16. Ma chérie

«Tutto questo sembra proprio una stronzata.»

«Louis, non credi che sarebbe meglio se restassi zitto una buona volta?»

Il vecchio si lascia sfuggire uno dei suoi versi e, anche se non può vederlo perché si trova fuori dalla cabina, Felipe lo conosce abbastanza da intuire che è al limite della sopportazione. Il ragazzo aspetta un minuto, poi un altro, ma la sfuriata del marinaio tarda ad arrivare. Vinto dalla curiosità, si avvicina alla finestrella logora e sbircia dentro. Âmbar è di spalle rispetto a lui, seduta sulla panca a gambe incrociate; è piegata sul quaderno, e la matita tra le sue dita danza leggera sul foglio. Ha il corpo rivolto verso la cabina di pilotaggio dove c'è Louis, avvolto dalla solita coltre di fumo di sigaretta e illuminato dalla luce rossa dell'alba. Prima che il vecchio lo veda e trasformi l'idillio in tragedia, Felipe torna a lavoro, fermandosi ancora un attimo ad ammirare l'alba infuocata sull'oceano, che è uno spettacolo che toglie il fiato.

Quella appena trascorsa è stata una nottata di lavoro ideale, perché hanno pescato tanto e finito presto. Felipe a un certo punto ha percepito l'impazienza di Âmbar e, pur di lasciarla libera, appena hanno finito di smistare il pesce le ha detto che avrebbe pensato lui a pulire il ponte e svolgere le ultime faccende. Si è stupito quando ha sentito Louis prestarsi senza neanche troppe storie a fare da modello per la ragazza. Di tanto in tanto, si gode anche qualche stralcio degli improbabili discorsi di quei due, cosa che lo diverte parecchio.

«Da dove vieni, ragazza?» chiede Louis di punto in bianco.

«Da un piccolo paese molto vicino al confine con la Spagna, Alcains.»

«Cosa c'è di interessante ad Alcains?»

La risata di Âmbar attraversa le pareti sottili di lamiera e arriva fino alle orecchie di Felipe. «La cosa più interessante è la scuola anglo-portoghese che ho frequentato io fino alle superiori. Almeno posso dire di aver imparato l'inglese in quel posto, ma le cose interessanti iniziano e finiscono qui. Ci sono due ristoranti, tre bar che chiudono alle nove di sera ed è pieno di preti e suore. È una comunità fortemente cattolica.»

«Hum. E tu lo sei? Cattolica?»

Âmbar non risponde subito e, quando lo fa, il suo tono trabocca di rimpianto. «Ho tentato di uccidermi, che non è una buona condotta cattolica. Ma sì... In qualcosa credo.»

A quell'affermazione segue un lungo silenzio, rotto solo dallo stridio dei gabbiani più coraggiosi che banchettano sul ponte con ciò che resta degli scarti del pesce. Felipe aziona il getto dell'acqua per pulire quella melma maleodorante e diversi minuti dopo, quando richiude il rubinetto, la voce del vecchio sta dicendo: «... era portoghese, si chiamava Louisa. Mio nonno chiamò tutte le sue barche come lei, e io ho portato avanti la tradizione.»

Felipe ha sentito molte altre volte la storia dei nonni di Louis; è uno dei pochi aneddoti personali che il vecchio ha condiviso con lui. Quando è in vena parla con immenso trasporto del grande amore che c'era tra loro. Racconta che suo nonno, un ricco ragazzo della borghesia marsigliese, s'invaghì di una fornaia durante un viaggio di lavoro in Portogallo e la sposò pochi mesi più tardi, contro il volere di tutta la famiglia. Louis sottolinea sempre che, nonostante quando si conobbero i due non parlassero nemmeno la stessa lingua, riuscirono ad amarsi comunque, ogni giorno come il primo, per tutta la durata della loro vita.

«Quindi tu sei mezzo francese.»

«Francese per intero, ma chérie*.»

«Ma hai detto che tua nonna...»

«Ho detto, ho detto... Ragazza, ascolta una buona volta! Tu sei figlia di tua nonna?» Âmbar evita di replicare; Felipe la immagina intenta a racimolare ogni briciolo di pazienza per ricacciare indietro la risposta risentita, già pronta a uscire dalle sue labbra. E dopo una breve pausa Louis interviene per chiarire ogni dubbio. «Mio padre ha lasciato il Portogallo da giovane per studiare in Francia, dove ha conosciuto e sposato mia madre, francese fino al midollo.»

