Capitolo 6 - Di una signora che detestava le bugie e di un amore mai sopito
Passato
«Vedo che stai meglio. Sei Satine, la duchessa di Mandalore» entrando nella stanza, Kateryna non aveva fatto mistero di conoscere l'identità della bella ragazza ospitata nella sua modesta ma dignitosa dimora. Identità rivelatale dai monili intarsiati di fregi gentilizi di cui l'aveva spogliata e che aveva sistemato ordinatamente sul tavolinetto di legno scuro accanto al letto.
Nonostante i semplici abiti maschili indossati e il taglio di capelli biondo cenere, corto e sfilato ai lati, il volto armonioso della donna la rendeva di una bellezza unica. Tuttavia algida, aggravata dal gelo dell'azzurro profondo degli occhi. Posati sul corpo seminudo della nobile, che volle rassicurare «La tua reazione allergica alle punture degli acari è stata una delle più gravi a cui ho avuto il rammarico di assistere. L'unguento che ti ho spalmato allevierà la tua sofferenza. Dovrai tenere le bende ancora per un po', pazienta» dette uno sguardo ironico al giovane uomo che aveva visto giacerle accanto quando era acceduta nella camera, lo stesso giovane che aveva cercato inutilmente di nascondere di nuovo la lunga treccina da allievo jedi, infilando subito la testa nella giubba blu. Goffo in maniera esagerata.
«Grazie mille del suo aiuto e della sua ospitalità» la duchessa volle sdebitarsi, sulle prime almeno a parole. La donna aveva capito chi fosse Kenobi, lei si tenne sul vago «Io e Obi-Wan la disturberemo meno possibile. Andremo via appena starò bene. Draboon era la nostra meta, purtroppo il problema al nostro mezzo ci ha impedito di raggiungere il punto designato per l'atterraggio e riunirci con coloro che ci attendevano» segnalò successivamente i propri ornamenti sul tavolinetto «Nel caso, potremmo anche ripagarvi, sono piuttosto pregiati».
Kateryna quasi si offese «Ci mancherebbe, non ho bisogno dei vostri gioielli né mi è mai saltato in mente di chiedervi una contropartita in cambio del mio aiuto. Resterete il tempo che sarà necessario, a una condizione» da lontano puntò il dito indice contro il padawan «Non tollero bugie di alcun tipo. Non azzardarti più, ragazzino. Credevi avrei bevuto le stupidaggini che mi hai raccontato? Che siete sposati? Pensi che non abbia notato la treccia e la spada laser? Ti do una notizia e un consiglio: non sai mentire e non ti conviene farlo» si scagliò con aggressività contro Kenobi, che, in flagranza di reato, si difese con la verità, gesticolando «Sono mortificato, Kateryna, perdonami ma non ti conoscevo e non ti conosco. Il mio compito è proteggere Satine e ho pensato esclusivamente a quello. Me ne scuso».
L'interlocutrice si era avvicinata, a braccia conserte, la mascella serrata. Obi-Wan era sincero, lo riconobbe come aveva intercettato la fandonia poche ore prima «Posso capirlo, ma il discorso sulle bugie si chiude qui. Alla prossima, vi sbatterò fuori da casa mia, malattie o meno, titoli nobiliari o meno. Chiaro?» sbuffò con una strana smorfia delle labbra e l'aria emessa sollevò il ciuffo sfilato dalla fronte.
«Chiarissimo» la pancia di Kenobi borbottò, segnalandone l'appetito; una serie di suoni sordi simili a un gorgoglio strapparono una risata alla donna «Ragazzino, ho preparato la colazione anche per te e la tua sposa, renditi presentabile e vieni di là in cucina, prima di deperire per la fame» si allontanò, lasciandoli soli.
Obi sistemò meglio la casacca dell'abito elegante indossato per ballare, il solo in suo possesso, ed estrasse la lunga treccina dal suo interno, ponendola di lato. Infilò gli stivali e sospirò. Passato il momento di imbarazzo con Kateryna si ritrovò a gestirne un secondo, più importante. Ancora turbato per il contatto passionale con la sua amica, si voltò verso di lei, abbassandosi sul suo volto. Le ciglia dorate della duchessa sbattevano tumultuosamente, le guance irrorate dal sangue rendevano viva, reale, la loro reciproca emozione. L'imbarazzo divenne confortante familiarità.
«Satine» bisbigliò il suo nome, unico concetto che avesse un senso in un altro momento d'infinito.
