La ragazza di bronzo e l'Angelo di marmo

"Me li leverò dai piedi solo se saprò fargli credere di essermi ripresa"- aveva pensato Rebecca tra sé. Senza rimuginarci su, aveva quindi cercato di mettere in atto l'ennesimo inconcepibile proposito. In verità, a tutti era sembrato più che strano quel superamento repentino di una condizione per la quale, fino a pochi giorni prima, la ragazza pareva inconsolabile.

"Signora, beh, secondo me dovremmo rallegrarcene. Trovo sia un ottimo segnale!"- aveva dichiarato Nadia, nell'ingenuità della sua ignoranza.

"Vorrei che fosse così!"- aveva ribattuto Esterina, stringendosi nelle spalle.

"Non è detto! Non è affatto detto che sia un buon segnale... purtroppo per lei e per noi!"- aveva sentenziato nonna Letizia dall'alto dell'esperienza di chi ha molte primavere alle spalle.

"Donna Esterina, io diffiderei nella maniera più categorica. Vedete, sono processi di elaborazione davvero molto lunghi... ed è palese che Rebecca stia dissimulando. Non chiedetemi per quale motivo, ma la cosa certa è che stia dissimulando! È proprio ora che dovremmo tenere alta la guardia"- aveva avvertito il dottor Demichele, allorché interpellato.

"Vorrei andare in cimitero da Beppe e dagli altri ragazzi!" – dichiarò una mattina Rebecca.

"Tesoro... io... non credo che sia una buona idea... e poi sei sicura di sentirtela? Insomma... va messo in conto che potresti trovarci i marchesi Guglielmi o i genitori di qualcuno degli altri sventurati giovani"- le fece notare Esterina.

"Certo che me la sento. Non ho partecipato alle esequie perché la Marchesa mi avrebbe aggredita fisicamente, o poco ci sarebbe mancato. Ma il cimitero è un luogo pubblico, e nessuno può impedirmi di andarci, dato che lì riposano anche i miei cari"- precisò la ragazza.

"E va bene, quand'è così, vorrà dire che nel pomeriggio ti ci accompagnerò io"- rispose Esterina ponendo le mani avanti.

La ragazza sfoderò un sorrisetto nervoso: "Ma no, mamma, non ce n'è bisogno. Per intere settimane non ti ho fatto chiudere occhio, e il cimitero non un posto che ti aiuterebbe a rilassarti!"

La madre la fissò sgomenta: "E per te sarebbe forse un toccasana? Sei tornata distrutta ogni volta che ci sei stata!"- la contraddisse Esterina.

È vero, son tornata malinconica e con gli occhi gonfi, ma subito dopo sono stata meglio"- ammise Rebecca, come se fosse la cosa più evidente del mondo- "E' un modo per elaborare il lutto sostare nel luogo in cui è sepolto qualcuno che si è amato. Sai, anche lo stesso dottor Demichele mi ha confermato che è proprio da lì che bisogna ripartire, per iniziare a convivere con una mancanza"- aggiunse

"E va bene, nel pomeriggio mi preparo e ci andiamo"- tornò a insistere Esterina.

"Te l'ho detto, mamma: preferirei che tu ne approfittassi per riposare un po', dato che come vedi io sto già molto meglio. Potrebbe accompagnarmici Nadia, magari"- propose la giovane- "Mi sorveglierebbe attentamente quanto te, lo sai" - aggiunse.

La madre s'arrese ruotando gli occhi al cielo. Chiamò dunque a sé la domestica: "Nadia, questo pomeriggio, attorno alle 16:00, potresti accompagnare Rebecca, che vuol recarsi al camposanto?"

La ragazza, che aveva sospeso le faccende domestiche a cui era intenta, assunse un'espressione più che stupita. Tuttavia, accondiscese. Appena passate le 16:00, la domestica e Rebecca, che reggeva un fascio di rose rosse, varcarono il cancello principale del cimitero. Solo allora, la ragazza, che era sempre entrata dal cancelletto sul retro, s'avvide di una suggestiva scritta incisa sull'architrave.

"Venite, o vivi, a visitare i morti, prima che morte a visitarvi venga"- recitava.

Due angeli "gemelli", in marmo, con una mano protesa verso il visitatore e un fascio di fiori nell'altra, erano posti di fianco a ciascuna delle due colonne che sorreggevano l'architrave. Dopo le visite alla sua Iside, al padre Marcello e ai nonni, fu la volta di tutti i giovani che si trovano lì sepolti a causa sua. Rebecca e la domestica cercarono il custode, per chiedere dove fosse inumato o tumulato ciascuno di quei ragazzi. L'uomo, basso e panciuto, senza un solo capello sul capo, distolse di malavoglia lo sguardo dal libro di cui non poteva che limitarsi a guardare le figure. Infatti, non aveva mai imparato né a leggere né a scrivere. Sbuffando, porse quindi alla ragazza una mappa del cimitero, accurata soprattutto per quel che riguardava le tombe di famiglia.

