29. Lo faccio per lui, non per te
C'è odore di terra, di mare e di cielo nell'aria, e sono certa che esista ancora il sole nascosto da qualche parte oltre le nuvole. Non ho aspettato che la pioggia smettesse di scendere prima di uscire, come mi ha suggerito Felipe, né ho seguito la raccomandazione di Teresa di non immischiarmi nella faccenda della scomparsa di Louis. La strada è deserta e il quartiere è silente sotto la luce minacciosa della tempesta, che batte feroce contro il cappuccio della giacca a vento. Qualche minuto di più a fissare il Tago dalla finestra e sarei impazzita.
Svolto l'angolo e raggiungo di corsa il bus alla fermata. Nel breve tragitto verso Marquês de Pombal tormento il telefono, inviando messaggi non letti e facendo partire chiamate il cui unico interlocutore è la segreteria telefonica. Il bus mi lascia dalla parte opposta della piazza e, appena scendo, un tuono scuote il cielo e una folata di vento soffia l'acqua contro il tessuto leggero dei jeans, all'altezza delle cosce. Attraverso la strada di corsa e trovo riparo nell'androne, mandando un cenno di saluto al portiere, che mi riconosce e apre il portone per farmi entrare nel palazzo. Ho il fiato corto e temporeggio diversi secondi per ritrovare la calma. L'acqua accumulata sul tessuto impermeabile della giacca scivola a terra, ed è grazie a quel ritmico ticchettio se riesco a regolarizzare il ritmo del mio respiro. Tiro un lento sospiro e suono al campanello.
La sensazione di essere una dannata egoista mi tormenta da quando sono uscita di casa, ma l'urgenza che sento nel petto è più forte, mi ha costretta a lasciare da parte il buonsenso, guidandomi lungo una strada lastricata di panico e irrazionalità. Altrimenti perché, appena due giorni dopo che Ileana mi ha chiesto di darle del tempo, io mi ritrovo a suonare alla porta di casa sua? So che nessuno riuscirebbe a impegnarsi nella ricerca di Louis come farebbe lei, e sono disposta a chiederle aiuto anche se questo la ferirà. Di nuovo.
«Stavo dormendo. Chiunque tu sia, cosa vuoi?» La voce assonnata della mia amica che esce dall'interfono mi fa sobbalzare.
«Sono Âmbar». Segue un silenzio nel quale ogni cosa rallenta, eccetto i battiti ostinati del cuore, che galoppa forsennato nel petto. Me la immagino mezza nuda, appoggiata al muro coi capelli scompigliati, la cornetta all'orecchio e un'espressione feroce sul volto. È meglio mettere subito le carte in tavola e dirle il motivo per cui sono qui, prima che decida da sé se lasciarmi parlare o no. «Sono qui per Louis. Ieri sera è uscito per mare da solo e non è più tornato.»
La sento trattenere il fiato. «Significa che è morto?»
«Non lo sappiamo. Crediamo che possa essersi allontanato volontariamente.»
«Volontariamente?»
«Sim*, si è comportato in modo strano ieri sera. Vuoi aiutarmi a cercarlo? Ti racconto tutto per strada.»
Per alcuni, interminabili secondi l'unico rumore che sento è il ronzio del citofono. «Lo faccio per lui, non per te», chiarisce Ileana e il brusio s'interrompe.
Io resto sola, a tormentarmi tra dubbi e sensi di colpa nei minuti che seguono. Prima di quanto sperassi il rumore di una porta che sbatte rimbomba nella tromba delle scale, e il passo veloce che segue mi anticipa che si tratta di lei. Ileana si para di fronte a me con i capelli legati in una crocchia disordinata e senza neanche un filo di trucco sul viso. Dovrebbe sembrare sciatta, con i capelli scompigliati e la faccia ancora gonfia di sonno, invece il chiodo di pelle nero e un paio di jeans attillati la fanno sembrare una sofisticata modella pronta per il prossimo servizio fotografico. Mi oltrepassa senza degnarmi di uno sguardo e chiede: «Dove andiamo?»
«A casa sua, ad Alfama.»
Camminiamo una accanto all'altra sotto la pioggia, e nel tragitto verso la metropolitana le racconto tutto. Le parlo dell'uomo con la cicatrice, dei sospetti miei e di Felipe su chi possa essere, dello strano atteggiamento che Louis ha avuto ieri sera, quando si è allontanato sulla Louisa. Lei ascolta in silenzio, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé. Passano diversi minuti prima che dica, rivolta più a se stessa che a me: «Avrei dovuto capirlo.»
Io aggrotto la fronte, voltando la testa verso di lei. «Cosa?»
