Capitolo 11
'' Esiste uno spazio ghiacciato nel nostro cuore dove nascondiamo la parte migliore di noi, per paura che venga scoperta e distrutta, ma in realtà siamo anche in attesa che qualcuno la scovi, rompa questo ghiaccio e ci riscaldi. Ci sono muri interiori altissimi che si sgretolano di fronte a un gesto di pura tenerezza. ''
M. Bisotti
L'applauso della platea sottostante, interruppe l'incantesimo come una malevola magia oscura. Edward balzò indietro sulla sua sedia e la guardò privo di parole, ricambiando lo sguardo di lei che perplessa e sgomenta, lo guardava a sua volta con la bocca semi aperta in un moto di stupore. Le sembrò un brusco risveglio, un dolce oblio in cui dovette per forza riemerge, tornando ad una realtà triste e grigia.
Sussultò quando lo vide alzarsi di scatto, come se avesse preso una terribile scossa elettrica - Edward...? Qualcosa non va? -
Lo vide scuotere la testa, e stringere i pugni con forza, prima di espirare e atono dire – E' stato uno sbaglio. Un terribile errore –
Le si irrigidirono i muscoli, e percepì un terribile freddo che le penetrò nelle ossa e nel sangue, congelandole il cuore. No, non poteva averle detto quello, non dopo un bacio in cui si era sentito tutto il calore del mondo.
- Perché? – chiese con voce incrinata dalla disperazione. Si era pentito?
- Andiamo. La gente si riverserà come uno sciame nell'atrio... Il mio autista ci sta aspettando – disse senza risponderle. Come poteva? Come poteva dirle che quel bacio era stato magnifico? Come poteva dirle che quel bacio però era stata la cosa più grave che potesse succedere? Lui non poteva, non voleva ricadere in quell'assurda trappola. Non di nuovo! Eppure, guardando la sofferenza sul volto di lei, sentì chiaramente le spire ricoperte di spine avvinghiarlo, stritolargli quel muscolo che aveva nel petto, e facendolo sanguinare atrocemente. Era la sua sofferenza o quella di lei? Non c'era alcun confine che li separava.
Dovette sforzarsi enormemente per non afferrarle i fianchi e stringerla al suo petto, sussurrarle che andava tutto bene. Non poteva proprio, non poteva invischiarsi con lei. Lei, che era la cosa più pura in cui si era imbattuto dopo Hellen; non poteva ghermirla e portarla nell'oscurità con lui, lui che era un demone che aveva fatto la sua dimora nelle tenebre della sofferenza e dell'odio.
La precedette lungo i corridoi, fino alla strada dove la sua auto li aspettava per riportarli a casa; entrambi silenziosi e rinchiusi nei loro pensieri, divisi da pochi centimetri di distanza, ma che per ambedue erano metri e metri di lontananza. Giunsero a casa piuttosto velocemente, ed entrambi sospirarono silenziosamente di sollievo; Holly sentì una grande rabbia in corpo, era pronta ad esplodere come un vulcano sopito da decenni. Non gli permise di fiatare verso di lei, corse in camera sua e vi ci si chiuse dentro, si tolse l'abito e le scarpe, e si gettò sul letto e dopo qualche minuto iniziò a singhiozzare con forza.
- Perché? Perché sono così sfortunata? Perché devo sempre innamorarmi di qualcuno che non mi vuole? – sussultò tenendo il cuscino saldamente al petto, mentre le lacrime continuavano a scendere incessanti.
Edward dopo un breve attimo di panico, le corse dietro, ma si fermò alla sua porta quando la sentì scoppiare in lacrime. Avrebbe voluto entrare in quella stanza e tenerla stretta, calmarla e baciarla ma non poteva. Era lui la causa della sua sofferenza.
- Sono uno stronzo... - sussurrò posando la fronte sul legno della porta. Infine sospirò con amarezza e si dileguò nella sua stanza, dove avrebbe affogato il suo dispiacere e il suo dolore nello scotch.
