Capitolo 2 - La Rocca e la Chimera
Le nostre chimere sono quel che più ci rassomiglia.
[Nos chimères sont ce qui nous ressemble le mieux].
Victor Hugo, I miserabili, 1862
Marco aveva la fortuna di lavorare nella banca più antica del mondo, in quanto la sua origine risaliva al lontano 1472, quando, conosciuta come "Monte Pio", dava aiuto alle classi più disagiate della popolazione in un momento particolarmente difficile per l'economia locale.
Oltre ad essere la più antica del Mondo, era anche la più "buona", i senesi la chiamavano ancora affettuosamente "Babbo Monte", in quanto finanziava la maggior parte delle iniziative sociali ed economiche del Territorio e della Comunità di riferimento, e la più "misteriosa", in quanto nei locali al piano terra della Rocca Salimbeni, tenuti come musei, erano custoditi una Collezione d'arte e un Archivio dichiarato di "notevole interesse storico" con notifica ministeriale del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, contenenti storie talmente antiche da essere considerate non del tutto attendibili, in certi casi più simili a miti e leggende.
Essendo anche lei parte importante del romanzo, occorre darle una presentazione appropriata. Come Marco, era appassionata di scrittura, e vasto era il patrimonio librario, antico e moderno, di sua proprietà. Di particolare interesse il Fondo librario antico, composto da edizioni, spesso esemplari "unici" nel circuito delle biblioteche, del Cinquecento, fino all'Ottocento.
Adesso possiamo ritornare alla storia di Marco, attualmente seduto in una delle tante stanze, una più bella dell'altra, della sede. Infatti, si precisa che non aveva chiesto le dimissioni, ma semplicemente di cambiare lavoro all'interno della meravigliosa banca. Non si trattava quindi di un mutamento radicale.
Il passaggio dal vecchio al nuovo lavoro avvenne nell'arco di un periodo non breve che terminò in piena pandemia da COV19, quando tutti i negozi erano chiusi e non si poteva neppure uscire di casa.
Dopo l'estate, per fortuna, la situazione era migliorata leggermente e a settembre era stato possibile rientrare parzialmente nei luoghi di lavoro.
Proprio in quel periodo, autunno 2020, era iniziato il progetto per la riorganizzazione della Direzione Generale, di cui Marco era responsabile, che per partire prevedeva la pianificazione di una riunione in sede, con tutti i Capi Direzione, per la presentazione iniziale.
In Rocca Salimbeni c'era già stato per l'assunzione e per la promozione a Dirigente e pertanto aveva ottimi ricordi a riguardo. Stavolta però indossava una mascherina in viso e il posto era semideserto. Inoltre, aveva dovuto passare il badge all'ingresso e si era fatto scannerizzare il volto per misurare l'eventuale febbre.
Prima di arrivare, salendo per Via di Vallerozzi, non aveva incontrato nessuno, cosa davvero insolita in tempi normali. Anche nel Palazzo Tantucci, eccetto i portieri, all'interno non c'era nessuno.
Era salito a piedi per le scale a chiocciola in travertino rosato, e si era sistemato nell'imponente Sala Ante Consiglio, interamente arredata con mobili in pregiato legno massello scuro, senza incrociare anima viva. Era una situazione surreale.
In quel momento indossava la mascherina perché stava attendendo l'arrivo dei Key peoples, attesi per la riunione delle 9:30, sia in presenza che tramite collegamento su teams.
L'incontro per fortuna andò molto bene e fu più veloce del previsto.
Felice del lavoro svolto e molto meno teso del mattino, uscì per comprarsi il pranzo e nonostante i pochissimi negozi aperti, non ebbe neppure bisogno di attendere in fila, prova evidente che le misure adottate per contrastare l'epidemia da Cov19 stavano già causando un grave danno per molti esercizi.
Siena non era più la stessa in quel periodo. Oltre alle strade deserte e i negozi chiusi, situazione comune anche ad altre città, nel 2020, non fu corso neppure il famoso "Palio". In precedenza, si era fermato soltanto nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dal 1940 al 1944, e in occasione della Prima Guerra Mondiale, dal 1915 al 1918.