«Che c'era qualcosa che non andava, e non ti fidavi abbastanza per parlarmene.»
Sono una stupida. Non mi sono accorta di averle raccontato qualcosa che le ho tenuto nascosto quando ancora vivevo da lei. Una bruciante colpevolezza mi monta nel petto, e la sfiducia che leggo sul suo volto mi fa restare senza parole, ma non ho il tempo di dire nulla, perché lo squillo del mio telefono mi fa sobbalzare. Mi fermo al centro del marciapiede e rispondo a un numero che non è registrato in rubrica. «Louis?»
«Decisamente no.»
Riconosco all'istante la voce roca di Magda dall'altro capo del telefono. Una delusione senza precedenti si fa strada nella mia testa, però la ragazza dice sì e no due frasi che sono capaci di trasformarla in turbamento. Sto aprendo bocca per replicare, ma lei ha già riagganciato. Nel tempo che impiego ad allontanare il cellulare dall'orecchio, questo vibra e io resto a fissare lo schermo che si riempie di gocce di pioggia, incapace di muovermi.
Ileana afferra la mia spalla e mi scuote, con gli occhi dilatati dalla preoccupazione. «È Louis? Sta bene?»
«No, non era Louis.»
«E chi, allora? Il brasiliano? L'hanno trovato?»
Scuoto la testa. «Era per me.»
«E chi è, che succede? Parla, Âmbar!» mi incita lei, con urgenza.
«Lídia Jorge vorrebbe usare una mia illustrazione per la copertina di un libro», riferisco tutto d'un fiato.
Ileana sgrana gli occhi e squittisce: «Lídia Jorge?!»
«Lídia Jorge.»
Lei batte le mani e si lancia su di me. Non bada che io sia fradicia di pioggia, mi abbraccia saltando su e giù e strillando di gioia. L'ombrello scivola a terra, lasciando le nostre teste scoperte alla mercé del temporale, ma nessuna delle due se ne cura. Quando scioglie l'abbraccio, Ileana ha un sorriso di pura gioia sul volto. È molto vicina, tanto che riesco a cogliere la bramosia in quegli occhi chiari, che cercano le mie labbra. Mi chino a recuperare l'ombrello per sciogliere quell'impasse, glielo porgo e le comunico la decisione che ho preso.
«Comunque non andrò.»
«Non andrai dove?» chiede lei, inarcando le sopracciglia.
«È stato lo studio di Tiago e gli altri a esporre i miei disegni. Io non ne faccio ancora parte, e loro non possono concludere l'affare a mio nome. La Jorge è lì adesso, e vogliono che vada anch'io.»
«Andiamo subito, allora. Dov'è?»
«No, non andrò. Louis è più importante», affermo con convinzione e lo penso davvero. Chissà quanto tempo rimarrei bloccata lì e non posso proprio permettermelo.
«Stai scherzando, spero». Il suo tono è piatto e minaccioso.
«Affatto», confermo e mi incammino di nuovo verso la fermata della metropolitana, ma Ileana mi tira delicatamente per un braccio.
«Tu andrai in quello studio, altrimenti ti ci porterò io a pedate nel sedere», dice.
«No, Ileana, Louis...»
«Ti rendi conto che una delle più grandi scrittrici portoghesi contemporanee vorrebbe mettere un tuo disegno in copertina? Vuoi lasciarti sfuggire quest'occasione per fare qualcosa che non porterà a niente? Andare a casa di Louis è un tentativo disperato e inutile, e lo sai bene quanto me.»
Le parole di Ileana mi scuotono con forza. È incredibile come questa ragazza riesca a mettere tutto nella giusta prospettiva in modo tanto spietato, quanto efficace. Ragiono sulla questione per qualche secondo e capisco di dovermi arrendere all'evidenza. Ileana ha ragione. Un'occasione del genere potrebbe non ripresentarsi più, mentre casa di Louis è sempre lì ad aspettarmi. Qualche ora in più non farà differenza.
«Va bene, ma tu verrai con me. E devi promettermi che, per quanto lo ritenga inutile, verrai anche a casa di Louis appena avrò finito.»
«Sì, ok. Dov'è che devi andare ora?» Le mostro l'indirizzo sul telefono e lei delibera: «A Baixa». Si incammina nella direzione da cui siamo venute e ordina: «Sbrighiamoci, dobbiamo tornare indietro a prendere il bus.»
