X Iris: TERAPIA D'URTO

Canada, 26 giugno 2010

Sono dieci giorni che ho iniziato la terapia d'urto. Quella forte, quella che lascia senza energie. Spero davvero di poter sconfiggere questo odioso batterio che colonizza i miei polmoni, ma le mie speranze diminuiscono con il passare dei giorni.

Ieri ho ripetuto le analisi e non vanno molto bene. Il dottor Cox dice che devo essere forte, che devo lottare insieme alle medicine e all'impegno di tutti gli operatori del centro, ma io sono stanca.
E' appena iniziata l'estate e non sono ancora riuscita a farmi un giro al lago o al fiume per prendere un po' di sole.
Ho la pelle così bianca che potrei riflettere la luce!

Passo tutte le mie mattine attaccata a una flebo e i pomeriggi a dormire sul divano.
La sera alla taverna il lavoro è raddoppiato per l'arrivo dei turisti e il mio fisico comincia a dare veri e propri segni di cedimento.

Non riesco più ad arrivare da casa al centro o da casa a lavoro senza fermarmi un paio di volte a riprendere fiato.
Tra poco non riesco più neanche a salire le scale che portano alla mia stanza, tanto ho il respiro corto.

Naturalmente cerco di nascondere il tutto a mio padre. Non voglio che si preoccupi.
Ci metto grande impegno per fingere di essere tranquilla, papà però non è uno sprovveduto e mi conosce fin troppo bene. Credo che presto inizierà ad accorgersi che qualcosa non va, a meno che non lo abbia già intuito.

"Ehi, ragazza!" La voce di Steve mi distoglie dai brutti pensieri.

Alzo la testa e lo vedo.
E' fermo davanti all'entrata della sala di attesa.
Mi metto in piedi, lasciando che la sedia di plastica si chiuda automaticamente.

"Cosa ci fai tu qui?" dico ad alta voce, così che possa sentirmi, "non hai finito una settimana fa il tuo ciclo?"

" Sono venuto per fare la spirometria" dice, " ho appuntamento tra dieci minuti!" fa qualche passo nella mia direzione.

"Non avvicinarti!" lo blocco, "sai che non possiamo farlo!"

Steve scuote la testa, " Stupidaggini!" quasi grida, " un anonimo Pseudomonas non può tenermi lontano dalla mia migliore amica!"

Le voci dei presenti si sovrammettono le une alle altre, creando un vocio quasi omogeneo.

"Sì che può" replico, "proprio perchè sono tua amica, non voglio e non posso permettermi di trasmetterti qualcosa di così orribile!"

Steve sbuffa. Se pur da lontano posso comunque vedere le sue guance gonfiarsi e rilasciarsi, accompagnate da un movimento sincrono delle spalle.

"Non essere triste, non appena la cura di tuo padre funzionerà, potremo tornare a stare insieme" lo rassicuro.

Steve fa ancora qualche passo. Questa volta arriva a circa un paio di metri di distanza da me. " Ma noi stiamo già insieme, dove le collochi le mie attese notturne fuori dalla taverna? E il tratto fino a casa tua? E l'abbraccio della buonan..."

Non lascio che termini la frase, mi getto contro di lui, tappandogli la bocca, " Sei impazzito?" sibilo, " vuoi farlo sapere a tutti? Vuoi che arrivi alle orecchia di tuo padre?"

Steve mi prende la mano e la allontana dalle sue labbra, " Non ce la faccio più" dice, " è da dieci giorni che posso vederti solo di notte per accompagnarti a casa, io non voglio questo! Io voglio stare con te sempre!" si porta le dita tra i capelli, tirando i ciuffi  biondi dietro la fronte, " sai cosa ti dico? Preferirei averlo anche io questo dannato batterio, così potrei starti accanto senza nascondermi, potremo fare terapia insieme e passare l'estate insieme, come abbiamo sempre fatto"

"Non dirlo neanche per scherzo!" lo ammonisco, " i tuoi polmoni sono puliti e lo saranno per più tempo possibile. Anche a me manchi tanto, ma non possiamo rischiare"

"Io rischierei tutto per te, anche la mia vita!"

Fisso il pavimento. Le mattonelle sono rosa e bianche. Sono lisce e lucide.
Belle. Proprio come le sue parole.

"Anche io rischierei la mia vita per te, ma in questo caso non servirebbe a niente. Stando vicino a me non potrai guarirmi, ma solo farmi sentire responsabile di un tuo probabile peggioramento"

Steve stringe la mascella, trattenendo delle lacrime che forse, se fosse da solo, sarebbero in grado di uscire liberamente. Poi si volta e prende la direzione degli ambulatori.

" Steve non fare così..." lo richiamo, " cerca di capire, è per il tuo bene!"

Lui si gira appena. Posso vedere il suo profilo pallido e scarno, " Sembri mio padre!" mugugna, " non so quale sia il mio bene, ma di sicuro non stare lontano da te!" si volta di nuovo e raggiunge il corridoio che porta agli studi medici. Alza una mano e mi saluta dandomi le spalle, " Ci vediamo stanotte alle tre fuori dalla taverna, ciao ragazza!" urla.

Mi guardo intorno. Per fortuna nessuna traccia del dottor Cox, nè di qualche infermiera che possa averlo sentito.

Solo la signora Molly che sta arrivando per la sua solita fisioterapia mattutina.

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