L'arresto.

"Dottore, buon pomeriggio!"- esclamò al cospetto del Valenti.

"Buon pomeriggio, a voi, donna Esterina. Scusate la mia intrusione, ma vengo purtroppo a preannunciarvi novità affatto buone. Alcune delle famiglie dei ragazzi che Rebecca ha contagiato sono sul piede di guerra. Non vi avevo nascosto, come ricorderete, la mia intenzione di rivolgermi alle autorità preposte, ma a quanto pare, le famiglie interessate devono avermi anticipato. Sono alla ricerca di Rebecca, e per evitare un arresto plateale, penso che a vostra figlia converrebbe presentarsi con i suoi piedi in caserma. Ero venuto giusto a dirle questo, potrei vederla? Comprendo che la mia visita potrebbe non farle affatto piacere, ma ora sapete che è importante!"- asserì il medico in tono serissimo.

"Immaginavo che sarebbe accaduto! Dottore, devo però confessarvi che mia figlia non è in casa e che sono stata io stessa a cacciarla via! Come madre... non ci ho più visto di fronte alla gravità delle sue colpe!"- rivelò la donna.

"Non vi biasimo affatto, donna Esterina. Ad ogni modo, vi pregherei di provare a ricordare se Rebecca vi abbia detto dove avesse intenzione di dirigersi"- la esortò il Valenti.

"Nulla, dottore. Non una sola parola. È andata però via senza troppi soldi in tasca, quindi dubito che possa essersi allontanata troppo dal paese! Proverò in tutti i modi a cercare di rintracciarla, ve lo assicuro!" - promise Esterina.

"Me ne interesserò io!"-la dissuase il Valenti- "Spero solo di fare in tempo, se non altro per evitarle questa pubblica umiliazione che, devo esservi sincero, forse meriterebbe anche. In fondo però, pur avendo le sembianze d'una donna, Rebecca non è altro che una bambina, che non si accorge di aver combinato una marachella troppo grande, fino a quando i danni non si rivelano irreparabili"

"Già, dite proprio il vero!"- annuì Esterina.

"Dottore, se voleste, potrei aiutarvi io nelle ricerche. Conosco alcuni gestori di pensioni e ostelli, si potrebbe provare!"- propose il marito di Irene.

"Mi avvarrò del vostro prezioso appoggio, Luigi, e ve ne ringrazio!"- gli sorrise il dottore.

"Bene, allora sarà meglio darci da fare! Coraggio!"- replicò Luigi.

A casa Guglielmi, intanto, i marchesi Ginevra e Attilio avevano notato l'inspiegabile atteggiamento del loro figlio primogenito, i suoi occhi gonfi, e la maschera di terrore stampata sul suo volto, che ne aveva deturpato i lineamenti belli e raffinati. Beppe aveva scelto di confidare al padre quanto gli era toccato subire da parte di Rebecca Vicenti. Attilio avrebbe voluto lasciarsi andare egli stesso al pianto, ma si sforzò di non scomporsi e di asciugare anzi le lacrime del figlio.

"Forza figliolo. Ti ho insegnato che un vero uomo non piange mai, ma affronta a testa alta anche le situazioni più dolorose. Se siete stati assieme una sola volta, può anche essere che il contagio non sia avvenuto. Dobbiamo effettuare le analisi. E se l'esito non sarà dei migliori, le cure iniziate nella fase incipiente ti assicureranno la guarigione. Quanto a quella megera, fidati: avrà ciò che merita!"

Beppe lo guardò, poi si passò la mano destra sulla fronte: "Papà, sono tutte menzogne, e lo sai anche tu, purtroppo!".

"Tenteremo di tutto, figlio mio, di tutto! Te lo prometto. È bene che però ne sia messa al corrente anche la mamma, con le dovute cautele. Lo verrebbe a sapere comunque!" -propose Attilio.

"Potresti parlargliene tu? Io... sono confuso... spaventato e. non ne avrei la forza!"- implorò il giovane.

