LXXV Dylan: HEROES
Canada, 23-24 luglio 2010
Se Steve non ci avesse interrotti cosa sarebbe successo davvero tra me e Iris? La domanda mi fa tremare le gambe e affondare il cuore.
Ci siamo baciati, ci siamo spogliati, ci siamo spinti davvero molto avanti e lo abbiamo fatto entrambi con un grande fuoco dentro.
Mi concentro nella guida e percorro le strade del centro senza una meta precisa.
Cerco di guadagnare tempo, non voglio tornare subito alla tenuta Cox. Preferisco evitare Steve.
Sarà sicuramente ancora arrabbiato e cercherà di picchiarmi di nuovo.
Parcheggio la berlina nei pressi del supermarket e faccio un giro all'interno.
Passo di fronte al reparto alcolici, soffermandomi davanti alle varie bottiglie. Scelgo un paio di whisky e li metto dentro una busta di plastica. Non ho nessuna intenzione di ubriacarmi e stare male come l'ultima volta, ma qualche goccia di alcol mi aiuterà sicuramente ad affrontare il mio costante trambusto interiore. Pago e faccio un salto alla videoteca. Muovermi tra gli scaffali è come respirare aria di casa. Osservo con cura i vari film presenti e alla fine ne scelgo uno che possa andare bene per Iris. Me lo faccio sistemare con la solita carta a cuori rossa e lo infilo in tasca della giacca.
Salto in auto e torno alla dependance.
E' quasi ora di cena, Steve avrà ormai sbollito la sua rabbia.
Quando arrivo alla tenuta, non trovo il rampollo di casa Cox ad aspettarmi, ma qualcosa o meglio qualcuno di ben diverso.
Di fronte al cancello, indecisi se suonare o meno ci sono due persone che conosco fin troppo bene. Mi strofino gli occhi più volte, cercando di capire se si tratta o meno di una allucinazione. I due ragazzi si voltano verso la mia auto e quando si rendono conto che sono io a guidarla, improvvisano un enorme sorriso. Parcheggio la berlina sul ciglio della strada e tiro il freno a mano.
"Dylan, il nostro Dylan!" Tara si butta tra le mie braccia, senza darmi neanche il tempo di chiudere la portiera.
Brian viene vicino e sbatte un leggero pugno contro la mia spalla. "Allora, sei contento di questa sorpresa?"
Allontano il corpo di Tara dal mio e osservo i miei amici. Sono abbronzati e vestiti in modo troppo leggero per il clima di questo paese.
"Sono due giorni che proviamo a chiamarti per avvisarti che saremo arrivati, ma quassù sanno cosa sia una linea telefonica?" Brian afferra quella che ha tutta l'aria di una grande valigia.
"Non ho badato molto al telefono ultimamente" biascico, completamente frastornato da questa novità.
"Per fortuna che Banff non è tanto grande, è bastato dire che cercavamo la casa di un certo responsabile di un centro per malati, che hanno saputo subito indicarci dove si trovasse" interviene Tara.
"Nessuno sa che siamo venuti fin qui, né i nostri genitori e né tuo padre, siamo in incognito!" scherza Brian.
Mi gratto la testa e improvviso un sorriso. Accidenti, è così strano vedere i miei amici in questo posto! Non so neanche come definire le mie emozioni. Non so se essere felice del loro arrivo o quasi infastidito.
Tara mi abbraccia di nuovo. "Ci sei mancato, non sai quanto!"
"Anche voi" annuisco, battendole morbide pacche sulla schiena.
Senza volerlo mi ritrovo ad annusare i capelli di Tara. Il suo profumo non mi infonde la sicurezza di un tempo. E' come se fosse un odore estraneo, qualcosa che non mi appartiene più.
"Vuoi farci vedere dove ti sei sistemato?" chiede Brian.
Apro il cancello e faccio loro strada dentro la tenuta.
"Non sembra poi così male qui..." Brian trascina il pesante trolley dietro di sé.
Apro la porta della dependance e faccio loro segno di entrare.
Tara accede timorosa al piccolo spazio nel quale sono costretto a vivere. Si guarda intorno e arriccia visibilmente il naso. Le spiego che la villa appartiene al medico che gestisce il centro di cura e alla sua famiglia, mentre io devo accontentarmi della casetta esterna.
Brian si getta sopra il divano-letto e allunga i piedi sul tavolino di fronte. "Sembra comodo per dormirci!" fa un paio di morbidi molleggi.
Tara siede al suo fianco e accavalla le sue lunghissime gambe. Il vestito di cotone che indossa le sale fino a metà coscia.
"Avete un posto dove dormire?" indago, quasi preoccupato che abbiano in mente qualcosa come fermarsi da me.
