XL Iris: NESSUN DIRITTO DI AMARE

Canada, 4 luglio 2010

Le luci del mattino inoltrato mi svegliano.
Apro gli occhi. Sono sul dondolo in giardino.
Improvvisamente ricordo tutto della notte appena trascorsa; Dylan, la nostra conversazione, il nostro abbraccio.

Mi guardo intorno, ma di lui nessuna traccia.
E se fosse stato solo un sogno?
Se quel tipo fosse davvero un Angelo sceso sulla terra per consolarmi?

La giacca che mi copre il corpo ha un dolce sapore. E' un odore magico, che riconoscerei anche a miglia di distanza. E' il suo Profumo.

Gli Angeli non hanno un odore e non hanno nemmeno una giacca.

Dunque, ciò che ho vissuto, le parole che mi sono lasciata sfuggire questa notte erano rivolte a un ragazzo reale.
Un bellissimo ragazzo in carne e ossa.

Recupero la fascia per i capelli a terra.
Salgo in camera.
La porta della stanza di mio padre è chiusa.
Sta ancora dormendo, oggi farà il turno di pomeriggio.
Mi lavo i denti e la faccia.
Sostituisco alla mise sportiva quella da brava ragazza di provincia e indosso di nuovo la giacca di Dylan sulle spalle.
Gliela restituirò non appena lo vedrò al centro di cura. 

Mi piace tenere qualcosa di suo vicino.
E' così bello sentire il suo sapore addosso.
***

La signora Molly mi abbraccia, stringendomi forte ai suoi seni. Le ho detto che sono stata inserita in lista di attesa per il trapianto e lei si è quasi commossa.

"Ragazza!" La voce di Steve arriva forte e decisa alle mie spalle, "ti devo assolutamente parlare!" mi afferra per una mano, trascinandomi via dalla stretta della donna.

"Ehi! Cosa ci fai qui?"

Steve è agitato. Mi spinge in un angolo della sala di attesa, chiudendo le sue braccia ai lati della mia testa.

"Dove hai passato la notte?" mi urla contro.

Molly ci guarda da lontano, evidentemente scossa.

"Sei stata con Dylan? Ti ha baciata? Ti ha fatto del male?"

"Cosa, cosa stai dicendo?" arrossisco violentemente. Il solo sentir nominare Dylan e un suo possibile bacio mi fa accalorare senza ragione.

Steve abbassa gli occhi sulla giacca che ho appoggiata sopra le spalle. "E questa?"

Osservo il capo, inalandone il più possibile l'odore.

"E' di quel cafone, non è vero?" La voce di Steve non sembra intenzionata ad abbassarsi.

"Perchè ti arrabbi così tanto?" lo affronto.

"Non devi stare con quel ragazzo!" grida, "è troppo pericoloso!"

"Dylan non è pericoloso!" mi risento. " Ne abbiamo già parlato. Devi fidarti di me!"

"Mi fido di te!" replica inferocito, "ma...non è questo il punto!"

"E qual'è il punto? Sentiamo!"

Inizio ad arrabbiarmi pure io, seriamente. Steve è mio amico, ma non può comportarsi in modo così possessivo. Sta diventando paranoico. Lui e le sue infondate paure!

"Il punto è che tu..."

Lo incoraggio con lo sguardo. Voglio che prosegua, che mi dica cosa gli sta passando per la testa perché davvero non lo capisco più.

"Tu..." abbassa lo sguardo a terra. Si scruta le scarpe, poi risale ai miei occhi.

"Tu?" ripeto.

"Tu non puoi permetterti di innamorarti, ma soprattutto non puoi permettere a qualcuno di innamorarsi di te"

Resto spiazzata.

Non posso innamorarmi.
Non posso far innamorare qualcuno di me.

Improvvisamente mi sento una stupida.
Come ho potuto credere che l'Amore fosse qualcosa di possibile per una come me?
Il mio futuro è incerto, la mia vita stessa lo è.
Irregolare e fuori dalla normalità.
Io e Steve lo sappiamo, ce lo siamo sempre detti. Come ho fatto a dimenticarlo così facilmente?
Sarei solo un'egoista a sperare di conquistare il cuore di Dylan.
Non ho nessun diritto su quel ragazzo.
Nessun diritto di rovinargli la vita.