Al rientro, Marco decise di passare dal portone principale di Palazzo Salimbeni, quello che si trova dietro al monumento di Sallustio Bandini, tra Palazzo Tantucci alla sua sinistra e Palazzo Spannocchi alla sua destra, così da salire per le scale progettate dall'architetto Spadolini intorno alla torre dei Salimbeni, possente struttura in pietra che costituisce il fulcro delle diverse zone del costellare.
Quel posto lo affascinava, e dato che era ancora in pausa pranzo e che era deserto, poteva approfittarne per visitare con calma il magnifico edificio.
Grazie all'inserimento di una leggera copertura di vetro bronzato, la scala sembrava proseguire nel cielo e lo spazio circolare lasciato libero dai ballatoi consentiva una visuale unica dell'intero complesso.
La bellezza dell'edificio era amplificata dalla mancanza di persone indaffarate e nervose.
Mentre saliva sfiorò con la mano il cemento martellinato della scala, che replicava la ruvida consistenza della roccia calcarea con cui è realizzata la torre.
Gli piaceva lo stile rustico, e infatti la casa dove abitava era realizzata in pietra e nel soffitto si potevano ammirare le travi a vista. Inoltre, aveva un caminetto gigantesco per scaldare le serate invernali.
Gli sarebbe piaciuto mettere il parquet in camera da letto, però poi era dispiaciuto sia a lui che a sua moglie rovinare il bellissimo cotto.
Assorto nel ricordo di quando felicemente aveva arredato la sua casa con la moglie, che allora amava, ammirò compiaciuto le venature del legno di quercia che stava calpestando, dal colore sabbiato e patinato, dal tono caldo tipico del legno antico. Una camera con quel legno nel pavimento e il cemento martellinato nella parete dietro al letto sarebbe stata fantastica.
L'idea di apportare alcuni cambiamenti nella casa in cui adesso viveva da solo con i figli gli piaceva.
Arrivato al secondo piano, si affacciò dal ballatoio circolare in legno ad ammirare le bandiere vivacemente colorate delle contrade senesi che si trovavano al piano terra.
Infine, da Palazzo Tantucci, volle raggiungere Palazzo Spannocchi passando dalla "Galleria Peruzziana", un corridoio chiuso da vetrate, che mette in comunicazione le diverse ali del Palazzo. La Galleria presenta soffitti decorati con simbologie che richiamano i boschi, scene di vita agreste, i 'pascoli', la campagna.
Camminando sentiva soltanto il rumore dei suoi passi che toccavano il pavimento lucidissimo in marmo. Quando si trovò a circa un terzo del corridoio si fermò a guardare oltre la vetrata, con lo sguardo rivolto verso la corte interna illuminata dal sole pomeridiano, provando un gran senso di calma e rilassatezza.
Poi si girò dall'altra parte della Galleria. Nel silenzio totale, si immaginò una principessa vestita con un abito rosso scuro, risalente al XV secolo, e con una cascata di riccioli dorati raccolti in un vaporoso chignon e impreziositi da una tiara d'oro, che procedeva verso di lui e lo invitava ad ammirare i particolari del soffitto affrescato.
Come una guida turistica, la donna immaginaria, gli fece notare che la galleria è suddivisa in otto scompartimenti, e che lui si trovava sotto a quello dedicato all'Acqua.
Marco alzò la testa e osservò su tutti e quattro i lati dello scompartimento quadrato disegnato sul soffitto, mostri marini cavalcati da fanciulli e figure muliebri.
I mostri fuoriuscivano dall'acqua mostrando il loro corpo che per metà era quello di un fantasioso animale acquatico, con lunga coda e pinna, per l'altra metà era cavallo o figura umana.
La scena risvegliò strane fantasie in Marco: quegli strani esseri prendevano movimento e tritoni e nereidi si abbracciavano e si baciavano languidamente.
Per non fissarsi su quel pensiero inopportuno, si mise allora ad osservare le molli collane su cui erano appesi i "frutti" e gli "abitanti" dell'acqua: conchiglie, rane, granchi e pesci di vario genere.
