RITROVARSI

New York, 21 settembre 2020

"Dunque sei qui nei panni di una piccola e indifesa turista?"

Rose mi spintona, "Ho ventun anni, non sono affatto piccola! E questo viaggio negli Stati Uniti è il regalo dei miei genitori per festeggiare la maggiore età"

Camminiamo l'uno di fianco all'altra, su uno dei viali all'interno di Central Park. E' quasi sera e l'aria inizia a raffreddarsi. L'estate se ne sta andando, ma infondo non è che mi importi poi così tanto, anzi, mi sento quasi felice di abbandonare questo periodo dell'anno. E' troppo nostalgico, troppo ingombrante per me.

Rose alza i suoi occhi chiari verso i grattaceli che si scorgono all'orizzonte, oltre le chiome degli alberi, e io mi ritrovo a studiare il suo profilo, restandovi dolcemente incantato.
Iris. E' sconcertante quanto, crescendo, Rose sia uguale alla sorella.

"Sono felice di essere riuscita a trovarti" mi sorprende lei con un sorriso.

Infilo le mani nelle tasche. I miei capelli si spostano, agitati da un sottile alito di vento che fa muovere anche le poche foglie ingiallite e cadute a terra.

"Come hai saputo dove lavorassi?" domando.

Rose non smette di sorridere. E io mi ritrovo a incantarmi di fronte alla sua spensierata vitalità.

"Sai che questo tipo di volantini sono sparsi in ogni singolo angolo della città?" tira fuori dalla tasca della giacca un foglietto tutto stropicciato. "Sarebbe stato impossibile non scovarti!"

Passo una mano tra i ricci, grattandomi la testa.

"Vuoi spiegarmi che razza di titolo è: L'amore non esiste? Come può un film chiamarsi in questo modo?"

Il mio cuore si stringe, insieme al nodo che mi si forma in gola. Rose scuote la testa, in attesa di una risposta.

Abbasso gli occhi sulla punta delle scarpe e taglio corto: "E' un titolo come un altro"

Rose scruta il volantino, soppesando ogni parola. "Non credi all'amore?" mi chiede. "Non ho questo ricordo di te. Tu e mia sorella eravate...Oh voi due eravate...così innamorati!"

"Lo eravamo" affermo. "I tuoi ricordi sono precisi"

"Allora perché questo titolo?"

Non ricordavo che Rose fosse così insistente, deve essere un lato del suo carattere emerso con lo sviluppo.

"Pensi che Il dolore esiste sarebbe un titolo migliore?" le domando.

Rose apre e chiude la bocca, emettendo un suono ovattato: " io credo che.."

"Che ne dici se ci sediamo un po'?" interrompo questa assurda conversazione, conducendo Rose a una delle panchine ai lati del sentiero.

Lei infila di nuovo il volantino in tasca. I suoi occhi mi osservano, me li sento addosso, nonostante io cerchi di mantenere l'attenzione esattamente di fronte.

"Sai cosa ti dico?" aggrotta la fronte, tra il pensieroso e l'arrabbiato. "Ti vedo un po' invecchiato!"

Mi scappa da ridere, in modo amaro e nostalgico.

"Sono vecchio" la correggo, poggiando la schiena sul legno e stendendo le gambe avanti.

"Tu non sei anagraficamente vecchio!" squittisce lei.

"Ho trentuno anni" le ricordo.

Rose fa spallucce. "Non si tratta degli anni. Si tratta della tua pelle, del tuo sorriso, delle tue parole e del tuo...non so..."

"Rose" mi volto verso di lei e poso le mie mani sulle sue braccia. "L'ultima volta che mi hai visto eri una bambina. Mi vedevi con gli occhi di una creatura di undici anni! Adesso invece..."

"Adesso ti vedo con gli occhi di una donna, di una donna che è cresciuta in fretta e può capire ogni singolo segno che si trova sulla tua pelle stanca, perchè si tratta degli stessi identici segni che si trovano anche nella mia"

Mi ritrovo a fissare Rose negli occhi. Ed è la prima volta, dopo dieci anni, che incontro uno sguardo capace di capirmi. Occhi che sanno quello che provo perchè anch'essi sono immersi nel mio stesso, sconcertante dolore.