Guardo dritta dritta negli occhi di Steve, che impazienti attendono una risposta. "Non è successo niente con Dylan" confesso."Abbiamo solo parlato."

Il volto del mio amico pare rilassarsi.

"Hai ragione, non ho nessun diritto di far innamorare qualcuno di me e neanche di concedermi all'Amore, ma...parlare? Questo mi è concesso?"

Steve lascia andare le braccia lungo il corpo, allontanandole dalla mia faccia.
Non dice niente. Indietreggia di qualche passo, continuando a fissarmi insistentemente.

"Questa notte avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno. Dylan è stato molto gentile ad ascoltarmi" mi sento in dovere di giustificarmi.

I lineamenti di Steve tornano a contrarsi.
La sua mascella si stringe, mettendo in evidenza la barba più lunga del solito. "Dylan, Dylan! Ultimamente non fai altro che parlare di lui!" sbotta.

Sostengo il suo sguardo, decisa a cambiare discorso. "Sono stata messa nella lista per il trapianto, forse tuo padre te lo ha detto. Potrebbero chiamarmi in qualsiasi momento."

Steve abbassa le spalle e fa un ulteriore passo indietro. "Un tempo mi avresti chiamato o saresti venuta sotto casa mia per dirmelo. Adesso invece hai chi ti consola, non è vero? Il buon vecchio Steve può pure andarsene a farsi fottere!" grida.

Poi corre via. Attraversa il corridoio a grandi passi, senza neanche concedermi il tempo di replicare.

La porta si apre proprio mentre Steve sta per uscire e come una fantastica visione entra il ragazzo che mi ha lasciato poco fa sul dondolo del mio giardino.
Dylan, il mio Angelo o meglio il mio Principe.

Steve non accenna a fermarsi. Si limita a lanciare a Dylan una brutta occhiata, prima di andarsene.

Dylan guarda il mio amico, passatogli vicino come un razzo. Poi sposta i suoi occhi scuri sui miei e li trova imbambolati a osservarlo.

Mi sorride e solleva una mano per salutarmi.

Mi avvicino a lui. "Questa credo proprio che sia tua" sfilo la giacca dalle spalle e gliela riconsegno.

Dylan la prende.
Ne ha un'altra indosso, anch'essa scura.

"Grazie per questa notte" dico.

"Con me non devi usare quella parola" afferma.

"Quale parola?"

"Grazie" dice,"ricordi: non devi ringraziare nessuno, solo te stessa."

Certo che ricordo! Le sue parole.
Il suo conforto.

I nostri occhi rimangono connessi più del dovuto. Restano così, a fissarsi gli uni negli altri, come se dovessero dirsi cose che la bocca non conosce.

"Allora morettino?" La signora Molly ci raggiunge a piccoli passettini. "Ti va di accompagnarmi in palestra questa mattina?"

Guardo la donna e mi lascio sfuggire un sorriso.
Lei ricambia.
Nella sua espressione leggo qualcosa di sornione e malizioso.
Qualcosa che blocco sul principio, facendo un cenno negativo con la testa. Non mi piace che si faccia strani film in mente!

Dylan prende sotto braccio la donna, la quale si lascia sostenere fino all'ingresso della palestra.

Poco prima di entrare però lui si gira.
I suoi occhi di nuovo alla ricerca dei miei.

Percepisco qualcosa dentro di me che si espande, fino a impadronirsi dell'intero cuore. Non appena mi accorgo che quel qualcosa potrebbe essere un principio di amore, mi riscuoto all'istante.

Per quanto gli occhi, le mani, l'intero corpo di questo ragazzo mi chiamino con la forza di una calamita, non posso permettermi di venire attratta.

Sono d'accordo con Steve.
Non è giusto.
Soprattutto per Dylan.

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