MIRACOLI
New York, 21 settembre 2020
"Stooop!"
La donna si ferma in mezzo al palcoscenico, interrompendo il copione che sta leggendo.
Mi guarda, incerta, con un paio di occhi grandi e neri come la pece.
"No, no, no!" sbatto una mano sul tavolino che ho di fronte. "Proprio non ci siamo! Può andare, signorina!"
Sento la testa scoppiare e lo sconforto prendere sempre più campo dentro di me. Non provo niente per la ragazza che corre via piangendo, con il volto nascosto dentro i palmi. Non provo niente neanche per tutte le altre cento o duecento donne alle quali ho destinato il solito trattamento.
"Dylan, caro, non credi di meritare una piccola pausa?"
La voce di Elisabeth mi arriva da dietro, poco prima delle sue mani posate sapientemente sulle mie spalle. Chiudo gli occhi e mi lascio andare passivamente al tocco caldo e rassicurante delle sue dita affusolate. E' molto brava a fare massaggi. Nei suoi quarant'anni di vita deve averne fatti molti, a molti uomini, data la sua eccezionale bravura.
"Non riesco a trovarla!" butto fuori con un unico respiro, "non riuscirò mai a trovarla!"
Elisabeth non risponde niente e io sospiro, sull'orlo della sconfitta. Ho realizzato il mio sogno, l'unica cosa che mai avrei voluto fare nella mia vita: il regista. Ho scritto il mio film. Ho avuto un contratto. Dovrebbe essere tutto perfetto, tutto magnifico, ma non è affatto così. Mi sento intrappolato, bloccato in un limbo incomprensibile, tra passato e futuro.
"La prima ragazza che hai visto oggi, quella con le lentiggini e i capelli rossi, ha studiato alla New York film Academy, ha la tua stessa preparazione e..."
"Non è come lei!" fermo la voce acuta e quasi fastidiosa della mia collaboratrice.
Elisabeth toglie le mani dalle mie spalle, indietreggiando di qualche passo.
"Nessuna sarà mai come lei" mi prendo la testa tra le mani.
"Esattamente, Dylan, nessuna sarà mai come lei!" Elisabeth si posiziona di fronte a me, con le braccia incrociate al petto. Sembra piuttosto minacciosa in questa posizione. "E, finché continuerai a cercare una ragazza che sia come Iris, il tuo film non andrà in scena! Non la troverai, è chiaro? E poi se continui così non riuscirai a slegarti dal passato. Devi andare avanti, devi farlo! Sono trascorsi otto anni da allora. Okay! E' stata una storia importante, è finita in modo tragico, ma tu non sei morto. Tu sei vivo! Stai per mettere in piedi il tuo primo film e devi investirci tutto te stesso. Devi combattere il dolore e guardare oltre. Scegli una ragazza acqua e sapone. Cerca una ragazza che abbia una buona preparazione e che sia il più simile possibile al personaggio che hai scritto, ma non cercare lei. Iris non c'è più. Iris non tornerà..."
Alzo gli occhi su quelli ambrati di Elisabeth.
Il vuoto. Vedo solo il vuoto nelle sue parole e nel suo sguardo. Lei vuole che vada avanti, ma io non sono ancora pronto. Non so davvero come farlo. E questo film, questo film l'ho scritto per lei, per noi. Siamo noi.
Come posso scegliere una protagonista qualsiasi? Come posso arrendermi così facilmente?
"L'Amore non esiste è in programmazione per il prossimo inverno. A fine anno dobbiamo avere un cast, ne sei consapevole?"
Mi limito ad annuire.
"E sei anche consapevole che se per dicembre non avremo scelto gli attori, rischieremo di far saltare tutto?"
Annuisco di nuovo.
"Dunque? Cosa vuoi fare?"
"Prendermi un caffè!" sposto bruscamente indietro la sedia e mi alzo di scatto, allonandandomi dall'insistenza di Elisabeth.
"Stai solo continuando a scappare!" mi grida lei, guardandomi uscire dalla stanza.
Raggiungo la macchinetta automatica.
Il mio odio profondo per questi trabiccoli si è affievolito nell'ultimo periodo. Sto andando avanti a caffè e, non essendoci un buon locale nelle vicinanze, sono costretto ad accontentarmi della polvere chiusa dentro questo gigante di latta. Inserisco le monete e, con le mani dentro le tasche dei pantaloni e la testa persa dietro chissà quali pensieri, attendo che l'erogatore faccia il suo lavoro.
Sono immerso nei miei pensieri, belli, brutti. Un misto di delusione e dolore. Un misto di nostalgia grande tanto quanto un grattacielo, quando una voce mi riscuote, riportandomi al presente.