Holly si svegliò presto quella mattina. Era il suo week end e sarebbe tornata a casa da sua zia, e dovette ringraziare folletti e fate per quella grossa fortuna. Aveva sinceramente bisogno di andarsene da lì e passare del tempo da sola per riflettere su come agire ora che Edward si rifiutava di accettare quel bacio. Scese velocemente dal letto e indossò i primi vestiti che le capitarono a tiro, fece le scale molto velocemente e sperava con tutto il cuore che Lui non fosse già sveglio; in cucina trovò Jane che la fissò con un sopracciglio alzato.
- Pensavo stesse ancora dormendo signorina. Posso fare qualcosa per lei? –
- Si. Per favore, avrei bisogno di tornare a casa... Mia zia non sta molto bene e vorrei che l'autista mi potesse ri-accompagnare in città – disse tutto d'un fiato.
La governante la guardò leggermente preoccupata – Ma certo, nessun problema. Ma non vorrebbe aspettare il signore? Dovrebbe sapere... -
- NO. No... non c'è bisogno di svegliare il signor Edward per una banale influenza... Lo avviserò io eventualmente, non si preoccupi –
- D'accordo allora, vado subito a chiamare l'autista –
Dopo mezz'ora si ritrovò in macchina, osservando il cielo schiarirsi notevolmente. Erano le sette oramai quando raggiunse la sua casa; sua zia era già sveglia da un pezzo lo sapeva, e l'accolse a braccia aperte con una tazza di tè fumante appena fatto.
- Non ti aspettavo così presto Holly, come mai così mattiniera? – le chiese la donna dopo essersi seduta al tavolo.
- Non ho dormito molto. Così mi son detta: perché non partire subito e non aspettare altre due ore? A proposito.. Come va in negozio? –
- Bene cara! Arold mi aiuta moltissimo, e mi ha chiesto spesso di te – disse allusiva.
Holly alzò gli occhi. No, non era proprio disposta a uscire con qualcuno, non dopo la sera precedente! – Te l'ho detto, prova solo amicizia per me, nient'altro. Non ci conosciamo nemmeno! –
- Ma proprio per questo dovresti uscire con lui! Da quando sei qui lavori e lavori, non esci quasi mai. Esci e vedi come va no? Prova a dargli una possibilità –
La ragazza si morse la lingua; Arold era simpatico ma un po' goffo e sgraziato, era come lei. E proprio per questo non sentiva per lui niente di più che semplice affetto. Lei aveva bisogno di un uomo forte e deciso, che la sapesse accendere di passione e la trattasse come un gioiello prezioso, che la sapesse spronare e le tenesse testa. '' Uno come Edward '' pensò amareggiata, mangiucchiando un biscotto.
Andò comunque in negozio, nonostante sua zia le continuasse ad alitarle sul collo per perorare la sua causa; continuava a travasare alcune piantine, e rimuginava in continuazione su come avrebbe affrontato Edward una volta rientrata alla villa. Non sapeva se sarebbe riuscita a guardarlo in faccia, e poi perché mai avrebbe dovuto essere così ansiosa? In fondo, lui non voleva avere a che fare con lei, fingere che non fosse successo niente da valere la pena di ricordare. Era lui in torto dannazione!
- Ehm.. Holly? Stai rischiando di rompere il vaso se continui a gettare la terra al suo interno come un panzer russo. – bisbigliò una voce alle sue spalle, che la fece voltare velocemente.
- Come? Oh! Si certo. Ciao Arold – rispose un po' imbarazzata per il suo comportamento, ma anche per lo sguardo eccitato di sua zia che ora stava mormorando senza voce alle spalle del ragazzo, che ovviamente non vedeva niente.
- Ciao. Pensavo non venissi al negozio! Non ti si vede mai, tua zia mi ha detto che stai via tutta la settimana e che nel fine settimana preferisci startene rinchiusa in casa. – ridacchiò.