"Abbiamo prenotato un hotel in centro, nel dubbio se ti avessimo trovato o meno, ma adesso che siamo qui, in realtà, potremo disdire e rimanere a dormire tutti e tre insieme..."
"No" blocco la proposta di Tara. "Meglio di no! Dovrei avvisare il signor Cox della vostra presenza e..."
"Da quando ti fai simili problemi?" squittisce lei, scivolando indietro con la schiena.
Mi volto e poso i palmi sul tavolo della cucina. "Non è il caso, davvero..." La mia voce fredda e forse fin troppo distaccata deve intimorirli, perché nella stanza cala un immediato silenzio. L'aria diviene quasi irrespirabile.
"Posso cucinarvi qualcosa, sarete affamati dopo il viaggio..." cerco di riprendere in mano le redini della situazione.
Brian risponde con un semplice: "Okay", mentre Tara non dice niente. Resta immobile, affondata sul divano a studiarmi.
Mi metto ai fornelli. La cameriera mi ha lasciato degli hamburger in frigorifero e sul ripiano più alto del mobile ci sono panini adatti per improvvisare qualche hot dog. Impiego una buona mezzora per cuocere la carne e sminuzzare verdure e sottaceti.
Poi ci sediamo a tavola e mentre mangiamo l'atmosfera si alleggerisce. A quanto pare a stomaco pieno siamo tutti meno nervosi.
Brian e Tara raccontano della loro vacanza a Miami. La spiaggia, le feste, le discoteche.
Per un momento mi estraneo dal mondo, da dove sono oggi e da quello che sta succedendo nella mia vita. Per un momento sono con i miei tre amici di sempre, quelli che condividono con me idee e sogni, quelli che mi conoscono più di chiunque altro. Purtroppo però davvero solo per un momento, non appena Brian termina di raccontare della sua scottatura e del bagno a mezzanotte, ripiombo a piè pari nella realtà di adesso. Il Canada, le montagne, il volontariato, il Parkinson della signora Molly, Steve. Iris.
Un vortice di sensazioni mi attraversa la pelle. Il volto così bello di Tara sfuma davanti alla mia vista, anche la faccia pulita e schietta di Brian si sfuoca terribilmente. Chi sono Tara e Brian? Sono davvero le persone che mi conoscono meglio di chiunque altro? Sono sul serio i miei amici?
"Tutto bene?" Brian cerca di scovare nei miei occhi qualcosa che forse non troverà mai. Una risposta del perché mi senta così sotto sopra.
"Credo di sì" mi alzo per lavare i piatti.
I miei ospiti si scambiano una rapida occhiata. Sembrano incerti e spaesati. Non lo sanno, ma io lo sono più di loro.
"Che ti succede, Dylan?" Tara viene al mio fianco. Il suo respiro mi arriva dritto al collo, facendomi pizzicare la pelle. "Sei così, così...diverso! Non sembri neanche più tu"
Resto concentrato sui piatti che sto lavando. Qualche ciuffo di capelli mi cala sugli occhi, solleticandomi la fronte contratta.
"Questo posto non ti sta facendo affatto bene. Sei così silenzioso e distante..." Tara posa le mani sulle mie spalle e inizia a massaggiarle. "Dove fai volontariato è molto stancante?" domanda, "oppure è l'aria di queste montagne a renderti così triste?"
Lascio cadere la spugna sul lavabo e mi volto. Tara è a un passo da me. Il suo volto è davvero molto vicino.
"Il volontariato ha un suo perché e le montagne non sono per niente tristi..."
La mia giovane amica finge di non sentire le mie parole, muove un indice sulle mie labbra, le sfiora e poi si avvicina a lasciarvi un bacio.
"Mi sei mancato, davvero!" dice.
Il mio stomaco affonda, mentre la mia bocca è incapace di replicare. Mi volto di nuovo e riprendo a lavare le stoviglie.
***
Dopo cena Tara siede sul divano, apre la sua borsetta e tira fuori il suo kit da viaggio. "Dopo la tua ottima cena, questo è quello che ci vuole..." dice.
Brian le sta vicino. Gli ho dato uno dei miei maglioni. Improvvisamente gli è preso un freddo terribile e si è reso conto di non essere più in Florida.
Le dita lunghe e sottili di Tara arrotolano un pezzo da cinquanta e lo portano al naso.
Poi il suo busto si china e le sue narici aspirano metà della polverina bianca appena stesa sul tavolino.
"Ancora con quella roba?" chiedo, quasi infastidito. Volgo un fugace sguardo alla finestra. Se il signor Cox vedesse cosa sta succedendo qui adesso, sono sicuro chiamerebbe la polizia se non addirittura l'esercito.
Tara non risponde, passa la banconota a Brian che compie i suoi stessi identici gesti. La droga entra dentro ai miei amici, nelle loro vene e nel loro cervello.
