Gli strani sintomi e la grave perdita

La gravidanza, giunta al quarto mese, iniziava a causare qualche fastidio. Non si trattava delle tradizionali nausee che molte donne lamentavano, ma di fitte, brevi e dolorose al ventre, difficoltà nella minzione e giornate all'insegna della totale astenia. Fu interpellato Valenti, che disse di non stare in apprensione più del necessario, perché in gravidanza potevano verificarsi disturbi molto dissimili da donna a donna. Consigliò di tenere sotto controllo la situazione: qualora non ci fossero stati miglioramenti, sarebbe stato necessario effettuare delle analisi. Ma nel giro di qualche settimana, pur senza farmaci, quei malesseri scomparvero. Rebecca smise così di angustiarsi... fino a quella tremenda notte. Erano da poco passate le due del mattino, quando il bisogno di andare in bagno interruppe il sonno della ragazza. Ciò che vide dipinse sul suo volto un pallore quasi mortale. La camicia da notte era zuppa di sangue vivo, così come le lenzuola, e una scia segnava il percorso dal letto alla stanza da bagno. I tremori sconvolsero Rebecca: avrebbe voluto tirare fuori tutto il fiato che aveva in gola, ma le labbra non si mossero.

"Mamma!"- riuscì finalmente ad urlare, ma Esterina dormiva un sonno profondo e non l'udì.

La ragazza radunò allora tutte le sue forze e si trascinò fino alla porta della stanza da letto della madre: "Mamma! Mamma, ti prego, aiutami!"- implorava a gran voce.

Esterina aprì ancora intontita da sonno e subito inorridì: "Figlia mia!! Ma che cosa ti succede? "- s'allarmò, temendo già di comprendere quanto stesse accadendo.

"Non lo so mamma, non lo so! Mi ero svegliata per andare in bagno, Non ho avvertito nulla...mi sono ritrovata così"- rispose Rebecca.

"Tesoro, andrà tutto bene, ok? Tu sdraiati e resta tranquilla!"- la incitò Esterina. Poi, salì in mansarda a chiamare Nadia, che dormiva anch'ella beatamente.

"Nadia! Nadia, svegliati cara, ti supplico! Rebecca non sta bene. Devi correre da Valenti!".

"Che dite, signora? In che senso la signorina non sta bene?" – farfugliò quella confusa.

"Nadia, non c'è tempo! Poi ti spiegherò, ma adesso, per l'amor del buon Dio, corri dal dottor Valenti. Digli di venire con la sua auto, in caso fosse necessario trasportala in ospedale". La domestica infilò le scarpe e il cappotto sulla camicia da notte, quindi si precipitò in strada.

"Dimmi che non accadrà quello che immagino! Dimmelo, per favore!"-mormorò la ragazza in preda al panico.

"Non devi immaginare nulla! Tra poco sarà qui il dottor Valenti. La paura non ha mai aiutato!"- le fece eco sua madre.

Giunse al piano di sotto anche Letizia, richiamata dal vociare: "Cosa succede a quest'ora della nott..."- non ebbe il coraggio di terminare la frase.

"Oh, Vergine della Croce!"- esclamò "Rebecca, ora devi essere una leonessa, d'accordo?"- disse, stringendo la mano della ragazza. Non riuscì a rassicurarla, a dirle che tutto sarebbe andato bene. Nonna Letizia aveva capito benissimo ciò che era accaduto. Chiamata in disparte la figlia, le disse con estrema schiettezza: "Prepariamoci al peggio, prepariamoci al completo crollo psicologico della nostra Rebecca, quando le avremo detto che ha perso la sua creatura!"

"Mamma!! Non pensarlo neppure!"- le intimò Esterina.

"Cara, avanti: non prendiamoci in giro! Tutto quel sangue, anche a grossi grumi... lo sai meglio di me cosa vuol dire!"- ribatté Letizia- "Io vado a prendere un'altra camicia da notte e della biancheria pulita, tu torna da Rebecca!"

Esterina aiutò sua figlia a cambiarsi, e poco dopo, s'udì il rumore dell'auto che Valenti stava parcheggiando nel viale. Il medico s'affrettò a visitare la paziente. Tutti avevano ormai capito, compresa Rebecca. Toccò a Valenti caricarsi sulle spalle il peso della sincerità: "Signorina, sono davvero desolato, ma si è trattato di un aborto spontaneo!"- disse.

"Un... un aborto spontaneo? No, dottore, non prendetemi in giro! Io ho osservato tutte le cautele del caso. Ho mangiato sano, non ho compiuto sforzo alcuno... non sono neanche uscita di casa, se non per prendere qualche boccata d'aria in giardino!"- disse la ragazza incredula.

"Signorina, vorrei che seguiste in ospedale. Lo dico per voi, e per poter comprendere da medico, cosa possa aver determinato questo triste episodio!"- spiegò Valenti.

"No, dottore! In ospedale io non voglio andarci. Voglio custodire mio figlio dentro di me anche se non c'è più! Sono sua madre e devo proteggerlo!"- s'impuntò Rebecca, in preda a quel dolore che è padre del delirio.

