Ninna nanna delle campane.
Senza attendere che sua moglie si pronunciasse a riguardo, Attilio Guglielmi fece inviare un telegramma al collegio delle Clarisse, in cui studiava sua figlia Gabriella, pregando le suore di usare la massima delicatezza nel comunicarle l'amara notizia. La ragazzina avrebbe insistito e scalpitato con tutte le sue forze per partecipare alle esequie, e Don Attilio si raccomandò dunque che una delle "pie sorelle" la accontentasse, accompagnandola nel breve viaggio dal convitto al paese.
Gabriella non la prese affatto bene. "Mi avevate detto che Beppe stava meglio, che l'avrei trovato guarito al mio rientro, e invece lui non c'è più. Io vi odio!" - inveì divincolandosi dal braccio della suora sua accompagnatrice. Immaginando di poter dare un'ultima carezza al suo fratellone, la giovinetta corse in salone, dov'era sistemata la bara in legno chiaro, come s'usava per coloro che morivano nella primavera della vita. Non poté però attuare quel legittimo proposito. La bara era stata chiusa, proprio per evitare che chiunque l'avesse amato, vedesse il povero Beppe nelle pietose condizioni in cui l'aveva ridotto la malattia. La sorellina baciò quel legno impenetrabile: "Addio fratellone mio: mi facevi sempre ridere e mi hai insegnato tante cose. Non ti dimenticherò mai!"- sussurrò. Subito dopo, corse incontro alla suora.
"Suor Angelina, andiamocene. Torniamocene in collegio!"- la implorò.
La religiosa, imbarazzatissima, restò in silenzio, limitandosi ad accarezzarle i capelli. Donna Ginevra s'inginocchiò all'altezza di Gabriella, prendendole le mani: "Gabriellina, tesoro, ascolta, è importante che tu partecipi, che stia accanto a me e al papà. È doloroso aver perso Beppe, per tutti, ma io credo che..."
"No, mamma! Io a questa pantomima non partecipo. Non mi avete informata delle sue reali condizioni, e non ho neanche potuto vederlo un'ultima volta! Che resto a fare? Voglio stare lontana il più possibile da voi! Siete dei gran bugiardi voi adulti. Tutti!"
"Gabriella, è per questo che avevo inviato quel telegramma in collegio: volevo essere sincero con te!"-chiarì Attilio
"Certo, come no! Sincero... quando Beppe era già morto!"- ribatté Gabriella guardandolo con disprezzo.
"Figliola, ascoltami, quando sarai grande potrai..." esordì il capofamiglia di casa Guglielmi.
"Quando sarai grande, quando sarai grande... quando sarai grande! Ma per carità, solo questo sapete ripetere voi adulti, come pappagalli stupidi!"
"Gabriella! Come osi parlare in questi termini a tuo padre?"- la rimbeccò Ginevra.
Suor Angelina, accortasi di quanto la situazione stesse degenerando, si intromise: "Ehm... Don Attilio, Donna Ginevra, perdonate la mia intromissione, ma ritengo che sia meglio per vostra figlia rientrare in collegio. Io e le altre consorelle ci premureremo affinché possa superare questo brutto momento. Un funerale non è uno spettacolo per giovinette dell'età di Gabriella. Credete a me, sarebbe la scelta più saggia. Si rivolse quindi alla donnina in miniatura di fianco a lei: " Andiamo, Gabriella! In collegio, io, le consorelle e le tue condiscepole pregheremo per Beppe. Don Attilio, donna Ginevra, vi rinnovo la mia vicinanza" - aggiunse, e oltrepassò la soglia con la ragazzina per mano.
Nel frattempo, Ginevra, inconsolabile, era tornata ad innaffiare di lacrime la bara del figlio, battendoci sopra con le nocche, come se potesse giungerle una qualche risposta. Chi, già di primo mattino aveva iniziato ad affluire presso la villa, era di certo molto sollevato nel sentirsi dire che i coniugi Guglielmi non volevano ricevere nessuno. Si sarebbero in tal modo risparmiati gli ipocriti salamelecchi di rito. Su quella spessa agenda foderata in cuoio, che in Puglia chiamavano "il diario del morto", alcuni lasciarono una semplice firma, apposta con una calligrafia stracciata, altri qualche frase intrisa di retorica. Ma i due doloranti genitori non avrebbero mai voluto sfogliare quelle pagine.
Il giorno seguente, i "prècamorti", come venivano chiamati i dipendenti delle onoranze funebri, vennero a prelevare Beppe, per condurlo prima in chiesa e poi al camposanto. La bara fu caricata sul carro funebre, seguito dal corteo di parenti e conoscenti, capeggiato dai genitori. In testa c'erano però i "bandisti" che eseguivano la marcia funebre. "Ecco che vanno a sotterrare l'ennesima vittima di quella pazza meretrice!";" Un altro che è morto da fesso per colpa della sottana di una puttana!"- erano alcune delle frasi che si potevano udire per le strade del paese al passaggio del carro funebre. Parole in netto contrasto con quanto era stato invece scritto sul "diario del morto". Il corteo passò sotto casa Vicenti, e Rebecca, precipitatasi accanto a una finestra che però non aprì, fu colta da frenetici tremori.
"Beppe, Beppe mio!"- biascicò prima di perdere i sensi. Appena il carro funebre si fu fermato accanto al sagrato della bianca chiesa Matrice, per il giovane risuonò l'ennesima ninna nanna: quelle delle campane a morto.
"Don, Don, Don!" quel suono pareva una voce che ripeteva "Dormi, Dormi, Dormi".
"Che ora, Dio accolga l'anima del giovane Beppe. Dobbiamo ammirare in lui proprio le cristiane virtù del non coltivare rabbia e atteggiamento di stizza alcuno, ma amore incondizionato, capace di guardare al perdono. Attendeva la primavera, il povero Beppe, sperando che assieme ai fiori, sbocciasse per lui la salute. E la primavera è arrivata per te, caro Beppe: quella eterna, che mai più cederà il posto all'inverno" - aveva detto Don Acquaroli.
I singhiozzi di Ginevra strinsero il cuore di tutti i presenti. Rebecca, riavutasi da quello svenimento, era stata trascinata al letto dalla madre e dal dottor Valenti. Niente riusciva a catturare la sua attenzione, oltre al leggero movimento della tenda in pizzo, per via del venticello che spirava. La madre e il medico le chiedevano di continuo come si sentisse ma per la giovane era come se non esistessero. Dalle sue labbra fuoriusciva solo quel nome, ripetuto all'infinito.
"Dottore, ho paura!"- confidò Esterina, una volta fuori dalla stanza- "Cosa dovrei fare in questa situazione?"
Il medico la fissò serio: "Temo che la vostra paura sia più che motivata! Cercate di non perderla di vista, togliete di mezzo tutto ciò con cui potrebbe u farsi del male, e il prima possibile, risentite quel giovane collega, come si chiamava? Oh, sì: Demichele! Lui è specializzato in ciò che riguarda la psiche e potrà esservi di grande aiuto. Vi auguro una buona giornata, e come ormai sapete, resto sempre a vostra disposizione"- si congedò.
"Buona giornata a voi, dottore"- replicò la donna confusa e angosciata, per poi tornare al capezzale della figlia. In corridoio, nell'angolo che Esterina aveva allestito per la preghiera, c'era anche l'immaginetta della Madonna della Croce. La donna vi si soffermò: "Vergine mia, volgi lo sguardo a una madre disperata. Fa che Rebecca non commetta pazzie!
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