XCVI Iris: LA FINE DEL MONDO

Canada, 28 luglio 2010

Dylan paga il conto per tutti e tre.
Usciamo dalla baita sazi. Abbiamo mangiato la Tourtiere, esattamente come la prima volta che sono stata qui con Dylan. Siamo stati bene, seduti fuori sotto al portico di legno.

"Che ne dite di raggiungere il fiume e restare lì a riposare per un po'?" propongo ai due ragazzi.

Steve calcia alcuni sassolini con la scarpa e mi studia, scettico. Dylan invece mi guarda con una espressione del tutto indecifrabile.

"Vi prego!" li supplico.

Steve allora si passa una mano dietro la nuca. "Sicura di non stancarti troppo?" mi chiede.

"Ho davvero bisogno di trascorrere una giornata come tutte le altre..." confermo.

Dylan razzola dentro le tasche e tira fuori le chiavi dell'auto. "E va bene. Salite e indicatemi la strada!"

Steve si posiziona sui sedili posteriori, lasciandomi il posto davanti, accanto al guidatore. Dylan procede piano e in silenzio.
E' strana l'atmosfera che si respira dentro l'abitacolo. E' come se una fitta rete elettrica ci tenesse a debita distanza. Dylan non parla e Steve guarda fuori dal vetro, posso vederlo dallo specchietto posteriore.

Sono con gli unici due ragazzi ai quali voglio davvero un gran bene e loro sembra che non siano affatto con me. Sono persi nei loro mondi. Dylan in chissà quali pensieri e Steve, probabilmente, nella sua sbagliata percezione dell'amore nei miei confronti.

Quando arriviamo nei pressi del ruscello indico dove parcheggiare la macchina. Dylan mi aiuta a scendere e si propone di sorreggere la bombola di ossigeno portatile. Anche Steve arriva in mio soccorso e io non so dove trovo la forza per convincere entrambi che non è affatto un peso e posso portarla da sola fino al prato poco lontano.

L'odore del bosco e il rumore dell'acqua che scorre mi riempiono il cuore di gioia.
Mi fanno stare bene.

Mi siedo a terra. Dylan si mette alla mia destra e Steve alla mia sinistra. Per un attimo penso che non vorrei stare da nessun'altra parte. Essere qui ed esserci con due persone così importanti per me, vale più di qualsiasi altro viaggio che forse mai nella mia vita sarò in grado di fare. I miei occhi sono un tutt'uno con le montagne e il mio cuore con l'aria e il sole.

"A cosa state pensando?" chiedo, curiosa.

Dylan si passa una mano tra i capelli.
Lo vedo con la coda dell'occhio e il gesto mi fa venire i brividi, senza neanche sapere il perchè.

"Stavo pensando a una cosa molto triste, stavo pensando che presto dovrò tornare nel caos di New York" dice lui.

La scia di un aereo solca il cielo sopra di noi.

"Le vacanze finiscono!" replica Steve, canzonandolo.

Poso una mano sul ginocchio di Dylan e una su quello di Steve. Sono stati bravi per tutto il pranzo, non voglio che incomincino a litigare proprio adesso.

Per fortuna Dylan non dice niente. Guarda le mie dita sulla sua gamba e chiude gli occhi. Anche io li chiudo. Un attimo. Un solo attimo.
So che tutto questo presto finirà. Il nostro patto stesso sta per giungere al termine e anche il soggiorno di Dylan in Canada, però non voglio rammentarlo. Non adesso.

"E tu, Steve, a cosa stavi pensando?" sussurro, cercando di distrarmi.

Il mio amico posa la sua mano sulla mia, respingendola bruscamente dalla sua gamba. "Stavo pensando che andrò a farmi un bagno!" sbuffa.

In pochi istanti si allontana. Si toglie la maglietta e anche i pantaloni. Sfila la mascherina chirurgica che indossa e la abbandona su un grande masso.
Poi, in mutande, introduce il suo corpo dentro l'acqua. A giudicare dalla lentezza con la quale si immerge, non deve essere troppo calda.

Scuoto la testa, decisamente demoralizzata.
Vedere Steve così triste e distante mi fa stringere il cuore. Perchè niente può mai essere perfetto? Almeno per una volta!

"Vado anche io" dice Dylan, mettendosi in piedi. "Sono a Banff da giorni e non ho ancora fatto un bagno vero e proprio!"

Resto seduta e guardo Dylan raggiungere il mio amico. Quando arriva nei pressi del ruscello si toglie la camicia e i jeans. Vedere il suo corpo nudo, ancora una volta, mi lascia senza respiro.

