Capitolo 7 - Parte II - Di una vittoria della pace e della sconfitta di un jedi


Presente

Obi-Wan versò un bicchiere d'acqua dalla brocca d'argento posta sul comodino di Satine, e glielo passò, con premura. Non poteva staccare gli occhi da lei, accaldata, dopo l'amore impetuoso che li aveva infiammati per tutta la notte.

Ne versò anche uno per sé, dissetando un'aridità solo fisica; l'animo era pieno di emozione, di contentezza.

«Vuoi qualcosa, ti faccio preparare la colazione da Zara?».

«Tienimi fra le braccia generale, ti chiedo solo questo» la nobile espresse il suo unico desiderio, accorata. Che si realizzò più velocemente del tempo impiegato a pronunciare i nove vocaboli.

«Una volta mi dicesti che ognuno aveva la sua felicità e che tu eri diventata la mia. Mai parole furono tanto vere. Lo sei sempre stata, dal momento in cui ci incontrammo. Sono riuscito ad andare avanti, negli anni, perché ti portavo nel cuore» Kenobi afferrò il pettinino con le farfalle, riposto anch'esso sul comodino, vicino al gemello «E per questo: mi ha seguito ogni giorno, nascosto nella tasca dei pantaloni. Quando avevo bisogno di conforto lo stringevo fra le dita. Dammi pure dello sciocco» seduto sul bordo del letto, accarezzò il profilo del seno della duchessa, con il dorso delle dita, in un movimento sfumato «Sei arrabbiata con me per avertelo sottratto all'oasi? Più di quanto io sia arrabbiato con me stesso per averti lasciata? La rabbia è una cattiva consigliera, la peggiore».

«No, non sono arrabbiata» la mano lambì la barba ispida sulla guancia destra «Ho sempre saputo che l'avessi tu, jedi romantico e ladro, pure se non lo hai mai ammesso. Non hai riconosciuto molte cose, Obi. La tua treccina...l'adoravo. Che fine ha fatto?» toccò il punto esatto della nuca da dove partivano, un tempo, le ciocche tagliate.

«La nostra treccina? Segreto!» aveva cercato di conservarla, dopo la cerimonia in cui era diventato cavaliere ma rimase sul vago, con l'idea di farle una sorpresa. Non avrebbe immaginato che la loro relazione potesse riprendere, quasi al punto in cui era terminata; portare la treccina con sé avrebbe significato avere una speranza, e lui l'aveva nascosta nel buco nero dell'anima, nel punto più oscuro della negazione dei propri sentimenti. Quando, in un continuo scontro interiore, il suo pensiero era stato, per anni, di regalarla a lei, in ogni singolo minuto in cui l'aveva tenuta in mano, assieme al pettinino. Perché era ciò che gli restava di Satine!

«Capisco, è un peccato che tu non voglia svelarlo, ma non mi offenderò. Obi-Wan, eri la persona più importante della mia vita» Satine lo sussurrò, fermando la mano di Kenobi e unendo le dita con le sue.

«E tu la mia. Lo sono ancora, Satine? Ti prego, dimmi di sì» temeva per la risposta, come da ragazzo tremava nei momenti di attesa alle confessioni dell'amata e tentennò, incerto.

«È Korkie, in modo diverso da come lo sei stato tu. Tu sei l'amore, jedi».

Lui, rassicurato, sbottò a ridere «Me ne farò una ragione, non posso essere geloso del ragazzo. Ti somiglia. Non è figlio di Bo, vero?».

«No, Obi...» detestava parlare di sua sorella, un brivido orribile le attraversò la schiena fino a procurarle la pelle d'oca «Si tratta del figlio di un lontano parente della famiglia di mio padre, rimasto orfano, mi chiama zia per mera consuetudine».

«Tua sorella resta una spina nel fianco. Hai avuto più sue notizie, sai se sia viva?».

«L'ultima volta che ci siamo incontrate eri presente. Tuttavia, prego che sia lì fuori, e che prima o poi tornerà, in pace» ne dubitava, ma la speranza era l'ultima a morire.

Sul termine pace, lo baciò con passione «Obi, mi dispiace ma debbo proprio andare, non rammaricarti» si alzò in fretta dal letto; il lenzuolo imbevuto dei profumati amorosi effluvi cadde a terra. La sveltezza nello spostamento non era legata solo alla fuga da un mare di ricordi che non voleva esternare, ma a un impegno preso per salvare Mandalore.