- Di solito. Ma oggi volevo venire a vedere come ve la cavate senza di me, è dura non avere una mano in più. –
- Già... Senti, pomeriggio sono libero... Ti andrebbe di uscire per qualche ora? Così ti svaghi un po'! Mi sembra che tu ne abbia molto bisogno –
Holly arrossì: non si aspettava di ricevere un invito! Tanto meno da Arold. – Uh, mmm bè io.. non saprei.. il lavoro, il negozio... –
- Vai pure cara, oggi pomeriggio posso fare tranquillamente da sola! – ghignò sua zia, con fare malizioso osservando i due diventare rossi come papaveri.
Holly la fissò corrucciata. Non poteva rifiutare, avrebbe fatto una pessima figura, ed Arold era uno dei pochi amici che aveva lì. O meglio, era l'unico amico che aveva. Anche se considerarlo amico era comunque anche troppo, in fondo erano per lo più colleghi di lavoro. Conoscenti ecco!
- E va bene... Allora torno a casa a cambiarmi, così sono già pronta e mi passi a prendere direttamente qui – accettò un poco riluttante all'idea di uscire con lui nel pomeriggio, ma fece attenzione a non farlo trasparire nel tono di voce.
Lo vide sorridere e arrossire lievemente, e dopo aver prefissato un orario, se ne andò; a lei non rimase che tornare a casa, non prima di aver maledetto quella ficcanaso di sua zia, che si credeva un piccolo Cupido moderno.
Non si era vestita elegante, anche perché non possedeva abitini carini da indossare, e non sapeva nemmeno dove avrebbe trascorso quelle ore in compagnia del suo amico inglese. Perciò aveva optato per dei semplici jeans neri aderenti, un dolcevita bianco, delle converse nere e un parka grigio scuro. I capelli erano come sempre una matassa di ricci che non avevano alcuna intenzione d'essere domati dalla spazzola, perciò dopo averli lavati ed asciugati un minimo, lì lasciò semplicemente sciolti sulla schiena. Non si era truccata molto, anche perché non era mai stata in grado di valorizzarsi il viso, quindi aveva optato per un trucco acqua e sapone: mascara e un burrocacao erano più che sufficienti. E poi, non doveva far colpo su nessuno!
- Sai perfettamente che il tuo cavaliere è semplicemente quello sbagliato! Se fosse stato un altro ti saresti già strappata i capelli per la disperazione – mugugnò strofinandosi le mani per riscaldarle dal freddo.
Il suono di un clacson interruppe bruscamente i suoi pensieri, facendole sollevare lo sguardo sulla strada: una piccola smart nera aveva appena parcheggiato di fronte a lei, e al suo interno, il guidatore le sorrideva salutandola.
Holly sorrise appena e si accinse ad aprire la portiera ed entrare in quella minuscola auto, rischiando di farla morire di claustrofobia. '' Una scatoletta di tonno sembra '' pensò inorridendo al pensiero di fare un incidente e di rimanervi incastrata al suo interno.
- Scusa il ritardo, ma l'auto era in officina fino a qualche minuto fa! – le sorrise imbarazzato Arold, mettendo la freccia e immettendosi nel traffico pomeridiano.
- Non preoccuparti.. Dove andiamo? Io non conosco ancora benissimo la città –
- Pensavo di andare al mio pub preferito, potremo bere e mangiare qualcosa. Inoltre fanno spesso musica dal vivo, sarà divertente! Ci sono anche i miei amici –
'' Grazie! Grazie! Almeno non siamo soli! '' pensò rincuorata, e gli sorrise con più trasporto, rilassandosi sul sedile.
La portò al The Great Gatsby, situato sulla Division Street. Era pub ma anche ristorante, dove facevano dell'ottima cucina messicana e anche vegetariana, così le spiegò Arold, quando raggiunsero la loro meta. Come molti pub, l'esterno era caratteristico: era stato costruito innanzitutto in un edificio che faceva ad angolo sulla strada, e la zona pub era dipinta esternamente di un blu oltremare, per poi staccarsi dal resto che era di un semplice bianco; la sua insegna era semplice, rotonda e nera, con il nome scritto sbarazzino in bianco. L'interno era semplice, costituito da mobilio scuro, con sedie e divanetti in pelle marrone, le pareti erano di un grigio opaco; un bellissimo e lunghissimo bancone da bar era colmo di ripiani straripanti di qualsiasi genere di bevanda alcolica, peggio di una distilleria, e il piccolo palco dove si esibivano le band. C'era anche una porta che conduceva ad un piccolo cortile aperto in estate, dove troneggiava sopra la porta una scultura d'elefante. Holly lo trovò molto carino, ed era pronta anche per assaggiare la cucina messicana, perciò decise di divertirsi, o almeno di provarci!