"Vuoi anche tu, Dylan?" Gli occhi sottili di Tara si stringono alla ricerca dei miei.
"Sai benissimo la risposta" replico sempre più infastidito. "Preferisco lasciarla a voi quella merda!"
Tara ride e Brian le posiziona un braccio attorno al collo.
"Ma non vi è bastato ciò che è successo?" allargo ampiamente le braccia. "Eravate fatti quando abbiamo avuto l'incidente, sul serio non ci pensate più a quello?"
Brian si inumidisce le labbra prima di parlare: "La mia gamba adesso sta bene e la mia fedina penale è pulita"
"Suo padre ha pagato perché non scattassero procedimenti contro di noi per la guida in quello stato e per la roba che ci hanno trovato addosso..." spiega Tara.
"Non è stata una grande scelta quella di tuo padre" Non so perché parlo così, ma è come se un enorme senso di rabbia e delusione si stessero prendendo pienamente possesso del mio corpo. "Liberi e felici di continuare a sniffare e procurare guai! Avremo potuto ucciderci quella notte e avremo potuto uccidere chiunque fosse passato in quel preciso istante. E' stata solo fortuna che non ci fosse nessuno per strada!"
"Cos'è l'aria di questo paese fuori dal mondo ad averti fatto ribollire il cervello? Anche tu eri ubriaco perso e non perché non stessi guidando sei più giustificato di noi due. Eri con noi e lo sei ancora adesso!" replica Brian. Poi si sofferma. I suoi occhi studiano i miei con insistenza. "Perché lo sei, non è vero?"
Devio lo sguardo e passo una mano tra i ricci. Sono nervoso e stanco.
"Non dirmi che hai smesso di bere..."indaga Brian.
"Qui è vietato farlo" dico. "Il signor Cox non vuole che giri alcol nella sua casa e..."
"E tu lo stai facendo? Stai rispettando questa regola?" Brian solleva entrambe le sopracciglia.
Non ho smesso di bere, in realtà da quando sono qui ho vomitato dentro al cesso di un locale e ho acquistato ogni varietà di whisky presente. Penso alle due bottiglie lasciate in auto e ai vetri vuoti nascosti proprio sotto al materasso dove sono seduti Brian e Tara. Abbasso la testa, mestamente.
"Lo vedi!" Brian maschera un finto sorriso, "sei dei nostri più di quanto tu possa pensare!" torna a sedersi sul divano.
Tara richiude la borsetta e si alza. Passeggia per la casa, perlustrando quella e quell'altra cosa. Si avvicina al vecchio giradischi.
Passa un dito sulla polvere che vi è depositata sopra e la soffia via.
"Mettiamo un po' di musica. Ho voglia di ballare" dice.
Con accuratezza sceglie uno dei vinili abbandonati sul piano della televisione e lo posiziona sulla piastra.
La voce di David Bowie si diffonde nella stanza. E' calda, avvolgente e grintosa e mi fa precipitare il cuore a fondo. Heroes mi ricorda un film. Un vecchio film.
"Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" dice Tara, guardandomi.
"Già"
"Ti ho fatto vedere quel film una decina di volte, credo..." si avvicina, seria.
Brian si accende una sigaretta. In breve tempo una nuvola di fumo si impossessa della stanza e dei nostri corpi.
"Christiane assunse la sua prima dose di eroina proprio dopo aver assistito al concerto di Bowie" dice Tara, "18 aprile 1978"
"L'inizio della sua fine" dico io.
Tara chiude gli occhi e prende a ballare in modo lento, del tutto fuori tempo con la musica. Guardo il suo corpo ondeggiare. Sembra passata una vita dall'ultima volta che l'ho vista muoversi così. Sposto gli occhi dai suoi fianchi, alle sue mani, al suo collo e ai suoi capelli. Il suo fisico è tonico e abbronzato, è davvero molto sexy.
Mi allento il primo bottone della camicia, improvvisamente incapace di respirare. Sento Brian ridere della mia mossa. "Ti è mancata, non è vero?"
Non degno il mio amico di alcuna attenzione e mi concentro solo su Tara e sul suo corpo.
"Siamo perennemente attratti da ciò che ci fa male, fisicamente e mentalmente. Ma il problema è che ne siamo perfettamente coscienti" Tara recita la frase cult di quel film che mi ha scavato una profonda ferita dentro.
Una ferita che parla anche di noi tre e del nostro maledetto rapporto.
Tara e Brian sanno che è sbagliato procurarsi e sniffare quella roba, come io so che è sbagliato affogare ogni mio dispiacere in una bottiglia di alcol, ma tutti noi continuiamo a farlo, continuiamo a distruggerci.
"Sto cercando di smettere con l'alcol" dico.
