LXXXII Iris: CONOSCERSI

Canada, 25 luglio 2010

Il tempo sta di nuovo cambiando. Il sole è offuscato da nubi provenienti da nord.
Mio padre dice che nei prossimi giorni arriverà una tempesta e in effetti posso sentirlo già dall'aria, di nuovo troppo fresca per questo periodo dell'anno.

Prendo lo scialle che mi ha regalato Eva, lo posiziono sulle spalle ed esco in giardino.
Mi siedo sul dondolo con una tazza di the tra le mani. Annuso l'aroma di vaniglia, sperando che possa essere in grado di annebbiarmi la mente. Vorrei scordare la serata trascorsa con Dylan. Vorrei poterla dimenticare e non rammentarla mai più. E' stato brutto per non dire addirittura ripugnante essere stata lasciata da sola in mezzo alla pista.

Vedere Dylan andarsene con un'altra ragazza, amica, fidanzata o quello che dice di essere, mi ha ferita profondamente.

Sono così presa dai brutti pensieri che non sento arrivare l'auto di Dylan lungo il vialetto, non lo sento neanche scendere e raggiungermi, così, quando la sua voce mi sorprende alle spalle pronunciando il mio nome, per poco non mi rovescio la bevanda calda addosso.

"Scusa non volevo spaventarti" dice lui, mortificato.

"Non dovresti essere al centro a quest'ora?" cerco di riprendermi dallo spavento.

Dylan infila le mani in tasca. Ha una strana espressione nel volto. La sua fronte è attraversata da minuscole rughe e la sua pelle è più pallida del solito.

"Devo parlarti!" replica, ignorando la mia domanda. I suoi occhi sono stanchi e il suo profumo non è il solito profumo.
C'è odore di alcol nell'aria.
Molto odore di alcol.

"Dylan, hai bevuto?" poso la mia tazza a terra e lo scruto da capo a piedi.

"Un po'" ammette.

"Un po' come a New York o un po' come da quando sei in Canada?"

"Un po' tutti e due" sospira.

Mi porto più vicino e cerco la sua attenzione. Se c'è qualcosa che deve dirmi è bene che me lo dica guardandomi negli occhi.

"Volevo scusarmi per ieri sera" afferma.

"Accetto le tue scuse, adesso puoi andare..."

Lui però non si muove. I suoi occhi non si scollano dai miei e la cosa è imbarazzante e pure inquietante.

"C'è anche dell'altro" dice, "credo che dobbiamo finire quello che abbiamo iniziato prima che ci interrompessero..." estrae dalla tasca della giacca un paio di auricolari e me li infila dentro le orecchie.

Le stesse note di ieri sera, la stessa voce e la stessa melodia pompano nei miei timpani, solo che, io la stessa non lo sono più.

"Mi dispiace" tiro il filo e lascio cadere le cuffiette a terra. "Non ho voglia di giocare. Non adesso..."

Dylan guarda gli auricolari ai suoi piedi e poi torna di nuovo sul mio volto .

"Non sarebbe dovuta andare così la nostra serata. Tara non avrebbe dovuto rovinare tutto..."

"Tara" smorzo un sorriso, "quindi è così che si chiama quella bellissima e arrabbiatissima ragazza?"

Lui chiude gli occhi. Posso sentire il suo respiro accelerare in modo esagerato. "Tara è bella quanto egoista" sospira. Poi si volta e inizia a camminare su e giù per il giardino. "Lo vedi come mi ha ridotto? E' a causa sua se sono in queste condizioni! Solo colpa sua! Io non sono così, non più! O forse lo sono più di quanto lo ero prima? Oh Santo Cielo, Iris, non so più neanche io chi diavolo sono!"

Seguo Dylan muoversi per il giardino, confuso, in balia di strascichi di alcol, sensi di colpa e disperazione.

"Adesso che succede?" si ferma, posa una mano contro il tronco di un albero e abbassa la testa, "il nostro patto finisce qui, non è vero?"

Cosa dovrei dire? Cosa dovrei fare? Improvvisamente non so più niente.
Il Dylan di ieri sera, quello che mi ha ferita e umiliata si è improvvisamente trasformato in un Dylan che mi fa solo pena.

"Vuoi chiudere qui il nostro gioco? " I suoi occhi si alzano a scavare nel fondale dei miei. "Vuoi farlo, Iris?"

"No, non voglio" mi stringo nello scialle.

Lui sembra riprendersi appena. Si porta le mani tra i capelli e improvvisa un sorriso, "Davvero?"

"Sì. Non voglio che ci fermiamo" faccio un passo verso il ragazzo distrutto che ho davanti. "Dylan, io...io non voglio buttare via tutto quello che abbiamo vissuto fino ad oggi, manca poco allo scadere del mese e tu eri sulla buona strada per farmi innamorare del cinema, del tuo mondo..."

"Quello non è più il mio mondo" replica, serio.

"Oh, sì che lo è! Nessuno prima di adesso mi aveva mai fatto capire quanto una passione può essere così intensa e vera. Nessuno prima di te!"

"Iris, se vuoi chiudere qui il patto hai tutte le ragioni per farlo! Quel Dylan, quello che hai conosciuto non è il vero Dylan. Io sono diverso. Ha ragione Tara, io sono un bugiardo!"

Le sue guance sono di nuovo più bianche della farina. La sua fronte imperlata di sudore e le sue mani non smettono un secondo di scorrere tra i capelli. Lo fanno in modo impulsivo, repentino. Lo fanno come se volessero strappare dalla testa tutti i pensieri che vi stanno passando a raffica.

"Non voglio chiudere il patto e non credo che tu sia un bugiardo" dico fermamente, "ieri sera ti ho odiato quando mi hai abbandonato dentro il locale, ti ho odiato quando ho visto quella ragazza, Tara, puntarmi un dito contro, ti ho odiato questa mattina e ti odio ancora adesso perché hai rovinato tutto, però..."

"Però?" Gli occhi di Dylan sono un mare scuro di cemento.

"Però sento che devo aiutarti. Devo ascoltarti e tu, tu devi parlare. Sento che hai un esagerato bisogno di sfogarti con qualcuno. Io l'ho fatto, Dylan! Ti ho raccontato della mia famiglia, della mia malattia. Ti ho annoiato con le mie assurde teorie sulla vita e sulla morte, ma tu non lo hai mai fatto. Cosa so di te, principe venuto da New York, poco, so davvero molto poco..."

Dylan fa un passo verso di me. Le sue spalle sono basse proprio come il suo umore, ma una lontana scia di speranza gli illumina le pupille.

"Perché Tara era così arrabbiata, cosa le hai fatto? Perché ti presenti a casa mia con gli strascichi di una sbornia? Perché dici di essere un bugiardo? Perché?" chiedo a ripetizione.

Le mani di Dylan si posano sulle mie. Le stringono forte, mentre i suoi occhi si incollano ai miei.

"Io voglio continuare a giocare, ma ho bisogno di sapere con chi sto giocando" dico.

La fronte di Dylan tocca la mia e una piccola scossa mi scuote tutto il corpo.
Dal collo fino al fondo della schiena.

"Dylan, io sento che devo conoscerti..."

"E io, Iris, ho bisogno di farmi conoscere da te..."

Poi un semplice abbraccio ci unisce di nuovo.
Ho il cuore che trema dalla paura di ciò che Dylan potrà mai confessarmi, tuttavia chiudo gli occhi e mi lascio andare al calore delle sue braccia. Un calore che però preannuncia solo il freddo di una imminente bufera.

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