Le vennero presentati gli altri ragazzi, tra cui una ragazza dal visino da elfo di nome Sabine, che reclamò per sé le sue attenzioni, lieta che finalmente non fosse l'unica donna del gruppo. Chiacchierarono del più e del meno, scoprendo e rivelando anche molto di sé a quegli estranei, complice senz'altro la tequila ordinata come aperitivo insieme alle nachos e la salsa enchilada. Il menù lì dentro era principalmente alcolico constatò Holly, leggendo con attenzione le bevande e anche i cibi da gustare, facendosi consigliare anche dagli altri. Ognuno ordinò qualcosa, in modo da poter assaggiare un po' di tutto: per lei scelse le quesadilla, ovvero focaccine ripiene di manzo, formaggio, peperoncini e fagioli rossi, in una pasta di farina di mais e fritta nell'olio; come bevanda ordinò un margarita e sperò con tutto il cuore che riempiendo lo stomaco, non la sentisse troppo. Non voleva ubriacarsi e fare una pessima figura, ma non voleva nemmeno sembrare una persona troppo rigida, inoltre sperava di non pensare troppo ai suoi problemi sentimentali.
Mangiò molto e con gusto, non notando però che i drink alcolici continuavano ad arrivare al tavolo e lei continuò a berne. Quando però dovette andare in bagno, forse fu la musica rock risuonare ad ampio volume nel locale, forse l'alcol che ormai le scorreva nelle vene al posto del sangue, la testa le girò come una trottola, e dovette sbuffare e dondolarsi per mantenersi in piedi per raggiungere la toilette. C'era la fila, e la sua vescica stava scoppiando ormai, quando un suono acuto le trapanò i timpani: il suo cellulare stava risuonando per la terza volta consecutiva. Frustrata rispose biasciando, non guardando nemmeno chi fosse dall'altra parte.
- Shi pronto? – biascicò saltellando sul posto, stringendo le cosce.
- ...Holly? Sei tu? Non riesco a sentirti... -
- Toh! Eddward! Come hai fatto ad avere il mio cellulare? Il mio nome? Il mio numero? – e sbottò a ridacchiare.
- Sei ubriaca...? – sibilò lui, ma era anche preoccupato per lei.
- No, si, forse, boh! Che ne so io! Comuuunque perché mi hai telefotato? –
- Sei andata via da casa mia come una ladra. Volevo parlarti. Dove ti trovi? Vengo a prenderti –
- Ma col cazzo! Senti un po' fustacchione.. non puoi baciarmi e poi mettermi da parte, ed ora ordinarmi di dirti dove mi trovo dovendo assecondare i tuoi richiami. Non shono mica un cane! Chissà che razza sei tu... -
- Holly, per l'amor di Dio, dimmi dove cazzo ti trovi!? –
- Oh-oh! Il mastino si è arrabbiato, sta ringhiando! Ma il mastino è un cane di razza... tu sei più un bastardo! Si, un bastardino, bello, ma bastardino. E comunque perché dovrei? Mi sto divertendo con i miei amici! Lasciami in pace Greystone – sbottò chiudendogli il telefono in faccia. Poi sorrise vittoriosa, e finalmente poté andare in bagno.
Quando però uscì, il telefono risuonò incessante.
- Che c'è? – ringhiò furiosa.
- Fatti trovare fuori dal Gatsby. Sarò lì tra poco, non ti azzardare a muoverti di lì! – le sibilò frustato e arrabbiato.
- Cosa? – rispose sbigottita, ma non le rispose nessuno, aveva già messo giù.