«È tutto a posto, jedi» la nobile lo rassicurò, accarezzandogli la guancia calda con le dita, cui lui si appoggiò, trattenendo la presa affettuosa sulla propria pelle più a lungo del necessario. Aveva la testa ovattata, intreccio di pensieri e inquietudini aggrovigliate intorno al suo cuore, rami di una pianta rampicante velenosa e curativa. Perché Satine stessa era entrata sotto la sua pelle.
Nulla sarà più a posto, ti sbagli, amica mia pensò. Si era fatto trasportare dalla languidezza del momento, dalla frenesia del sentimento covato dentro di sé, emerso nonostante il tentativo di reprimerlo. Non si era pentito. Lei lo aveva visto come nessuno prima, aveva navigato nel grezzo nucleo di smania che lo stava incendiando dall'interno delle viscere. Forse nell'essenza del vero Obi-Wan, che lui stesso stava ancora scoprendo. Dovette mostrarsi pratico, non prima di averle lasciato un casto bacio sulla punta del nasino, il solo genere di contatto che potesse permettersi per non ricominciare all'istante il loro gioco d'amore, che non avrebbe voluto sospendere per alcun motivo «La nostra simpatica ospite sarà una cuoca provetta? Vado ad accertarmene e torno. Aspettami».
Satine annuì al cospetto delle devastanti iridi cerulee, osservando il padawan darle le spalle. Un brivido la colse, dalla base del collo alla pianta dei piedi. Fu un triste presagio, una crescente consapevolezza della propria disponibilità ad attendere l'uomo per cui nutriva un sentimento sconfinato tutto il tempo che fosse stato necessario. Aveva compreso che Obi-Wan fosse divenuto una parte di sé, che le sensazioni provate insieme travalicassero ogni altra trepidazione mai percepita. Su Obi era la prima riflessione del mattino e l'ultima della sera, per Obi si era abbellita più del solito al ballo organizzato al suo palazzo. Che lui fosse destinato a un celibato perenne per la scelta di diventare un cavaliere jedi era un muro che non si era azzardata a demolire, nemmeno nei sogni. Per il bene che gli voleva, non aveva mancato nel proprio comportamento in nessuna circostanza, inducendolo in tentazione o provocandolo, anche quando avrebbe potuto. Il loro avvicinamento sentimentale era sfociato in un contatto inevitabile.
Sospirò verso la figura - avvolta nella blusa blu fatta cucire appositamente - che si appropinquava verso la cucina, constatando che il prurito dei pomfi fosse divenuto più sopportabile, perché stava guarendo, perché era presa da altro, di più bello.
«Ti tratti bene» non avrebbe voluto dirlo e, soprattutto, in un modo indisponente ma Kateryna provocava a Obi un moto di sfida. La tavola semplice, imbandita di frutta, pane e latte fermentato, aveva dato il là all'ennesima frase saccente.
«Almeno adesso sei schietto. Baratto i prodotti della mia terra e sono piuttosto scaltra, col tempo lo sono diventata per salvare la pelle. Poiché sei mio ospite, se vuoi arrivare a mettere le zampe sotto il tavolo, ti conviene tacere» gli indizi nell'ambiente segnalavano che vivesse lì completamente da sola; confermarono a Kenobi l'impressione di una donna volitiva che aveva imparato l'arte di arrangiarsi.
La osservò portare un vassoio colmo degli stessi alimenti nella stanza accanto «Mi occupo io di Satine, cerca di rifocillarti». Da molto non riceveva in casa, i lutti subiti avevano inaridito il suo cuore divenuto scarsamente aperto alla compagnia e alla socialità. Ma il ragazzo accorato, presentatosi alla sua porta nel mezzo della notte, in braccio la duchessa di Mandalore, l'aveva colpita e, contro ogni dogma, aveva permesso loro di restare senza porre domande. Il viso della nobile, poi, l'aveva trafitta al centro del cuore rimandando al più grande affetto della sua vita.
«Non dovevate scomodarvi, signora, non ho appetito» Satine cercò di bloccare l'avanzata del cucchiaino colmo di latte fermentato e miele alla propria bocca. La padrona di casa, preso uno sgabello e sedutasi a fianco del letto, cercava di alimentarla come una nutrice provetta.
«Sopportare da sola il tuo sposo, se morissi di fame? No, mi chiedi troppo. Un piccolo sforzo e saremo tutti soddisfatti».
