Capitolo 13 Dell'arrivo di un jedi e del dolore più grande

Presente

Era appena sceso il buio su Coruscant, e il crepuscolo del tramonto aveva oscurato anche il Tempio, sede del Consiglio dei Jedi, enorme edificio di oltre un chilometro di altezza e di forma piramidale, svettante sopra al profilo dei palazzi della città.

Obi-Wan era stato avvisato da Anakin che il maestro Yoda voleva vederlo e si era affrettato, raggiungendo rapidamente la sala delle comunicazioni.

«Mi hai chiamato, maestro?».

Il Gran Maestro non rispose, segnalando, tuttavia, di restare anche a Skywalker e al suo droide; al centro della stanza un cilindro di pochi centimetri di luce azzurra replicò l'olomessaggio di Satine. La frequenza di trasmissione era disturbata, i pixel dell'immagine della duchessa andavano e venivano alla vista.

Questo è un messaggio per Obi-Wan Kenobi. Obi, ho perso Mandalore, la mia gente è stata massacrata, il vice ministro Jerec è divenuto capo del governo, appoggiato da bande criminali. Si era interrotta, impaurita, e alle sue spalle doveva esserci stata una colluttazione, a giudicare dal trambusto e dalle percepibili grida. 

A Obi-Wan era parso di sentire un lamento, presunse di Korkie. Satine, infatti, si era voltata un solo attimo, ma poi si era girata di nuovo per continuare, rivolgendosi a lui. Obi-Wan, non posso spiegarti tutto adesso... ma... ho bisogno del tuo aiuto. Erano state le ultime sue accorate parole, prima che tre figure armate in tute nere e rosse la bloccassero da ogni lato. Il messaggio si era, quindi, fermato, bruscamente. 

Kenobi sussultò, colpito da quanto ascoltato e dal tono disperato con cui il breve discorso era stato pronunciato. Satine era testarda e orgogliosa, ma pure caparbia e intelligente. Poiché la conosceva perfettamente, il generale intuì la gravità della situazione. Pose sotto il mento il pugno, chiuso strenuamente sul pettinino dorato celato all'altrui occhio.

«La tua opinione, maestro Kenobi?» Yoda lo interrogò.

Camminando nervosamente, il cavaliere cercò di allontanare i propri sentimenti per dare un responso obiettivo «La Ronda della Morte ha contrastato Satine per anni, ma secondo gli ultimi rapporti ricevuti dai nostri informatori non è più legata ai Separatisti. Se c'è stato, come sembra, un colpo di mano su Mandalore, è attribuibile solo alla Ronda della Morte, senza alcun dubbio».

«Quand'è così, se non sono coinvolti i Separatisti, è e resta un affare interno di Mandalore. Temo che intervenire possibile non sia».

Obi-Wan scattò verso il Gran Maestro, mordendosi la lingua per non esagerare nei toni «Lasciare Mandalore nelle mani di quei criminali e fare di Satine una martire? Non possiamo stare a guardare».

Skywalker osservò il proprio droide, la mandibola forzata a non intervenire a favore di Obi. L'amicizia nata con Satine e la sua corte durante la permanenza su Mandalore, sapere cosa ella rappresentasse per il suo mentore, erano elementi di scarsa imparzialità di giudizio. 

«La decisione della duchessa di far restare Mandalore neutrale questa situazione difficile e spinosa rende» il maestro anziano, Ki-Adi-Mundi - anch'egli presente e fino ad allora rimasto in silenzio - ritenne opportuno ribadire il concetto. Cereano, in possesso di un cervello binario, era dotato di un pensiero e ragionamento veloce e sopraffino e d'impareggiabile saggezza. Vedeva molto di sé nel più giovane Obi-Wan; tranne in quella circostanza, in cui gli sembrò irriconoscibile.