«Allora la diceria sui francesi è vera.»

«Che diceria?» risponde Louis, accigliato.

«Che sono tutti antipatici.»

Felipe soffoca le risate dando un'ultima passata di scopettone al ponte. È incredibile come Âmbar abbia stravolto la vita sulla Louisa, ma più di tutto è sorprendente pensare a quanto sia cambiato Louis nell'averla intorno. Il meccanismo che si è azionato nella contorta mente del vecchio è un mistero ancora tutto da svelare.

Dieci minuti più tardi Felipe ha concluso la pulizia del ponte. Sfila i trampolieri, li appende al moschettone ed entra in cabina. Âmbar alza gli occhi dal foglio per rivolgergli un sorriso e si rimette a lavoro; ha una macchia di grafite sul mento e una più marcata sullo zigomo sinistro. Sembra proprio nel suo elemento, e Felipe si chiede per quale motivo non l'abbia mai vista disegnare prima di adesso. Per non disturbarla si siede sulla panca di fronte, mentre il vecchio chiede, sospettoso: «Ragazza, non mi stai dipingendo di profilo, vero?»

«Può darsi», risponde lei, vaga.

«Ma cavolo! Il profilo non è la mia prospettiva migliore», si lamenta il vecchio.

«Tu lascialo decidere a me», taglia corto Âmbar, ma Louis blocca il timone e gira lo sgabello verso di loro.

«Non c'è nulla da decidere... Guarda il mio naso di profilo, guardalo». Louis ruota la testa da una parte all'altra, mettendo in bella vista il naso aquilino. «È troppo... importante. Se invece lo vedi da una prospettiva centrale conserva ancora la sua antica bellezza.»

«È solo un naso, Louis. Ne ho visti di peggiori.»

Il vecchio schiocca la lingua contro i denti e torna al comando della Louisa. «Lo dici perché non hai visto com'era prima.»

«Prima di cosa? Ti hanno sbagliato la rinoplastica?»

Felipe sogghigna, divertito, e pure sul volto di Louis compare l'ombra di un sorriso. Il vecchio prende una sigaretta dal taschino e l'accende. «Ho avuto un incidente d'auto», dice soffiando fuori dai polmoni la prima boccata di fumo. La finestrella è chiusa, così l'odore di tabacco si diffonde nella cabina, e quella sottile nebbiolina vortica leggera attorno al suo viso prima di dissolversi nell'aria. «Da adolescente ero l'ombra di mia cugina più grande, Margot. Zio Laurent, suo padre, non voleva che andasse in spiaggia da sola, così lei usava me come spalla. Anche se in realtà era il contrario». Il vecchio ha un sorriso malinconico stampato in faccia e gli occhi che brillano, persi nella luce di quel ricordo. «Grazie a lei ho dato il primo bacio a una ragazza... Con i suoi amici ho imparato a rollare le sigarette; insieme abbiamo fumato erba e ballato sul bagnasciuga fino a notte fonda.»

Felipe è affascinato dal racconto di Louis. Riesce quasi a immaginare l'andatura fiera che deve aver avuto al fianco della cugina e la faccia tosta con cui si è integrato in un gruppo di amici più grandi di lui. E non è l'unico a pendere dalle sue labbra: Âmbar lo fissa con la matita mogia e l'espressione attenta.

«Ma comunque... L'estate dei miei diciassette anni ho convinto Margot a darmi delle lezioni di guida. Lei aveva preso la patente da qualche mese, e io la invidiavo da morire. Ero impaziente, non mi bastava guidare nella stradina deserta dietro casa mia, così una sera la feci bere di proposito, e lei, pur di non chiamare suo padre, mi permise di guidare». Louis si interrompe per inalare un altro lungo tiro di sigaretta. Blocca il timone e ruota la sedia per guardarci in faccia, mentre riprende: «Io, però, non avevo fatto i conti con i tornanti e le stradine strette della Costa Azzurra. È bastato imboccare una curva con una marcia troppo alta per finire fuori strada, in testa coda. Per miracolo riuscii a frenare e la macchina uscì illesa dall'incidente, ma io non avevo allacciato la cintura, a differenza di Margot. Frenando sbattei forte il viso contro il volante e mi ruppi il naso», conclude.

«Che avete raccontato ai vostri genitori?» chiede Âmbar, curiosa.

