Capitolo 21 - Paradise

In ciascuno di noi sono presenti l'inferno e il paradiso (Oscar Wilde)


I primi a sognare il paradiso furono i sumeri e lo chiamarono Dilmun: si trova descritto in una tavoletta (2500 circa avanti Cristo) come un luogo puro e splendido, dove non esistono malattie né violenza.

La parola paradiso deriva invece dall'antico persiano piridaeza, e significa giardino, parco. Tradotto dai greci diventò paradeisos.

Ma il paradiso ha tanti altri nomi quante sono le religioni che, nel corso dei secoli, l'hanno promesso ai propri devoti: Sheol per gli ebrei, Campi Elisi per gli antichi greci, Vaikhunta per gli induisti, Terra Pura per i buddhisti, fatta di laghi, fiori di loto, foreste di pietre preziose, giardini fatati e musica celeste, Gan Eden per i musulmani, descritto come un luogo di delizie materiali. Gli eletti possono godere di frutta, carne e miele, vino delizioso, bagni in sorgenti purissime e tante vergini, le urì, per allietare le giornate.

Infine, il paradiso dei cristiani viene descritto nella Genesi, come giardino dell'Eden dove hanno abitato soltanto Adamo ed Eva, e nell'Apocalisse di Giovanni, come un fiume d'acqua di vita, limpido come cristallo, circondato da alberi che producono frutti e foglie curative da utilizzare per la guarigione spirituale.

In comune tra queste religioni c'è la concezione che il paradiso, da luogo di perfezione iniziale, perduta, si è trasformato nel luogo della perfezione finale. I luoghi descritti sono rassicuranti e idilliaci e hanno la caratteristica comune di creare una dimensione simbolica necessaria per garantire un'utopia sociale dove tutto è perfetto e ognuno è felice.

Il paradiso quindi è un'utopia, che non si può realizzare in questa vita, ma che si può comunque creare con l'immaginazione per garantirsi una specie di droga gratuita e con pochi effetti collaterali, che ci salva dalla paura dell'ignoto e del nulla della morte senza resurrezione.

Tutti gli uomini, a differenza degli altri esseri viventi, hanno il desiderio d'eterno scolpito nel cuore, non possono eluderlo in nessun modo e li accompagna fino alla morte, credenti o atei che siano. Tuttavia, certe persone sono in grado di produrre in modo endogeno gli effetti benefici della visione paradisiaca, mentre altri devono necessariamente ricorrere a certi medicinali.

Anche i due protagonisti avevano una loro immagine del paradiso, luogo di evasione oltreché dell'aldilà e in questo momento di culmine dell'innamoramento, grazie alla dopamina, l'ossitocina, la vasopressina e le endorfine, riuscivano ad immaginarlo e ad evaderci con grande facilità nei momenti di relax o prima di addormentarsi. Perché è proprio vero che finché il paradiso è nel cuore nessuno può scacciarci.

-------------IL PARADISO IMMAGINARIO DI MARCO-----------------

Per Marco il luogo ideale dove evadere e rilassarsi era un percorso di montagna, possibilmente vicino ad un ruscello originato direttamente da un ghiacciaio. Gli piacevano i luoghi freschi ed abbastanza elevati, che consentivano di godere di ottimi panorami. Il suono dell'acqua, il fruscio del vento sulle foglie, il cinguettio degli uccelli selvaggi lo facevano stare bene e riuscivano a fargli dimenticare lo stress quotidiano.

Al termine del percorso rientrava nella sua caverna di pietra con gli oggetti raccolti: un bel salmone, preso direttamente con le mani, come fanno gli orsi, da cucinare su una tavola di pietra rovente allestita all'interno del suo nido, ed erbette fresche, anch'esse raccolte per strada, grazie alla sua ascia, che portava a tracolla insieme ad una bisaccia in pelle. Quest'ultima gli era utile per contenere pesci, cacciagione, erbe, frutti ed eventuali tesori trovati per strada. Dopo aver divorato il gustoso pesce arrosto con erbette, si tagliava una fettina di formaggio ed infine si serviva un boccale colmo di birra.

La spelonca aveva un soffitto altissimo all'ingresso, vi si accedeva da una ripida rampa di scale in pietra ed era confinante con un laghetto termale dove fare il bagno era una vera goduria. Invece, da una fontanella incastonata nella roccia, Marco raccoglieva l'acqua fresca e pura, proveniente direttamente dal ghiacciaio, con un calice di rame per berla. 