Steve si stende e tira i piedi in superficie.
Dylan invece entra cauto, fin quando l'acqua gli tocca la vita, poi si fa coraggio e si immerge fino al collo. Steve nuota, allontanandosi dalla riva e dal bagnante appena arrivato, mentre Dylan manda indietro le braccia e il collo.
I suoi capelli si bagnano e i muscoli della sua schiena si contraggono in modo esagerato.
Non posso davvero fare a meno di guardarli.

Dylan manda via dal viso alcuni ciuffi bagnati e si volta a guardarmi. I nostri occhi si incontrano. Mi sembra un Dio. Bello, nudo e perfetto.

Le sue labbra si piegano appena in un sorriso. Un sorriso che mi riporta a questa mattina, all'alba che abbiamo visto insieme, alla colazione che mi ha preparato, a ogni singolo film che abbiamo interpretato.
Mi riporta allo spogliarello e anche al contatto dei nostri corpi sul divano di casa mia.
Un semplice sorriso che riesce a racchiudere in sè l'universo intero.

Le montagne diventano una cornice.
Un quadretto. Dylan ed io ci siamo dentro e occupiamo tutto lo spazio.

I due ragazzi restano per un pò a bagno.
Uno da un lato del ruscello e uno dall'altro, senza scambiarsi parola. Poi Dylan è il primo ad uscire. Il suo corpo è molto meno avvezzo alle acque fredde del Canada, rispetto a quello di Steve.

Alla svelta si rimette la camicia e imbraccia i pantaloni. Viene verso di me e si butta a terra. Il sole lo avvolge pienamente nel suo calore.

"Che razza di ruscelli avete in Canada? Sembra di stare dentro a un frigorifero!"

Rido e scorro gli occhi sul suo corpo ancora infreddolito. La camicia gli si è attaccata alla pelle, bagnandosi.

Dylan sfrega le braccia l'una sull'altra per cercare di riscaldarsi. Allungo una mano tra i suoi capelli bagnati e poi sul suo collo.
Il suo profumo è ancora più acceso e buono, esaltato dall'odore fresco dell'acqua.

"Vieni vicino a me" lo incoraggio, "così potrai riscaldarti un pò"

Dylan esegue alla lettera le mie parole.
Sposta il sedere di qualche centimetro, fin quando le sue coscie nude non sfiorano i miei jeans.

Sposto lo sguardo sul suo volto. Le sue labbra tremano e i suoi occhi sono più chiari sotto la luce del sole.

"Grazie per aver accettato di passare questa giornata con me e Steve"

Dylan alza un indice e lo posa direttamente sulla mia bocca. Aggrotto la fronte e scuoto leggermente la testa.

"Non voglio più sentirti dire grazie" dice.

Il mio respiro accelera dentro alle cannule di plastica e il mio cuore batte così veloce che posso sentirlo fin dentro le orecchie.

"Okay" sussurro.

Dylan mi sorride, dopodichè punta i gomiti sul terreno e lentamente si sdraia a terra.
Il suo corpo è dritto. Le sue gambe sempre troppo vicine alle mie e la camicia bagnata e aperta lascia intravedere il suo petto liscio e chiaro.

"Perchè non vieni giù anche tu?" mi chiede, allungando un braccio, in modo alquanto accogliente. Senza distogliere lo sguardo da quello del ragazzo bello, bagnato e disteso sull'erba, mi tolgo la tracolla con la bombola di ossigeno e la posiziono a terra.

Scivolo indietro.
Dylan mi accoglie, attento a non fare trazione sul tubo dell'ossigeno. La mia testa si posa sulla sua spalla e il mio naso si incastra dentro al suo collo. Non importa che abbia delle maledette cannule ad ostruirmi le narici, il mio olfatto è all'ennesima potenza e il profumo di Dylan, in questa posizione, mi arriva fin dentro la testa.

Silenzio. Solo il cielo azzurro e pieno, qualche nuvola che si muove intorno al sole, un paio di farfalle e il rumore del ruscello poco lontano, nientr'altro.

Chiudo gli occhi e vivo questo momento a pieno. Fino in fondo.
Vivo il respiro di Dylan che pian piano si rilassa e vivo la sua pelle baciata dai raggi solari.
Ogni centimetro del suo corpo è parte di questo mondo, della natura, della mia stessa esistenza.
Poi, ad un tratto, tutta questa leggerezza si sfuma, offuscata da una grande ombra umana che appare esattamente sopra di noi.
Steve.

Dylan agita la mano in aria e si rivolge a lui infastidito: "Ehi! Vuoi spostarti dal sole?"