Obbediente, la malata accolse il composto fresco e lievemente acido, dal particolare colore azzurrino; con lentezza, riuscì a terminare la piccola porzione, complice un'instancabile Kateryna che non si dava per vinta. Era stata molto gentile e attenta, la incoraggiava con paroline dolci; non sembrava la megera dipinta da Obi o la stessa donna severa che lo aveva minacciato cinque minuti prima. «Hai dei figli?» la domanda le venne spontanea per la pazienza e la dedizione usati con un'estranea.
«Avevo una bambina e un marito vero» il verbo coniugato al passato rivelò una tragica e prematura fine delle persone più care, che la duchessa ritenne di non approfondire, limitandosi a un pensiero sentito «Mi dispiace per la tua sofferenza».
Kateryna l'imboccò di un pezzetto di shuura matura, fissandola negli occhi «Guerre e violenze lasciano indietro solo macerie, di edifici e di sentimenti. È il motivo per cui ammiro la tua politica, ciò che cerchi di fare. Cambiare una società che da millenni vive di aggressività, di lotte, di armi, è difficile ma fondamentale. Molti sono dalla tua parte, Satine» bloccò lo sguardo davanti a sé, su un punto del muro di pietra, la mente a vagare su ricordi lontani.
La duchessa masticò il pezzo di frutta dal sapore zuccherino, annuendo «Saperlo mi aiuta nel compito gravoso toccatomi in sorte».
«E avere amici fidati, sposo compreso» Kateryna le strizzò l'occhiolino, riferendosi a Obi-Wan.
«Obi è...» insicura sull'aggettivo da usare per definire compiutamente cosa il padawan costituisse per lei, soprattutto dopo il bacio scambiato, fu salvata da rumori concitati provenienti dall'esterno. Voci conosciute si alternavano le une alle altre, ne riconobbe una assai cara «Zara» sussultò, mettendosi a sedere.
«Maestro, non puoi entrare per nessun motivo, Satine non è presentabile» Kenobi fermò Qui-Gon sulla porta, frapponendosi fisicamente fra il legno e il suo mentore, mentre la ragazza dalla pelle scura si immise nella camera. Osservando il corpo nudo e gonfio di pomfi della duchessa, la chiamò per nome, addolorata per il suo stato «Satine». Quando lei e Jinn erano riusciti a lasciare Mandalore, il dispositivo di tracciamento della navetta su cui viaggiavano non aveva recuperato alcuna informazione sul piano di volo seguito da Obi-Wan, e, soprattutto, sul punto di atterraggio dello Shuttle. Tuttavia Draboon non era un pianeta particolarmente esteso; il maestro jedi, viceversa, piuttosto intuitivo. Trovato il velivolo, aveva seguito le orme dei piedi fino alla casa di pietra, lasciando il loro Shuttle alla giusta distanza per limitare le possibilità di essere intercettati nell'avanzata, nel caso in cui Satine e Kenobi fossero stati catturati da avversari affiliati alla Ronda della Morte. Le orme, tuttavia, erano un solo paio e dalla sagoma e grandezza, maschili, circostanza che aveva preoccupato ulteriormente il jedi.
«Sei viva, Zara, per fortuna; ero così in pena per te» che la tua vita fosse finita sotto i colpi di spada della mia sorella sanguinaria!
«E io di più. Che è accaduto?» la servitrice si apprestò al letto, porgendo la mano a Kateryna e presentandosi educatamente. La donna aveva certamente prestato soccorso alla duchessa e al padawan, addirittura dava da mangiare a Satine; inchinò la schiena in segno di gratitudine, nella sua direzione.
«Satine te lo spiegherà, parlate con tranquillità» la proprietaria di casa ritenne opportuno accertarsi del numero esatto degli ospiti piombati nella sua abitazione. Seguì il borbottio della conversazione fra due voci provenienti dalla cucina, mai interrottosi.
Obi-Wan cercava ancora di convincere un uomo alto almeno quaranta centimetri più di lei a non entrare nella stanza da letto.
Kateryna dette un colpo di tosse per richiamare la loro attenzione «Signori, state calmi. La duchessa si rimetterà presto, mi sto occupando di lei personalmente. Tuttavia l'accesso alla camera ove riposa non vi è consentito. Il ragazzino» alzò braccio e il dito indice si indirizzò di nuovo su Obi «non lo ha fatto, e non lo permetterò nemmeno a te, jedi» un'occhiata sprezzante alla spada laser appesa alla cinta del gigante, la donna andò verso uno scaffale, recuperando un altro piatto e la sua specialità, composta di shuura già versata in una ciotolina semisferica di magnifico lapislazzulo «Siediti e desina con noi. Ho il dispiacere di parlare con?».