Meno di venti minuti dopo, sto suonando al campanello di uno stabile a piano strada con Ileana al seguito. Le vetrate trasparenti lasciano intravedere due tavoli da disegno vuoti con le lampade accese. Ritratti, illustrazioni, stampe di ogni sorta sono esposte in vetrina, chi attaccate al vetro, chi su cavalletti; altre, come quelle di Tiago e le mie, sistemate in un grande espositore di legno. Intercetto il mio riflesso nel vetro e mi vergogno di me stessa: sto per avere un importante incontro di lavoro bagnata fradicia, vestita come una stracciona e con la testa da un'altra parte. Magda spalanca la porta e si fa da parte per lasciarci entrare.
«Sei in ritardo», mi redarguisce.
«Sono arrivata appena ho potuto.»
«Legati i capelli», mi impone, come se non avessi mai parlato. Prima che io possa chiederglielo, sfila l'elastico dal suo polso e me lo porge; poi fa un cenno con la testa a Ileana e le ordina: «Tu, dalle la giacca. Non può entrare nella stanza conciata così.»
Ileana non se lo fa ripetere due volte. Si toglie di dosso il chiodo e me lo mette tra le mani, restando vestita di una maglia turchese con una profonda scollatura sul seno. Noto che Magda osserva a lungo la mia amica e distoglie lo sguardo da lei solo per sfilarmi la giacca bagnata dalle mani. Mi chiedo se abbia riconosciuto in lei la ragazza del disegno che ha voluto per sé, ma, anche se l'ha fatto, non dice nulla. Aspetta che io indossi il chiodo prima di incamminarsi davanti a noi, con i capelli che ondeggiano a pochi centimetri dalle spalle tatuate, lasciate scoperte da un maglioncino con un vertiginoso scollo a barca. Il corridoio finisce su una porta bianca, davanti alla quale lei si volta. «Io e lei ti aspettiamo qui fuori, dentro c'è Tiago con il nostro legale e la cliente.»
Annuisco, determinata, e caccio il telefono nelle mani di Ileana. «Se squilla, tu rispondi. Ok?»
«Vai!» ringhia Magda, e io abbasso la maniglia della porta, cercando di lasciare fuori il tumulto che ho dentro.
Trovo Lídia Jorge una donna brillante e saggia, come traspare dalle pagine dei suoi libri. Mi racconta che ieri sera è passata per caso davanti allo studio e si è innamorata di un disegno in vetrina. È tornata oggi con il suo agente perché vuole a tutti i costi far diventare quel disegno la copertina del nuovo romanzo che uscirà ad aprile, e per farlo ha bisogno di mediare un accordo tra lo studio e l'editore. Tiago e il legale mi espongono il compromesso che hanno raggiunto, e capisco da me che in termini economici non sia per niente vantaggioso. Tuttavia si tratta pur sempre di un'occasione unica che uno studio emergente come questo non può lasciarsi sfuggire, e io l'accetto senza esitazioni. L'espressione di Tiago si distende dal sollievo, e un sorriso soddisfatto si allarga anche sul viso della scrittrice.
«Un'ultima cosa». La Jorge si mette a rovistare nella borsa, tirando fuori penna e libretto degli assegni. «Signorina, questione copertina a parte, vorrei acquistare il disegno originale, e sono disposta a pagare questa cifra per averlo subito». Strappa il foglietto dal blocco e me lo porge, reggendolo tra le dita raggrinzite. Spero di non aver strabuzzato gli occhi quando il cervello ha registrato la cifra a tre zeri scritta a penna sulla striscia di carta. «Può andare bene?» mi incalza lei.
«Sim*, signora Jorge.»
L'agente batte le mani e si alza dalla sedia. «Bem*. Se non c'è altro direi di andare, Lídia.»
Nel congedarsi, la Jorge si avvicina in modo che solo io possa sentirla e mi sussurra: «Hai talento, signorina. Nei tuoi disegni io ho visto la vita: non smettere mai di cercarla. Teniamoci in contatto.»
Io resto zitta, incapace di replicare se non con un sorriso appena accennato, e la guardo scomparire oltre la porta. Tiago fischia e io sposto gli occhi su di lui. Sul volto ha un'espressione raggiante e un sorriso incontenibile che mi avrebbe contagiata, se non avessi pensieri più urgenti che mi popolano la mente.
«Non sei ancora una socia, Âmbar, e ci servi Lídia Jorge su un piatto d'argento... Incredibile!»
«Ce l'ho, Tiago.»
«Cosa?»
Gli porgo l'assegno della Jorge. «La mia parte per diventare socia.»
Lui prende quel pezzo di carta tra le dita e sgrana gli occhi dallo stupore, mentre io mi rivolgo all'avvocato. «Mi dica dove devo firmare perché sto andando via.»
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Dizionario di portoghese:
*Sim = Sì
*Bem = Bene
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