CIII Dylan: VI PRESENTO JOE BLACK
Canada, 31 luglio 2010
Iris si è assopita tra le mie braccia. Sono le una ormai e sto pensando di svegliarla, quando una luce accecante mi finisce dritta dritta negli occhi.
"Chi diavolo siete voi?"
Una voce fuori mi fa destare immediatamente dal torpore. Iris apre gli occhi e si guarda intorno spaesata. Scavalco i sedili e torno al posto guida in meno di mezzo secondo.
Un uomo con una grande torcia gira intorno alla macchina, portandosi di fronte.
"Ladri? Maniaci? Chi siete?" grida, facendo quasi tremare il vetro.
"Dylan, che succede?" Iris si affaccia tra i due sedili.
"Non ne ho la minima idea. So soltanto che è meglio se ce la diamo a gambe!" forzo un sorriso, neanche lontanamente rassicurante.
Il tizio, chiuso dentro a un lungo giaccone scuro, inizia a battere i palmi delle mani sul cofano. La luce emessa dalla torcia che ha in mano si muove a destra e a sinistra, ostacolandomi la visuale.
"Ma chi è quell'uomo? Cosa vuole da noi?"
Mi giro appena verso Iris e provo a tranquillizzarla con un altro sorriso sghembo. "Credo che sia il padrone di questo posto" metto in moto e faccio retromarcia.
Mi allontano dall'aia ghiaiosa, stridendo con le ruote posteriori e lasciando un gran polverone. Tutto questo in un tempo a dir poco da record.
Solo quando sono sulla strada principale e, dallo specchietto retrovisore, non vedo più la sagoma dell'uomo, riprendo a respirare.
Iris si lascia cadere indietro. Mi volto verso di lei, sbirciandola riposizionarsi le canule nasali e lisciarsi le pieghe del vestito.
"Stavo per svegliarti, si è fatto tardi, avrei dovuto farlo prima, ma dormivi così bene che..."
Iris si avvicina a me. Sento il suo respiro in prossimità della mia nuca.
"Siamo stati fortunati. Se quell'uomo fosse arrivato un paio di ore prima..."
Deglutisco e guido dritto.
Qualcosa si muove dentro al mio stomaco. Si agita e si ributola in modo frenetico.
Forse a farmi tremare le visceri è pensare a ciò che è successo solo centoventi minuti fa, a quanto io sia stato avventato e anche precipitoso nello scegliere questo posto.
Poi sento il fiato di Iris allontanarsi.
"Quale sarà il prossimo film?" mi chiede.
Sbircio di nuovo verso di lei. Adesso ha la testa appoggiata e gli occhi rivolti al paesaggio notturno che scorre dal finestrino.
"Un film che ho imparato a conoscere solo negli ultimi tempi. In realtà ancora non lo apprezzo a pieno. Mi fa paura pensare al suo vero significato, a ciò che il regista vuole comunicare, tuttavia credo che ti piacerà. Penso che racchiuda in sé anche qualcosa di quello che abbiamo vissuto in questo mese. Penso che sia abbastanza intenso, come le esperienze che abbiamo fatto..."
Iris guarda le mie mani sul volante. "Quando me lo darai?"
"Anche adesso, anzi perché non lo prendi tu stessa? È proprio lì dentro..." le indico la gola dello sportello alla sua destra.
Iris lo trova quasi subito. "Mi mancherà questa carta a cuori..." dice, rigirandolo su sè stesso prima di iniziare a scartarlo.
Il mio cuore si stringe. Mancherà anche a me. Forse potrei continuare a fasciare dvd e spedirglieli anche da New York una volta che sarò partito, oppure comprarne abbastanza e portarglieli di persona, per esempio in occasione del Natale. Potrei farlo. Perchè no?
"Vi presento Joe Black"
La voce di Iris mi riporta al presente, strappandomi dolcemente dai pensieri astratti e per niente allegri che sto facendo.
Perché pensare al Natale proprio adesso?
E alla mia partenza?
"Lo vedrò questa sera stessa" dice, stringendoselo al petto.
