CII Iris: LA FAVOLA PIÙ BELLA

Canada, 30-31 luglio 2010

Ci sono momenti in cui tutto smette improvvisamente di avere importanza.
Ci sono momenti nei quali il tuo cuore si isola dal resto del mondo. Ci sei solo tu, lui e i battiti che senti fin dentro le orecchie.

La malattia con la quale sto facendo i conti da un'intera vita, il trapianto, l'amicizia con Steve o l'amore dato dalla mia famiglia non sono niente in questo preciso istante.
Dylan è vicino a me. I nostri respiri sono un solo alito dentro a questa vecchia auto.

L'odore della pelle dei sedili si mescola a quello forte e deciso del ragazzo che mi ha appena chiesto di fare l'amore con lui. Lo ha fatto come se non ci fosse una bombola di ossigeno tra di noi, come se niente fosse diverso. Lo ha fatto come in un film e, forse, è solo di un film che si tratta. Ma i suoi occhi, le sue labbra, le sue mani e le sue parole dette al ristorante mi fanno capire che, probabilmente, niente di tutto questo è legato a Titanic o a qualsiasi altra pellicola.

Sento il cuore tremare e crettarsi, insieme alla promessa che ci siamo scambiati. Nessuna lacrima. Nessun amore. E la freddezza con la quale abbiamo stretto il patto, adesso, è solo un'altra delle tante cose lasciate fuori da questa automobile e da questo momento.

"Sei così bella, Iris..." Dylan scivola la sua mano sulla mia spalla, attraversa il braccio, fino a sfiorarmi le dita.

Il mio respiro sale e poi riscende come in una giostra. Forse dovrei aumentare la dose di ossigeno, oppure dovrei semplicemente provare a calmarmi. Non dovrebbe essere così difficile lasciarsi andare.

Dylan si accorge della mia paura. Cerca il mio sguardo e, senza staccare per un solo istante le sue iridi scure dalle mie, sussurra: "Guerriera, fidati di me..."

Deglutisco. So cosa intende. Non devo temere perchè io sono forte, sono armata e protetta. Non sono una semplice ragazza. E Dylan questo lo sa e non mi farà del male.

"Mi fido di te, principe Dylan" cerco di sorridere, quando in realtà sento il cuore quasi scoppiare.

Lui avvicina le sue labbra alle mie e vi lascia un bacio leggero, poi un altro ancora. Chiudo gli occhi, abbandonandomi al suo caldo respiro contro il mio.

La giacca appoggiata sulle mie spalle scivola indietro, seguita pian piano dal mio busto. Dylan continua a baciarmi, mentre si sposta sopra di me. Adesso le sue mani attraversano il mio corpo, soffermandosi sulle mie anche.
Il suo tocco arde, come il fuoco o forse ancora di più. Poi tutto succede velocemente, i nostri baci si trasformano in carezze avvolgenti e i nostri respiri in due veri e propri cicloni.

La gonna del mio vestito blu sale, mentre Dylan con cautela sfila le mie mutandine.
I suoi occhi non si staccano un solo istante dai miei. Mi dicono di non avere timore, mi dicono che non sono da sola. Lui c'è. E' qui con me e lo sarà per sempre, forse.

Poi arriva anche il rumore emesso dal bottone dei suoi jeans che si aprono.
Mi entra dentro. Profondamente.
E' il suono che mi fa capire tutto. Tutto quello che in pochi giorni la vita ha deciso di regalarmi. Un amore o qualcosa che ci si avvicina abbastanza.

Seguo con lo sguardo i pantaloni di Dylan finire a casaccio sopra al sedile. Dal finestrino la luna illumina i suoi capelli. Il suo profilo è così dolce da farmi stringere lo stomaco.

Questa è la mia prima volta. Noi non siamo su una carrozza come Rose e Jack, ma è come se lo fossimo. Dylan è il mio principe e quella che mi sta facendo vivere è la favola più bella del mondo.

"Se non te la senti possiamo fermarci, possiamo farlo...possiamo..."

Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo.

"Non farò mai qualcosa che non vuoi...non..."

"Io lo voglio" torno a guardarlo, decisa.

Dylan si spoglia anche dei boxer.
Il suo membro adesso è di fronte a me, ben visibile e pronto. Il mio cuore si ferma, insieme al mio respiro, mentre lui toglie dalle tasche dei jeans quella che sarà la nostra protezione.
Riconosco la confezione, è la stessa che gli è caduta dalle tasche uno dei primi giorni che ci siamo conosciuti.

"Steve" dice lui, nascondendo l'imbarazzo evidente. "Avrebbe voluto buttarli insieme ai giornaletti per togliersi il peso del suo passato...li ho presi io, ecco, sai...possono sempre essere utili..."

I miei occhi luccicano nella notte e la mia bocca emette una leggera vibrazione.

"Scusa, non volevo dire...era solo per..."

"Tranquillo" lo rassicuro.

Dylan respira in modo veloce, quasi frenetico.
La sua camicia è aperta sul petto. E' nera, in contrasto con il candore della sua pelle liscia.
Inizio a tremare. Lo faccio senza volerlo.
Lo faccio perchè tutto questo è più grande di me e della mia stessa esistenza.