Attilio, non trovando parole da dire, si limitò ad abbracciare suo figlio, con un'intensità che poche volte aveva impiegato in vita sua. Questa volta, le lacrime gli scivolarono sulle guance e oltrepassando i baffi quasi del tutto argentati. Attilio però, fu così abile da non lasciarsene accorgere. La reazione di Ginevra fu quella di lanciare per aria tutto ciò che le capitasse a tiro, perfino le sue porcellane più pregiate e costose. Millantava che sarebbe andata lei stessa a prender per capelli la giovane Vicenti, infilandole una forbice al collo, oppure strangolandola. Sì, lo strangolamento! Il morir soffocata era preferibile alla più rapida e quasi indolore forbiciata dritta alla giugulare.

"Io l'ammazzo, l'ammazzo!"- continuava a urlare.

"Ginevra, adesso basta! Tu ora ti siedi qui e ti calmi!"- le intimò il marito, ponendole le mani sulle spalle e incitandola a prender posto sul divano- " Nessuno ucciderà nessuno! Esiste la giustizia, e spetta a chi lavora in quest'ambito emettere qualsiasi sentenza in proposito. Noi ora dobbiamo pensare a Beppe!"

"Giustizia? Giustizia, Attilio? Quella giustizia corrotta che chiunque può comprarsi come il pane dal fornaio e la carne dal macellaio? Tu mi parli di giustizia? Lo capisci che perderemo nostro figlio per una volgare meretrice? Come accidenti fai a mantenere una simile calma? Spiegamelo!"- inveì la Marchesa ancora più inviperita.

"Il fatto che io appaia calmo, non vuol dire che lo sia. Cosa risolverei urlando o meditando di togliere la vita alla ragazza in questione? Otterrei la guarigione di Beppe? Magari fosse così!"- le rispose il marito serrando i pugni e i denti.

"Ma come diamine è riuscita ad abbindolarlo? Come, io mi chiedo!"- gli disse Ginevra nascondendo il volto tra le mani. Fece una breve pausa, per poi proseguire il dialogo con il marito, che in realtà sapeva più di monologo:" Sai, Attilio, mentre nostro figlio superava la fase dell'infanzia, io lo guardavo sbocciare. Lo guardavo e mi compiacevo di quella bellezza che di giorno in giorno si delineava. Ho subito capito che le donne sarebbero impazzite per lui, e avevo anche temuto che potessero farlo impazzire a loro volta. Mai avrei però immaginato una situazione simile! "

"Ginevra, il nostro Beppe non è un donnaiolo incallito, che fuma e poi spegne le donne piegandole su sé stesse come fossero sigarette. Non lo sarebbe mai diventato, considerato il bagaglio di valori che gli abbiamo dato. Credo che lui la amasse, e che avesse fatto dei progetti seri su questa relazione. E lei invece lo ha ingannato!". Mentre proferiva quelle parole, il marchese strinse ancora i pugni.

"Attilio, hai udito?"- sobbalzò Ginevra, attirata da un rabbioso vociare.

La Marchesa si diresse verso la finestra, per sincerarsi di cosa stesse accadendo, ma suo marito non glielo permise.

"Ginevra, sta qui! Ci vado io!"- le disse in tono deciso. Scostata del tutto la tenda ricamata, Attilio Guglielmi fu testimone di uno scenario surreale. Una folla impazzita urlava ogni sorta di insulti contro Rebecca. Erano decisi a porre in atto uno spietato linciaggio. I carabinieri stavano provando a sedare la situazione. "Signori, signore, mantenete la calma! Non rendete il nostro lavoro ancora più ostico, fate rientro alle vostre abitazioni! A casa, a casa!"- diceva uno dei più imponenti tra gli uomini in divisa.

Ma i congiunti delle vittime ancora viventi non ascoltarono. Erano più armati delle stesse Forze dell'Ordine: chi di sciabola, chi di manganello, chi di coltello e chi di semplice taglierino.

Uno, due... tre colpi d'arma da fuoco furono sparati in aria per intimidire la folla.