Era arredata in modo semplice ma utile, con una serie di assi di legno che la proteggevano dall'umidità della roccia e che servivano per stare seduto o sdraiato. Nell'angolo più interno era stato costruito un caminetto in pietra comprensivo di sfiatatoi che faceva uscire il fumo all'esterno.

Adesso che aveva conosciuto Tiziana, nella caverna era presente anche lei ed entrambi stavano sempre nudi. Mangiavano insieme, facevano un bagnetto rilessante, l'amore e infine, dopo aver ammirato le stelle, numerose e brillanti nel cielo e riflesse nell'acqua del laghetto, si addormentavano su un letto rudimentale coperti da una caldissima pelle di lana.

Tiziana aveva su Marco un effetto paragonabile alla morfina, il famoso alcaloide contenuto nelle capsule immature prodotte dal papavero da oppio. Tale farmaco è impiegato nelle cure palliative per inibire la percezione del dolore intenso, per migliorare la respirazione, per evitare la sensazione di asfissia e per aiutare a controllare l'ansia.

Quando incontrò Tiziana per la prima volta, Marco soffriva di tachicardia da stress e, pur essendone inconsapevole, anche di sindrome dell'abbandono. Invece adesso, dopo ogni incontro con lei, per telefono, per WhatsApp oppure per Teams, si sentiva rilassato e temporaneamente tranquillo. Il corpo minuto, gli occhioni da gattina, la sua iniziale timidezza e l'apparente ingenuità lo facevano sorridere e attivavano il suo istinto di protezione. Inoltre, aveva un fisico procace adesso che, come diceva lei, era diventata grassa.

Marco la paragonava al personaggio del fumetto "Luana la babysitter", che acquistava con il Vernacoliere (Livornocronaca) quando era adolescente. Al pari di Luana, la riteneva stupida e superficiale, ma il suo corpo sensuale e maneggevole e la comicità di certe sue espressioni la rendevano irresistibile come la morfina per gli oppiomani.

--------------------IL PARADISO IMMAGINATO DA TIZIANA-----------------------

Secondo Tiziana, invece, il paradiso ideale era molto simile a quello immaginato da sua figlia che andava alle elementari e consisteva in un prato verde in cui ci si poteva sdraiare come in un letto. Vicino c'era un laghetto di acqua termale, calda e profumata, ma soprattutto miracolosa, capace di rigenerare immediatamente ogni tessuto danneggiato. Si potevano mangiare i frutti degli alberi, le erbe e i nettari dei fiori ed il cibo veniva assimilato completamente, senza necessità di produrre rifiuti organici.

Nel prato c'erano aiuole ordinate di fiori bellissimi di tutti i colori e piante aromatiche profumate.

Gli animali erano tutti domestici e si avvicinavano agli uomini senza paura. Tiziana adorava i felini: gatti, linci, leopardi, pantere e ne aveva sempre molti accanto. Amava anche vedere gli uccelli dai colori sgargianti, le farfalle, le libellule giganti e tutti gli altri animali.

Aveva anche un unicorno domestico con cui volava nel cielo e talvolta anche a lei spuntavano due bianche ali e poteva volare.

Con le piante ricavava anche unguenti, polveri e creme da utilizzare per farsi bella.

Poco distante c'era il mare con spiagge e calette con scogli levigati e al suo interno c'era un enorme barriera corallina con numerosi pesci colorati, stelle e conchiglie.

Quando nuotava le apparivano le branchie e una coda da sirena per spostarsi rapidamente e senza dover emergere per respirare.

Le piaceva riposarsi in una caverna vicina al laghetto termale, rivestita di borraccina, fiori profumati e morbidi muschi che fungevano da cuscini naturali. All'interno c'era anche un vasto reparto, costruito interamente in marmo, dedicato alla cosmesi, con utensili in alabastro colorato, contenenti profumi, creme e polveri per truccarsi il viso, il corpo e anche i capelli.

Adesso che aveva conosciuto Marco, riposavano insieme, tutti nudi, dopo aver fatto l'amore più volte e in svariate e originali modalità, e lei restava ore ad accarezzarlo e a contemplare la sua bellezza.

Aveva anche scritto un Kamasutra personalizzato con descritti con minuzia tutti i loro modi di amarsi e lo custodiva gelosamente in una scatola di alabastro rosso, conservata nel reparto dei cosmetici.

Talvolta, sia lei che Marco, perdevano gli attributi sessuali ed acquisivano due grandi ali, per volare insieme nel cielo. Era proprio il suo meraviglioso angioletto e la sua fonte di ispirazione creativa, come Beatrice lo era per Dante.

