LXXVII Dylan: TI VOGLIO BENE

Canada, 24 luglio 2010

La mattina mi sveglio di buon ora. Prendo la mia biancheria e i miei asciugamani e vado a fare la doccia a casa Cox.

La cameriera mi fa gentilmente entrare nella villa. Ne approfitto per ringraziarla di avermi riempito il frigorifero. La donna arrossisce visibilmente e la cosa mi fa sorridere.

Passo sotto il getto di acqua calda una buona mezzora e, quando esco, mi sento del tutto rigenerato. Raso la barba e sistemo i capelli con un po' di gel che rubo in uno dei cassetti. Deve essere la gelatina di Steve. Mi schiaffeggio le guance con un dopobarba all'odore di pino selvatico e mi guardo allo specchio. Sono più figo del solito.

Non so perché mi sento così bene questa mattina, probabilmente penso già a quello che ho intenzione di fare stasera. Scommetto che a Iris piacerà un sacco!

Quando torno al piano inferiore, la signora Cox mi blocca in fondo alle scale.

"La nostra domestica ha preparato dei pancake che sono la fine del mondo" dice, "perché non ti fermi a fare colazione con noi?"

Il signor Cox sta prendendo posto a tavola e anche Steve.

"Veramente io non ho molta fame..."

"Coraggio! Ancora è presto per andare a lavoro e una buona colazione ti preparerà al meglio per la tua giornata..." Lydia mi sorride, cercando di essere il più possibile convincente.

"Okay" annuisco e raggiungo il tavolo al fianco della padrona di casa.

"Dylan farà colazione con noi questa mattina" dice la donna, indicandomi la sedia libera dove prendere posto.

"Buongiorno, Dylan" Il signor Cox mi saluta, continuando a sfogliare il quotidiano locale.

Steve mi guarda storto per poi abbassare di nuovo la testa sul suo piatto.

La cameriera si affretta a servirmi i pancake carichi di sciroppo d'acero. Poi si mette in piedi al mio fianco. La sua ombra sul tavolo è piuttosto inquietante!

"Sembra che nei prossimi giorni sia in arrivo un bruttissimo temporale estivo" dice Cox, soffermandosi sull'ultima pagina del suo giornale, "dovrò far sistemare il tetto sull'ala nord, non lo abbiamo riparato dopo la tempesta di neve di questo inverno..."

"Ci penserò io a chiamare gli operai" si interessa sua moglie. Poi la donna si volta verso di me e con la testa indica i pancake sul mio piatto. "Non sono buonissimi?" mi chiede.

"Molto" borbotto con la bocca piena. Con la coda dell'occhio vedo l'espressione soddisfatta della domestica.

Il signor Cox termina il suo caffè lungo. "Scusatemi, vado a prepararmi. Dylan, vieni con me in auto al centro?"

Annuisco.

"Bene, ti aspetto tra venti minuti davanti al cancello" si alza e avvolto nella sua vestaglia da camera raggiunge la scalinata.

La signora Cox guarda il marito recarsi di sopra, poi sposta i suoi occhi castani da me al figlio e di nuovo a me.

"Che c'è, ragazzi, perché tutto questo silenzio?" domanda, accigliata. "Steve, quali sono i tuoi programmi per oggi?"

Steve smette di strafogarsi con il cibo che ha nel piatto. "Andrò a vedere come sta Iris" I suoi occhi chiari hanno un vago guizzo di impertinenza.

Lo sciroppo d'acero mi fa pizzicare la gola.

La signora Cox si batte una mano sulla fronte.
"Che stupida! Ho saputo da Bill che Iris ha avuto la febbre..."

Steve si volta e stringe i suoi occhi contro i miei. "Le è passata, adesso sta bene. Sta molto bene..." La sua voce è così dura che fa quasi paura.

Ricambio il suo sguardo minaccioso, ma non replico niente. Non saprei neanche cosa dirgli, in realtà, se non che lui sia stato davvero un coglione a rovinare il bellissimo momento che io stavo vivendo con lei e, che lo voglia o meno, passerò con Iris tanti altri momenti fantastici come quello e ancora di più.

Il volto di Steve è scuro e i suoi occhi se potessero mi incenerirebbero con la sola forza del pensiero. I miei non sono arrabbiati o feriti come dovrebbero giustamente essere a causa di tutti i pugni che mi sono preso, ma sono semplicemente stanchi. Stanchi di questa stupida rivalità, stanchi di dover fronteggiare qualcosa che è palesemente inesistente.