"A casa! A casa, o saremo costretti ad usare le maniere forti!"- ribadì il Comandante. Lungo la strada, anche il dottor Valenti e Luigi si imbatterono in quello sciame inferocito.

"Sono qui per Rebecca! Se la trovassero prima di noi sarebbe spacciata!"- fece presente il Valenti

"Credo di sapere dove si trovi! Da questa parte: non dista molto ed è ormai il solo posto che ci resta da ispezionare!"- lo esortò il giovane, prendendo a correre nella maniera forsennata propria dell'età. Giunsero sul posto e il gestore, non poté esimersi dal dire la verità.

Il dottore e il Boccadamo raggiunsero la stanza occupata da Rebecca, bussando con insistenza.

"Rebecca, sono Luigi. C'è anche il dottor Valenti qui con me. Aprici, dobbiamo dirti qualcosa di importante!" - le intimò il giovane. La porta si aprì, e una cadaverica Rebecca, apparve di fronte a loro, con lo sguardo basso e senza dire una parola.

"Signorina, le Forze dell'Ordine sono sulle vostre tracce, e non solo loro! Di fuori c'è anche una folla che pare posseduta dal diavolo in quanto a ferocia, e credo che voi sappiate chi ne faccia parte" - le spiegò Valenti- "Ascoltatemi, presentiamoci in caserma assieme, sarebbe la cosa più sensata. Se giungessero prima i carabinieri, vi arresterebbero platealmente, spogliandovi di ogni dignità, e se li precedessero invece i familiari di quei poveri giovani... beh... temo che non ne uscireste viva. Ve ne prego! Inoltre, questo atto di coraggio, forse, vi varrebbe anche uno sconto di pena".

"Sì, avete ragione, dottore, nascondersi è inutile! Pagare per le mie colpe forse servirà a mettere un bavaglio alla mia coscienza, che non mi dà tregua!"- annuì la ragazza.

Proprio mentre stavano avviandosi, un rumoroso calpestio si udì per le scale lignee che conducevano alla stanza.

"Carabinieri! Rebecca Vicenti, uscite di vostra spontanea volontà con le mani in alto"- intimò una voce greve.

La ragazza si soffermò a guardare i volti sgomenti e pallidi di Luigi e del dottore, e volle rassicurarli con un triste sorriso: "Ci penso io, state tranquilli!"

Aprì la porta e si consegnò alle forze dell'ordine: "Stavo recandomi in caserma io stessa. Sono consapevole delle mie colpe, per cui è giusto che io paghi. Confermo tutte le accuse che mi sono state mosse!"- disse con una calma agghiacciante.

"Comandante, vi chiederemmo solo... un po' di discrezione, se fosse possibile... insomma... cercate di capire, in fondo è solo una ragazza, e lì fuori la vorrebbero morta..."- provò a chiedere Luigi

Rebecca però intervenne: "No, Luigi, non ho bisogno di riservatezza. Che guardino pure mentre mi portano via, che abbiano la loro meritata soddisfazione!"_ sentenziò.

"Vi dichiaro in arresto per procurata epidemia e crimine intenzionale contro la salute pubblica. Avete diritto a restare in silenzio. Ogni vostra dichiarazione potrà essere usata contro di lei in tribunale. Avete diritto a scegliere un avvocato e...."

Rebecca ebbe l'ardire di interrompere le parole del Comandante: "Non voglio alcun avvocato!"

L'uomo in divisa la guardò in cagnesco, procedendo poi come se non fosse stato per nulla interrotto: "E se non ne avete uno di fiducia, o non potete permettervelo, ve ne sarà assegnato uno d'ufficio!". Le vennero quindi messe le manette ai polsi.

I suoi occhi cercarono quelli del Valenti e de suo amico Luigi: " Spero che col tempo possiate perdonarmi tutti!"- sussurrò

"Signorina, avanti!"- le intimarono i carabinieri.

E così, il cadavere spirituale di Rebecca sfilò tra la folla, in parte saziata da quello spettacolo, in parte pretenziosa di una pena ben più cruenta.

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