Capitolo 10 - Speciale Buon 1^ anno del libro

Narratrice del capitolo: la regina Kaesis.

Dopo la riunione sul Monte Efesto, passarono circa cinque anni in cui cambiarono molte cose nella vita di quasi tutti i leader degli Olympus.

Prima di tutto, molti membri dell'Olympus (quasi tutti) rimasero talmente affascinati dal paesaggio e dall'atmosfera quasi enigmatica del Monte Efesto che decisero si trasferirsi direttamente lì, in maniera stabile. Per questo, da quel momento in avanti, il monte Efesto venne soprannominato anche "Monte Olimpo", nome che corrisponde alla sede degli Dei greci della seconda e della terza generazione, secondo molti.

Quando parlo di Dei greci della seconda e della terza generazione mi riferisco alle divinità nate dall'unione tra Crono e Rea e dei nipoti e pronipoti di questi; Infatti, solo loro rimasero effettivamente sulla montagna del Costruttore di armi divine.

Altri, invece - come Rea, Gea, Oceano, Hydros, Ananke, fino anche a Odino - chi per abitudine o comodità o, semplicemente, perché non si sentiva effettivamente più parte del gruppo, tornarono ognuno nella loro vecchia dimora o, alla ricerca di una nuova, continuarono a girare il mondo.

Per quanto riguarda Zeus, egli era diventato un Re eccellente, anche se prima di sposarsi con Era (la sua moglie definitiva) aveva avuto diverse amanti e figli.

E girava voce che, anche dopo la sacra unione con sua moglie, il nuovo Padre degli Dei avesse qualche piccola scappatella, di tanto in tanto.

Poseidone vedeva già in una maniera ambigua il fatto che Zeus si fosse sposato con la sua stessa sorella e non riuscì a cambiare idea neppure quando le altre divinità gli spiegarono che fosse un'usanza tramandata dagli inizi dei tempi fra gli Dei, per garantire il continuo della loro stirpe sacra.

No, lui lo trovava semplicemente disgustoso e diceva a sé stesso che piuttosto sarebbe stato meglio rimanere solo a vita, se fosse stato il fratello maggiore.

Parlando di Ade, lui si era trasferito negli inferi per lavoro, dove ovviamente non c'era anima viva, ma si dice che abbia trovato misteriosamente una compagna umana durante una breve gita sulla terra. Inutile dire che si trasferì anche lei nel posto di lavoro del compagno - e nessuno sa come, dato che lo fece senza morire, cosa insolita per un essere umano.

In quanto a Poseidone, anche se molto raramente, nel corso di quegli anni fece visita diverse volte alla sua famiglia rimasta a Rodi.

In realtà, la situazione era un po' strana nella sua vecchia casa: c'era un malcontento generale dei figli maschi perché lui sembrava diventato una specie di fantasma dato che non si faceva vedere né sentire quasi mai, ma Alia e sua figlia Rodo li tenevano a bada bene, perché capivano che un Dio avesse certi doveri, in fondo.

Il nuovo Imperatore dei Mari, infatti, stava spesso in fondo al mare sconfinato, in una zona oggi poco definita, a sistemare l'antico Impero di Atlantas che aveva ottenuto grazie al Fato.

Allora Atlantas era piuttosto tetro e solitario per un Dio: tutto era costituito da sabbia e scogli, eccetto che per qualche grotta e cespuglio corallino di qua e di là. E, come se non bastasse più si andava verso il basso più non c'era neanche un bagliore di luce.

Insomma, in realtà non si poteva definire un vero e proprio posto da governare dato che era quasi più desolato e mal strutturato dell'Aldilà... Quasi perché, dopo un po' di sofferenza, trovò un modo per comunicare con i pesci, i quali, già all'epoca, popolavano questo meraviglioso mondo marino in grande quantità.

Riguardo a ciò si narra che, in quello stesso periodo, esistesse una razza di pesce (chiamata Syron) i cui esseri erano dotati di verdi code e pinne e di organi interni simili a quelle delle attuali sirene; Poseidone vi si imbattè proprio quando questi si stavano estinguendo per via di diversi fenomeni legati all'adattamento tanto quanto alla catena alimentare.

