LXXIII Dylan: ORMONI AL MASSIMO

Canada,  23 luglio 2010

Adoro il sapore di Iris.
Adoro il suo profumo. Mi fa pensare all'oceano, al mare, alla bellezza.

Affondo la testa nel suo collo. Muovo le labbra con desiderio, quasi come se volessi catturare a pieno anche la sua più piccola e sottile essenza.

Iris inclina la nuca e lascia che i miei baci si facciano sempre più voraci.

Mi alzo dalla sedia e trascino anche lei in piedi. La faccio voltare e le avvinghio le braccia attorno al collo.

La guardo negli occhi, lei ricambia.
I nostri sguardi sono in simbiosi, così vicini e armonici da perdervi la testa.

Faccio scivolare le mie mani lungo la sua schiena. Sento le gambe tremare. Ho paura di fare qualcosa di sbagliato, di rompere l'incantesimo, allora procedo lentamente, con una cautela a dir poco straziante. Mi fermo prima di arrivare al suo fondoschiena, premo i palmi contro i suoi fianchi e la avvicino ancora di più a me. Chiudo gli occhi, piego la testa di lato e riprendo a baciarla. Questa volta sulla bocca.

A dire il vero non so cosa accade di preciso, se la voglia che abbiamo entrambi di condividere questo momento o la suggestione per il film drammatico, ma un fuoco si libera da terra, impossessandosi dei nostri due corpi che, incapaci di reagire, vengono letteralmente travolti.

Iris ricambia il bacio con una passione che non avrei mai pensato potesse avere ed io, io la stringo a me così tanto che ho quasi il terrore di farla smettere di respirare.

Le nostre lingue si cercano e nel momento stesso nel quale si incontrano generano una scintilla pazzesca. Una scintilla che mi fa indietreggiare di qualche passo, portando con me Iris fino al divano.

La faccio sedere, senza staccarmi un secondo dalle sue labbra.

La radio smette di cantare. Il mio cuore però è come se continuasse quella triste e lenta canzone. Forse è il cuore di un fantasma o semplicemente di un ragazzo che sta iniziando a dubitare della sua vita stessa.

I dubbi che mi hanno attanagliato per l'intera notte, quelli che mi hanno fatto vomitare nel cesso di un locale per gay, quelli che parlano di me, di mio padre, di Iris e della sua malattia, si ripresentano con tutta la loro violenza.
Lascio che mi divorino il fegato e anche l'anima, ma non permetto loro di danneggiare questo momento.

Io e Iris. Io e la mia guerriera ci stiamo baciando e lo stiamo facendo nel modo più bello, più assurdo, più fantastico che ci sia. 

In piedi, piegato su di lei continuo il contatto avvolgente che porta entrambi in un mondo fantastico e surreale. Un mondo fatto solo di cose buone e belle.

Iris posa i palmi contro il mio petto, vicino al cuore. Un cuore che batte così forte da voler uscire. Improvvisamente sento qualcosa muoversi dentro di me, qualcosa che mi spinge a scostarmi dalle sue labbra e riprendere fiato.

Iris mi osserva smarrita, ma anche maledettamente coinvolta.

I nostri sguardi restano incollati come un robusto appiglio. Le guance di Iris sono tinte di rosa, il suo naso è dritto e perfetto, in armonia con tutto il suo volto. Le sue labbra, gonfie e piene parlano della passione che ci ha appena travolti.

Scivolo le dita sui bottoni della mia camicia e, continuando a fissare la ragazza sul divano, li sgancio uno ad uno. Quando termino il lavoro faccio scivolare l'indumento a terra. Adesso il mio petto è nudo, esattamente come la palese voglia e l'accecante paura che ho di quello che sto per fare.

Iris mi guarda con i suoi occhi grandi. Sembra ancor più bambina di quanto non lo sia effettivamente. Una guerriera.
Una dolce guerriera bambina.

Mi siedo al suo fianco, le sposto una ciocca di capelli dal viso e poso di nuovo le labbra sulle sue. Il mio corpo emana calore e come una calamita si avvicina fin quasi a incollarsi a quello morbido e puro di Iris.

In pochi secondi ci baciamo di nuovo con foga. Distesi sul divano, in un groviglio di pelle, capelli e profumi.

"Forse dovremo fermarci" sussurro tra le labbra di Iris, "la musica è finita già da un po'" le faccio notare.

Lei mantiene forte la sua mano dietro la mia nuca. "Non voglio fermarmi" dice. Il suo respiro è corto più o meno quanto il mio.

"Ricordi? Niente scene troppo spinte..." le dico, spingendomi di nuovo a baciarla.

Iris geme contro la mia bocca. Non dice niente, semplicemente porta le mani alla sua maglietta e con un movimento rapido e deciso la sfila dalla testa.

La cosa mi lascia di sasso. Resto immobile di fronte a lei e al suo reggiseno.
Il mio cuore fa mille capriole, mentre nei jeans qualcosa si muove tra eccitazione e follia.
Cosa stiamo facendo?

Non c'è tempo per pensare.
Gli ormoni girano al massimo.
I nostri gesti vanno a mille.

Bacio, accarezzo e tocco la pelle di Iris in ogni suo punto. Il collo già esplorato, i seni piccoli e la sua pancia così piatta e sottile. Le sfioro le braccia, stando attento alla fasciatura che racchiude il suo catetere per le terapie.

E' una partenza senza ritorno quella che sto facendo. Un viaggio bellissimo e incontrollato. Iris si abbandona ai miei baci e alle mie carezze con naturalezza.

Siamo due corpi che si stanno scoprendo. Due corpi che non riescono a fare a meno l'uno dell'altro.

Mi sgancio il bottone dei jeans, ormai divenuto solo un impiccio e scorro con le mani sulla pancia di Iris. La guardo dritta negli occhi mentre sgancio anche il suo. Il rumore che fa è quasi dolore, tanto mi entra dentro con forza.
E' un rumore appena percettibile, ma dannatamente pungente.

Faccio scendere la cerniera dei suoi jeans.

Iris trattiene il respiro poi, con un filo di voce sussurra: "Siamo Sam e Molly oppure siamo Dylan e Iris? Chi?"

Non ho tempo né per elaborare, né per rispondere alla sua domanda, perché il campanello suona e lo fa con una tale foga, da farci saltare entrambi dalla paura.

"Stai aspettando qualcuno?" chiedo a Iris. Ho il cuore in gola e lo stomaco stretto.

Iris scuote la testa e tenta di ricomporsi. Si infila di nuovo la sua maglietta e si sistema i capelli, portandoli dietro le orecchie.

Il campanello suona di nuovo. Allora lei si solleva dal divano e va a vedere di chi si tratta.

Recupero la mia camicia da terra e la indosso. Inizio a chiudere i bottoni e mi affaccio al salotto. Sulla soglia della porta c'è Steve.

Gli occhi del rampollo Cox si spostano dal volto imbarazzato e visibilmente agitato di Iris al mio. Scendono sul mio corpo, alla mia camicia ancora non perfettamente agganciata e al mio bottone dei jeans aperto.

"Cosa sta succedendo qui?"

La sua voce è un suono gutturale e profondo.
Un grugnito accompagnato da pugni chiusi e mascella serrata. E' il suono della più profonda gelosia.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top