«Dei tuoi sentimenti mi rendo conto, Obi-Wan, ma per agire del Senato della Repubblica il via libera ci serve» il Gran Maestro, turbato a propria volta dall'evidente rimescolamento di Kenobi, strinse le dita arcuate sul pomo del proprio bastone, appoggiandovi l'intero peso dell'esile corpo. Gli occhioni acquosi, sgranati, si posarono sul viso dell'agitato interlocutore, che non riusciva a celare in alcun modo la tensione dello spirito. Impalpabili goccioline di sudore ricoprivano la fronte del cavaliere, sotto al ciuffo castano chiaro, erano il segno fisico dei palpiti accelerati del suo cuore.

«Maestro Yoda, sappiamo che il Senato non invierà mai aiuti a un sistema neutrale» le parole di Obi uscirono accompagnate da un profondo sospiro; sperò che gli anziani avrebbero fatto un'eccezione, in ragione della sua questua.

Fu subito smentito. «Ora come ora, niente di più possiamo fare» il maestro Yoda indicò la porta all'affranto Kenobi. Non esistevano possibilità di diverse. I componenti del Consiglio dei Jedi, già consultati in via informale, avevano confermato la decisione di negare l'appoggio a Mandalore.

Obi-Wan non riuscì nemmeno ad annuire; lasciò la stanza, più velocemente di quando vi ci si era immesso, le mani ancora chiuse a pugno, gli occhi bassi e inquieti.

Anakin camminava alle sue spalle, appena un passo indietro. Si era fermato per parlottare con R2D2; il droide aveva replicato nel linguaggio sonoro che gli era proprio e, in seguito, si era allontanato, nella direzione opposta a quella percorsa dai due jedi. 

Skywalker raggiunse lamico e gli bisbigliò «Vai nello spazioporto principale, senza guardarti indietro. Troverai una navetta già pronta per il decollo - un vecchio e malandato Shuttle che passa inosservato - e pure degli abiti adatti a mimetizzarti. Nessuno si accorgerà della tua assenza, perché R2D2 manometterà i sistemi di rilevazione delle partenze dei velivoli in modo tale che sembrerà vi sia stato un banale guasto momentaneo, un cortocircuito» gli era parsa l'unica via d'uscita per Kenobi e si era prontamente attivato.

«Perché stai facendo questo per me?» freddo del gelo calatogli sul cuore, Obi lo interpellò. Non voleva che il ragazzo, sanguigno, schietto e impavido, si mettesse nei guai per causa sua e di Satine.

Anakin aveva ben compreso cosa passasse per la testa del suo maestro e mentore, già dall'addio a Satine su Coruscant, cui aveva assistito, intuendone l'intenzione personale prossima futura «Conosci il motivo, ma è un argomento che non intendo affrontare apertamente; condividiamo molto di più del credo dei cavalieri, maestro, è cosa ovvia». Entrambi appartenevano all'Ordine dei Jedi, ma prima ancora a quello degli uomini innamorati «Ora è troppo importante prestare supporto a Satine e al suo popolo. Le responsabilità, a volte, sono un carico troppo pesante per una sola persona. Nessuno deve essere abbandonato al suo destino, nemmeno tu, io o... Satine. Verrei volentieri con te; se lo facessi, l'assenza di tutti e due darebbe troppo nell'occhio e i jedi non hanno alcuna giurisdizione formale su Mandalore. Tuttavia, avvertimi, in caso di bisogno; ti raggiungerò immediatamente. Saluta la duchessa da parte mia» lo abbracciò, in una rapida cinta amichevole più preziosa delle sue parole, quasi certo che non lo avrebbe più rincontrato nella stessa veste, che la prossima volta che si fossero visti, avrebbero bevuto un costoso grog novaniano a un tavolino di un bar senza armi alla cintura.