«Con nessuno, signora, visto che parla solo lei non c'è margine per un sano dialogo» Qui-Gon, sollevato sulla sorte di Satine e di Kenobi, rise di gusto, accettando la proposta della donna assertiva che voleva offrirgli la colazione. Sedette accanto all'allievo.
«La somiglianza di lingua biforcuta fra il maestro e il padawan è davvero notevole; dovevo immaginare che la shuura marcia non fosse caduta lontano dall'albero» con l'identico abito blu indosso sembravano quasi padre e figlio. Kateryna li prese in giro e gli occhi azzurri sostarono in quelli di Obi-Wan, in modo diretto e inequivocabile. Un sorrisetto di complicità inarcò le sue labbra, nel primo vero abbozzo di allegria visibile sul suo volto.
Grato, Kenobi inclinò il capo, cercando di stemperare il proprio disagio con uno sghignazzo soffocato. La signora che detestava le bugie e che ne aveva detta una al suo mentore per coprirlo.
Presente
Il letto stava diventando un telo prezioso impregnato di sudore per quanto Satine era accaldata. Aveva cercato inutilmente sollievo, bevendo un bicchiere d'acqua fresca dalla brocca sul comodino, senza risolvere il problema principale: l'agitazione di sapere che Obi-Wan dormisse nella camera accanto, a un passo da lei.
Un conto era vivere lontano dall'uomo che si amava, struggendosi nel suo ricordo e nel proprio dolore, altro percepire la sua dolce presenza attraverso il muro. Passata l'una, si alzò e aprì la portafinestra affacciata sulla terrazza. Un po' d'aria le avrebbe giovato. L'appartamento era protetto costantemente, e non avrebbe corso alcun pericolo. La solitudine che aveva chiesto, allontanando persino Korkie, Zara e Kateryna, con la scusa del lungo pomeriggio di sterili incontri politici, non era stata risolutiva dei propri dilemmi esistenziali.
Il tentativo di rapimento di Merrik aveva ulteriormente inasprito gli animi dei senatori. Sconvolti che grazie a uno di loro la Ronda della Morte si fosse insinuata persino nell'assemblea - pur senza prove oggettive dell'appartenenza di Tal al gruppo sanguinario - si apprestavano a votare per l'occupazione di Mandalore, il cui destino di pace era appeso a un filo.
Camminò, scalza, coperta della sola camiciola di seta bianca lunga alle caviglie, sbirciando nel buio, fino a un metro dalla balaustra in marmo. Fu allora che lo vide. Avrebbe riconosciuto la sagoma del suo corpo anche nell'oscurità più completa, il rumore armonico e inconfondibile del suo respiro, il profilo regolare rinnovato dell'orribile barba.
Si bloccò, incerta se tornare indietro, di meno che l'avesse già notata.
«Mi spiace di averti svegliato» il generale sistemò i lembi della vestaglia di grezzo cotone marrone, che non aveva proprio nulla da sistemare. Un'occhiata sfuggente dai piedini affusolati alla cima dei capelli dorati di Satine era stata sufficiente a confonderlo ulteriormente.
«Non riesco a dormire. Perché non posso smettere di pensare a te, tutto qui» l'ammissione della duchessa le fece imporporare le guance di un rossore celato dalla luna di Coruscant. Per pudicizia avrebbe dovuto abbassare lo sguardo e coprire la trasparenza sul petto con le braccia, di più rientrare immediatamente all'interno della propria camera.
«Ti capisco» sussurrò Kenobi, osservandola girarsi di spalle di un movimento netto. Non era riuscito a chiudere occhio ed era sulla terrazza da una mezz'ora. Vacillò, alla vista di lei che tornava indietro, la paura lo avvolse come un manto nero della notte più oscura. Aveva meditato a lungo, per sbollire la rabbia della discussione con Satine, per allontanarne l'immagine dalla propria mente; era riuscito per il primo aspetto e non per il secondo. Rammentò la conversazione di poche ore prima con Anakin, caro amico, più di un fratello.