Kenobi la fissò nella nudità completa del corpo tonico e perfetto, impreziosita dalla luce dell'alba filtrata dal vetro della finestra «Stai fuggendo tu da me, duchessa. Devi uscire a quest'ora del mattino? Per quale ragione?». Credette davvero importante, perché si era precipitata in bagno e, dalla porta aperta, ne osservava le abluzioni.

Lei non rispose e lui la sollecitò «Non vuoi dirmi dove vai?».

«Sarebbe meglio che non lo sapessi, si tratta di un appuntamento legato a quanto accaduto ieri in Senato e mi ci recherò da sola, senza guardie né Zara o Kateryna o Korkie, spiacente» il tentativo di rapimento di Tal Merrik ai suoi danni aveva rafforzato l'opinione sulla necessità dell'intervento armato sul suo pianeta. A nulla erano valsi i tentativi di Amidala e della stessa Satine di ingraziarsi il voto dei senatori con cui erano in migliori rapporti: l'esito della sessione del giorno era scontato.

«Certo, contaci, poltrirò a pancia all'aria su lenzuola di seta in attesa del tuo ritorno» Obi si immise nel bagno, avvicinandosi al suo amore. L'abbracciò, di spalle, disinteressandosi che si stesse lavando «Non ti libererai di me con facilità, ti seguirò ovunque tu vada». La malcelata cupidigia maschile, incombente sui propri lombi, distrasse la nobile «Vuoi farmi arrivare tardi con i tuoi giochetti, sei un provocatore; d'accordo, vieni a patto d'onore di restare a diversi metri da me. Non devi esporti anche tu e non è bene che ci vedano assieme». Si voltò, cingendolo a sé, godendo dell'aderenza dei loro fisici «Cinque minuti, jedi, e poi ci vestiamo» lo rimproverò prima di arrendersi momentaneamente allo slancio veemente.

Dopo il quale si erano ritrovati su un taxi aereo, molto diffuso su Coruscant, comodo mezzo con cui i diplomatici si godevano l'aria aperta mentre viaggiano nella città «Contare sulla Repubblica per il mio popolo è uno sbaglio; a fronte dell'odierno voto del Senato contro di me dopodomani l'esercito decollerà verso Mandalore. E io non posso permetterlo. Un mio informatore, Dogo, mi ha contattato: sembrerebbe abbia qualcosa di risolutivo, da mostrarmi» avvolta in una lunga e ampia cappa di velluto color ciliegia - il cui bordo ricamato a mano era fregiato da un flammè di farfalle, simbolo della casata Kryze - Satine fece cenno al jedi di atterrare. Aveva intercettato un uomo di mezza età, in sua attesa.

Kenobi fece scendere la navetta in un punto piuttosto distante. Gli abitanti di Coruscant erano alle prese con una frenetica mattinata come le altre. Il luogo dell'appuntamento era l'incrocio di una comunissima strada di passaggio fra un quartiere residenziale e uno più commerciale. Le insegne luminose dei negozi iniziavano ad accendersi, navicelle sfrecciavano sopra e sotto di loro nel corridoio adibito al volo fra un muro di un grattacielo e l'altro.

«Fai la massima attenzione e porta questa con te» Obi seguì la duchessa per un breve tratto, datole una piccola pistola blaster per difesa personale che la donna accettò con una smorfia di disgusto e una successiva linguaccia di scherno. Vista la notte appassionata appena trascorsa, la nobile, per una volta non aveva voglia di litigare «Sì, stai tranquillo» non resistette a baciarlo sulla guancia, mandandogli uno sguardo complimentoso, nonostante la sua bellezza fosse celata dal camuffamento. Per la trasferta, infatti, anche il cavaliere aveva indossato un lungo mantello nei toni del marrone, il cui cappuccio era stato calato sulla testa a protezione della propria identità. I lembi aperti sul davanti erano stretti con le mani affinché l'uniforme da generale non fosse riconoscibile.

L'uomo di mezza età camminò verso Satine e la prese per il gomito. Assieme si spostarono nella parte più interna della piazzola quadrata, alla destra del viale principale «Ho poco tempo, sospettano di me».

«Stai correndo un grave pericolo per la nostra causa, non lo dimenticherò. Spero di poterti ricompensare adeguatamene quando questa storia sarà finita. Dimmi di più».

Dogo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni della tuta grigia un dischetto analogo a quello mostrato dal cancelliere Palpatine nel corso della riunione dell'assemblea del giorno prima e glielo consegnò «Sarei venuto comunque, Altezza, era troppo importante».

«Come l'hai avuto?» la duchessa trasalì, fiduciosa.