"Ciao, Dylan..."
Mi volto, colpito dal timbro familiare con il quale viene pronunciato il mio nome.
Una ragazza con i capelli stretti in tante piccole treccine è dietro di me. Il suo sorriso, così giovane, bello.
"Tara" biascico.
Alzo gli occhi e scorgo Brian dietro di lei.
Il mio stomaco protesta, stringendosi appena. Mi fa uno strano effetto vedere in modo tanto improvviso e inaspettato quelli che un tempo erano i miei migliori amici.
"Dopo tutti questi anni, è solo un ciao che riesci a dire?" Brian viene a battere una pacca sulla mia spalla, scrollandomi.
In realtà è proprio così. I miei occhi restano incollati a quelli delle due persone che ho di fronte, mentre la mia testa non si sforza di mettere insieme neanche una piccola, banale frase di convenevoli.
"Cosa ci fate qua?" La mia bocca prende il sopravvento, completamente scollegata dal cervello.
"Sembri molto felice di vederci!" ride Tara, spostandosi le treccine dietro le orecchie.
Mi piego a prendere il mio caffè dentro la macchinetta.
"Abbiamo saputo che ti sei diplomato in tempi record alla New York film Accademy. Hai fatto bene a cambiare facoltà, la Tish non faceva proprio al caso tuo..." interviene Brian, "e abbiamo saputo anche che stai mettendo sù il tuo primo film. Il tuo nome è in giro ovunque per questa città!" tira fuori dalla tasca uno dei volantini creati per la ricerca del cast.
Fingo un sorriso, spostandomi dal foglio agli occhi di Tara e poi a quelli di Brian.
Sono rossi e gonfi, proprio come un tempo. Non sembrano molto cambiate le cose per loro.
"Noi invece ci diplomiamo questo inverno, lo sappiamo, siamo fuori corso ma abbiamo avuto da fare, capisci?" Tara emette un risolino malizioso, "il college è noioso se si pensa solo allo studio! E poi...da da da dan, notiziona! L'anno prossimo, indovina un po'?" muove una mano di fronte al viso, mostrandomi un grosso brillante all'anulare sinistro. "Ci sposiamo!"
Brian le passa un braccio attorno alla vita, la stringe a sè e la bacia tra i capelli, placando il suo fermente stato di agitazione.
"Oh...congratulazioni! Credo che si dica così in questi casi, giusto?"
Tara continua a ridere e Brian le molla un bacio sulla bocca, facendo uno schiocco rumoroso.
Per un attimo mi sembra di rivivere una specie di flashback. Un ritorno al passato. Un passato remoto, lontano secoli e secoli. Un passato che parla di un Dylan che non amo più, che non ho mai amato e che mai sarò in grado anche solo di accettare.
"Siete, ecco, sieti venuti a invitarmi alle nozze?" ingurgito il mio caffè bollente.
Tara e Brian emettono un risolino in perfetta simbiosi. La loro visione di piccioncini innamorati mi fa salire la nausea.
"In realtà, ho accompagnato qui Tara per il provino, dove fanno le audizioni?"
Da un momento all'altro la nausea si trasforma in veri e propri conati, che devo respingere pesantemente. Stringo gli occhi contro i due abbracciati. L'ultima volta non ci siamo lasciati nel migliore dei modi. Improvvisamente davanti ai miei occhi mi passano immagini del Canada, delle sue montagne, del Mr Gray. Ricordo la musica a palla e quella nelle cuffie sulla testa di Iris. E poi i suoi occhi contro i miei, in perfetta sintonia con le note lente del vecchio film francese. Un idillio, distrutto dall'arrivo di Tara e dalla sua furia insensata.
"Dylan? Allora? Sai dove dobbiamo andare?" chiede Brian, impaziente.
"Sono io che faccio le audizioni"
Tara fa un salto sul posto, lanciando un urletto: "Che bello! Allora è fatta!"
Lascio che la mia vecchia amica esaurisca il suo entusiasmo e parlo, con lentezza e pura svogliatezza: "Mi dispiace, non sei tu la ragazza che cerco!"
Tara si scurisce in volto e smette pure di saltellare come una bambina all'asilo.
"Cosa significa: non sei la ragazza che cerco?" interviene ancora Brian. La sua voce è di nuovo fredda, come quel giorno. Quello nel quale è scomparso dietro la porta dell'ascensore, dicendomi addio per sempre.
"Io sono una bravissima attrice, io sono..."
"Okay, ma questo non è il tuo film" mi limito a rispondere.
Brian scuote la testa, completamente in disaccordo.