Louis ridacchia. «Margot era un'incredibile bugiarda, e non a caso ha avuto un discreto successo come avvocatessa. Eravamo d'accordo che avremmo raccontato a mia madre che mi ero battuto con un tizio che aveva tentato di adescarla. Lei, però, era arrabbiata con me e si vendicò. Le disse che avevo bevuto così tanto da sbattere con la faccia contro il vetro di una porta. Maman20 mi tenne chiuso in casa per giorni, ma me l'ero meritato.»

Âmbar annuisce. «Decisamente!»

«Non riesco a credere che siano passati più di cinquant'anni...» considera Louis.

«Perché, quanti anni hai?» domanda lei, riprendendo a marcare il foglio con la matita.

«È rilevante ai fini dello scarabocchio?»

«Non è uno scarabocchio, è un ritratto; gli scarabocchi li fanno i bambini. E pensavo che vorrei saperlo, tutto qua.»

«Ho settantadue anni, ragazza.»

«Ne dimostri almeno cinque di più.»

«Grazie», dice Louis, tornando a fronteggiare il mare. «Mi complimento con chi ti ha educata, ha fatto un lavoro magistrale.»

Un angolo delle labbra di Âmbar si alza e le disegna un ghigno di dispiacere sul viso. «Un lavoro così ben fatto che hanno chiesto la mia infermità mentale.»

Felipe intuisce dal tono amaro che non è uno scherzo. «I tuoi genitori? Dici davvero?»

Lei annuisce con vigore, senza staccare gli occhi dal foglio. Apre bocca per aggiungere qualcosa, ma Louis la precede. «Non hanno tutti i torti, in effetti, ma non è questo il momento per discuterne. La Polícia Marítima* viene verso di noi. Felipe hai compilato i fogli di pesca?»

«Come sempre, Louis.»

«Comportatevi bene», li ammonisce il vecchio, spegnendo il motore della barca.

Âmbar abbandona il disegno e guarda Felipe con aria interrogativa. Lui scrolla le spalle e la tranquillizza: «Ogni tanto capita di essere sottoposti a dei controlli. Non c'è niente da temere.»

Nel tempo che loro impiegano a uscire sul ponte del peschereccio, la piccola imbarcazione della polizia marittima li raggiunge e li affianca. Felipe tira la cima lanciata dai poliziotti, e la barchetta si avvicina abbastanza alla Louisa da consentire all'ufficiale di imbarcarsi. Quest'ultimo rivolge le solite domande a Louis, che gli mostra, affabile, tutto il ponte della nave, fiero dell'ordine in cui Felipe l'ha lasciato. Le reti sono nella norma, d'altra parte sono le stesse da anni e ne hanno subiti di controlli. Anche il pescato viene analizzato a campione e giudicato negli standard di tolleranza previsti dalla legge.

Il poliziotto si guarda intorno con insistenza e richiede: «I contratti dei membri dell'equipaggio, per favore.»

Louis tira fuori i documenti dal raccoglitore nero che tiene sotto il braccio, l'unica cosa che sia in grado di tenere in ordine su quella barca. «Eccoli.»

L'ufficiale prende i fogli e li analizza con cura per qualche secondo. «La ragazza è nuova?» domanda con malcelato interesse.

«Sim*, si è aggiunta a noi da circa un mese. Il signor Melo, qui, è con me da più di cinque anni.»

«E la ragazza dov'è?» insiste lui.

Louis sfoggia un sorriso che nasconde a stento la tensione e replica, a denti stretti: «È timida. Âmbar vieni fuori!»

Âmbar è rimasta per tutta l'ispezione sulla soglia della cabina, con il suo quaderno stretto in grembo. Lo appoggia sul mobiletto e avanza con passo incerto verso l'ufficiale. «Bom dia5

«Bom dia*, signorina Gomez Costa. Ce l'ha un documento?»

Felipe è sorpreso, ma non stupito più di tanto. È capitato che gli chiedessero di identificarsi, ma più per il colore della pelle che per reale necessità, gli ha spiegato Louis.

«È nello zaino in cabina, vado a prenderlo.»

«Le serve anche il mio?» interviene Felipe.

L'ufficiale sposta gli occhi su di lui e scuote la testa. «No, grazie, signor Melo. Le manca poco per i sei anni, eh?»

A Felipe mancano quattro mesi e ventidue giorni di lavoro per poter diventare a tutti gli effetti cittadino portoghese, ma non ha affatto intenzione di dirglielo. «Ancora qualche mese.»