«Era sepolto nei depositi degli elementi di prova del ministero dove lavoro. Trovarlo è stato molto complicato. La registrazione mostrata alla seduta del Senato non era quella originale, che, invece, è presente nel disco. Avevate ragione voi, e mi rallegra comunicarvi che Jerec è vivo e vegeto: dovete mostrarlo al Senato...ah» colpito al petto da un colpo di fucile laser sparato a distanza, Dogo cadde a terra senza vita.

«Oh, no, Dogo» la mano di Satine volò alla pistola blaster. Immediatamente due droidi poliziotto, a breve distanza, fecero il suo nome con voce metallica «Sparatoria al livello 5, soggetto identificato come duchessa Satine Kryze. Mani dove possiamo vederle, ora vieni con noi».

«Non l'ho ucciso io... vi sbagliate» la duchessa, gettata l'arma a terra, osservò Obi-Wan che, salito prontamente sul taxi aereo si sbracciava nella sua direzione, indicando il lato nord. Corse per pochi metri in quel senso, raggiungendolo e saltando sul mezzo.

«Stai bene? Maledizione, non sono riuscito a scorgere con precisione chi ha sparato, ho visto solo un mandaloriano dall'uniforme scura. Le guardie vogliono arrestarti. Consegnati, testimonierò che non hai ucciso il tuo amico. Abbiamo entrambi giurato lealtà alla Repubblica, credo sia la cosa migliore da fare» aveva cercato di razionalizzare quanto svoltosi sotto i propri occhi troppo in fretta. Nonostante fosse sul chi va là, e attento alla protezione di Satine, non avrebbe mai immaginato che un tiratore con l'abilità dimostrata si piazzasse su uno dei palazzi limitrofi per assassinare l'impiegato del ministero. Aveva notato esclusivamente il bagliore del colpo laser attraversare lo spazio vuoto, e giratosi, una tuta nera, un casco e un mantello dello stesso colore, oltre al rosso acceso dei due razzi in funzione dello zaino riposto sulle spalle del soldato che gli aveva permesso di fuggire indisturbato.

«Nessuno di noi infrangerà il giuramento e questo lo proverà» la bionda esibì il dischetto, notando le innumerevoli sentinelle attivatesi subito per darle la caccia, in un numero eccessivamente cospicuo rispetto alla normalità «Sai cosa significa una simile mobilitazione immediata? Che chi ha manomesso la registrazione si trova all'interno dello stesso governo e mi ha fatto pure credere che il mio amico Jerec fosse morto. Vogliono incastrarmi, ancora, incolpandomi della morte di Dogo».

«Non potrai mettere piede in Senato, allora, ti tratterranno subito» Kenobi sfrecciò alla massima velocità, cercando una rientranza nascosta per poter atterrare indisturbato dagli sguardi altrui; più tempo avessero trascorso in volo, più sarebbe stato facile essere bloccati. La navetta era aperta e, ovunque, c'erano sistemi di riconoscimento facciale, fissi e mobili. Trovò una piazzola poco battuta e scese con una manovra perfetta.

«Così il disco sarà distrutto prima che possa essere visto. Ecco perché dovrai essere tu a portarlo a Padmé. Obi-Wan, mi fido soltanto di te» Satine smontò prontamente, incamminandosi verso il centro della città, sede della vita amministrativa e politica di Coruscant.

«E sia» non avrebbe potuto rifiutarle nulla, al punto in cui erano arrivati. Accondiscese, preoccupato per la sua sorte «ma tu dove andrai mentre mi recherò al Senato?».

«Da nessuna parte, mi consegnerò poiché a te servirà un diversivo per entrarvi liberamente; non possiamo correre il rischio che ti frughino addosso e trovino il disco».

«Non ne ho bisogno: credi che perquisirebbero un jedi? Non oserebbero mai».

«Le cose stanno cambiando, amore mio, anche per i jedi, e lo sai perfettamente. Per questo mi hai raggiunto per farmi saltare sul taxi, invece di affrontare la questione della mia innocenza sul momento, con le parole. Poi hai proposto di consegnarci, perché probabilmente in fondo al tuo cuore sei tanto più idealista di me, e forse anche un vero pacifista».

Sulla riflessione, Obi sentì il rumore metallico di una sfera scura che veniva lanciata sul lastricato, nel punto intermedio tra sé e Satine. Mosse la mano e una scia di forza spostò la duchessa di molti metri indietro. Lui stesso si gettò a terra, coprendosi col mantello per evitare le schegge dell'ordigno. Un fumo acre oscurò l'aria. Un mandaloriano dal lungo elmo nero con un fucile laser fra le mani camminava minaccioso verso la duchessa, il suo chiaro bersaglio da terminare; era lo stesso personaggio che Kenobi aveva intravisto, lo sparatore di Dogo, un assassino a sangue freddo e, probabilmente, un mercenario.

