Menzogna fragile.
Rebecca si riprese in fretta: per amore di suo figlio, cucì assieme tutte le sue energie, anche quelle che non sapeva di possedere. Per poter essere forti, però, ogni tanto bisogna concedersi brevi intervalli di debolezza. Così, ogni sera, prima di dormire, chiusa nel silenzio della sua stanza, piangeva di rabbia e di delusione. Era arrivata ad auto procurarsi il pianto, perché l'avrebbe fatta stare meglio, l'avrebbe alleggerita, consentendole di affrontare la giornata successiva. Parlava spesso alla sua creatura: "È tutto a posto: la mamma lo fa solo per stare meglio. Quando verrai al mondo, piangere sarà la prima cosa che farai anche tu, e anche per te si rivelerà benefico, vedrai".
Esterina e Letizia continuavano a porre domande a raffica. La versione ufficiale di Rebecca voleva che Giulio fosse partito per la Francia, per questioni amministrative legate a delle proprietà di famiglia. Ma né sua madre né tanto meno sua nonna erano nate ieri.
"Come mai non è passato a salutare sia te che noi?"- aveva osservato Esterina. Letizia, dal canto suo, aveva rincarato la dose: "Stento a credere che non ti abbia fatto pervenire non dico una lettera, ma anche solo poche righe per sapere come stessi e metterti al corrente di come stesse lui!"
"Magari, gli è mancato il tempo, oppure, avendo in programma di stare via poco, ha ritenuto che non ce ne fosse bisogno" - aveva minimizzato Rebecca. Esterina e Letizia preferirono lasciarla in pace, per non crearle alcun disagio da stress. Le domande furono solo accantonate, per esser tirate fuori al momento opportuno. Risultava evidente che tra Rebecca e Giulio doveva essersi creata una frattura insanabile. Il tacito accordo tra Esterina e Letizia aveva previsto che fosse la ragazza a confidarsi. Cosa che però non era avvenuta. La nonna decise di prendere di petto la situazione e di parlare con la nipote. Sua figlia Esterina tentò di dissuaderla. Ci aveva provato anche lei ma senza ottenere risultato alcuno. Letizia insistette: "Lascia che ci parli io. Anche perché, accadde un fatto assai curioso il mattino dopo il furto, quando tu corresti dal dottor Valenti e io restai al fianco di Rebecca!"
Incuriosita. Esterina domandò a cosa di riferisse.
"La spronai a confidarsi, chiedendole se qualcuno le avesse fatto del male. E lei, sai come mi rispose? Sussurrando il nome di Giulio!"- rivelò Letizia.
La figlia corrugò la fronte: "Probabile che Rebecca fosse ancora scossa in quel momento. Magari stava solo invocando un nome a lei caro, come se volesse averlo accanto per sentirsi protetta!"
"Già... è quello a cui pensai anche io, tesoro, ma ho dovuto ben presto ricredermi! Ce lo siamo già dette: la partenza improvvisa di Giulio, il suo non passare a salutare noi né tanto meno la persona che diceva di amare, mi puzzano non poco. E poi quelle lettere che Rebecca gli scrive, sì, ma con gli occhi vuoti e tristi, anaffettivi" - sentenziò Letizia. Avrebbe voluto programmare la chiacchierata con la nipote per il tardo pomeriggio, ma non ce ne fu bisogno. Poco dopo le 17:00, Irene venne a far visita a Rebecca. Esterina era attesa presso il circolo letterario di cui era fondatrice. La cosa un po' le dispiaceva: aveva sentore del fatto che Rebecca potesse confidarsi con la sua migliore amica, e avrebbe preferito restare a casa per tendere l'orecchio a quella confessione, per scoprire cosa la figlia le nascondesse. Uscendo, Esterina prese da parte Letizia: "Mamma, cerca di captare qualcosa, d'accordo?"- le disse.
"Certo, tranquilla!"- annuì l'altra. Si intrattenne un po' con le ragazze e poi finse di voler andare di sopra, per distendere i reni.
Durante la conversazione, Rebecca appariva né più né meno che un corpo vuoto, da cui l'anima fosse evaporata.
"Ma... non mi stai ascoltando?"- chiese alla fine Irene, rendendosi conto che parlare a una sedia vuota non avrebbe fatto alcuna differenza.
Rebecca si diresse verso la finestra e vi inchiodò il suo sguardo, perché non incontrasse quello dell'amica. Doveva confidarsi con qualcuno, altrimenti sarebbe esplosa. "Giulio! È stato Giulio Svaldi! È stato lui a trafugare i soldi della mia dote!" - rivelò.
"C- come Giulio? Rebecca ma che dici, lui ti ama come se tu fossi..."- biascicò Irene.
"Come se io fossi un libretto di assegni inesauribile!"- esclamò Rebecca, completando la frase.
"Dio mio! Ma non è possibile! Lo stesso gioco di Colaleo? No, mi rifiuto di crederci! ripeteva Irene, che intanto s'era accasciata sulla sedia.
"Che tu mi creda o no, amica mia, è così che sono andati i fatti!"- confermò Rebecca- "Ricordi quando mia madre partì per Taranto? Ebbene, quella notte Giulio dormì qui con me. Al mattino, quando mi risvegliai, non c'erano più né lui né i miei soldi. E ciò che mi logora nel profondo è il fatto che sono più colpevole io di lui. Giulio non ha trovato quei soldi per caso! Fui io a confidargli dov'erano conservati!"-ammise la Vicenti- " Io che ormai lo consideravo l'ancora a cui aggrapparmi. Pensa: non immaginavo neanche contro quale iceberg mi sarei scontrata!"
"Rebecca, cielo! Quella scatola non avresti dovuto mostrarla neanche a Gesù Cristo sceso in terra!" - la ammonì Irene.
"Lo so benissimo, amica mia. E la mia stupidità io la maledico ogni singolo giorno, e non puoi credere quanto!" - ammise contrita Rebecca- "La mamma e la nonna sono ancora all'oscuro di tutto: son dovuta arrivare al punto di scrivere delle lettere a nome di Giulio, cercando di modificare il più possibile la calligrafia. Mi credi pazza, non è vero?"
Irene le andò incontro abbracciandola: "No, Rebecca, certo che no! Tu sei una ragazza dal cuore d'oro, che non ha mai praticato né concepito forma di cattiveria alcuna, ed è per questo che quando quella cattiveria si è riversata su di te, hai sofferto il doppio. Apri gli occhi, Rebecca! Per il tuo bene: tienili sempre aperti".
"Lo farò: nessun uomo sulla faccia della terra avrà più la mia fiducia!"- giurò Rebecca, che aggiunse: "Irene, posso contare sul fatto che le tue labbra restino serrate?"
Irene annuì: quando faceva una promessa, non veniva mai meno a quell'impegno. Un impegno che si sarebbe rivelato però inutile: nascosta in cima alle scale, nonna Letizia aveva ascoltato ogni singola parola. Acquisì piena conferma dei suoi sospetti, comprendendo il motivo per il quale quel nome non cessasse di rimbombarle nella mente. Quasi faticò a non perdere i sensi: la grande ingenuità di sua nipote era stata la sua rovina e l'avrebbe trascinata perfino più in basso, c'era da scommetterci!
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