Le sorrido, anche se dentro di me mi sento strano. Sono mesto ed elettrizzato, felice e infelice, scosso e tranquillo allo stesso tempo. Sono così sottosopra che mi faccio spavento da solo. In breve tempo torniamo in città. Svolto verso la tenuta Sanders e spengo il motore.
"Ecco qua, principessa per una notte, riportata sana e salva nel suo castello!"
Iris si allunga a baciarmi. Un bacio appena accennato. Un bacio della buona notte.
La guardo rientrare e aspetto che abbia chiuso la porta prima di fare inversione e ripartire.
Il mio cuore è un tamburo e la mia testa un orchestra di fiati e violini.
Il caos. Sono il caos.
***
Quando entro nel garage dei Cox c'è buio come al solito. Parcheggio l'auto e spengo i fari, restando nella più totale oscurità. Poso la nuca sul poggiatesta e butto fuori uno dei respiri più grandi emessi in vita mia. La confusione che ho dentro non è una vera e propria confusione.
E' una realtà. E' qualcosa di chiaro e definito. Sto così perchè ho fatto l'amore con Iris e non era programmato. Mi sarei dovuto limitare alla scena del bacio sulla nave, invece sono andato oltre. Siamo andati oltre.
Se chiudo gli occhi vedo il corpo di Iris sotto al mio. Se chiudo gli occhi sento l'odore della sua pelle e del suo profumo. E se li riapro, non cambia niente. Sento e vedo esattamente la stessa cosa. Io e Iris.
Stringo lo sterzo con entrambe le mani. Ci metto tutta la forza che ho. Improvvisamente ho bisogno di bere. Voglio e devo affogarmi dentro a una bottiglia, qualunque essa sia. Scommetto che la mia testa esploderà se non lo farò al più presto. Potrei andare al Mr Grey, lì ho tutto quello che mi serve. Poi ci sono Felicia e Anastasia, magari potrei parlare con loro e... No! Non è affatto una buona idea.
Neanche loro possono aiutarmi. Solo l'alcol sarebbe capace di farlo. Solo l'alcol riuscirebbe ad offuscarmi tutto, a sbiadire i ricordi e a renderli meno travolgenti. O forse di più.
Non lo so.
Per fortuna i miei buoni intenti, quelli espressi di fronte al falò, si materializzano ad uno ad uno, trattenendomi dal rimettere in moto e fuggire verso il richiamo del bar.
Butto fuori un altro respiro e un altro ancora, nel tentativo di espellere tutta l'inquietudine. Perché sono arrivato a tanto?
Perché mi sento così sotto sopra?
Mi fanno male le mascelle da quanto le sto stringendo. Il mio cuore è in ebollizione.
Un grande pentolone che cuoce a fuoco lento. Amore, amicizia, felicità e tranquillità.
Un minestrone di sentimenti che si sono fatti spazio nel mio animo, impossessandosene completamente. Non avrei dovuto permettere loro di attecchire così. Il mio corpo è saturo adesso, vulnerabile e in balia di chissà cosa.
In realtà so perfettamente quello che mi sta capitando. Conosco tutto, devo solo avere il coraggio di razionalizzarlo. Devo solo trovare la forza di ammettere che mi sono innamorato.
Avrei dovuto evitarlo, avrei dovuto stare alla larga dal pericolo incombente, invece mi ci sono ficcato dentro da solo, in quel pentolone. A capo fitto. Un tuffo di testa, triplo carpiato.
E adesso sono nei guai. Più che mai.
Se il mio cuore potesse parlare direbbe solo e soltanto il suo nome: Iris.
Lo direbbe con voce dolce, sensuale. Lo direbbe con premura e anche con tanta voglia di rivederla e di abbracciarla ancora una volta prima di andare a dormire.
Apro la portiera, scendo e chiudo l'auto.
A bassa voce, come una preghiera straziante, come l'uomo più devoto sulla faccia della terra ripeto a non finire: "L'amore non esiste, l'amore non esiste, l'amore non esiste"
Niente! Questa volta la filastrocca non funziona. Il rumore della saracinesca che si abbassa, aiutata dalla suola della mia scarpa, mi fa capire che sono davvero nei guai e ci sono fin sopra al collo.