Quando capirà questo ragazzo che Iris non lo vuole? Che tra loro c'è solo amicizia e se continua così metterà a repentaglio pure quella? Infondo non è poi così difficile. L'ho capito pure io!

La signora Cox emette un paio di colpi di tosse. Deve aver intuito che tra me e il figlio non scorre buon sangue e che, con molta probabilità, la causa principale del nostro astio è proprio la ragazza che ha tirato in ballo lei stessa.

"Sono molto più tranquilla" dice la donna, sforzandosi di sorridere. "Adesso che so che Iris sta meglio..."

Mi congedo, dicendo che devo finire di preparare alcune cose altrimenti farò tardi. La signora Cox mi accompagna personalmente alla porta e mi trattiene sulla soglia.

"Non so cosa tu e Steve state combinando con quella ragazza, spero soltanto non sia niente di così grande, che qualcuno possa farsi del male..."

I miei occhi si soffermano sul volto preoccupato della donna. Lo scrutano a fondo, ogni centimetro e ogni ruga appena accennata dei suoi anni passati.

Non posso promettere cose che non sono sicuro di mantenere. Non posso garantire per Steve e forse neanche per me stesso. Non farsi del male è una parola grossa. Io e Steve siamo in un gioco più grande di noi e ci siamo dentro fino al collo.

"Farò il possibile perché non accada" dico.

La donna mi prende le mani nelle sue. "Non voglio che Steve soffra ancora, non dopo aver sofferto così tanto negli anni passati. Per favore, Dylan, so quanto è importante per te Iris. Lo vedo nei tuoi occhi quando parli di lei, quando ascolti, quando sei semplicemente in silenzio. Ma anche per Steve è importante ed è l'unico punto fermo della sua vita, quindi non rovinare tutto. Non farlo, ti prego..."

Osservo le dita della donna, che si intrecciano alle mie.

"Iris non è una proprietà, non è mia e né di Steve. E' una donna ormai e sa cosa è meglio per se stessa e per la propria vita. Steve questo deve capirlo. Mi dispiace che lui abbia sofferto in passato, ma la sua esistenza non può ruotare esclusivamente intorno a Iris. Non in questo modo. Se Steve ha dei problemi con il passato deve risolverli da solo o con l'aiuto di qualcuno, non so, sicuramente non aggrappandosi a una ragazza che ha problemi altrettanto grandi!" mi sottraggo dalla presa della donna e mi incammino verso la dependance.

Sento lo sguardo sconsolato e afflitto della signora Cox, guardarmi allontanare. So di essere stato duro con lei, ma non ho avuto altra scelta.

Credo che far vedere a qualcuno la realtà con schiettezza sia migliore che assecondare i suoi falsi nascondigli. Essere complici della menzogna è sbagliato, tanto quanto mentire.

Quando arrivo di fronte alla dependance, tutta l'euforia che avevo per questa giornata, si spegne completamente. Se la colazione in famiglia aveva offuscato la mia bramosia, la visione di Tara a sedere sulle scale, la annulla completamente.

"Cosa ci fai tu qui?"

Tara si alza in piedi, barcolla e si sostiene alla ringhiera.

Mi avvicino a lei e le afferro un polso. La sua pelle è fredda, sudata. I capelli le nascondono il volto pallido.

Mi guardo intorno. E' da sola, non c'è Brian.

"Come sei arrivata?" le chiedo.

Lei evita di guardarmi e tiene la testa bassa, lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe. "Il pullman. Hanno dei bellissimi pulmann in questo paese!"

Cerco i suoi occhi con i miei e quando li trovo, rossi e lucidi, un abisso profondo si apre sotto ai miei piedi.

"Ma tu sei fatta!" la trascino dentro la mia stanza e chiudo bene la porta. "E' appena mattina e tu sei già piena di quella merda, ti rendi conto?"

Lei si libera della mia presa e inizia a piangere. I singhiozzi si fanno sempre più insistenti e io non so esattamente quale sia la cosa migliore da fare.