"E' per quella ragazza, non è vero?" Tara fa un passo avanti, fronteggiandomi. "Per la canadese! E' chiaro che questo film sia qualcosa che ha a che fare con lei. L'ambientazione, la trama, tutto riconduce a quel periodo. Cosa è successo, Dylan? La piccola montanara ti ha fatto soffrire? Ha capito che non eri il tipo giusto per lei e ti ha mollato? E tu cosa hai fatto? Hai ripreso il tuo aereo e sei tornato a New York. Da solo, perché i tuoi amici non c'erano più ad aspettarti?"
Resto in silenzio. Un enorme macigno mi comprime il cuore, nel sentir parlare così di Iris e dell'estate migliore dei miei ventinove anni.
"Scegliere me come protagonista del tuo film era l'occasione per recuperare il tempo perso, per superare i dissidi e tornare di nuovo ad essere una famiglia!"
Il mio sguardo resta incollato a quello della mia vecchia amica, alle sue pupille lucide ed eccessivamente dilatate.
"Sai, Tara, a volte le cose belle non sono solo quelle perfette, quelle che luccicano come il tuo anello. A volte le cose belle sono difettose, ma quello che conta è ciò che racchiudono. Mi auguro che tu e Brian un giorno possiate capirlo. L'estate del duemiladieci non è stata affatto sprecata, anzi! Sono stati i giorni più pieni e significativi della mia vita. Una cosa giusta però l'hai detta; è per quella ragazza che non posso scegliere te per la parte. Quella ragazza non mi ha lasciato o, almeno, non avrebbe mai voluto farlo. Lei è morta e questo film è un piccolo, grande pezzetto dei giorni che abbiamo passato insieme. E tu non puoi interpretare Iris, non sei degna neanche di una sua singola parola. Sono passati dieci anni da allora, dieci anni nei quali non vi siete fatti più vivi, neanche sapevate tutto quello che mi era successo in Canada, non vi è interessato e, a quanto pare, non vi interessa neanche adesso. Questa sarebbe la vostra idea di famiglia? Noi non siamo una famiglia, non siamo niente. Dunque, riprendetevi le vostre pretese e scomparite da questa stanza e dalla mia esistenza!"
Tara non si scompone, né cambia espressione. "Hai fatto una pessima scelta, Dylan!" si limita a sbottare, stizzita. "Hai scelto per una seconda volta di voltare le spalle ai tuoi amici..."
"Voi non siete miei amici. Non lo siete mai stati!"
Brian prende la sua futura sposa per mano, trascinandola lontano da me.
"In bocca al lupo per il tuo film e per il tuo futuro!" sputa fuori Tara in modo alquanto sarcastico.
Alzo appena le spalle, senza aggiungere un'altra parola. Brian si volta leggermente, prima di uscire dalla porta a vetri. L'ultima cosa che vedo sono i suoi occhi, chiari e pieni di collera. Occhi per niente puliti.
Sconsolato mi lascio cadere su una delle sedie presenti nel corridoio, in attesa che Elisabeth venga a recuperarmi.
***
"Oggi pomeriggio vedremo altre dieci ragazze per la parte di Iris, pensi di essere abbastanza lucido e obiettivo da fare una scelta?"
Giro il pollice sul bordo del calice di vino. I miei occhi seguono il liquido scuro vorticare dolcemente nel bicchiere. L'immagine di me ed Iris al ristorante per il nostro appuntamento galante mi travolgono come un uragano. Le sue mani, le sue dita così imperfette e speciali. Il jukebox e il nostro ballo. Eravamo avvolti in un abbraccio unico, nonostante la bombola di ossigeno, nonostante la paura e la voglia che avevamo di stare insieme. Mi manca. Dio, quanto mi manca!
"Ehi! Dylan?"
Sollevo lo sguardo su Elisabeth. Per quanti altri giorni potrò tollerare questo assillo? E quante altre attrici dovrò vedere per quella parte? Ne troverò mai una, prima della fine di questo anno solare, che possa anche solo ricordarmi vagamente lei?
Il cameriere porta via i nostri piatti vuoti.
"Hai già pensato dove girare il film?"
Mando giù l'ultimo sorso di vino, senza neanche assaporarne il gusto pieno e corposo.
"Intendi farlo interamente qui, a New York, oppure organizzare anche un set in Canada? Come hai detto che si chiama quel paese? Banff?" chiede Elisabeth, finendo il suo bicchiere.
"Girerò a Banff. E' ovvio"
"Forse girare nei nostri palinsesti ti permetterebbe di risparmiare molti soldi e sarebbe più gestibile..."
"Girerò a Banff" ripeto. "Devo girare a Banff"
E' così difficile capire che per questo tipo di film mi servono delle montagne come quelle Rocciose e dei laghi e delle case e dell'aria che solo in Canada posso trovare?