Per Tiziana, Marco era paragonabile all'ecstasy, il nome di strada che corrispondente alla MetilenDiossiMetAmfetamina. In termini farmacologici l'MDMA si situa a metà fra i composti stimolanti e quelli allucinogeni; ha una primaria influenza a livello comunicativo ed emozionale, svelando la psiche dell'individuo e toccandolo in posti nascosti. Per tali motivi l'MDMA venne inizialmente inserita in medicina nella terapia psicanalitica.

Ogni incontro con Marco, sia fisico che virtuale, al pari di una pasticca di ecstasy, produceva in lei una forte sensazione di benessere, accresciuta confidenza con gli altri, rimozione delle barriere emotive e comunicative, esaltazione delle sensazioni, maggiore capacità di percepire il ritmo e la musica.

La sua protratta mancanza provocava, invece, i classici sintomi d'astinenza come sbalzi di umore, stati depressivi e un forte desiderio di assumere un'altra dose.

--------------------------------------SINDROME DI STENDHAL-----------------------------------------------------

L'ultima volta che si erano visti a casa di Tiziana, lui si era addormentato e pertanto aveva avuto modo di osservarlo da vicino: la pelle bianchissima, i folti capelli candidi, castani e argentei, la posizione immobile mentre era cullato fra le braccia di Morfeo, lo facevano sembrare una statua di marmo realizzata da Canova o da Bernini, così ben scolpita da sembrare vera.

Tiziana aveva accarezzato la sua pelle, morbida e setosa e aveva apprezzato il suo odore e il calore che emanava il suo corpo. Era tutt'altro che duro e freddo come il marmo, ma la sua visione la mandava in crisi, come la sindrome di Stendhal che aveva vissuto di fronte alle statue, quando le aveva viste la prima volta dal vivo nella Galleria Borghese di Roma e al Louvre di Parigi.

Per questo motivo, per immortalare l'attimo così da poterlo ammirare con calma, gli aveva fatto tantissime foto mentre dormiva. L'aveva fotografato anche in un'altra occasione, durante una pausa caffè insieme in sede. E spesso riguardava con calma le foto, sia in versione grey che in versione white, decisamente la preferita. Inoltre, custodiva in un vasto archivio le foto che le aveva inviato lui più quelle fatte insieme, ritenendolo l'uomo più bello e sensuale che avesse mai visto.

Certo i gusti di Tiziana erano discutibili: per l'amica Melissa il bellissimo Marco aveva un corpo muscoloso decisamente virile e maschile, ma quell'eccessivo candore lo faceva sembrare zio Fester della famiglia Adams; mentre in grigio, soprattutto con i baffetti, poteva essere scambiato per una SS tedesca, addirittura per il braccio destro di Hitler. Un perfetto ariano tutto d'un pezzo, impassibile ai sentimenti.

Aveva fatto vedere le foto anche alla sua compagnia di palestra e di corse in fortezza. La ragazza aveva poco più di vent'anni e non aveva apprezzato Marco, ritenendolo molto simile a suo nonno a causa dei numerosi capelli bianchi, anche se comunque più giovanile di Riccardo. Nonostante i commenti non proprio positivi delle amiche, Tiziana aveva continuato a ritenerlo l'uomo più bello mai visto. Il viso angelico, in particolare, rappresentava l'immagine della sua bellezza ideale.

Da adolescente Tiziana disegnava molto bene e sapeva anche fare degli ottimi ritratti. Per anni aveva cercato di disegnare il viso teorico più bello che esistesse, sia maschile che femminile. Era partita dal volto del suo primo fidanzato, già bellissimo di suo, e l'aveva modificato per renderlo ancora migliore. Il risultato finale era davvero somigliante al viso di Marco di cui allora ignorava l'esistenza.

Note Autrice

Questo capitolo è piuttosto particolare, ma credo sia adatto a far capire con esattezza cosa provavano i protagonisti al culmine della fase di innamoramento e quali fossero le motivazioni che li avevano indotti a portare avanti una storia tanto bizzarra e priva di prospettive. 

Nel prossimo capitolo l'attenzione sarà invece rivolta ad Anna, la ex moglie, che necessariamente agirà da antagonista consigliata dalla madre.  

L'affresco con gli angeli (9x23 metri circa) è Il Paradiso di Jacopo Tintoretto conservato nei Musei Civici a Venezia. 

Vi ringrazio tutti per essere ancora qui! 

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