«Grazie, Ani, ti sono debitore» Obi non tergiversò, decidendosi ad accettare l'aiuto offerto generosamente. Si sarebbe arrangiato, non gli serviva nulla da portare con sé ; gli bastava la propria spada e l'amore per Satine. Dovette scacciare i sensi di colpa del mancato rispetto di un ordine di Yoda, riflettendo che il maestro gli aveva mostrato apertamente l'olomessaggio e pure che, con le sue enormi capacità, nonostante i sotterfugi dello scaltro Skywalker, avrebbe fiutato la fuga che stava per mettere in atto.

Se ne disinteressò, entrando nello spazioporto deserto. I tecnici si erano sparpagliati alla ricerca del presunto e grave guasto che aveva rubato la loro attenzione, come previsto. Salì sullo Shuttle e decollò con una manovra perfetta, in direzione Mandalore, con il cuore in gola. Almeno non aveva la preoccupazione di trovare un modo per atterrare sul pianeta senza farsi scoprire, nessuna necessità di spremersi le meningi, per farsi venire in mente un escamotage nel corso del tragitto, perché Anakin aveva già pensato a tutto. Gli era bastato dare un'occhiata agli indumenti cui l'amico aveva accennato, posati sul seggiolino del copilota. Lo ringraziò ancora e sostenne i comandi con più veemenza, scrutando le stelle al di là della trasparenza del vetro di fronte a sé.

«Era già un evento incredibile avere tua sorella dalla nostra parte, adesso come faremo?» Zara stava ancora pulendo la ferita alla tempia di Korkie con il fazzoletto ritrovato nella tasca del proprio abito. Durante la cattura, i soldati di Maul avevano avuto la mano pesante e la pezzuola, imbevuta d'acqua fredda, passata continuamente, aveva dato un leggero sollievo al gonfiore del viso del ragazzo.

I passi di Satine rimbombavano all'interno della cella di vetro. L'unica via per uscire dall'impasse in cui si trovava era un aiuto concreto di Obi-Wan e del Consiglio dei Jedi: nessun altro avrebbe potuto oggettivamente affrontare e sconfiggere i Sith che avevano invaso Mandalore e messo a capo del Governo l'infame Jerec. Purtuttavia, dubitava che il brevissimo olomessaggio fosse giunto a destinazione o almeno non poteva averne la certezza. Il comlink le era stato strappato di mano dopo poche parole pronunciate, ancorché essenziali ed esaustive. Poi era stata ricondotta nella prigione con gli altri prigionieri. Bo-Katan no, invece. Si augurò fosse fuggita o fosse stata dislocata in un'altra parte dell'edificio, ma, in quel momento, non aveva contezza neanche della sua sorte, della sua esistenza in vita.

Le mani sudate raggiunsero i gomiti, sul velluto dell'abito. Toccò scaramanticamente il pettinino fra i capelli scompigliati, osservando una figura che si immetteva nell'area delle celle, l'ennesimo mercenario spesato dal Sith. La tuta verde mimetico e marrone era la tipica uniforme di un cacciatore di taglie, l'elmo squadrato nella parte del mento si arcuava sulla nuca, dove gli occhi erano minimamente visibili da una fessura.

Il cacciatore di taglie premette il pulsante di apertura della porta divisoria della cella.

«Sei qui per eseguire gli ordini del tuo meschino padrone? Santo cielo, si avvale persino di un cacciatore di taglie» la duchessa ipotizzò che l'avrebbe uccisa per conto di Maul, senza farne il nome. Probabilmente il Sith non voleva sporcarsi le mani col suo sangue.

Si sbagliava; quando il cacciatore mise piede nella cella, riconobbe all'istante, dal taglio nell'elmo, il ceruleo degli occhi del suo jedi e, prima ancora, la sua voce «I miei ordini, non di altri, amore».

«Obi-Wan» felice e confortata, Satine gli volò fra le braccia mentre lui toglieva il casco per mostrarsi. La mano del cavaliere si infilò nei capelli setosi fino a toccare la cute del capo, le labbra sfiorarono la fronte in una tenera blandizia.

