XCVIII Iris: TITANIC
Canada, 29 luglio 2010
<<Ormai ci sono troppo dentro. Salti tu, salto io... >>
Queste sono le parole che mi ha dedicato Dylan su un bigliettino dentro al pacchettino a cuori. Ho passato la notte a guardare Titanic, il film che mi ha lasciato, e ho trascorso il giorno a fissare questo piccolo foglio di carta.
Salti tu, salto io. Ricordi?
Jack lo ha detto a Rose, prima che la nave affondasse e Dylan lo sta dicendo a me, adesso che le nostre vite stanno seguendo un percorso parallelo. Adesso che stanno cambiando e lo stanno facendo quasi in simbiosi.
Vorrei mettermi a piangere. Vorrei farlo a non finire, ma non posso. La promessa è più viva che mai e si ripresenta ogni qual volta una piccola lacrima spunta traditrice.
Sarà per colpa di questo messaggio o della bellissima favola del transatlantico finita in tragedia, ma il mio cuore è davvero stretto in una morsa. Il lusso della nave, la passione improvvisa e travolgente tra la ragazza ricca e lo squattrinato che vince il viaggio della speranza.
Titanic non è stato solo un film, ma il film.
Il film per eccellenza.
L'amore di Jack e Rose mi ha trasportata pienamente e mi ha fatto capire che io, nonostante tutto, sono fatta apposta per sognare. Amo farlo. Con tutta me stessa.
Gli occhi azzurri di Jack Dawson sono impressi a fuoco nella mia testa, così come il suo sorriso e i suoi capelli biondi con quel ciuffo sempre di fronte agli occhi. La sua generosità e il suo amore incondizionato. Si è lasciato morire, congelato dalle acque fredde dell'oceano, pur di salvare la sua amata.
Dovrò chiedere a Dylan chi è l'attore che lo interpreta. E' davvero un bell'uomo!
Con riluttanza ripongo il bigliettino dentro al diario. Lo chiudo e lo scorro sotto al letto.
Sto per rimettere di nuovo il dvd nel lettore, pronta a una nuova notte con gli occhi sbarrati di fronte alla nave che attraversa l'oceano e i suoi protagonisti a dir poco indimenticabili, quando sento bussare alla porta.
Mio padre si affaccia cautamente. "Ehi, bambina mia, stavi già dormendo?"
Potrei dirgli che ho passato la scorsa notte praticamente in bianco e, forse, anche questa non sarà poi così diversa, ma mi limito a scuotere la testa.
"Ti va di venire di sotto? C'è una piccola sorpresa..."
"Sorpresa?"
Il mio vecchio mi aiuta a sorreggere la bombola di ossigeno fino al pianerottolo.
Scendo le scale con cautela e quando arrivo in salotto trovo davanti a me davvero una gran bella sorpresa: Eva e Rose.
La mia matrigna non appena mi vede si sbilancia in un grande sorriso. Mia sorella invece prende la rincorsa e mi si lancia addosso.
"Rose, piano!" la rimprovera nostro padre.
Lascio che la bambina avvolga le sue braccia attorno alla mia vita e la stringa forte.
Le accarezzo i lunghi capelli biondi e la bacio sulla fronte. "Non avreste dovuto tornare a ferragosto?" chiedo, senza capire il perché della loro presenza.
"Abbiamo anticipato di un paio di settimane il rientro" dice Eva, "Mike mi ha chiamata, mi ha detto che non stavi molto bene e così..."
"Avete interrotto la vostra vacanza per me?" mi lamento, "non avreste dovuto! Io sto bene! Io..."
"Ehi, Iris, è tutto okay. Vancouver è molto bella, ma ci mancava Banff e anche la nostra casa..."
Non riescono a convincermi. Desideravano questa vacanza da tempo. Sono tornate per me, non c'è dubbio. Per il mio precario stato di salute. Un senso di inquietudine si impossessa del mio corpo. Passare dal Titanic alla vita reale è un attimo. Veloce e repentino.
Passare dagli occhi trasparenti di Jack a quelli preoccupati di ciascun componente della mia famiglia è davvero un minuscolo istante.
Dai sogni alla realtà.
Come saltare un ostacolo, come svegliarsi da un bellissimo sogno.
Rose si allontana da me e fissa la bombola di ossigeno che ho vicina. "Devi tenere quella cosa per sempre?" chiede, accigliata.
Le sorrido. La sua semplicità è ogni volta un colpo all'anima.
"Non per sempre, fin quando non riuscirò a respirare di nuovo da sola..."
"E quando respirerai di nuovo da sola?" La voce di Rose ha il suono della più pura ingenuità.
"Quando i miei polmoni ne avranno voglia" faccio spallucce.
Rose si fa seria e sopra al suo naso si formano piccole pieghe.
"Ehi, sorellina! Che succede?" le chiedo.
"Sono solo molto arrabbiata con i tuoi polmoni...tutto qui!" dice lei.
Eva e mio padre si scambiano un breve gioco di sguardi.
"Sono molto arrabbiata anche io con loro, sai?" allungo una mano, a spostare dietro le orecchie i suoi capelli. "E infatti ne sto aspettando un paio proprio nuovi di zecca!"
Rose arriccia le labbra. Immagino stia pensando a come possano due polmoni materializzarsi così, dal nulla. Non sono acquisti che si fanno al supermercato e neanche al mercatino delle pulci.
"Rose, perchè non dai ad Iris il regalo che le abbiamo preso a Vancouver?" interviene Eva, rompendo il momento di silenzio.
"Oh! Sì, certo!" esclama mia sorella. Si allontana da me e va verso la valigia di fronte alla porta. Apre la cerniera e cerca all'interno con grande energia. Poi torna con un pacchettino tutto colorato.
Lo prendo tra le mani, ringraziando.
"Ho scelto io il modello. Mamma avrebbe voluto prenderne uno da vecchia!"
Eva scrolla le spalle e sospira.
Rose è una ragazzina sveglia e vitale.
Invidio tutte le sue energie e al contempo sono contenta che almeno lei ce le abbia.
Una malata in famiglia è più che sufficiente.
Scarto il pacco e tiro fuori una graziosa borsetta di stoffa. Ha la tracolla e sembra anche molto comoda.
"E' bellissima, grazie!" bacio Rose e poi anche Eva.
Loro mi circondano in un caloroso abbraccio, al quale in breve si unisce anche mio padre.
Se qualcuno potesse vederci adesso, da fuori, direbbe che siamo il quadretto di una famiglia perfetta. Perfetta e felice.
E in realtà lo siamo. Io sono davvero fiera di avere un padre come il mio, una matrigna disponibile e dolce come Eva. E sono pure entusiasta della vitalità di Rose.
Sono felice.
Imperfetta ma felice.
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