«Se posso permettermi, Obi-Wan, e credimi, sono solo le parole di un amico che ben ti conosce. La luce nei suoi occhi è destinata esclusivamente a te, ti guarda incessantemente dal primo momento in cui metti piede in una stanza dov'è anche lei. Lo notai quando scendemmo dalla navetta, su Mandalore, e... non ha mai smesso» Skywalker si riferì a Satine; trovata la bomba piazzata da Tal Merrik e dai suoi complici, si era ricongiunto con Kenobi per fare il punto della situazione. Lo sguardo ferito e triste di Obi-Wan lo aveva convinto a parlargli con il cuore, con sincerità, giacché erano loro due soli nei corridoi degli appartamenti destinati agli ospiti del Senato.
«Che vorrebbe dire?» dette un colpo di tosse, in difficoltà.
«Che è innamorata di te, come tu, con tutta evidenza, lo sei di lei. Perché credi che non si sia sposata? Ritieni sul serio che una donna tanto bella e potente non abbia ricevuto interessanti proposte di matrimonio? Attendeva che tornassi da lei, ed è accaduto. C'è una strana casualità in questo, rappresenta un cerchio che si chiude» non si trattava di parole, ci aveva rimuginato e trovava fosse davvero così.
«Parli come uno stregone; per noi jedi non esiste il fato, esiste questa e la capacità di gestirla» Obi toccò la spada laser al fianco, incedendo con passo pesante sul corridoio, fin quando non fu costretto a fermarsi perché Anakin lo prese per un polso, bloccandolo.
Avrebbe dovuto starlo ad ascoltare «Pensaci, non buttare via quanto di bello ti è accaduto: essere tanto fortunato che la donna che ami da sempre sia ancora qui per te. Non può essere sbagliato amare qualcuno che ti ricambia di un affetto ugualmente sincero e senza alcun secondo fine, che teme tanto per la tua salvaguardia da non volere la tua protezione» il miscuglio di sensazioni personali connesse al proprio sentimento per Padmé lo stava rendendo debole nella conversazione, temette di scoprirsi all'altrui domanda. A lui era capitato, di innamorarsi. Era accaduto, in modo spontaneo, non aveva potuto indirizzare azioni e comportamenti, si era ritrovato ad amare senza remore. E di per sé la gioia di un legame serio e ricambiato lo aveva arricchito, non certo fiaccato. L'unico vero rammarico era stato, ed era, di non poter vivere la propria relazione alla luce del giorno, ma forse, prima o poi, le cose sarebbero cambiate. Almeno questo auspicava, nella romantica ingenuità di giovane uomo innamorato.
«C'è qualcosa che devi dirmi, Anakin? Mi sembri un po' troppo accorato» Kenobi non avrebbe potuto giurarlo, ma l'intuito e la natura sospettosa lo avevano da tempo avvicinato alla comprensione degli altrui segreti, vincoli reconditi che sprezzava seriamente di indagare, men che mai in quel baleno.
«Sono preoccupato per te e la tua felicità. Vi è male nel desiderare la serenità di un caro amico che è stato anche il proprio maestro? Non è segno di altruismo, di interesse per il prossimo?».
«Ė un discorso che non avremmo mai dovuto cominciare. L'amore non è cosa da jedi, né lo sarà mai, mettitelo in testa e lascia fuori dalla tua anima ogni intenzione connessa a sentimenti del genere, lo dico per il proseguo della tua esistenza e del tuo cammino da cavaliere; è dalla tua concentrazione che viene la tua realtà, perderla significa perdersi» lapidario e furioso di una rabbia che lo stava bruciando dall'interno del cuore, Obi-Wan lo distanziò per tornare nella propria stanza, adiacente agli appartamenti della duchessa.
«Continuo a credere che più proibito dell'amore dovrebbe esserlo il negare l'amore stesso» Skywalker commentò a voce alta affinché la sua ultima frase potesse sigillare con un briciolo di senso una discussione insensata.
Le parole di Anakin nella mente, temendo di perdere definitivamente la sua anima gemella, Kenobi prese una decisione fatale e inevitabile: saltò il muretto divisorio per raggiungere la duchessa, muto.
Satine era immobile, la testa bassa. Al fruscio alle proprie spalle e all'urto dei piedi del jedi sul pavimento, mosse la mano indietro, in cerca della corrispettiva maschile da stringere, speranzosa.
Obi-Wan esitò. Il palpito d'eternità provato al suo cospetto lo fece vacillare. Non prese la mano con la sua. S'inginocchiò per sfiorarla e portarla alla bocca. Le labbra suggellarono di lievi bacini la promessa appassionata. Ne cosparse il mignolo e poi ciascun altro dito con la medesima adorazione. Lentamente, per gustare la morbidezza della pelle diafana, e i sospiri soffiati di beatitudine dalla bocca femminile a ogni passaggio sui soffici polpastrelli.