"L'ultimo ricordo che ho di te è quello di una bambina con la sua bambola di pezza, seduta sulle scale di un ospedale, con gli occhi pieni di lacrime e di incomprensione" dico.

"Non sono stati anni facili, per nessuno di noi" sospira. Le sue mani si sfregano l'una all'altra, nervosamente.

Chino la testa, lasciando che alcuni ciuffi di capelli mi ricadano sugli occhi, così da nascondere la loro imminente lucidità. "Mi sento in colpa" confesso, "dopo il funerale non sono mai tornato a Banff, avrei dovuto farlo! Avrei potuto prendere dei fiori e portarli alla tomba di Iris, poi passare a trovare i tuoi e anche i Cox" mi lascio sfuggire uno strano sospiro. "Il fatto è che, ogni volta, ogni singola volta che ho anche solo pensato di prendere un aereo e venire in Canada, ho trovato mille scuse per non farlo. Gli esami, la scrittura del copione. Scuse. Soltanto banali e inutili scuse!"

Rose scuote la testa. La sua mano si posa sulla mia spalla e i suoi occhi mi rassicurano. "Nessuno è arrabbiato con te. Ciascuno di noi ha vissuto questi anni troppo occupato a combattere con il proprio dolore" afferma.

"Come sta Mike?"

Rose si inumidisce le labbra. I miei occhi cadono dritti su quel gesto, così sensuale e nostalgico. "Non bene" dice, "dopo la morte di mia sorella è caduto in depressione. E' invecchiato molto negli ultimi mesi. Mia madre lo accudisce quasi come un bambino."

"E tu?" sposto appena la testa, liberandomi la fronte dai capelli. "Tu come stai?"

Rose porta le mani al petto. I suoi occhi si fanno lucidi e guardano l'enorme distesa di erba verde che hanno davanti.

"E' la prima volta che qualcuno me lo chiede"

Il mio cuore si stringe sempre di più. Una morsa sottile e allo stesso tempo schiacciante.

"Iris è ovunque. In tutte le cose, in tutte le stanze, in ogni singola parte di me. Dappertutto" rivela, prima di scoppiare a piangere.

In breve allungo le mie braccia su quelle di Rose. Lei si lascia avvolgere e consolare.

"Lo so, lo so" le respiro attraverso i capelli e caccio dentro tutte le lacrime che vorrebbero uscire dai miei occhi. E' per questo motivo che non sono mai tornato in Canada. Il dolore.
Vedere Rose sta riaprendo ferite mai guarite, sta facendo tornare in superficie tutto il disagio che provo, continuamente. Distrugge la mia corazza, lasciandomi completamente e dannatamente vulnerabile.

"Dylan, io...io...ho scelto volutamente questo viaggio a New York, l'ho scelto come regalo perchè volevo rincontrarti. Sentivo che lo avrei fatto così come sentivo che Iris lo avrebbe voluto...che ci rivedessimo! Che condividessimo tutti questi ricordi. Parlare di lei, parlare di quel periodo, tirare fuori il dolore è il primo passo per superarlo. In due è tutto più semplice. Io posso capirti, Dylan. E tu puoi capire me, come nessun altro..."

Mi scosto da Rose. Il suo volto è bagnato dalle lacrime. Lo asciugo con le mie mani, non più lisce come una volta.

"Rose, sono così felice di vederti..."

Il mio respiro sale e scende, così forte da poterlo sentire fin dentro le orecchie, nei polmoni, nel profondo delle visceri.

"Anche io sono felice, davvero tanto!"

Ci abbracciamo di nuovo, per poi rialzarci e proseguire il nostro cammino. I nostri passi sono lenti e le nostre parole davvero tante.
Ci raccontiamo. Parliamo di questi dieci anni e di quello che è accaduto dopo ad ognuno di noi. Dopo che la guerriera forte e combattiva che abbiamo conosciuto se ne è andata per sempre da questa terra, deponendo le armi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top