"Cos'è? Adesso fingi pure che ti interessi qualcosa di me? Non recitare, Dylan! Non farlo!" La sua voce stride sonoramente. "E' chiaro che non ti importa più nulla dei tuoi amici. Io e Brian siamo venuti a trovarti e tu, tu ci hai accolti nel peggiore dei modi. Sono settimane che non dormiamo insieme, settimane! E tu cosa hai fatto? Hai pensato bene di spedirci in hotel! E' chiaro che non vuoi più avere a che fare con noi!"

"Tara" la prendo per le spalle e la scuoto leggermente, quel tanto che basta perché i suoi occhi scuri e persi, siano di nuovo in contatto con i miei. "Ho solo bisogno di pensare un po' a me stesso. Sono cambiate molte cose da quando sono qui. Ecco...io..."

"Non sono cambiate le cose, sei tu ad essere cambiato!" dice lei, "sei tu che non ci vuoi più bene!"

Trattengo il respiro. Tara continua a versare lacrime macchiate di cocaina.

"Non è vero" cerco di rassicurarla. "Proprio perché vi voglio bene vi chiedo di piantarla con la droga. Non risolverete i vostri problemi, non sarete mai felici con quella..."

Tara tira su con il naso e si asciuga gli occhi. Fa un ulteriore passo verso di me, le sue mani si posano sul mio petto e lo accarezzano con una lentezza da far sciogliere il sangue.

"Per favore" dice, "ripetimi che mi vuoi bene. Ho bisogno di sentirtelo dire ancora"

"Ti voglio bene" bisbiglio.

Tara mi guarda, lo fa con una intensità assurda. "Dillo più forte, dillo così forte che mi entri dentro le ossa e ci rimanga per sempre...ti prego"

"Ti voglio bene" La mia voce si diffonde profonda e chiara, ovattata soltanto dalle pareti della stanza.

Tara sorride. La sua bocca si distende tra le lacrime e poi si allunga alla ricerca della mia. "E adesso dimostramelo, Dylan, baciami come solo tu sai fare"

"Io..." sussurro a un soffio delle sue labbra, "io..."

"Coraggio..." Il suo respiro è a un passo dal mio. Le sue mani scivolano sulla mia pancia e di lato sui miei fianchi, attirandomi al suo corpo.

"Io non posso..." mi scosto bruscamente.

Tara emette una espirazione forzata. Fa un passo indietro e poi un altro ancora. I suoi occhi sono iniettati di sangue, le sue pupille dilatate e la sua bocca un tremito continuo.

"Vai al diavolo, Dylan!"

E' un attimo e fugge via. Non riesco a riprenderla, la porta si apre e si chiude alle sue spalle in un lampo.

Butto la testa tra le mani. Sono scosso e dispiaciuto per Tara e per Brian e per quello che resta del nostro rapporto. Afferro la mia giacca ed esco.

Seduto su uno dei gradini trovo Steve, che non appena mi vede si alza in piedi e mi raggiunge.

"E così te la spassi, eh? Carina la ragazza che è appena uscita!"

I miei sensi si mettono fin da subito in allerta.

"Ti voglio bene" Steve imita la mia voce, sbattendo decisamente le ciglia, "che galanteria!" mi prende una guancia tra indice e medio, strizzandola forte, "chissà cosa dirà Iris quando saprà quanto è dolce questo ragazzo!"

Qualcosa come la rabbia o la noia o il culmine della sopportazione mi prendono in contropiede. Sono stufo di Steve e delle sue provocazioni. Sono decisamente saturo.
La signora Molly dice che devo imparare a difendermi e questo credo sia il momento giusto per cominciare a farlo. Con uno scatto che sorprende pure me stesso, afferro il polso di Steve e lo allontano da me. Poi spingo il suo corpo contro il muro e gli urlo in faccia: "Stai zitto! Devi imparare a stare zitto!"

Steve mi affronta: "Altrimenti cosa mi fai?"

Fisso i suoi occhi prepotenti e stringo forte il suo polso. Vorrei spezzarlo in due se fosse possibile. In realtà vorrei spezzare tutte le sue ossa in due. Lentamente e dolorosamente.

Il dottor Cox suona il clacson un paio di volte. Mi accorgo che mi sta aspettando con l'auto di fronte al cancello. Chiudo gli occhi e lascio andare il braccio di Steve. Lui resta sotto al porticato a massaggiarsi il polso, mentre io raggiungo la vettura e vi salto sopra, per dare inizio a una giornata che non preannuncia proprio niente di buono.

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