«Maestro Kenobi» mormorò Satine, vezzeggiandogli i capelli biondi «l'ultima volta che ti ho accarezzato così avevi la treccina e non eri né maestro né generale, eri solo Obi-Wan e... io Satine». Le sue dita passavano fra le ciocche morbide come quelle di un bambino, in un tempo bloccato che le parve magnifico. Un lungo brivido, di sapore antico, l'attraversò sulla linea della spina dorsale dalla nuca alle reni, in un tremolio che allarmò il compagno di giochi «Hai freddo? Rientriamo?».
«Non è il freddo, sei tu, Obi-Wan, sei sempre stato soltanto tu» la duchessa ridacchiò, agitata «comunque sì, rientriamo».
Rialzandosi, il jedi la fissò nelle iridi blu, scintillanti di felicità, ritratto di se stesso.
Inarcando la curvatura della bocca, raggiante, piegò le gambe per sollevarla fra le proprie braccia. La donna allacciò le sue intorno al collo del generale, posando la testa sulla sua spalla nella cinta sognata, permettendogli di insinuare il naso nei capelli profumati. Entrarono insieme nell'alcova insperata, novelli sposi privi di fedi e contratti, uniti soltanto dalla forza del loro nodo d'amore.
Kenobi la posò delicatamente sul letto e si apprestò a chiudere le ante della portafinestra «Non andartene, stavolta» lo pregò Satine, in un accorato monito pregno d'incertezza, fraintendendone le intenzioni.
«Non ho intenzione di farlo, mia signora. Lo siamo ancora, adesso, soltanto Obi-Wan e Satine, se tu lo vuoi» controbatté apprestandosi velocemente al suo capezzale. Si stese accanto a lei, ricoprendo entrambi con il lenzuolo di seta color malva, unendo di nuovo le loro dita.
Satine gli si accoccolò di fianco, al centro del letto, corrispondendo la sua mano, la testa posata sul suo torace all'altezza del cuore martellante, tamburo di una tenera marcia sentimentale.
«Ti ho amato dal primo momento che ci siamo incontrati e non ho mai smesso di farlo, in nessun giorno della mia vita, Obi-Wan» confessò, timidamente, cercando i suoi occhi.
«Se me lo avessi detto, avrei lasciato l'Ordine dei Jedi, sarebbe bastata una tua parola soltanto» rispose di getto, quasi irato, oltre che dispiaciuto di esserne venuto a conoscenza dalla sua voce in quel momento, cosciente in fondo al cuore di averlo sempre creduto e di averne allontanato la consapevolezza per sopravvivere, per procedere imperterrito nel duro e solitario percorso spirituale e pragmatico da cavaliere. Fu un dolore sordo, profondo, sterile.
«Lo sapevo perfettamente, generale, è il motivo per cui non ti dissi nulla».
Fedeltà assoluta e rispetto, condivisione di anime, sacrificio. Le parole di vero e profondo amore spazzarono via ogni briciolo di scrupolo del jedi. La forza di volontà cedette di fronte all'amore sincero dell'unica donna per cui la sua anima aveva e avrebbe palpitato. Le labbra scesero sulla fronte candida, all'attaccatura dei capelli. Si soffermarono sugli zigomi alti, sulle palpebre abbassate, alternativamente, fino alla punta del naso. Un lieve timore lo colse, approcciandosi al paradiso già gustato. Un timore inutile. Il caldo miele della bocca di Satine si fuse con la propria irruenza, all'istante. La voleva, la voleva ancora, adesso e per l'eternità, incurante delle conseguenze.
Per la prima volta nella sua lunga esistenza da jedi scelse per se stesso, per l'unico noi che avesse importanza, per la creatura tremante fra le sue braccia che lo adorava più di quanto meritasse e avrebbe mai meritato. La duchessa che lo aveva atteso, nel dubbio di ritrovarsi. La sua Satine «Satine, amore mio, anche io ti amo». A dimostrazione della sua devozione, il jedi Obi-Wan Kenobi estrasse dalla tasca della vestaglia il gemello del pettinino che la duchessa Satine Kryze teneva sul comodino, mostrandoglielo, un attimo prima di unire ancora le proprie labbra alle sue e sentirla corrisponderlo «Sempre».
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