In particolare, secondo la leggenda, l'imperatore rimase, un giorno, scioccato di vederne quattordici agonizzanti per via dei grandi predatori e decise di volerli aiutare, anche se si rese conto poco dopo che non sapeva come fare e probabilmente i suoi poteri sarebbero stati inutili a tale scopo.

Proprio quando credeva che non ci fosse più speranza per le creature, gli apparve di fronte una ninfa molto strana.

Inizialmente egli pensò che si trattasse di una oceanina, ma poi ricordò che tutte le figlie di Oceano presentavano forma umana e simile fra loro, mentre lui non aveva mai visto un essere come quello dinanzi a sé, in vita sua.

La ninfa si presentava con sembianze femminili, ma il suo corpo sembrava costituito dalla schiuma grigia delle onde del mare dalla testa ai fianchi (braccia e mani comprese), mentre al posto di gambe e piedi c'erano miliardi di bollicine d'acqua generate della bassa estremità dei fianchi. Sulla sua testa, inoltre, sembravano fluttuare lunghe alghe verdi attaccate ai lati e dietro il capo tramite tre stelle di mare (ciascuna per zona) come se fossero dei capelli ondulati.

Malgrado l'aspetto strano, sembrava una donna molto attraente.

Sembrò studiarlo con gli occhi anche lei per circa due minuti, quando finalmente sorrise e si decise a parlare.

Si presentò a Poseidone dicendo che il suo nome era Maryna e che era l'antica ninfa dei mari, nata da una lacrima del Dio Urano, all'inizio dei tempi. Precisò che era al servizio dell'impero da millenni e che lui poteva fidarsi di lei.

Si congratulò con lui per il suo buon cuore verso i Syron, seppur fosse tutto inutile. Schioccando le dita, trascinò a sé i syron moribondi e chiese a Poseidone di seguirla.

Lui obbedì e dopo aver attraversato qualche distesa corallina, entrarono in una vasta grotta dall'aspetto antico.

La donna attirò l'attenzione delle creature facendo la finta di tossire e, una volta che alzarono la testa per guardarla, mosse le labbra in maniera strana; poi fece apparire delle perle dalle sue mani e dalla sua bocca, le quali vennero messe una ciascuna nella bocca di ogni pesce.

Fatto ciò, prese la mano di Poseidone tenendoci sopra la sua e le avvicinò entrambe alla testa di uno dei pesci che si trovava di fianco a loro. Questi si trasformò in una giovane donna dai capelli azzurri, la pelle chiara e squamosa e del suo aspetto originale erano rimasti la coda e le pinne dai fianchi in giù.

Vennero ripetute le stesse azioni sugli altri tredici pesci e di questi, altri sei si trasformarono in esseri pinnuti dalle sembianze femminili come la prima e i restanti sette invece in esseri con le stesse caratteristiche, ma con sembianze maschili.

Alla fine, Maryna si girò verso Poseidone e, con un cenno del capo, gli annunciò che quei Syron si erano tramutati in sirene (le donne) e tritoni (i maschi) pieni di salute e ovviamente sarebbero stati i nuovi sudditi dell'impero.

Questa è la leggenda che narra della nascita del popolo di Atlantas che riservò diverse felici sorprese e adorazioni di ogni tipo a Poseidone, dopo che questi se ne prese carico.

Non si sa di preciso se la leggenda fosse veritiera o meno, ma tutte noi sirene la riteniamo plausibile per il semplice fatto che siamo molto spirituali, anche se non sembra.

E poi, abbiamo anche numerose fonti che confermano sia l'esistenza della ninfa Maryna, sia dei Syron, quindi, per noi è logico credere molto nel mito.