Satine corse via, il cavaliere si rialzò. Si liberò della cappa e, sfoderò la spada che, nella colluttazione ravvicinata, l'avversario colpì con l'impugnatura del fucile, con tutta la forza che aveva, strappandogliela dalla mano.

Il jedi, d'istinto, s'impegnò in un'aggressione fisica e riuscì a propria volta a disarmarlo.

Una voce lo interruppe dall'assalto «Obi, a te». Satine, tornata indietro anziché nascondersi, aveva raccolto la spada laser da terra. Gliela aveva lanciata con precisione e grazie alla lama azzurra, subito estratta, lui aveva potuto parare i proiettili di luce della pistola imbracciata dal nemico, difendendosi abilmente.

Usando la forza, lo aveva sollevato da terra e scaraventato contro la parete del palazzo di fronte; rimbalzato sul muro, l'altro era caduto verso il basso, nel vuoto di molti metri, azionando il motore dell'apparecchio recato nello zaino che gli permetteva di volare e si era allontanato di gran lena, sotto i loro occhi.

«Mi spiace, non sono riuscito a fermarlo; forse, se lo avessi catturato, avremmo saputo chi si nascondeva dietro l'uccisione di Dogo» e dietro il piano per incastrare te. Kenobi osservò il volto deluso di Satine, abbassandole il cappuccio per un solo momento. Prese il suo viso fra le mani e la baciò teneramente, coprendola dalle telecamere con il loro contatto «Sei tanto bella con questo vestito. Lo hai indossato per me?». Il mantello avvolgeva un abito di una stoffa rosa vivo, che modellava il busto della duchessa come una seconda pelle. Una cintura di pregiato pellame beige stringeva la vita sottile sopra il tessuto che si apriva, allargandosi verso le caviglie nella replica della corolla rovesciata di un fiore primaverile.

«Sì», confessò, contraccambiando il bacio con uno meno casto e più viscerale «Il palazzo del Senato non è lontano, credi potremo camminare indisturbati fino a lì? Mi piacerebbe tanto, che fossimo due persone normali». Tese la mano che Obi-Wan afferrò, muovendosi in direzione dell'edificio a forma di fungo, chiaramente distinguibile sullo skyline degli altri grattacieli di Coruscant. Sarebbero stati pochi minuti, tuttavia per loro due rappresentavano il pezzetto di vita normale che non avevano mai avuto, una semplice passeggiata di una coppia per le vie della capitale. In un cammino che cercarono entrambi di far apparire comune e ordinario.

Le dita si fusero in un vincolo coniugale assai antico, le scorse continuavano nonostante i capi protetti, i passi scandivano l'armonia dei loro cuori palpitanti.

Il jedi controllava, allo stesso tempo, ogni stradina e persona che gli si faceva incontro, l'altra mano a ghermire l'impugnatura cilindrica della spada.

«Siamo arrivati, stai pronto» Satine si staccò di malvoglia, avanzando e rivolgendosi poi alle due guardie all'ingresso del Senato, con le braccia alzate in segno di pacifica resa «Scusate, se non sbaglio mi stavate cercando». Richiamò la loro attenzione e quelli si precipitarono per prenderla in consegna.

Nel medesimo istante, Obi-Wan, eclissato dietro uno dei pilastri marmorei del cortile, approfittò dell'impegno dei soldati nell'arresto, per attraversare il patio. La porta scorrevole fregiata a disegni di vetri colorati si aprì in automatico, rilevando la sua presenza; esitò, restando a metà fra l'interno e l'esterno. Non aveva potuto fare a meno di voltarsi verso la sua duchessa. Le fece l'occhiolino, spavaldo di un coraggio perduto, oltrepassando completamente la soglia. Le gambe si librarono sul pavimento in una corsa che aveva un unico traguardo: la sala del Senato, in cui la riunione era appena cominciata. Davanti all'ingresso si calmò e recuperò un'andatura regolare, per immettersi senza destare sospetti nell'ala destinata alla senatrice di Naboo.