«Ti tradisce l'andatura, ragazzino» Kateryna si rallegrò del suo arrivo. Forse avevano una speranza di uscire da quella situazione di stallo!

«Sei solo, Obi-Wan?» Korkie lo osservò, preoccupato e consapevole che non si fosse portato dietro nemmeno il talentuoso amico Skywalker.

«Purtroppo sì, il Consiglio dei Jedi e il Senato Galattico non ci saranno di aiuto» Kenobi corse verso l'uscita e la oltrepassò. A terra sul corridoio giacevano i soldati della guardia di Maul, affrontati via via che gli si erano fatti sotto, dopo essere riuscito a scendere dallo Shuttle, simulando di essere proprio un cacciatore di taglie con un'avaria al proprio mezzo di trasporto.

«Mi cambierò con una delle loro uniformi, potrò mimetizzarmi con la guarnigione che è stata posta a difesa del palazzo» velocemente, si spogliò del camuffamento utile ad arrivare fino a lì, esortando Korkie a fare altrettanto.

Lasciato ogni pudore, il cadetto si vestì immediatamente, divenendo in un attimo soldato di un altro esercito «Con i fucili terremo sotto tiro le nostre tre graziose prigioniere e diremo che le stiamo spostando da una zona all'altra dell'edificio. Potremo darla a bere a chi ci vedrà».

«Hai un piano, deduco» la duchessa trasse le dovute conclusioni. Obi-Wan era troppo furbo per esserne sprovvisto.

«Come sempre, mia cara» per mano con Satine, attraversati diversi ulteriori corridoi di collegamento, arrivò a una piattaforma dove, in precedenza, aveva notato uno speeder. Uno soltanto, purtroppo.

Non ci fu bisogno di ulteriori decisioni. «Vai, Obi, porta in salvo Satine» Zara lo incitò, memore di un episodio analogo di molti anni prima. Restare era un sacrificio che non sarebbe pesato a nessuno di loro.

«Non mi va di abbandonarvi qui, temo dovremo» la nobile abbracciò teneramente il nipote, confidando nel suo coraggio «Nascondetevi in una delle stanze segrete del palazzo, le conoscete a menadito, dovete solo arrivarci».

«Fate come dice Satine, è un'ottima idea. Torneremo presto a liberarvi, ve lo prometto. Salta su, amore» alla guida della moto, Kenobi fu raggiunto dalla duchessa che gli si collocò alle spalle, salutando i tre che già correvano verso l'interno della struttura.

Il jedi le confidò come pensava di trarla in salvo «Ho una navetta approntata da Anakin che fa al caso nostro, non daremo troppo nell'occhio... auspico».

«Grazie per essere venuto, Obi-Wan» Satine allacciò le braccia sulla vita dell'uomo, sussurrandolo nel suo orecchio; gli dette un bacino sulla guancia sopra la barba ispida, portata leggermente più corta dell'ultima volta che si erano visti.

«Satine, non posso vivere senza di te, non posso. Anche se non ci fossimo riconciliati e dichiarati vicendevolmente ciò che sentiamo da sempre l'una per l'altro, sarei venuto lo stesso, in nome della nostra amicizia, perché sei anche la mia migliore amica» fu sincero, lo sguardo da ogni lato per cercare eventuali minacce al percorso verso la salvezza «Figuriamoci adesso; voglio cominciare una nuova vita, assieme a te e desidero che cominci prima possibile, credimi».

Un sibilo alle loro spalle annunciò il lancio di un razzo «Maledizione, ci sono talmente tante vedette nascoste sui palazzi che ci hanno subito individuato. Tieniti a me, proviamo ad arrivare allo Shuttle» mosse la moto verso destra, evitando il missile, ma non riuscì a schivare il successivo, che, immediatamente, colpì la parte posteriore del mezzo. Perdette il controllo dello speeder e dovette ammettere che non avrebbe più potuto gestirlo in alcun modo «Non lo reggo, Satine».