Ad ogni modo, dopo aver emesso le prime regole dell'impero e sistemato diversi problemi come la collocazioni delle abitazioni del suo popolo (che inizialmente occupavano qualsiasi cosa come dei nomadi primitivi) e della sede imperiale - scegliendo alla fine di far diventare delle grotte abitabili in entrambi i casi -, Poseidone decise di tornare sulla terraferma per un po' a godersi la compagnia deii suoi fratelli e sorelle e anche di sua moglie Alia e i figli.

Pensò contento di passare da questi ultimi per prima cosa, ma al suo arrivo trovò una vista terribile.

La casa di Rodi era completamente distrutta e la moglie Alia era morta a terra, all'interno dell'entrata, mentre la piccola Rodo era sconvolta e inginocchiata al suo fianco e piangeva come una fontana.

Quando Poseidone chiese delicatamente alla bambina che cosa fosse successo, ella nominò semplicemente i suoi fratelli uno per uno, senza riuscire a spiegarsi meglio.

Date le poche informazioni, il padre cercò per tutta la casa e trovò stranamente i figli maschi nascosti come dei topi nei posti più strani.

Poseidone iniziò a innervosirsi: cominciò a pensare che fossero colpevoli di qualcosa, anzi, se lo sentiva.

Ed era una bruttissima sensazione.

Chiese spiegazioni anche a loro e, dopo che ebbero esitato un po' facendolo arrabbiare sempre più, gli rivelarono che proprio la sera prima erano usciti per cacciare e, sulla via del ritorno verso casa, una bella signora incappucciata che si trovava sulla loro stessa strada aveva offerto loro una strana sostanza da bere che avevano accettato, ma non ricordavano cosa fosse successe dopo.

Aggiunsero anche che quella mattina, prima di trovare la loro madre morta e una Rodo super furiosa e armata, si erano svegliati con un forte mal di testa e mezzi nudi, tra l'altro senza la loro casacca di pelle che usavano per dormire - cosa che trovarono abbastanza insolita.

Poseidone aveva capito benissimo cosa era successo. Fissò male l'ultimo dei figli che aveva parlato e iniziò a inveire contro a tutti e sei.

Prima che succedesse un'ulteriore tragedia, si sentì la voce di Ade per tutta la casa, il quale fece capire la propria presenza al fratello e gli disse di stare tranquillo perché, in accordo con la sua compagna e con la Dea Ananke, sapeva benissimo che lezione dare a quei dei suoi figli riprugnanti.

Dopodiché, la voce sparì nel nulla, insieme ai gemelli.

Poseidone rimase furioso ancora per qualche minuto, quando capì di doversi calmare per consolare la figlia e per dare un ultimo e degno saluto alla moglie a cui spettava anche una sepoltura.

Qualche giorno dopo, affidò Rodo alle cure di Cefira, l'oceanina che l'aveva protetto da bambino e da giovane e che era ancora lì, senza una sola ruga, come se il tempo non avesse nessun effetto su di lei.

Infine, si recò per un paio di giorni sul monte Olimpo dove la sua divina famiglia gli fece le condiglianze appena lo videro.

A quanto pare, anche loro sapevano.

Rifletté sul fatto che probabilmente Ade era stato lì a informarli della brutta notizia oppure sarà stato qualche loro strano potere a renderli partecipi al suo lutto, altrimenti non sapeva come spiegarsi come sapevano ciò che era successo.

Tralasciando ciò, l'ultima sera, prima di partire, tuttavia, molti parlarono solo del suo impero e del fatto che, visto che era diventato vedovo, adesso aveva bisogno di una nuova moglie che facesse da imperatrice.

A Poseidone gli si rivoltò lo stomaco: come potevano pensare e dire cose del genere proprio subito dopo che l'unica donna che aveva mai amato era passata a miglior vita?

Tornò afflitto ad Atlantas e passò lì diversi mesi bui che cercava di occupare con le propri incombenze da sovrano, fino a quando la Dea Oceano si fece rivedere dalle sue parti.

In un primo momento, Oceano si congratulò con lui per aver fatto rinascere l'Impero che sembrava brillasse nei suoi giorni d'oro, in un certo senso. D'altro canto, però ripeté gli stessi discorsi degli altri Dei a Poseidone: ovvero che gli servisse una nuova moglie come imperatrice.

