CI Dylan: JACK E ROSE

Canada, 30 luglio 2010

Il porto non è molto distante dal ristorante dove abbiamo cenato ottimo pesce di acqua dolce. Avevo visto questa baia sulla cartina del paese e avevo ipotizzato fin da subito che fosse il posto più giusto. Adesso, man mano che mi avvicino, seguendo le chiare indicazioni lungo la strada, sono sempre più convinto e fiero della mia scelta. Decido di non parcheggiare nel sentiero, ma di addentrarmi fino a una piccola insenatura ghiaiosa.
Il luogo è deserto. La fitta vegetazione nasconde perfettamente il pontile che, con le sue lunghe assi in legno, si sporge fin sopra le placide acque del laghetto. Spengo i fari e lascio che la luna piena sia la sola a illuminare la sera. Iris siede al mio fianco, bendata.
Le ho coperto gli occhi perchè volevo che questa fosse una sorpresa per lei.

"Adesso hai intenzione di farmi vedere dove siamo?" freme, non appena mi sente arrestare il motore.

"Ancora non è il momento!" la rimprovero.

Iris sospira e io mi affretto ad aprirle la portiera.

"Perchè tutto questo mistero? Cosa hai in mente, Dylan?"

"Shh" la zittisco. Poi la aiuto a scendere, sorreggendole la tracolla con la bombola di ossigeno. "Dammi la mano..."

Iris esegue il mio comando. La guido lungo il parapetto. Il rumore dell'acqua che sbatte contro le assi di legno è rilassante, così come quello dei nostri passi. Lo scricchiolio è ritmico e rassicurante. Un cartello indica che la zona è proprietà privata, ma a quest'ora nessuno si accorgerà della nostra furtiva presenza.
Alcune barche sono ormeggiate e dondolano dolcemente.

"Acqua, questo è il rumore di acqua...siamo su un lago...siamo..."

"Ehi..."

Iris sorride, continuando a venirmi dietro a tentoni. Piega leggermente la testa, cercando di guardare sotto alla benda.

"Non sbirciare!" la riprendo.

"Non sbircio" dice lei, senza togliersi quel suo bellissimo sorriso dalle labbra.

La sostengo con più forza, facendola salire su una delle barche presenti. E' chiusa, ma non è importante. Siamo a poppa o forse a prua, non ci ho mai capito molto di marina, quello che conta è che siamo sopra a ciò che somiglia più possibile ad una imbarcazione. Iris si aggrappa forte al mio braccio, lo stringe, sentendosi oscillare. Non sarà la stessa nave di quella utilizzata da James Cameron per il suo film, ma sarà comunque sufficiente per il mio intento.

"Adesso vieni su" la incito a saltare i due spessi gradini. "E ora aggrapatti alla ringhiera che hai proprio davanti. Tieni gli occhi chiusi, non sbirciare..."

Iris fa come le dico, lamentandosi: "Dylan, ho detto che non sbircio!"

Resto dietro di lei, cingendole la vita con le mie braccia.

"Adesso sali sulla ringhiera. Reggiti."

Iris solleva il piede e, facendo forza sulle braccia, sale sul bordo in metallo.
La sento tremare appena, insicura.
Salgo anche io, per mantenermi alla sua altezza e, al contempo, la avvicino maggiormente contro il mio corpo.

Il vento è leggero, appena percettibile. E' giusto un alito che spinge i capelli di Iris di lato e fa svolazzare appena il suo vestito. Mantengo la bombola di ossigeno appesa a una spalla e annuso l'odore del lago, l'odore di questa notte. La luna è proprio di fronte a noi. E' bella, rotonda e illumina l'acqua in una lunga scia bianca.

"Ti fidi di me?" interpreto al meglio la voce calda e convincente del giovane Jack Dawson.

Iris prima trattiene il respiro e poi butta fuori: "Mi fido di te"

Allora le sollevo le braccia, facendole distendere. Iris si lascia guidare nel movimento. Lentamente sciolgo il nodo di stoffa stretto dietro la sua nuca e faccio sì che possa tornare di nuovo a vedere. Sento il suo torace rientrare e le sue spalle alzarsi. Il suo profilo si distende, così come le sue labbra.

"Dovresti dire: Sto volando" le suggerisco all'orecchio.

Iris non smette di sorridere. Le sue pupille vagano nella notte, nel lago, fino alle montagne in lontananza. Si muovono frenetiche, così come frenetico batte il suo cuore. Posso sentirlo. Posso decisamente sentirlo.
Le sue braccia restano ben distese e il suo abito azzurro si muove contro i miei vestiti.

"Rose e Jack" sussurra, con un debole filo di voce.

"Rose e Jack" confermo, stringendola forte attraverso la vita.