"Hai freddo?" Le mani di Dylan si muovono sulle mie gambe, salendo poi sulle mie cosce.

Scuoto appena la testa.
Non ho freddo. Ho solo tanta voglia e tanta paura insieme. Dylan torna a baciarmi.
Prima sul collo e poi sul seno. Il suo fiato e il suo profumo mi rassicurano e mi eccitano. Sono un'alchimia disarmante, in grado di farmi girare la testa.

Sento il respiro sempre più corto. Sento la malattia che mi mangia dentro, scavandosi un solco profondo dal cuore allo stomaco, fino in fondo alla pancia, ma percepisco anche una forza enorme, sprigionata da ogni singolo poro della mia pelle. Una forza che mi accompagna proprio nel momento in cui Dylan si porta su di me. Le sue labbra a un filo dalle mie e il suo cuore a un battito dal mio. Ed è proprio questo il suono che avverto quando il sesso di Dylan entra dentro di me. Piano, molto piano.

Le mie gambe si avvinghiano alla sua schiena e le mie mani affondando dentro ai suoi capelli. Alcuni ciuffi scivolano a Dylan sul volto, solleticando pure il mio. La sua fronte è imperlata di sudore, esattamente come la mia. Non tremo più.

"Ti faccio male?"

Soffio dentro alle sue labbra, senza smettere un solo istante di baciarle. Questo non è dolore.
Il dolore è altro. Il dolore sono i miei giorni vuoti, le mie lotte immense per conquistare tutto ciò che a una ragazza normale basterebbe soltanto schioccare le dita per ottenerlo.

"Perché se ti sto facendo male possiamo sempre fermarci, possiamo sempre..."

"Non mi stai facendo male"

"E...sei comoda? Sei..."

"Dylan!" stringo alcuni suoi ricci tra le mie dita. I miei occhi sono ormai un tutt'uno con i suoi. "Sto bene" lo rassicuro.

Lui allora affonda il volto dentro al mio collo e non dice più niente. I suoi movimenti si fanno veloci, repentini.
Per un istante mi sento piccola e grande.
Mi sento bella e anche immune alle ferite della vita. Sono piena. Nessun vuoto, nessuna vertigine, solo e soltanto desiderio di vivere.
Di respirare l'amore. Di respirare Dylan.
***

La luna fa capolino dai vetri dell'auto appannati. Lassù c'è un'altra storia, ci sono altre vite. Lassù c'è tutto quel mondo che non esiste più in questo. E adesso vi è volata pure la bambina che era in me. Il mio vestito sgualcito, i miei capelli disordinati, il sudore che mi si è incollato alla schiena. Ora sono una donna e lo sono grazie a Dylan.

Nessuno di noi due ha il coraggio o, semplicemente, pensa sia necessario parlare.
Il silenzio, insieme a quello che è appena successo, è l'indiscusso protagonista.

Guardo Dylan rinfilarsi i boxer, tirarsi su i jeans e mettersi le scarpe. Il suo profumo è inconfondibile e pieno dentro a questo stretto abitacolo.

In testa ho un milione di cose, che frullano e si intrecciano, fino a diventare un unico grande pensiero. Sono felice. Per la prima volta in tutta la mia vita sono davvero felice.
E non importa se questo sentimento durerà appena pochi minuti o secondi. Sento la felicità attraversare tutto il mio corpo, strisciare nella mia pelle e nascondersi in un angolino in fondo al cuore.

Allungo una mano sul volto di Dylan e glielo dico: "Io sono felice"

Lui mi guarda con quei suoi occhi belli e scuri più della notte. Poi mi sorride, così, senza aggiungere niente. E a me basta. Il suo sorriso è tutto ciò che a me serve in questo momento.

Restiamo sdraiati sui sedili posteriori per un pò di tempo. Lui tiene un braccio dietro la mia nuca e io poso la testa nell'incavo del suo collo.

Poi Dylan sbircia l'orologio sul cruscotto.
"È mezzanotte" dice, "solo quattro giorni e dovrai darmi una risposta" La sua voce è piatta, quasi restia a rompere la dolce quiete che si è creata. "Dovrai dirmi se sono riuscito a farti innamorare del cinema, al pari delle tue montagne..."

Mi volto e studio il suo profilo. Voglio memorizzarne ogni singolo lineamento, ogni neo, ogni imperfezione.

"Solo quattro giorni e tutto questo sarà finito" mi lascio sfuggire.

Dylan si gira anche lui. I nostri occhi si incontrano e le nostre bocche si muovono a pochi centimetri di distanza.

"Non sarà finito, se tu mi darai risposta affermativa ti porterò al cinema con me, proprio come promesso. Una sala vera con poltroncine rosse, popcorn a volontà e un grande teleschermo..."

"Grande, quanto?"

Dylan traccia con l'indice una lunga linea immaginaria davanti a sè. "Più o meno così" socchiude gli occhi.

Cerco di immaginarmi seduta su una di quelle poltrone di cui parla. Cerco di immaginarmi al suo fianco, a condividere un enorme cestello di mais scoppiettante. E non è difficile farlo.
Riesco a vedere tutto. Riesco a respirarne addirittura l'aria.

Niente è finito, Dylan ha ragione.
Non per il nostro patto almeno, ma tra noi?
Tra noi cosa succederà adesso?

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