Steve mette le mani sui fianchi e resta immobile. E' piuttosto inquietante; appena uscito dall'acqua, in mutante e completamente bagnato.

"Che problema hai, vuoi spiegarmelo?" dice Dylan, con voce sempre più dura.

Il mio amico alza gli occhi al cielo e sbuffa: "Non mi sposterò fin quando Iris non tornerà a debita distanza da te! Questa è una giornata per soli amici e io non ho nessuna intenzione di assistere a scene disgustose!"

Senza aspettare oltre mi scosto dal corpo del ragazzo steso e bagnato al mio fianco e cerco di rimettermi seduta.

Dylan però mi trattiene. "Io e Iris resteremo abbracciati fin quando lo vorremo. Non siamo certo noi l'immagine più rivoltante. Guardati! Meglio che vai ad asciugare il tuo moscerino, prima che diventi una vera e propria larva ambulante!"

Steve stringe la mascella e anche i pugni.
E' un istante.
Il tempo di scostarmi definitivamente, che lui si fionda sul suo avversario. Lo prende per la camicia e lo strattona con forza.

"Ragazzi! Non litigate. Per favore!"

Le mie preghiere vanno letteralmente in fumo. La collera di Steve, quell'energia negativa di cui mi parlava Dylan si ripresenta più palese che mai.

"Tu mi provochi!" La voce del mio migliore amico è gutturale e dura. "Tu vuoi solo farmi del male! Non posso esserti amico, non posso farlo, capisci?"

Dylan cerca di allontanare le mani di Steve dal suo capo di cotone bianco, ma ogni tentativo va a rotoli. Non riesce a respingerlo perchè lui, il suo avversario, è davvero troppo arrabbiato.

"Non mi importa niente di te, Steve" dice Dylan, cercando di mantenersi più calmo possibile. "Io voglio solo che Iris sia felice, niente di più"

Il mio cuore subisce un colpo dietro l'altro.
E' inquieto e preoccupato per quello che può succedere tra i due, ma anche maledettamente sciolto dalle tenere parole di Dylan.

Non avrei mai pensato che un giorno, due uomini arrivassero a litigare per me.
Io, una ragazza di paese, imperfetta e semplice.
Io che non ho niente da dare, ma solo tanto e poi tanto da chiedere.

"Iris non sarà mai felice con te!" dice Steve a denti stretti. "Il tuo mondo è diverso dal suo. Tu la farai soffrire e lei tornerà a cercarmi, come ogni volta!"

Dylan spinge Steve indietro, riuscendo finalmente a mettersi in piedi.

"Vorrei che non fossi mai arrivato" dice il mio amico, "vorrei che Iris non ti avesse mai conosciuto, nè te, né tutte le tue stronzate sul cinema! E sono davvero felice che il tuo soggiorno a Banff stia per finire, così potremo tornare alla normalità. Io, Iris e le nostre gite in montagna!"

Riprendo la tracolla e raggiungo i due ragazzi, i quali, a forza di spinte e grida, sono arrivati in prossimità del fiume.

"Sai cosa ti dico, caro Steve?" Dylan allontana le mani dell'aggressore dal colletto della sua camicia. "Non mi importa proprio niente del tuo disagio sociale, perchè è di questo che ovviamente si tratta, non mi importa se hai una malattia con la quale devi convivere, non mi importa neanche se sei innamorato della tua migliore amica. Non mi importa di te. Per niente!" lo spinge indietro, fino alla riva del ruscello. "Ho cercato di non dare importanza a tutto quello che mi hai fatto da quando sono arrivato. Ci siamo scambiati una stretta di mano, ma a quanto pare non è servita poi a molto. Tu continui a usare la violenza e continui a interferire nella mia vita, più di quanto dovresti permetterti! Quindi..."

"Quindi?" Steve si ritrova a camminare indietro, spinto dalla forza improvvisa e a dir poco sorprendente di Dylan.

Sembra che improvvisamente il ragazzo tranquillo di New York si sia svegliato, quello che si lasciava scivolare addosso ogni situazione, adesso è attivo. Deciso e determinato. E la cosa mi fa quasi paura.
Quelli di fronte a me sono due ragazzi forti e agguerriti. Sono due uomini in lotta e non preannunciano niente di buono.

"Quindi è ora che tu paghi per ciò che mi hai fatto passare!" Dylan spinge Steve fin dentro il ruscello. Lo afferra per la nuca e con forza gli ficca la testa dentro l'acqua.

Il mio amico oppone resistenza, ma non riesce a liberarsi della presa.

"Questo è per il pugno sullo stomaco nel bagno di casa tua!" dice Dylan, ritirando sù la testa della sua vittima.