La moto rigirò su se stessa più volte. La duchessa fu sbalzata dalla sella, a una decina di metri dall'edificio più vicino per l'atterraggio. Il jedi, a testa in giù, cercando di mantenere calma ed equilibrio, usò la Forza in sé per trattenerla, mentre entrambi cadevano in picchiata.

Ebbe successo. Il corpo di Satine - che urlava il suo nome, il vestito gonfiato dall'aria, i capelli svolazzanti, il pettinino ancora incastrato sulla nuca, scalza di una delle due scarpette di pelle blu - planò con delicatezza sul cemento dell'attico del palazzo dove lui stesso ricadde a pancia in sotto, meno gradevolmente. Rialzò il viso per osservare una scena che ebbe del surreale. Cinque guardie armate a fucili spianati avanzavano, coprendo i due alti ceffi al centro del gruppo. I passi sghembi degli stivali di pelle nera sul pavimento risuonavano malevolmente, come la risata di Darth Maul, avversario perenne della propria esistenza da jedi, con gambe artificiali debitamente ricostruite, vivo e vegeto «Sempre tu, com'è possibile?».

I soldati non mossero verso il cavaliere, ma accorsero da Satine, bloccandola per le braccia e facendola rialzare.

Obi-Wan scattò in piedi ed estrasse la spada, pronto all'ennesima sfida e a difendere il suo amore. In un attimo, una sferzata di Forza improvvisa lo sollevò dal suolo, comprimendogli la gola e le corde vocali. Le mani non tennero più il cilindro metallico dell'impugnatura della katana che cadde a terra, subito ripresa dal Sith «Benvenuto, Kenobi. Ci si vede di nuovo. Riportateli nel palazzo».

Le pupille dilatate per l'eccitazione di poter sottomettere il proprio eterno nemico, Maul aumentò la presa mentale sul collo di Obi-Wan, che, per mancanza d'aria, perse i sensi, le drammatiche grida di Satine - strattonata da Savage - nelle orecchie, la cattiveria dello sguardo dello spietato Sith nell'animo.

«Possiedi vigore, maestro jedi, generale, ma pure un punto debole. Noto con piacere che la nobiltà d'animo, la purezza dei sentimenti sono qualità che hai in comune con la tua duchessa» Darth Maul sottolineò il termine tua sollevando con la forza mentale Satine dalla lastra marmorea su sui era accomodata.

La donna, pallidissima, si elevò nell'aria a un metro da terra. I piedini nel vuoto scalciavano inutilmente; la scarpetta con il tacco, unica ancora indossata, cadde a terra e lei trascinò le mani al collo cercando di liberarsi di una stretta inespugnabile. Aveva scorto svenire Obi-Wan, mentre la milizia la portava via, pensando tristemente che fosse l'ultima volta che si incontravano.

Il fiato le mancava, vedeva già offuscato, farfugliava parole poco comprensibili.

«Avresti dovuto scegliere il Lato Oscuro, maestro jedi, e tutto ciò non sarebbe accaduto» Maul camminò sul pavimento sulle strane gambe metalliche parallelamente al percorso della nobile nell'aria, sussurrando con cattiveria a Obi-Wan «Le tue emozioni ti tradiscono, la paura che senti, l'amore, e più di tutti la tua rabbia... lascia che la tua rabbia alimenti il tuo odio». Satine Kryze era il tipo di donna che, invecchiando, era divenuta ancora più bella, si comprendeva. Il Sith se ne rallegrò: la sofferenza del cavaliere sarebbe stata immensa!

«Obi-Wan, no, non ascoltarlo, ti prego» con disperazione, Satine trovò l'energia di incentivare Kenobi a non dar retta all'avversario, con un filo di voce «La luce, la Forza, possono affievolirsi, mai essere dimenticate e abbandonarti, sono dentro di te e ci rimarranno».