Lui fece di tutto per destarla da quegli assurdi pensieri, ma la Dea rimase tenace nella sua idea.

Prima di andarsene, Oceano gli diede un mese di tempo per pensarci su e, se allo scadere del tempo egli non avrebbe "messo la testa a posto", sarebbe stata lei stessa a trovargli una moglie tra le sue ninfe.

Francamente, però, a Poseidone non poteva fregargliene di meno di trovarsi una nuova moglie: voleva rimanere fedele ad Alia fino alla fine dei suoi giorni, se mai sarebbero arrivati; così, passò altro tempo e Poseidone continuò a fare orecchie da mercante su questo argomento.

Qualche settimana dopo, lo raggiunse la ninfa Maryna che, una volta salutato, lo guardò in faccia, imbronciandosi perché notò che Poseidone iniziava ad avere un aspetto trasandato e i suoi occhi sembravano vuoti, forse a causa del lutto che gli pesava ancora sul cuore.

Maryna non sapeva molto di quello che era successo a lui, perciò gli disse che, anche se il mare sembrava essere cambiato in meglio, l'atmosfera attorno a sé sembrava più triste di un tempo e, in qualche modo, anche lui dava l'impressione di stare male. Gli chiese il perché preoccupata.

Poseidone gli spiegò sia della perdita di sua moglie sulla terraferma, sia delle pressioni di matrimonio da parte di molti membri della sua famiglia e di quanto questo lo inoridisse sempre più.

Maryna, comprensiva, commentò che le dispiaceva, ma spiegò anche che la sua famiglia non avesse tanto torto: l'impero aveva davvero bisogno di un'imperatrice, altrimenti c'era il rischio di qualche pretesa da parte di qualche suo fratello o sorella o, addirittura, da parte di qualche nipote per non far rimanere il trono vuoto, un giorno.

In poche parole, lo illuminò sul fatto che ogni impero ha bisogno di un erede.

Lui, però, per risposta, le sottolineò di avere già una figlia.

Ma Maryna sottolineò che la figlia di una Telchina non poteva diventare una possibile erede dell'Impero: c'era bisogno di un successore di sangue totalmente divino.

In quel momento, iniziò a salire un sospetto nella mente di Poseidone...

Aveva già sperimentato la crudeltà di un membro della famiglia su di sé, perciò non si sarebbe stupito se qualche genio degli Olympus avrebbe organizzato la morte di Alia per garantire un erede di sangue divino.

"Ecco perché loro ne erano a conoscenza!" pensò il Dio, inferocito.

Iniziò a domandarsi se fosse stato un bene lasciare Rodo nelle mani di Cefira: quest'ultima era una figlia di Oceano e, per quanto affezionata a lui e alla sua famiglia, se Oceano le avesse ordinato di fare qualcosa alla bambina, lo avrebbe fatto anche senza esitare.

Sentì la rabbia salire sempre più e confidò quello che gli era venuto in testa a Maryna.

Lei sospirò perché in quanto al fatto che avessero orchestrato un omicidio non ne aveva affatto idea, invece per la figlia lo tranquillizzò perché non avrebbero mai ucciso la prole di un Dio, soprattutto se non hanno colpe.

Tuttavia gli consigliò di fare quello che voleva la sua famiglia divina, cosicché non avesse messo in pericolo né sé stesso, né le altre persone che amava perché, nel caso ciò fosse risultato vero, sarebbe stato un bel guaio.

Poseidone inizialmente si rifiutò nuovamente, ma alla fine cedette: non poteva permettersi altre morti sulla coscienza.

Chiese a Maryna se lei fosse disponibile dato che sembrava l'unica di cui potersi fidare, ma la Ninfa, seppur lusingata, rispose che era troppo legata al mare e al suo lavoro in generale per legarsi in maniera speciale, soprattutto in quella vita.

Quindi a lui non rimase altra scelta: quando Oceano tornò e gli chiese la sua decisione, lui chiarì nervoso di voler conoscere una delle oceanine più belle e più giovani a scelta della Dea.