Porto le mani alla bocca, indecisa se mettermi a urlare o meno.

"Questo è per l'agguato nel garage e la spinta contro lo sportello della macchina di tuo padre!" Dylan infila di nuovo la testa di Steve dentro.

Alcuni spruzzi di acqua arrivano fino a me.
Dylan tira sù di nuovo Steve per i capelli.
Lui sputa e prende fiato.
Prova a lamentarsi, a dire qualcosa, ma Dylan lo rinfila di nuovo sotto.

"E questo è per aver spifferato a Iris cose che non ti riguardavano affatto!"

Poi Dylan lascia andare la sua preda ed esce dall'acqua. Il mio amico rimane dentro al ruscello. Tossisce e tossisce ancora.

Guardo Dylan tornare a sedere sull'erba.
I suoi occhi sono sfuggenti e tristi. La sua rabbia è a fior di pelle. Steve viene fuori e io lo raggiungo.

"Ehi, stai bene?" poso una mano sulla sua guancia e una tra i suoi capelli.

Lui annuisce. Volge gli occhi a Dylan e poi torna a guardarmi.

"Lo odio. Io lo odio!"

Scuoto la testa e lo trattengo per un braccio.

"Basta con la violenza. Io non posso più vedervi litigare!"

Steve fa un passo indietro e si porta entrambe le mani alla testa, nascondendovi il volto all'interno.

"Steve, ti prego..."

Lui fa un respiro più grosso degli altri. "Io non so quanto potrò resistere ancora accanto a quello là!"

"Dovete smetterla di rinfacciarvi le cose. Quello che è successo non può essere cancellato e quello che ciascuno di noi prova nemmeno! So che non potrete mai essere amici, ma almeno tentate di sopportarvi a vicenda. Se non volete farlo per voi, fatelo almeno per me, altrimenti sarò costretta a non vedere più nessuno dei due!"

Le spalle di Steve e anche le sue braccia si abbassano mestamente.

"Coraggio! La vita è troppo breve per continuare a odiarsi!" lo prendo per mano.

Il mio amico mi segue e non appena arriviamo davanti a Dylan sento le sue dita contrarsi dentro al mio palmo. Mi siedo, trascinando Steve al mio fianco.
Dylan è serio, i suoi occhi lo sono. Non cercano i miei e neanche quelli di Steve, ma restano fermi sui fili d'erba ai suoi piedi.

"So che vi chiedo troppo, però ho bisogno di tranquillità. Non sono giorni facili questi per me. Non sono nelle migliori condizioni di salute e sono in attesa del trapianto...io...io...non voglio chiedervi uno sforzo troppo grande, ma ho solo bisogno di sapere che voi due mi siete vicini"

Dylan smette di fissare il prato e alza gli occhi nei miei. "Io ti sono vicino" dice.

Steve, accanto a me, sospira: "Anche io ti sono vicino, ma..."

"Niente ma!" sposto l'attenzione su di lui. "Voi siete due persone molto importanti per me. Mi avete colorato la vita, ognuno in modo diverso"

Dylan non smette di guardarmi. La sua rabbia sfuma e il suo volto torna a rilassarsi.

"Tu, Dylan, mi hai rivoluzionato le giornate, le hai trasformate in qualcosa di magico e di bello! Le hai dipinte di azzurro a tuo modo, in uno stile in perfetta armonia con i miei gusti...."

Dylan sorride. Le sue labbra mi catturano.
Mi fanno perdere la ragione.

"E tu, Steve" Con grande fatica sposto l'attenzione sul mio migliore amico. " Tu, sei la quotidianità, la spalla d'appoggio, la forza che mi sostiene da sempre..."

I due ragazzi restano in silenzio.
Lo fanno per rispetto, forse, oppure perchè finalmente hanno capito che non vale la pena arrabbiarsi, non quando la vita è stata già poco generosa con te.

Steve si alza e riprende i suoi vestiti. Li indossa e torna di nuovo a sedermi accanto.
Anche Dylan infila i suoi jeans.
Mi incanto a vedere le sue dita chiudere a uno a uno i bottoni della camicia.

"Voi siete perfetti" dico, rivolgendomi a entrambi.

Dylan solleva lo sguardo. La sua fronte si corruga appena e le sue labbra si arricciano sensuali. "Io non sono perfetto, lo sai" dice.

Steve sospira: "neanche io lo sono"

"Non siete perfetti, ma siete la mia perfezione" li riprendo.

Dylan si passa le dita tra i capelli ancora umidi, poi fruga nelle tasche ed estrae un pacchetto di sigarette. Lo rigira tra le mani, ma non ne tira fuori nessuna.