Completavano la decorazione, coppie di fauni poste ai quattro angoli.
Infine, il suo sguardo fu catturato dal medaglione che capeggia al centro della volta, in cui sono raffigurati un tritone con tridente e una nereide avvolti in un caloroso abbraccio d'amore.
L'elegante dama lo lasciò meditare per un po' e poi lo invitò a spostarsi nella sezione dedicata al Monte dei Paschi di Siena, riccamente decorata con putti, draghi alati e fanciulli che si arrampicano per bere ad una fonte. Lungo le cornici, incurvati per seguirne le volute interne su cui posano, sono dipinti dei delfini. Su di essi siedono giovani nudi, armati di tridenti, alle prese con draghi alati e al centro della volta campeggia lo stemma dell'istituto bancario circondato da quattro targhe recanti rispettivamente la scritta DEPOSITI, CREDITI, PRESTITI, FIDVCIA, i quattro cardini su cui era stata fondata la Banca nel lontano 1472 e che l'avevano fatta prosperare per 500 anni.
"Bella signora, per me siete bellissima così come siete, ma io sono venuto per farvi un restyling e rendervi un po' più moderna, così da potervi trovare uno sposo. Le confesso però che sarebbe meglio se restasse single, perché l'amore è una Chimera!" Dato che la dama l'osservava compiaciuta, o almeno così pareva a Marco, continuò ad argomentate:
"Come le nereidi e i tritoni, la Chimera è un mostro fantastico della mitologia orientale, assorbito in seguito da quella greca, secondo la quale aveva tre teste, una di leone, una di capra e una di serpente, che vomitavano fiamme (Ebbe anche altre raffigurazioni, ma questa è la più comune) ed è divenuta simbolo delle illusioni, delle ambizioni strane, delle fantasie azzardate, dei sogni irrealizzabili e pericolosi.
Come l'uomo, così anche la Chimera è fonte di bene come di male, poiché ambivalenti sono gli stessi esseri di cui si compone:
1. Il leone, belva sanguinaria ed emblema della violenza, è anche simbolo del sole benefico e della regalità del sovrano giusto;
2. La stessa capra, se sotto le spoglie del maschio rappresenta l'eros maligno, nella raffigurazione mansueta è sinonimo di fecondità;
3. Quanto al serpente, per tradizione velenoso ed infido, incarna anche la sapienza: dalle viscere della Madre Terra esso trae una grandissima saggezza."
Inevitabilmente, Marco ripensò alla sua situazione specifica, ormai un suo chiodo fisso, e concluse:
"Quando ci si sposa, si vorrebbe vivere l'intera vita con la dolce metà, nelle gioie e nei dolori.
Si è sicuri che insieme si supererà ogni ostacolo: l'acquisto della casa, il pagamento del mutuo, eventuali malattie, i problemi nell'allevare i figli, i rapporti non idilliaci con i parenti, i genitori che invecchiano, la vecchiaia che colpirà inesorabilmente entrambi, qualche imprevisto.
Non si conoscono tuttavia i reali e concreti mali che si dovranno affrontare e non ci si immagina che si fallirà per problematiche molto più banali di quelle previste, almeno in apparenza.
Quindi sposarsi credendo nell'amore è come inseguire una Chimera, si rincorre qualcosa di irrealizzabile che non potrà mai diventare realtà, ma anzi che rappresenterà un'illusione, una vana fantasticheria."
L'elegante signora sembrò sorridere.
"Si, lo so che nel suo caso di tratta di un matrimonio combinato. Per colpa dei cattivi governanti è caduta in disgrazia e adesso occorre trovare uno sposo che si accolli i debiti. Le assicuro che cercherò di fare del mio meglio! Soprattutto però, mi impegnerò per farla diventare indipendente, perché nello sposalizio proprio non ci credo più."
Nel pomeriggio Marco si vide con il suo superiore ed ebbero da lavorare fino a tardi.
Le informazioni e le immagini della Banca sono riprese dal sito "I tesori MPS" (mpsart.it)
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