Quella fece un sorriso a trentadue denti e annunciò che lo avrebbe accontentato presentandogliela il giorno dopo.

Perciò, la venerata si ripresentò l'indomani con al seguito una sua oceanina chiamata Anfitrite.

Era una Oceanina un po' bassina, dal fisico formoso (anche se non troppo), con dei lunghi e fluenti capelli neri che incorniciavano il viso espressivo, il quale era sormontato da due vispi occhi verdi tra un naso affilato sopra a delle carnose e rosse labbra.

Poseidone dovette ammettere che in effetti era bella, ma non tanto quanto la sua bella.

In compenso, però, si rivelò simpatica e questo, con il passare del tempo, favorì l'avvicinarsi delle nozze e anche al concepimento di due loro figli gemelli - un maschio e una femmina.

La simpatia, tuttavia, finì quando Anfitrite iniziò a mostrarsi gelosa.

Dopo il matrimonio, infatti, iniziò a farsi viva una sirena che a parte per i capelli viola, somigliava moltissimo ad Alia.

E Anfitrite aveva capito che il marito le rivolgeva attenzioni che trovava comunque strane, per quanto innocenti a detta di Poseidone.

Fatto sta che la gelosia, pian piano, iniziava a diventare aggressiva, non tanto sul marito, ma più che altro sulla povera sosia della defunta moglie di Poseidone.

In quello stesso periodo, Maryna si fece rivedere in un momento in cui il sovrano fu da solo dicendogli che aveva avuto una brutta visione secondo cui Anfitrite, una volta morta, si sarebbe reincarnata e avrebbe causato una guerra tra i discendenti del suo popolo.

Poseidone rimase inquieto da quella premonizione tanto quanto Maryna e si sentì stranulato quando, l'indomani, anche la sua seconda moglie giaceva morta, spiaccicata tra due scogli vicino la grotta imperiale.

Subito, Poseidone chiamò Maryna e chiese aiuto. La ninfa gli diede un sacchetto di pelle contenente una sacra sabbia e gli spiegò che con essa doveva macchiarsi la mano facendo una mappa di punti che formassero un'ancora e, successivamente, doveva raggiungere la figlia lasciata sulla terraferma e colpila sulla pelle macchiando anche lei.

Precisò che sarebbe stato necessario farlo perché, nel caso la premonizione fosse vera, un suo probabile erede avrebbe ereditato i suoi poteri, salvando la situazione.

La ninfa disse anche che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, anche dopo la sua eventuale morte, se necessario.

Lui, per risposta, corse sulla terraferma e fece come gli aveva indicato la ninfa: si imbrattò la mano e reincontrò sua figlia posandole la mano dietro la spalla sinistra, sporcando anche essa.

Tornato negli abissi, visse senza unirsi più a nessuno e serenamente, fino alla morte sopraggiunta secoli e secoli dopo volutamente, dato che si sentiva, ormai, troppo vecchio e, allo stesso tempo, speranzoso che tutto potesse andare bene dato anche che i figli suoi e di Anfitrite si accoppiarono con sirene e tritoni condividendo con essi il trono, dato che, a quanto pare, erano anche loro di sangue divino.

Un millennio e mezzo dopo l'inizio di tutti questi fatti, iniziarono a esserci nuovi pregiudizi e tradizioni tra tritoni e sirene e, alla fine, Maryna (che era rimasta ancora in vita) si vide costretta a consigliare al principe e alla principessa di Atlantas di dividere l'Impero a metà, creando gli attuali due regni di Draembyss e Worbyss, in cui, vi abitano tutt'oggi, rispettivamente, le sirene in uno e i tritoni nell'altro.

Fino a poco tempo fa vi era un rapporto pacifico tra i due regni, nonostante si limitasse all'accoppiamento per il continuo della specie e delle due monarchie.

Eppure, qualcosa si inclinò inaspettatamente poco dopo che mia madre ottenne il trono di Draembyss.

Il nome con cui venne ricordata fu: regina Ereña di Draembyss.

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