Mi incammino verso la dependance.
La luna in cielo mi guida silenziosa. Forse è lei la vera responsabile di tutto questo. E' lei che ha illuminato questa sera, è lei che ci ha sorvegliati dall'alto del suo regno.
D'altronde di qualcuno dovrà pur essere la colpa se il mio cuore batte così forte e la mia testa non vuole smettere di pensare a quanto sia stato bello questo appuntamento.
La promessa si sgretola sotto ai miei passi, mentre salgo gli scalini del piccolo porticato.
Non avrei dovuto innamorarmi.
Era quello che volevo da sempre, stare alla larga dai sentimenti, e quello che voleva anche Iris. Elementare. Semplice, quasi banale. Invece ho infranto la regola a pochi giorni dalla fine del patto. Sono un perdente, ma non posso farci niente. Non lo dirò a Iris, lo terrò per me, fingendo di aver rispettato le regole.
Oppure sarebbe meglio dirle la verità e prenderne tutte le sue conseguenze. Come posso continuare così? Come posso tornare negli Stati Uniti con questo segreto schiacciante?
Domani andrò da Iris. Domani appena finito il mio turno. Mi inginocchierò e le dirò: "Sai, Iris, mi sono innamorato di te. Conosco le regole. Ho rovinato tutto, ma non posso farci niente. Io credo che non ci si innamori mai per caso. Non ci si innamori neanche sotto costrizione. Succede. Succede e basta. E a me, è successo!"
Sì farò così. Al diavolo il patto.
Al diavolo le regole!
Quando mai ne ho rispettata una, infondo?
Infilo le chiavi nella toppa, nel trambusto sentimentale più completo, mentre una voce poco lontano chiama il mio nome.
"Dylan, ehi...aspetta!"
Steve è dietro di me. Ha in braccio il gatto di famiglia. Lo accarezza, mentre mi fissa negli occhi. Per un attimo ho quasi paura. E' come se potesse leggere quello che sono, quello che ho fatto e quello che provo. Mi sento nudo e anche disarmato.
"Sei stato con Iris?" domanda.
Mi limito ad annuire.
Lui passa un palmo sulla testa rotonda del felino. Non accenna ad avvicinarsi e neanche ad andarsene.
"E tu? Cosa ci fai fuori a quest'ora?" gli chiedo.
Steve fa spallucce. "Ieri sera ti ho visto uscire e ho pensato fossi andato a trovare Iris. Poi a mezzanotte ancora la berlina non c'era e allora ho pensato fosse successo qualcosa, non so, non riuscivo a prendere sonno..."
"Iris sta bene" mi volto, cercando di trovare di nuovo la toppa nella porta.
"E cosa avete fatto fino a quest'ora?"
La domanda di Steve e la sua ingenuità mi lasciano uscire uno sbuffo, che dovrebbe assomigliare a un sorriso, in realtà.
"Ti dice niente la parola: amore?"
Finalmente infilo la chiave, giro ed entro.
Steve resta a distanza. Non dice nulla, aggrotta solo la fronte per capire se io stia scherzando o meno.
"Buonanotte, moscerino..."
Poi, prima di chiudere la porta sento Palla di Pelo lanciare un miagolio più acuto del solito. Lo vedo fuggire via, nel giardino. E, poco dopo, osservo anche Steve fare retromarcia.
Mi sembra di sentire un singhiozzo echeggiare nell'aria o forse è solo il rumore dei suoi passi che procedono spediti verso l'entrata principale. Per un attimo provo rimorzo per ciò che ho detto. E' come se mi sentissi più fortunato, più grande e più stronzo di lui.
Ma è solo un istante.
In fondo è stata Iris a fare la sua scelta. E, come ormai credo di aver capito, l'amore non si può scegliere. Succede. A Steve non è successo.
A me sì.
Chiudo la porta. E con essa tutto quello che mi tormenta. O forse lo rimando solo di una manciata di ore.
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