Per un attimo mi sembra che tutto il mondo intorno a noi scompaia. Siamo gli ultimi sopravvissuti, le uniche persone su questa terra o, semplicemente, due individui fuori dal mondo, fuori da tutti gli schemi.

Mi avvicino di più all'orecchio di Iris e le canto con un sospiro: "Tu, Josephine, sulla macchina vieni con me, più su, vola via con me..."

La mia voce non riesce a restare ferma, vibra e trema, insieme all'emozione di questo momento. Ho usato le stesse parole canticchiate da Jack, quelle di una vecchia canzone dell'epoca, quelle che hanno preceduto il suo bacio indimenticabile con la ragazza ricca e irraggiungibile. Il loro amore era impossibile, le loro classi sociali diverse, ma il Titanic ha reso tutto possibile. Il cinema può molto e anche il destino. Un biglietto vinto per gioco. Due vite che si incrociano per caso, cambiando e cambiandosi per sempre.

Iris si gira di profilo, non molto, giusto quel che basta perchè i nostri volti siano vicini, l'uno di fronte all'altro. I nostri respiri si confondono, così come i nostri sguardi.

Niente è più bello di Iris in questo momento; nè la luna, nè le acque calme e scure del lago, neanche le montagne. Niente è più forte dell'attrazione che ci spinge a baciarci, prima dolcemente, poi con una passione sempre più grande.

Mi scosto appena, poso la fronte contro quella di Iris e torno a respirare. Appena alcuni istanti, quelli sufficienti perchè anche lei possa riprendere fiato, poi entrambi siamo spinti di nuovo in un bacio pieno e desiderato.
Ignoro le cannule di plastica sul volto di Iris, non sono niente. Non sono un difetto in questo momento. Vedo soltanto una ragazza libera e serena e desidero solo la sua bocca sulla mia.
***

Quando scendiamo dalla piccola imbarcazione, mi sfilo la giacca e la poso sulle spalle di Iris.
Il suo vestito sembra decisamente troppo fine per la temperatura della sera. Non ho alcuna intenzione di farle prendere freddo, non dopo l'ultima volta. Ancora porto con me un briciolo di senso di colpa per averla fatta uscire sotto alla tempesta.

A piccoli passi attraversiamo di nuovo il pontile e le sue assi di legno. Torniamo alla berlina parcheggiata. Forse è ora di andare a casa o forse ancora non è il momento. Non vorrei mai lasciar andare Iris. Sto d'incanto con lei e solo il pensiero di dovermene staccare per la notte, fino al giorno seguente, non mi dà pace.

"Perchè mi fai stare così bene?" mi chiede lei, stringendomi la mano. "Prima la sorpresa della cena e poi tutto questo..."

Non riesco a dire niente. I miei sensi sono al massino. Sono accesi come non lo sono mai stati, almeno da sobrio intendo. Le mie dita si allacciano più forti a quelle di Iris e i miei occhi, i miei occhi si perdono e basta, nei suoi. L'attrazione che ci spinge l'uno verso l'altro è indescrivibile a parole. Non la si può quantificare e neanche misurare. E' qualcosa che ci comanda, che parla e si muove per noi.

La mano di Iris pian piano si stacca dalla mia.
La faccio salire sui sedili posteriori e, senza smettere un solo istante di guardarla, chiudo la portiera. Salgo alla guida e suono il clacson.

"Dove la porto signorina?" cerco di assumere una voce grossa, da uomo.

Mi volto. Iris non sta più sorridendo. I suoi occhi sono chiari e luminosi proprio come la luna piena di questa notte.

"Su una stella" dice, ricordandosi le parole esatte di Rose.

Non posso fare a meno di allungare una mano fino a sfiorarle il volto. Iris posa le sue dita sulle mie, tirandomi appena. La leggera trazione mi fa stringere lo stomaco. So quello che devo fare, so quello che voglio che succeda. E anche Iris lo sa.

Passo tra i due sedili con cautela e mi porto anche io dietro. La luna illumina i nostri profili, i nostri sguardi incollati l'uno all'altro e tutti i nostri timori. Uno a uno.

Jack chiese a Rose se fosse nervosa. Io mi limito a guardare Iris e sussurrarle:

"Adesso?"

Lei mantiene lo sguardo fisso nel mio. Non batte ciglio, non si distrae. E' decisa, ma anche tremendamente impaurita. Forse quanto me, del resto. La sua mano, la stessa che prima era posata sulla mia, viene mossa di nuovo per riprendersi possesso delle mie dita.

Osservo in silenzio Iris accarezzarmi la pelle, studiare i tratti del mio palmo, per poi avvicinare la mia mano alle sue labbra e lasciarvi un bacio, proprio come la stessa donna del film.

"Adesso" annuisce.

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