«Taci, duchessa» l'incremento della pressione sulla trachea di Satine giunse al limite della sopravvivenza. 

Il jedi, certo che il suo avversario si sarebbe presto liberato di lui, e che stesse bluffando, rispose pacatamente «Puoi uccidermi, Maul, ma non potrai mai distruggere me e il mio credo. Ci vuole molta forza per resistere al Lato Oscuro; solo i deboli come te lo abbracciano, ne sono ingannati» fu spavaldo in un approccio fiero, pregno degli insegnamenti ricevuti, del percorso che aveva intrapreso fin da ragazzo.

«Che idiota sei. Il Lato Oscuro è assai più potente di quanto immagini» l'altro lo schernì, con veemenza; le pupille si dilatarono in un momento di eccitazione, all'erta. Era sopravvissuto alla stato di pazzia cui era arrivato dopo aver ricostruito le proprie gambe su Lotho Minor, al terribile esilio sul pianeta stesso, grazie all'odio e dalla rabbia nei confronti di Obi-Wan. Le proprie abilità e la potenza del Lato Oscuro della Forza lo avevano aiutato a non soccombere. 

«E coloro che vi si oppongono più numerosi e forti di quanto tu sarai mai» conciso, Kenobi gli dette una stoccata dal sapore di una sentenza definitiva.

Maul era di opinione differente, e controbatté «Al contrario, la speranza che riponi nel cuore è il peggiore dei mali, aumenta il tormento».

Il generale conosceva il destino infame toccato in sorte al rivale, ritenne opportuno cercare di percorrere la strada della solidarietà, nelle orecchie il rantolo del respiro sempre più affannoso di Satine, che si appaiava, nel ritmo, al battito accelerato del tamburo nel suo petto «Mi spiace per te, Maul; so da dove vieni, poiché sono stato al tuo villaggio e mi è stato detto che non hai avuto scelta, che ti sei unito al Lato Oscuro a causa delle Sorelle della Notte. Loro hanno scelto per te, e ciò è sempre un male, credimi».

«Fa silenzio. Credi di conoscermi e di me non sai nulla» il Sith, particolarmente infastidito dalla veridicità delle frasi appena ascoltate, afferrò di scatto l'impugnatura della spada a due lame dalla cintura portata alla vita e rise, minaccioso, armandola dei fasci di luce fosforescente da ambo i lati «Non ho fatto altro che vivere per questo momento, per la mia atroce vendetta e alla fine sono stato ricompensato; ho trovato il perfetto strumento, proprio qui, davanti ai tuoi occhi, jedi. Adesso condividerai il mio dolore» la Forza spostò Satine di un paio di metri, Maul volteggiò agilmente con la spada alle sue spalle, in una movenza diretta e rapidissima. A un tratto e senza alcun preavviso, la lama trapassò il petto della donna, rilucendo dalla parte del torace, davanti al cavaliere.

Un gemito soffocato uscì dalle labbra femminili già esangui per il principio di soffocamento, un filo di fumo misto a sgradevole odore di carne bruciata si diffuse nella sala.

Satine percepì il tormento della ferita inflittale, e di più, la pena per ciò che stava perdendo: la possibilità di continuare a combattere per la pace e di vivere con il suo jedi, il ragazzo diventato uomo che era stato il suo tutto, l'unica vera felicità della sua esistenza di incombenze politiche e responsabilità, il fedele padawan dalla lunga treccina aspettato per vent'anni. 

«Satine, no, Satine» Obi-Wan gridò, cercando di liberarsi dal giogo dei soldati che lo trattenevano e dalla Forza dei suoi avversari, per soccorrerla, giacché era ricaduta a terra, le membra composte in un strana posizione, nelle sembianze di una bambola rotta che nessun artigiano avrebbe mai più potuto aggiustare.