Dopo dieci minuti in cui pensava a cosa fare, andò dagli altri e afferrò per il braccio Arold, dicendole che doveva andare via subito di lì; non voleva incontrarlo, ora più che mai si sentiva profondamente a disagio anche alla sola idea di trovarselo davanti. L'amico titubante annuì e si alzò, pagarono le consumazioni e uscirono, il cuore le si fermò in gola quando un auto nera si fermò proprio di fronte all'entrata; Edward uscì di gran carriera e fissò i due.
Non poteva crederci! Era davvero uscita con un altro? Ma davvero? La rabbia lo stava divorando pezzo dopo pezzo, e non faceva che aumentare alla vista di quel ragazzino che le stringeva la vita e lo guardava sospettoso.
- Holly andiamo – ringhiò a denti stretti.
La vide sbiancare e tremare sotto il suo sguardo. '' E fai bene piccola. Se fossi meno ubriaca, probabilmente ti farei stendere sulle mie gambe e ti sculaccerei così tanto da non farti sedere per una settimana! '' pensò avanzando verso di lei.
- Mi scusi, lei chi sarebbe? – chiese il ragazzino, portandosi davanti alla ragazza.
'' Non lo fare bamboccione. Non ti conviene! ''
– Sono il suo datore di lavoro, e oggi la signorina non aveva il permesso di andare a casa. Soprattutto senza nemmeno avvisarmi! Perciò ora la signorina viene con me –
- Cosa? Ma che razza di persona è? Lavora per lei tutta la settimana e merita... -
- Arold... Ha ragione... Ci sentiamo la prossima settimana va bene? G.. Grazie per la serata – si intromise Holly, sorridendo appena all'amico che la fissò accigliato. Ma dovette non insistere e farsi da parte, vedendola andare da quell'uomo che la fece sedere sul sedile affianco al suo. La macchina partì sgommando e lasciò dietro di sé molti interrogativi a cui non sapeva dare risposta.
Edward guidò in silenzio, mentre stringeva il volante facendo sbiancare le nocche dal nervoso; la vedeva con la coda dell'occhio arricciarsi un riccio lungo l'esile dito indice della mano destra e provò il forte impulso di stringere una ciocca nella sua mano e avvicinarla alla sua bocca, per sentirne la consistenza.
- Come.. come ha fatto a trovarmi? – chiese lei titubante, rompendo quel silenzio pesante che opprimeva l'aria nell'abitacolo.
- Ho semplicemente fatto una deduzione. Il great gatsby è uno dei pochi locali che fa musica dal vivo, inoltre sei ubriaca ed è uno dei pochi pub possibili che ha un quantitativo alcolico che dovrebbe seriamente essere vietato, a parer mio – rispose seccatamente, mentre raggiungevano il vialetto di casa.
- Bè io non le ho chiesto io di venire a prendermi. Quindi se è così infastidito da quel locale, poteva semplicemente lasciarmi lì! In fondo non abbiamo niente da dirci – boffonchiò immusonita, incrociando le braccia al petto.
Edward era infastidito da quella scenetta, perciò una volta spenta l'auto, uscì velocemente e aprì la portiera del passeggero; l'afferrò per un braccio con poca grazia e se la caricò in spalla, come un sacco di patate. Dovette cercare di rimanere in equilibrio poiché la ragazza aveva preso a dimenarsi come una trota indemoniata, mentre strepitava a squarciagola. '' Se sveglia i domestici l'ammazzo '' pensò inacidito come un limone, scortandola in camera sua, dove la buttò senza troppi problemi sul letto matrimoniale.
- Ma.. ma.. lei uno zoticone! Un caprone! Ma come diavolo si permette!? Io non sono uno dei suoi lecca piedi, non sono la sua puttanella da trattare come cavolo le pare!! –
Edward si irrigidì e la guardò allucinato, cosa aveva detto? Doveva aver capito male. Sicuramente.
