Il ritorno a casa (Rebecca)
Ricordo ancora tutte le volte in cui alle riunioni scolastiche le madri degli altri ragazzi scambiavano me e mia madre per sorelle; ciò non avveniva semplicemente perché ci somigliamo molto ma perché lei è sempre stata una donna giovanile ed attenta all'esteriorità. Probabilmente starete pensando "buon per lei, voleva sembrare giovane e riusciva nel suo intento" ed è qui che vi sbagliate. Mia madre ha sempre odiato il fatto che potessimo apparire come sorelle perché secondo lei sorelle e fratelli dello stesso sesso sono in continua competizione. Personalmente non so se sia vero oppure no perché sono figlia unica; quando ero piccola e desideravo un fratellino, mia madre mi diceva sempre che io bastavo ed avanzavo.
In poche parole il problema di mia madre, come sempre, ero io perché in me vedeva tutto ciò che non aveva più: un bel fisico in primis, un'ampia comitiva d'amici, ragazzi che mi facevano la corte e tutte quelle cose che può avere una liceale. Fin da quando sono nata mi ha sempre visto come una rivale, ha sempre pensato che volessi rubarle l'affetto e l'attenzione delle persone a lei care, ma non ha mai capito che l'unica cosa che volevo era un po' del suo amore.
Ma adesso dopo aver appreso che lei ed Edoardo si "amano" ciò che voglio non è più l'amore che non riesce a darmi: voglio l'uomo che un tempo è stato mio. Adesso ha ufficialmente una rivale e non sono sua sorella ma sua figlia.
Mentre con la mente ritorno a tutte quelle volte in cui mia madre per me non ha avuto altro che parole di disprezzo, altre lacrime amare scendono dai miei occhi.
In questo momento vorrei tanto avere accanto una persona che mi consoli, qualcuno con cui sfogarmi ma non ho più nessuno: i miei nonni sono morti, mio padre pensa solo alla sua nuova compagna e gli amici che avevo da ragazzina sono partiti tutti per andare all'università. A volte, mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fossi nata in un altro momento o meglio ancora in un'altra famiglia.
Quando arrivo a casa (purtroppo vivo con mia madre perché non ho abbastanza soldi per permettermi di pagare un affitto) vado diritta in camera mia, chiudo la porta a chiave e mi guardo attorno, questa stanza non mi rappresenta. Tutto l'arredamento è stato scelto da mia madre e tutto è spaventosamente coordinato nello stesso colore: le pareti sono lilla, lo stesso vale per il copriletto e le tende, ha persino dipinto di lilla le cornici dei portafotografie. Ha sempre detto di aver voluto scegliere tutto lei perché così, qualora qualcuno avesse fatto un complimento, avrebbe potuto prenderne lei il merito. Fin'ora non ho mai dato troppo peso alla cosa ma adesso, travolta da un impeto di rabbia, sono stufa di essere sua succube così inizio a distruggere tutto ciò su cui poso lo sguardo. Prendo un taglierino e strappo quelle orribili tende, passo la mano destra sulle mensole facendo cadere tutto ciò che vi è sopra, disfaccio il letto, apro l'armadio e getto a terra quanti più abiti possibile. Quando la mia rabbia sembra essersi leggermente placata mi siedo sul pavimento gelido osservando un punto indefinito, fin quando non sento bussare alla mia porta.
<<Rebecca apri, ho bisogno di parlarti. Dobbiamo chiarire questa situazione>>
Edoardo ha una voce così tranquilla che quasi mi infastidisce. Vorrei non averlo mai amato così adesso non soffrirei maledettamente.
<<Non voglio parlare con nessuno! Puoi benissimo tornare dalla tua amata!>>
Lo sento avvicinarsi ulteriormente alla porta, probabilmente lo fa per farsi sentire meglio.
<<Tua madre non è qui! Mi ha dato le chiavi di casa affinché venissi a parlarti. Te lo chiedo per favore, apri!>>
Non so perché ma mi alzo da terra e vado ad aprirgli la porta. È come se fossi un burattino e venissi manovrata da un burattinaio che si trova sul tetto della mia stanza. Forse la vita di ognuno di noi viene gestita da un burattinaio che si diverte a prendersi gioco dei nostri dolori, ma non è questo il momento adatto per perdersi in pensieri filosofici.
Quando Edoardo entra resta sbalordito in negativo a vedere le condizioni della stanza, lo capisco dalla sua espressione ma per fortuna non dice nulla a proposito.
<<Allora, di cosa dobbiamo parlare? Di quanto sia affettuosa mia madre? Perché sai, non me ne importa nulla di sapere i dettagli della vostra schifosa relazione!>>
Il suo sguardo si fa duro e quasi mi sembra di vederlo diventare rosso per la rabbia. Ma anche di questo non mi importa perché l'unica che qui ha il diritto di essere arrabbiata sono io.
<<Quando l'ho conosciuta non sapevo fosse tua madre, altrimenti avrei mantenuto le distanze. Volevo che lo sapessi>>
<<Però sapevi che avesse una figlia. Quando te ne parlava non ti è mai venuto in mente che potessi essere io?>>
<<No, le sue descrizioni non corrispondevano all'idea che ho di te. In poche parole raffigurava sua figlia come una ragazza insensibile e rabbiosa, ma tu per me non sei così>>
Bhe che dire, dovevo immaginare che mia madre parlasse di me in questo modo. Ai suoi occhi sono sempre stata io la cattiva della situazione.
<<Anche se ti credessi le cose non cambierebbero>>
<<Ma io non voglio che le cose cambino. Amo tua madre. Vorrei solo che tu lo accettassi>>
Come può dirmi di accettare la loro relazione? È impossibile, pur volendo non ne sarei capace.
<<Come posso accettarlo se continuo ad amarti? Come posso abituarmi a vedere le tue labbra poggiarsi su quelle di mia madre anziché sulle mie? Mi dispiace, ma mi rifiuto anche solo di provarci!>>
Vorrei tanto piangere ma stavolta le lacrime non riescono a scendere. Sono un concentrato di rabbia, odio ed amore e sento che potrei esplodere da un momento all'altro.
<<Mi dispiace Rebecca, davvero. Ma devi trovare il modo di andare avanti>>
<<È l'unica cosa che hai da dirmi?>>
<<Penso proprio di si>>
Edoardo esce dalla mia stanza cercando di scavalcare un mucchio di cuscini che ho gettato per terra. Io invece resto da sola nel mio oblio divorata sempre più dall'odio verso mia madre.
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