Il Sith, tornato a sedere sul trono a gambe incrociate con atteggiamento compiaciuto e strafottente, fece un cenno con la testa ai suoi subordinati, che lasciarono andare Kenobi per permettergli di raggiungere la duchessa.

Il potere mentale di Darth Maul e di Savage era sufficiente a che il jedi non scappasse proprio da nessuna parte.

Sconvolto, Obi si apprestò a Satine, in ginocchio, sollevandola delicatamente dal busto con le braccia. Cercò di non provocarle altro dolore. La mano destra si congiunse con la sua sinistra, gli occhi si incontrarono.

Gli sembrò che la luce delle splendide acquemarine della sua amata avesse perso un'impercettibile gradazione di colore, che le stelle che avevano illuminato la sua vita si stessero spegnendo. Le dita incrociate alle sue erano divenute più fredde.

«Sembra che sia arrivata la mia ora, mio adorato, amico, amore, amante... sposo» Satine lo sussurrò, di un sussurro appena palpabile, l'arco delle labbra aperto in un sorriso per il compagno di sempre, a ripetere le parole che aveva già detto tra lenzuola verde malva «Sappi che ti amo, che ti ho sempre amato e che ti amerò ininterrottamente. Non perdere mai la fiducia in un mondo fatto di equilibrio e di ricerca di pace. Tu sei il futuro, Obi, che la Forza sia con te, mio jedi» sentì che la vita la stava abbandonando; la stanchezza, l'oscurità, presero il posto del suo Obi.

Lo lasciò così, in un palpito d'eternità; il capo reclinò lateralmente, ripiegandosi sul braccio di Obi-Wan, la bocca restò dischiusa nella posa ferma della sopravvenuta morte, la mano si divise da quella del jedi, ricadendo stancamente lungo il fianco.

«Satine...» il cuore frantumato in mille cocci, Kenobi strinse a sé il corpo senza vita della dolce duchessa. Colpa sua, solo colpa sua... il tempo non trascorso assieme, perduto a tergiversare, vent'anni impiegati a salvare la galassia e nel momento in cui aveva scelto per se stesso, era stato troppo tardi e non aveva potuto salvare neanche lei.

Il destino lo aveva punito, perché lui stesso aveva allontano dalla mente i propri reali desideri, li aveva rinnegati nel nome di una religione imparagonabile a un legame d'amore, alla completezza e all'equilibrio che lo aveva incatenato alla duchessa di Mandalore... alla sua Satine, la donna rimasta dell'ombra, che non gli aveva mai chiesto nulla, che lo aveva lasciato libero... gli aveva chiesto solo un aiuto per Mandalore e di salvarla... e lui aveva fallito. Lui, povero illuso. Aveva sperato che sarebbe esistito un futuro in cui avrebbero camminato mano nella mano assieme, senza titoli nobiliari o spade laser, in cui sarebbero stati solo Obi-Wan e Satine. Adesso, invece, non gli restava nulla, e nemmeno il grande potere acquisito in anni di addestramento, a discapito del lato privato e personale, lo aveva aiutato a strapparla alla morte. Si sentì ancora più in difetto perché Darth Maul aveva usato consapevolmente la nobile come esca, a causa sua, per attirarlo e piegarlo.

Certo che mancasse un soffio a raggiungerla e che le sue pene terrene sarebbero terminate presto nell'oblio della vita del solo spirito, stava per rivolgersi al Sith per velocizzare il trapasso, ma quest'ultimo lo precedette, replicando al freddo quesito di Savage «Possiamo ucciderlo, ora, fratello?».

Se avesse semplicemente ambito ad ammazzare Kenobi, Maul lo avrebbe fatto nel momento successivo alla sua cattura.

Ma voleva ben altro, di più: desiderava una vendetta interminabile e la ebbe «Lasciamolo affogare nel suo dolore, che marcisca in una cella, nel ricordo della sua duchessa». Darth Maul firmò così la condanna di Obi-Wan Kenobi a un'agonia senza fine.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top