Le piombò addosso afferrandole le braccia con rudezza - Puttana? Ti ho mai considerata la mia puttana per caso? Non mi sembra! Anzi, finora non ho mai avuto un comportamento che potesse anche farti passare lontanamente per una donna dai facili costumi! E' vero, sono stato uno stronzo a baciarti e poi dirti che è stato un errore, e lo credo ancora cazzo! Ma non... non riesco! Non ci riesco a lasciarti andare, sono un egoista, un diavolo travestito da uomo, pronto a prendere tutto anche la purezza più candida. Sei il mio tormento, sei la mia maledizione, una catastrofe che mi è piombata all'improvviso e che ha sconvolto la mia vita da scapolo incallito. Ma non azzardarti MAI PIU' a considerarti in quel modo. – le alitò a pochi millimetri dal viso, così vicino alle sue labbra che poteva sentirle bruciare come pece.
- Ma di cosa diavolo hai paura?! Non sono un serial killer, e nemmeno sono cannibale! Quindi non mi spiego come un bacetto da niente ti possa metter fifa – arrancò, ansimando per la vicinanza di lui. In quel momento nella sua testa c'era solo un pensiero fisso: baciarlo. Baciarlo fino a divorarlo, fino a ingoiare il suo respiro, la sua anima nera.
- Ho paura di ciò che potrei sentire con te –
- E secondo te io non ho paura? Si! Io sono timida, insicura e un imbranata colossale con gli altri. Ma sai che c'è? C'è che sono stanca! Stanca di privarmi di qualcosa perché ho paura di osare, sono stufa di permettere alle mie insicurezze di prendere possesso di me e non afferrare anche un solo bricioli di felicità! Secondo te è una cosa che non può durare tra noi, e forse è vero! Ma io non sono disposta a lasciar correre, voglio viverla, viverla anche se dovesse essere una cosa passeggera, anche se fosse solo un'ora a me andrebbe bene. Io voglio saltare quel baratro, non voglio più fermarmi sul ciglio e aver le vertigini perché il salto è troppo rischioso! – e gli appoggiò le mani sulle spalle, raddrizzandosi e avvicinandosi ancor di più a lui, che ora la guardava un po' sorpreso e lo sguardo leggermente spaesato. Era tenero, quello sguardo così indifeso le fece pompare il cuore ad una velocità pazzesca; voleva stringerlo a sé e rassicurarlo, aveva capito che qualcosa doveva essere accaduto se aveva così paura di un singolo bacio, ma non voleva tormentarlo perché ne parlasse. Voleva solo che lui si aprisse un poco, che decidesse di buttarsi: lei sarebbe stata lì a braccia aperte, pronta ad afferrarlo e saltare con lui se necessario.
Edward tremò sotto quello sguardo determinato, quella ragazza sapeva tirare fuori una tenacia che non le spettava quasi. Eppure.. eppure non poté fare a meno di provare ammirazione. Anche lei era terrorizzata da quello strano legame che stava legando i loro corpi in una strana morsa di passione e devozione, ma era disposta a provarci anche se l'avrebbe ferita. E lui non poteva dimostrarsi un omuncolo privo di spina dorsale. Lui non era così. Le sorrise, forse per la prima volta senza cattiveria o malizia, un sorriso spontaneo, timido e impacciato; la strinse a sé, e non riusciva a capire se quei battiti che stavano assordando le sue orecchie fosse il cuore di lei o il suo. Forse erano quelli di entrambi, finalmente pieni di gioia a quel contatto così sincero; la guardò negli occhi, le accarezzò dolcemente una guancia e, dopo averle afferrato la nuca con delicatezza, la baciò, la baciò cedendo al suo istinto. Era la cosa giusta da fare, in quel momento, solo per un attimo, mandò ad infrangere le sue paure nell'abisso profondo e rimasero solo loro. Loro e quel bacio che sapeva di molte cose, cose che ancora non erano state dette, cose che presto avrebbero trovato parola e giustizia. Un bacio che sapeva di tormento ma anche di espiazione.
Scusate il leggero ritardo! Un nuovo capitolo tutto da leggere, spero vivamente possa piacervi!
Un bacione
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