Valenti la guardò intenerito e commosso: "Signorina, non opponetevi, vi prego! Come vi ho spiegato, è necessario per la vostra salute. Credo sappiate meglio di me quali complicanze potrebbe generare il non rimuovere il feto morto. Metterebbe a rischio la vostra stessa vita. Desiderate questo?"

La risposta della giovane lasciò sgomento il medico: "Sì, dottore: desidero questo! Mio figlio era l'unica cosa che mi restava. Perché lui sì e io no? "

Valenti non seppe trovare le parole giuste. Ebbe bisogno di pensare, almeno per una manciata di secondi.

"Signorina, non parlate in questo modo! È offensivo per voi stessa, per i vostri familiari e per la memoria della vostra creatura!"- disse.

"La mia creatura non c'è più! Voglio bene a mia madre, alla nonna... ma amerei di più l'idea di trovar pace!"- rispose tra i singhiozzi la ragazza.

"Non è necessario morire per trovar pace, signorina! - ribatté ferreo Valenti- "Lasciatevelo dire da chi ha visto soffrire tanta gente. E posso assicurarvi, che pur tra le sofferenze più atroci, nessuno dei miei pazienti voleva realmente morire. Certo, c'è stato chi ha invocato la morte in preda a qualche dolorosa crisi, ma tutti, e ribadisco tutti, all'ultimo momento, avrebbero venduto anche le pupille pur di restare in vita, vicini ai loro familiari e amici!"

La giovane abbassò lo sguardo e tacque, convinta che fosse inutile continuare a parlare con chi non comprendeva il suo dolore. Intervenne a questo punto Esterina: "Scusatemi, dottore, non si potrebbe evitare di ospedalizzarla e fare qui in casa tutto ciò che è necessario? Mia figlia ha proprio in odio gli ambienti ospedalieri, e un eventuale ricovero ne abbatterebbe il morale!"- lo supplicò la donna.

Valenti si lisciò i baffi, assumendo un'espressione assorta e perplessa: "Volendo si potrebbe, anche perché ho qui con me tutti gli attrezzi già sterilizzati, ma io preferirei che la ragazza fosse ospedalizzata, anche solo per un paio di giorni. Approfitterei eseguire alcuni esami ematici! Cosa più importante, sarebbe monitorata da me, dai colleghi medici e dagli infermieri, in un ambiente più attrezzato".

Esterina effettuò un ulteriore tentativo di convincerlo: "Dottore, mi assumo io la responsabilità, e se c'è qualcosa da firmare, lo faccio volentieri! E poi, resteremmo io, mia madre e la mia domestica al suo capezzale! Per quanto concerne gli esami, potrebbe recarsi al nosocomio quando sarete di turno, effettuare i prelievi e tornare a casa. Voi ci avvertireste una volta pronti i risultati. Che ne pensate?"

Il medico sospirò: "E sia! Voglio accontentare sia voi che vostra figlia, quindi procederemo qui, sotto vostra completa responsabilità".

"Grazie, dottore!"- disse Esterina con un sorriso sollevato.

Valenti si avvicinò quindi al letto, dove Rebecca giaceva fiaccata: "Non mi portate in ospedale, vero dottore?" - ripeté lei.

"No, signorina, calmatevi. Niente ospedale"- la tranquillizzò il medico -"Ma dovete promettermi che nei prossimi giorni, appena vi sarete ripresa, verrete a trovarmi in ospedale per delle analisi".

"Avete la mia parola!"- rispose la giovane. Valenti le iniettò quindi qualcosa nel braccio.

Sotto l'effetto dell'anestetico, una sensazione di inaspettata pace iniziò a pervadere la ragazza, che sentì le palpebre pesantissime, e le chiuse quasi senza pensarci. Il corpicino minuto e cianotico della piccola, perché di una femminuccia si trattava, fu avvolto prima in un asciugamano candido e poi in uno dei lenzuolini ricamati. Un cadaverino che stava quasi nel pugno di una mano, eppure completo e perfetto in tutte le sue parti.

"Fate in modo che la ragazza non la veda! Non sappiamo quale reazione potrebbe avere"- consigliò Valenti- "Dormirà fino alla tarda mattinata di domani".

"Ditemi la verità: avete dei sospetti in merito alla sua salute e a ciò che potrebbe aver causato la perdita della bimba?"- chiese Esterina.

Valenti s'incupì: "Donna Esterina, lo dice la parola stessa: "sospetti", e finché resteranno tali, è inutile che io ve ne parli. Lo farò quando diverranno conferme!".

Per evitare poi altre domande, il medico si congedò: "Bene, non dovrebbero esserci complicazioni, ma per qualsiasi cosa, non esitate a chiamarmi!"

"Dottore, che Dio vi benedica!"- ringraziò Esterina.

Madre e nonna tornarono al capezzale di Rebecca, che dormiva con l'espressione beata e angelica di chi fosse nel bel mezzo di un sogno meraviglioso, ignorando che al risveglio sarebbe stata protagonista del peggiore degli incubi! Letizia sgranava il suo rosario, sperando che dall'alto, qualcuno le suggerisse le parole con le quali spiegare alla nipote l'accaduto. Esterina, al contrario, quelle parole non le cercava. Sapeva che avrebbe dovuto dirle, ma si ostinava a non cercarle. Si limitava a guardare sua figlia, scuotendo il capo e dondolandosi avanti e indietro sulla sedia. 

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