«L'occupazione di Mandalore inaugurerà un nuovo livello di sicurezza per la Repubblica e per la sua lotta contro la corruzione; se quindi ora non ci sono obiezioni, passerei al voto» le parole del cancelliere Palpatine rimbombavano nell'aula. Non si era perso in chiacchiere, voleva arrivare al nocciolo della questione. Tutto era pronto per il trasferimento delle truppe su Mandalore. 

Anakin, che aveva percepito la presenza dell'amico, lo raggiunse «Sei rosso in viso. Tu e Satine siete scomparsi, poi abbiamo visto le riprese del tentativo di arresto alla duchessa per l'uccisione di Dogo, un impiegato del ministero. Sono tutti agitatissimi».

«Ti spiegherò, adesso saliamo sulla navetta di Padme, sbrigati» Skywalker lo accompagnò sulla navicella di Amidala «Vai verso il cancelliere e intervieni, ho il nastro del vero discorso di Jerec, che non è affatto morto».

Lei ubbidì «Supremo cancelliere, ci sono stati degli sviluppi sul caso relativo alla neutralità di Mandalore». Spiccava, rivolgendosi alla platea. Aveva deciso di indossare un abito e un'acconciatura magnifici: la cultura del suo popolo era onorata attraverso gli ornamenti regali che sempre l'aiutavano a rimanere calma e distaccata durante le audizioni. Quelle e la presenza di Anakin.

Il suo copricapo elegante includeva la medaglia del sovrano reale di Naboo al centro, fasce dorate per capelli e grandi decorazioni sulle punte della chioma, ricordo delle armi di una coraggiosa guerriera. La vestaglia in taffetà di seta color oro e arancio replicava disegni di rosette ricamate e finiture auree a tripla treccia. Aveva aggiunto un mantello dalle spalle alte e larghe, per l'udienza. Lei avrebbe, comunque, parlato in favore di Satine e voleva farlo nel modo più autorevole possibile.

«La navicella è troppo piena, speriamo di non precipitare» Obi storse il naso; oltre a lui, Skywalker e C3PO e la senatrice occupavano le postazioni del mezzo.

«Solita paura di volare? Non dirmelo» in anni difficilmente il giovane cavaliere lo aveva visto tanto angosciato per qualcosa. Notò un luccichio di cristalli nella mano altrui, corsa automaticamente alla tasca dei pantaloni dell'uniforme, e inconsuetamente estratta. Era un movimento meccanico che celava un oggetto riconoscibile: un pettinino identico a quello indossato dalla duchessa. Il gemello! Anakin riconobbe anche il bagliore rischiaratore negli occhi del suo mentore, nonostante il momento di tensione. Un bagliore che aveva un nome e un cognome: Satine Kryze. Se ne rallegrò: forse qualcosa sarebbe cambiato, forse, con l'appoggio di Kenobi, anche lui avrebbe potuto vivere il proprio amore alla luce del sole di Coruscant e mantenere il proprio impegno di jedi.

«Diamo la parola alla senatrice di Naboo, allora. Prego».

«Questo getta nuova luce sulla cosiddetta prova vista ieri» Padmé si augurò che la registrazione portata da Obi-Wan contenesse informazioni valide, poiché non aveva potuto nemmeno esaminarla in anteprima, nessuno di loro, da quanto aveva capito, compresi Kenobi e Satine. Si fidò, per la stima nutrita nei loro confronti. Decisa, mostrò il dischetto con la mano sollevata a vista, e lo inserì nella consolle della propria navetta. Quasi le scappò da ridere al continuo battibecco alle sue spalle fra i due jedi, la consueta scenetta cui aveva assistito molte volte.

Si concentrò sull'immagine del viceministro Jerec che declamava «Le azioni del governo di Mandalore sono tese a mantenere la pace. Anche se la Ronda della Morte si è dimostrata più forte e più organizzata di quanto pensavamo all'inizio, siamo in grado di fermarla. Se dovremo combatterla sul campo, lo faremo con audacia e fermezza, ma sempre, e sottolineo sempre, nel nome della pace che dimora nei nostri spiriti. In virtù di ciò, dobbiamo ascoltare la voce della duchessa Satine, che ci rappresenta ampiamente. E dobbiamo respingere qualunque aiuto esterno, offerto gentilmente dalla Repubblica e dal Consiglio dei Jedi. In caso contrario, noi stessi saremo artefici della nostra sconfitta».

Il fermento dei senatori - che avevano compreso dell'avvenuta manipolazione ad arte dell'olomessaggio ascoltato il giorno precedente - fu il preludio di un voto unanime.

Satine aveva vinto. Mandalore aveva vinto. La pace aveva trionfato, almeno per ora.

Obi-Wan aveva perso.

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