Tara apre gli occhi. I nostri sguardi si incontrano, tra la musica, il fumo e gli effetti della polvere bianca.
"Anche Detlef lo ha detto a Christiane, ricordi? A forza di bucarci siamo finiti nella merda, ma dobbiamo venirne fuori. Dobbiamo tornare persone normali" mi ricorda lei, "in realtà non ci sono riusciti. Non potevano fare a meno del loro amore, ma allo stesso tempo il loro amore ha contribuito alla loro distruzione."
"Non è la stessa cosa" dico io, "io, te e Brian non siamo quei ragazzi. Noi siamo diversi e io sto cercando davvero di smetterla con l'alcol e con la vita che facevo a NY"
"Stai cercando di smetterla con noi?" Brian si alza e viene a buttarmi una boccata di fumo negli occhi.
Socchiudo le palpebre e tossisco un po', ma non mi smuovo. "Sto cercando di trovare qualcosa di bello oltre al bere, oltre al rifugio del cinema e alla nostra specie di amicizia..."
"Quindi adesso la nostra sarebbe solo una specie di amicizia?" Tara improvvisa delle virgolette astratte con le dita.
"Non potete non rendervi conto di quanto sia sbagliato il nostro rapporto!" butto fuori. Dentro di me sta nascendo e crescendo un qualcosa che va oltre la mia stessa percezione e volontà. "La nostra è un'amicizia morbosa e irreale, è un mostro che ci porterà dritti all'inferno!"
Tara ruba la sigaretta a Brian e aspira profondamente. "Voglio andare all'Inferno" emette fumo grigio dalle labbra rosse.
Brian le riprende la cicca. "Anche io" dice, fissandomi dritto negli occhi.
Sostengo i loro sguardi per un tempo più lungo del dovuto. Nella mia testa penso che l'unica cosa che voglio in questo momento è solo andare da Iris!
In silenzio e con un grande senso di disagio accompagno con l'auto i miei amici all'hotel nel quale alloggiano. Aiuto Brian a scendere il trolley, lui si limita a mollarmi una pacca sulla spalla e augurarmi la buona notte. Tara invece mi lascia un casto e distaccato bacio sulla guancia, prima di correre infreddolita verso l'entrata dell'edificio.
Forse sono stato troppo duro con loro, ma d'altronde non è facile annullare, come se niente fosse, tutto quello che mi è successo in questi giorni.
Non è facile tornare a bere e scherzare e vivere come se tutto mi scivolasse addosso. Non adesso che ho in testa milioni e milioni di immagini forti e impreviste.
Come posso togliermi dalla mente quelle persone sedute in fila per una terapia? E gli occhi grandi e pieni di vita di Iris? I suoi capelli e le sue mani, il suo profumo. Il suo diario e le sue medicine? Come posso cancellare quello che solo poche ore fa è successo tra di noi? I nostri corpi così vicini e intimi. La sua pelle e la mia paura? Semplicemente non posso farlo.
Quando metto in moto la berlina e faccio inversione ho nel cuore una nuova, enorme consapevolezza. Questa estate non rimarrà solo una semplice estate. Questa estate sarà presente in me e nella mia vita per sempre.
La rivoluzionerà, anzi l'ha già totalmente rivoluzionata.
Prima di tornare a casa mi fermo a casa Sanders. Scendo dall'auto, salto sulle inferriate del grande cancello e lo scavalco. E' notte.
Un gufo mi guarda immobile, appollaiato su uno dei rami della magnolia.
Il profumo di quei fiori mi arriva al naso, impadronendosi completamente del mio olfatto. Come per miracolo tutto il disagio e l'inquietudine che provavo fino a poco fa svanisce nel nulla.
Procedo svelto nel giardino e poi all'albero sotto alla finestra di Iris. Salto sui rami, stando attendo a dove metto le suole. Quando arrivo in cima vedo che la sua stanza è buia e le tende sono tirate, probabilmente Iris sta dormendo. Deposito sul davanzale il pacchetto a cuori che le ho preparato. Sorrido appena, pensando alla sua faccia quando lo vedrà.
Poi, improvvisamente, sento un rumore strano, un suono che non mi piace per niente.
Il ramo sul quale sono posato cricchia appena.
Una, due volte.
La terza è quella decisivo. La corteccia si spezza e io mi ritrovo con i piedi nel vuoto.
Lancio un grido e precipito.
Miracolosamente riesco ad aggrapparmi con le unghie a uno dei rami più bassi.
Il mio cuore credo voglia uscire dal petto, mentre realizzo che sono salvo!
Mi lascio scivolare con un piccolo salto a terra e poso le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Guardo in alto.
La luce nella stanza di Iris mi fa capire a quanti metri di distanza è la sua finestra.
Merda! Avrei potuto rompermi l'osso del collo!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top