"Torniamo a lavoro?"
Elisabeth annuisce, rassegnata. Non deve essere molto semplice avere a che fare con un tipo come me, non sono stati molto cortesi con lei, assegnandola alle mie grinfie lunatiche. Lascio i dollari sul tavolo, compresa la mancia ed esco fuori dal locale.
Elisabeth mi segue sulla strada, accendendosi una sigaretta. L'odore del fumo mi disgusta. Non ho più assaporato del tabacco da quell'estate. Nè tabacco, nè alcol. Niente di niente. Mi sono lasciato consumare dalla nostalgia e l'ho fatto volutamente. Ho sentito il bisogno di logorarmi, di piangere e consumare tutte le mie difese, senza aggrapparmi ad alcuna ancora di salvezza. Tra un corso universitario e l'altro, tra un film nella mia stanza e uno al cinema con amici occasionali e amori inconcludenti. Per mesi la mia vita non è stata vita, ma solo sopportazione. Poi è stato ancora peggio. Quando le lacrime si sono esaurite e le difese ridotte a zero, sono rimasto scoperto, in balia solo e soltanto del dolore.
Un dolore che con il passare del tempo non si è mai dileguato. Alcuni giorni è più debole, altri si ripresenta in modo ingestibile. E altri ancora è consolato da una telefonata da parte dei miei. Ma non scompare, non vuole andarsene via. Anche adesso, vedere Elisabeth aspirare la sua sigaretta con gli occhi socchiusi e le labbra strette, mi ricorda lei. Mi ricorda la sera che Iris ha voluto provare a fumare. Mi ricorda la sua bocca, il fumo che usciva dalle sue labbra. Mi ricorda quel dondolo in giardino e le nostre chiacchere in piena notte. Mi ricorda cose che fanno bruciare ogni singola cellula del mio corpo, anche quella più piccola e insignificante.
Quando torniamo in sala audizioni, ci sediamo entrambi dietro al nostro tavolo.
Dieci ragazze. Dieci possibilità.
Elisabeth all'inizio mi sorride speranzosa, ma alla sesta ragazza rifiutata, le sue labbra iniziano a piegarsi per il verso opposto, fin quando anche i suoi occhi mi trasmettono tutto lo sconforto possibile.
La settima ragazza entra in modo spavaldo e inizia a leggere il copione al centro del palco. La sala è buia, solo una luce illumina la scena. La mia mente è distratta perché ha già deciso che sarà una risposta negativa anche per lei.
Poi, in questa aura di pura alienazione e disperazione, succede qualcosa che oserei paragonare a un miracolo.
La porta della stanza si apre in modo brusco, se non addirittura sgarbato. La serratura cigola, cedendo appena.
Una voce si alza con timore: "Oh! Mio Dio, scusatemi!"
Elisabeth balza in piedi, irritata.
"Io, io stavo solo cercando..."
"La sala delle audizioni! Ebbene sì, è questa, ma si da il caso che ci sia già un'altra ragazza sul palco che lei ha sgarbatamente interrotto. Se la porta è chiusa c'è un motivo, non trova?"
"Ecco, infatti, mi dispiace. Ho sbagliato proprio momento. Le audizioni, io non sono qui per...io stavo solo..."
"Lasci perdere inutili scuse e torni fuori, la faremo entrare quando sarà il suo turno!"
"In realtà stavo solo cercando un certo Dylan Prince, so che lavora qui e..."
La voce sconsolata della ragazza nella penombra mi fa stringere gli occhi nel buio. Guardo nella sua direzione, per individuare chi diavolo ella sia. La sua timbrica non sembra propriamente statunitense. E' come se mi ricordasse qualcosa, qualcuno.
I miei occhi si abituano alla penombra, mettendo a fuoco la figura che ha interrotto uno dei tanti inutili provini.
Ed è lì che il mio cuore ha un collasso.
Sento il sangue fermarsi nelle vene, ghiacciandole. La mia bocca si spalanca, incapace di credere a una simile apparizione.
I capelli biondi, lunghi poco sotto le spalle, la pelle chiara e quegli occhi così uguali a lei.
Il loro verde, lucido anche nel buio. Santo Cielo quanto tempo è passato! Santo Cielo quanto una bambina può crescere in soli dieci anni!
"Rose" sussurro.
La ragazza sorride. Le sue labbra si allungano quasi fino alle orecchie.
"Rose, sei tu?"
Elisabeth torna a sedersi, guardando ora me, ora la giovane che si è presentata in modo repentino e trafelato alla nostra porta.
"Dylan!"
Poi è un attimo, attraverso la stanza e la accolgo tra le mie braccia.
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