"Un uomo perfetto non fuma" dice, "un uomo perfetto non beve e neanche si rifiuta di lasciarsi andare all'amore..."

Il mio respiro si spezza e il mio sguardo si concentra sul pacchetto che Dylan stringe dentro una mano.

"Un uomo perfetto non si innamora della sua migliore amica, non si nasconde dietro la violenza e neanche dietro a stupidi giornaletti. Un uomo perfetto sa ciò che vuole e la ottiene sempre!" aggiunge Steve.

Dylan rinfila il pacchetto in tasca ed io scuoto la testa, per niente d'accordo con questa visione così negativa del loro modo di essere.

"Tutte le vostre imperfezioni fanno di vuoi uomini perfetti!" puntualizzo.

"Fanno di noi uomini perdenti" precisa il mio amico.

"Perchè non facciamo un gioco? Ecco sì! Perchè non facciamo in modo di distruggere tutto quello che vi rende così imperfetti come dite? Se io potessi distruggere questa bombola d'ossigeno lo farei all'istante, ma non posso. E' la mia imperfezione, ma è anche quella cosa che mi permette di essere qui con voi adesso, però, per te, Steve, è diverso. E anche per te, Dylan, lo è! Buttate via tutto ciò che di materiale vi lega al passato, a quel passato che non vi piace, che non vi fa sentire apposto. Provate a farlo e sarà il primo passo per riprendere in mano la fiducia in voi stessi"

Dylan sposta gli occhi al cielo e Steve a me.

Il passato non si può eliminare, i sentimenti non si possono cancellare, ma crescere è possibile. E farlo insieme è sicuramente la cosa migliore.
***

Dylan parcheggia l'auto davanti alla tenuta e viene ad aiutarmi scendere. Steve dorme nei sedili posteriori. Vorrei salutarlo, ma non oso svegliarlo. Sembra un bambino, puro e innocuo con la testa ciondoloni e le braccia inermi lungo il corpo.

"Iris, volevo lasciarti questo..." Dylan mi porge uno dei suoi pacchettini con i cuori. "Il nostro gioco continua, ancora per qualche giorno..."

Accolgo tra le mani il dvd.

"Troverai una sorpresa dentro" dice, con un cenno della testa.

Lo rigiro, indecisa se aprirlo o meno.

"Aprilo quando sei da sola. Lo preferisco" mi frena lui.

"Okay" annuisco.

Il sole sta per tramontare e un venticello si alza leggero.

"Mi è piaciuto molto il tuo discorso sul passato. Farò come dici, butterò via tutto quello che lo riguarda, proprio tutto!"

Sorrido. La voce di Dylan è calda e sincera.
E io sono felice che lui abbia preso in considerazione le mie parole. Quello che è stato non si può cancellare, fa e farà sempre parte di noi, ma migliorare la propria vita è possibile. Basta volerlo.

Dylan infila le mani nelle tasche dei jeans e mi sorride. Siamo di fronte all'auto ancora accesa, dobbiamo smettere di rammentare i nostri discorsi e salutarci, solo che, nessuno dei due sembra abbia voglia di farlo.

Alla fine sono io a prendere in mano la situazione; "Buonanotte, Dylan" lo saluto con un piccolo cenno della mano.

Indietreggio di qualche passo. E' stata una giornata intensa, ma non sono affatto stanca o pentita di averla trascorsa.

Dylan mi guarda raggiungere il portone.
E' fermo e non batte ciglio.
I suoi occhi sono fissi sul mio corpo che si muove lento e le sue labbra restano socchiuse, quasi incapaci di darmi la sua buonanotte.

Poi quegli occhi e quelle labbra si rianimano improvvisamente. E anche le sue gambe, che corrono svelte verso di me, raggiungendomi.
Le sue mani si fermano sulle mie spalle.
Il suo volto si avvicina al mio e la sua bocca si posa sulla mia. E' un istante, ma è lungo quanto cento o mille anni.
Il mio cuore smette di battere e le mie gambe tremano fin quasi a cedere.

"Buonanotte, Iris" sussurra a un filo dalla mia bocca.

Resto imbambolata a guardarlo allontanarsi di nuovo. Dylan indietreggia fino alla sua auto e poi vi sale sopra. Quando la portiera si chiude, il mio cuore riprende a pulsare.

La mia testa è confusa e anche il mio animo.

La mia bocca ha il sapore di Dylan adesso.
Un sapore che non dovrei accogliere, ma che è decisamente la fine del mondo.
Del mio mondo.

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