"Signorina, tenete qua e cercateveli voi con un po' di pazienza tutti questi morti, che io non posso mica stare ad accompagnare i visitatori su ogni singola tomba. Faremmo Natale, altrimenti!"- disse.

Rebecca batté le mani, mimando un caricaturale applauso: "Complimenti per l'immensa voglia di lavorare che vi ritrovate e per il modo garbato con cui vi esprimete!"- l'ammonì.

L'uomo non si curò di lei, tornando a fingere di leggere. Non senza fatica, tutte le tombe furono trovate, e su tutte fu lasciata una rosa. Rebecca lasciò per ultimo il suo amato Beppe. A sommità dell'elegante mausoleo funebre della famiglia c'era la statua in marmo di un Angelo con l'espressione severa, che brandiva una spada, rivolta verso il basso. Nell'altra mano, una bilancia, simbolo di giustizia divina.

"L'Angelo giustiziere!"- si lasciò sfuggire Rebecca, intimorita da quella marmorea presenza. Era come se quella spada, e soprattutto quello sguardo fossero puntati contro di lei. Espresse il desiderio di restare un po' da sola in quel luogo, chiedendo alla domestica di attenderla al bar che si trovava alla fine della salita.

"Signorina ma... vostra madre mi ha raccomandato di... " - tentò di dire Nadia, che venne scavalcata dalla Vicenti.

"Te ne prego! Non chiedo che pochi istanti da sola con lui! Cosa vorresti che mi accadesse di male?"-

Lo sguardo da cerbiatta affabulatrice di Rebecca funse anche in questo caso da "arma di convincimento".

"Signorina mia, però cercate di fare in modo che io non abbia a pentirmene, perché altrimenti lo sapete che vostra madre mi licenzierebbe in tronco"- implorò una spaventata Nadia.

"Parola d'onore! Puoi stare più che tranquilla"- le sorrise Rebecca, per poi accedere alla cappella della famiglia Guglielmi. Era costruita in pietra e ad accesso libero, priva di porte. Con suo grande sollievo, Rebecca non trovò nessuno all'interno, anche se dei bellissimi fiori freschi segnalavano un recente passaggio. Erano orchidee e casablanca candidi, posti in un vaso sull'altare, di fianco a una bellissima statua in bronzo. Una fanciulla bruna coi capelli parzialmente raccolti, inginocchiata, con un fascio di rose nere e un vestito dello stesso colore, che sarebbe parso realizzato in merletto a chi l'avesse guardata in lontananza. Aveva gli occhi socchiusi e un'espressione addolorata ma non disperata. In quella fanciulla di bronzo, che avrebbe fatto eterna guardia al suo Beppe, Rebecca rivide se stessa. Avrebbe desiderato tanto essere quella statua, immobile in tutto fuorché nel pulsare del cuore e delle emozioni. Si appropriò del coraggio che fino a ora era mancato: quello di cercare la lapide con il nome dell'amato. La trovò, dopo aver accarezzato con lo sguardo quelle di tutti i suoi avi. Rebecca si avvicinò con passo tremante.

"Alla memoria di Beppe Guglielmi, ivi tumulato poiché ingannato da un amore avvelenato. Per la sua anima purissima, una prece!"- era inciso sul marmo. Un'accusa palese, resa pubblica. Una coltellata invisibile dritta al cuore della ragazza, seppur non ne venisse fatto il nome. "Me lo son meritata, ed è anche troppo poco per il male che ho arrecato"- pensò Rebecca tra sé. Poi si rivolse a Beppe, come se davvero fosse lì presente: "Non riuscivo e non riesco a sopportare che la tua bellezza stia finendo di marcire qui dentro, e non so cosa ne sia ora della tua anima, ma ho voluto venire a salutarti. Guarda, amore mio: ho tenuto per te la rosa più bella. La lascio qui accanto a te, anziché nel vaso con gli altri fiori. Appassirà prima, ma non fa nulla, tra poco saremo di nuovo assieme!"

La giovane baciò il marmo, annusò ancora una volta il profumo della rosa e si dileguò, prendendo ad aggirarsi per tutto il cimitero.

"Dov'era quel muricciolo di cui una volta mi parlò Luigi?"- si domandava -"Eccolo, dev'essere questo!"- esclamò entusiasta, giunta nel punto che ritenne essere quello esatto. Ci si arrampicò guardando giù: "Non sembra altissimo: coraggio, Rebecca, puoi farcela!"- si incitò. Un salto ad occhi semichiusi, e fu fuori, senza esser stata vista da anima viva.

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