L'ufficiale lancia un'occhiata alla sua imbarcazione, dove ad attenderlo ci sono altri due colleghi. Quello in borghese ha un aspetto familiare... A Felipe sembra di aver già visto la cicatrice che storce l'occhio sinistro dell'uomo, ma non riesce a ricordare dove. Forse in un controllo avvenuto in precedenza. Âmbar intanto è tornata e sta porgendo all'uomo il suo documento.

«Non sembra nemmeno maggiorenne, eppure leggo qui che ha quasi ventuno anni.»

«Tutti mi dicono che sembro più giovane.»

L'agente appunta qualcosa sul quaderno e restituisce il documento ad Âmbar. «Bene, è tutto nella norma. Buona giornata.»

Fa per andarsene, ma Louis lo richiama. «Un attimo. Non rilascia il verbale?»

L'ufficiale si volta a guardarlo e risponde, con un sorriso di falsa cortesia: «No. Non è obbligatorio e non lo ritengo necessario. Bom dia*». L'uomo fa ritorno sulla motovedetta, che pochi secondi dopo riparte alla volta del porto.

Louis, invece, si precipita in cabina, a passo svelto. Sparge sul pavimento diverse cianfrusaglie per tirare fuori una penna e un pezzo di carta ingiallito da un cassetto del mobile e torna fuori. Scribacchia qualcosa, gli occhi fissi all'imbarcazione che si allontana.

«Sono venuti per te, ragazza», li informa, alzando la testa.

Âmbar sobbalza. «Cosa?»

«Sì, hai sentito», conferma lui. Porge il pezzo di carta e la penna a Felipe e cammina lungo il fianco della nave, lo sguardo rivolto l'orizzonte. Felipe sbircia il foglio e si rende conto che il vecchio ha segnato il numero identificativo della barca della polizia. Lo ripiega con cura e lo ripone in tasca, guardando preoccupato verso Louis, che sta accendendo l'ennesima sigaretta di quella nottata. «Qualcuno ha segnalato la presenza di Âmbar a bordo. Sono certo che li abbiano mandati a verificare che fosse tutto regolare.»

«Per questo non hanno rilasciato il verbale?» chiede Felipe, dando voce ai suoi sospetti.

«Non lo so, ragazzo.»

«Chi può averli mandati? Pensate che possa essere stata la mia famiglia?»

La voce terrorizzata di Âmbar è poco più di un sussurro. Felipe si avvicina a lei fino quasi a sfiorarla e le dice: «Li ha mandati qualcuno per impensierire Louis, non te. Se la tua famiglia sapesse che lavori qui non gli sarebbe servito mandare la polizia a controllare, non credi?» Âmbar annuisce, ma sembra ancora poco convinta. «E comunque, hai sempre l'ordine restrittivo. Io e Louis non permetteremo che ti succeda nulla. Vero, Louis?»

Il vecchio non risponde subito; avvolta dai raggi del sole, la sua sagoma spegne la sigaretta sul corrimano arrugginito e si volta verso di loro con il mozzicone piegato tra le dita. «Fuori dal porto potresti accompagnarla tu a casa, ragazzo. Qui è al sicuro, quel grassone pazzo di Pereira non lascia entrare mai nessuno.»

«Chi è Pereira?» chiede Âmbar.

«Chi è Per... È Hugo, Hugo il guardiano! Dio, ragazza!» ulula Louis, e questa risposta rianima Âmbar, che intavola subito un battibecco con il vecchio.

La brutta sensazione che Felipe sente addosso si trasforma in un brivido di freddo che gli attraversa la schiena. Per scrollarsela di dosso si dirige in cabina a recuperare la felpa, e prima di tornare sul ponte si ferma a raccogliere ciò che Louis ha lasciato cadere dai cassetti. A terra c'è anche il blocco dei disegni di Âmbar; non è sua intenzione sbirciare, ma il quaderno è aperto proprio sul disegno di una ragazza nuda che attira la sua attenzione. La bellezza che racchiude quello schizzo lascia Felipe senza fiato, soprattutto quando ne riconosce il soggetto. Una ragazza, quella ragazza, nuda su un letto disfatto che può essere stato solo un nido d'amore. Non ha il coraggio di guardare altro. Raccoglie il quaderno, lo richiude e lo lascia sulla panca, con un nodo allo stomaco e un macigno attaccato al cuore.


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Dizionario di portoghese (e un po' di francese):

*Bom dia = Buongiorno

*Sim = Sì

*Polícia Marítima = Polizia Marittima

*(francese) Ma chérie = mia cara

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