla finestra che dava per l'appunto sul mercato e vidi questo mercante che teneva una bambina per un braccio, la quale stringeva nella mano una patata. L'uomo le gridava contro che era una ladra e che l'avrebbe portata dalle guardie, che l'avrebbero severamente punita, o data ai cavalieri dell'Ordine una volta arrivati in città. Il sangue pompava nelle mie vene, e il rumore del mio cuore mi arrivava fin nel cervello. La bambina piangeva a dirotto, cercando di spiegare il perché di quel gesto, tra lo sgomento della folla, che restava a guardare quell'orribile persona prendersela con una bambina indifesa. L'uomo alzò il braccio e tese il palmo della mano cercando di punire così la piccola che ora giaceva in ginocchio ad occhi chiusi, tremando come un pulcino bagnato. Decisi di scendere dalla finestra e arrivai in tempo da prendere il braccio dell'uomo e fermare lo schiaffo che avrebbe colpito con foga il volto della bambina, causandole chissà quale dolore.
-C'è forse qualche problema? – chiesi con lo sguardo di chi finge di non sapere nulla.
-Certo che sì! Questa farabutta stava rubando dalla cesta delle patate e l'ho colta sul fatto, una bella punizione le farà imparare un po' di buona educazione. – disse sbraitando e facendo cadere della saliva sul suo completo di lino finemente ricamato. Con la coda dell'occhio vedevo la bambina osservarmi con i suoi occhioni lucidi e scuri come la pece, facendo intravedere nel suo volto rigato dalle lacrime un leggero sorriso. Il mercante ancora non si accennava a lasciare il tenero polso della bambina, bandendolo come fosse l'elsa di una spada, tant'è che si potevano già notare, tutt'intorno, dei bruttissimi segni violacei.
Alla vista di questa scena il mio cuore smise di battere, e una presenza dentro di me, quel serpente nascosto nel bosco in attesa, parlò per la prima volta nella mia testa. Fallo, staccagli il braccio. Staccagli il braccio e fallo fuori. Questo bastardo non merita di vivere. Fagli male. La testa mi doleva, e, per quanto potesse sembrare che quella voce parlasse da un'ora, erano solo passati pochi secondi. Strinsi il braccio del mercante così forte da fargli lasciare la presa sulla bambina e farlo inginocchiare. Lo lasciai e cadde all'indietro, poggiando il suo grasso deretano a terra, tenendo e massaggiandosi il polso con la mano destra. Gli tirai addosso qualche moneta e presi un po' di quelle patate. Andai a consegnarle a quella bambina, che ora si asciugava le lacrime per farsi vedere coraggiosa nei miei confronti.
-Stai bene piccola? Il polso ti fa male? – Aveva tutt'intorno al braccio destro i segni delle dita dell'uomo che l'aveva stretta fino a qualche istante prima, e il braccio le tremava. La bambina strappò dalle mie mani quelle patate, infischiandosene del polso malmesso.
-Grazie signore- e mi diede un bacio sulla guancia, arrampicandosi su di me. Aveva dei bellissimi capelli color oro, ed era tutta sporca, segno che fosse una povera bambina sfortunata. Mi alzai mettendola in braccio e le chiesi se voleva qualcosa da mangiare. Mi rispose il suo stomaco che cominciò a brontolare. Riuscì a strapparmi un sorriso passeggero, che tornò ad essere espressione di sdegno guardando il mercante che si era appena rialzato. Mi girai e la portai verso la locanda di Jane, che aveva osservato tutta la scena. La prese con sé per curarla, dicendomi che aveva qualche nozione medica. Le fece una fasciatura stretta che le teneva il polso fermo. Quando la bambina entrò nella mia stanza, si catapultò sul mio letto, dicendomi che non ne aveva mai visto uno, perché lei non aveva una casa né dei genitori. Lasciai che si addormentasse lì e dopo di che scesi giù da Jane raccontandole ciò che la bambina mi aveva detto.
- Sono disposta ad accudirla fintanto che sta qui, ma non avrà vita facile. Appena i cavalieri arriveranno se la porteranno, e se io mi opporrò porteranno via pure me. – disse con voce preoccupata.
-Verrà con me. Non posso permettere che questa bambina venga presa solo perché ha rubato per poter mangiare. - Sapevo di non poterle garantire una vita agiata, ma sarebbe comunque stata migliore di quella che aveva vissuto finora. Era troppo indifesa. Così salì nuovamente al piano di sopra e restai accanto alla bambina a vegliare su di lei. Ormai era quasi il tramonto e la città ora appariva deserta.
PS: cari lettori, se siete qui è perché in qualche modo questa storia vi è sembrata interessante, perciò vi ringrazio e spero di avervi intrattenuto per tutto il tempo che avete letto . Perciò vi chiedo di commentare e scrivere la vostra: Ogni commento per noi che scriviamo è importante per avere un Feedback costante sulle nostre storie .
Grazie ancora
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top