Capitolo 2
Mi perdo dentro ai tuoi occhi
che sorridono, ma ora so
E' amore impossibile quello che mi chiedi
sentire ciò che tu sola senti
e vedere ciò che vedi.
- Amore impossibile, Tiromancino -
Sono tre ore che aspetto Viola fuori da questa merda di bar in cui lavora. E' un posto decisamente spento, senza vita, per gente che vuole caffè, brioche e tranquillità. Non fa per me. E non fa nemmeno per lei.
Viola è vita, è luce e colori. La sua voce farebbe esplodere questo posto, se solo l'alzasse quando canticchia le canzoni che passano alla radio. Invece sussurra, si lascia abbattere da questo mormorìo senza senso.
Ed io mi rompo i coglioni, quindi preferisco aspettarla fuori e scolarmi una birra in tranquillità.
La conosco da sempre, Viola. Fin da quando mi ronzava intorno alle elementari, con quell'aria saccente e quelle due finestrelle in bocca. E quegli occhi pazzeschi, verdi o grigi, non l'ho mai capito, dipende dal sole, che mi uccidono ogni fottuta volta che si puntano su di me. Mi uccidono per la voglia che ho di lei, per il bisogno cieco di stringermela addosso, per la consapevolezza che sarebbe la fine se lo facessi.
Io sono un oceano di problemi e lei è pulita, non devo sporcarla. Finirei per rovinare tutto, già lo so, quindi preferisco rimanere fermo, immobile, senza alzare un dito. E lo so, lo sento che per lei vale lo stesso, ma preferirei morire piuttosto che rovinare l'unica cosa buona che ho nella mia vita.
Tiro fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e controllo i messaggi. Stasera dovevo allenare i ragazzi, giù in palestra, ma non ce l'ho fatta. Quel coglione di mio cognato mi ha di nuovo fatto uscire fuori di testa, prima o poi lo faccio secco.
Insiste ancora con la storia del lavoro. Vuole che mi prostri ai suoi piedi e lo implori di entrare a far parte di quella merda di ditta che si ritrova, a prendermi la sua elemosina come stipendio. Come se ne avessi bisogno.
Oggi ha superato il limite. Ha nominato mia madre e non doveva permettersi.
Serro i denti al ricordo delle sue schifosissime parole, dopodiché scrivo un messaggio a Luca e gli chiedo di raggiungermi al parco sul tardi. Devo parlargli.
Mi sgranchisco il collo e torno a bere la mia birra, mentre due ragazze vestite come prostitute mi passano davanti e ammiccano nella mia direzione. Parlottano tra di loro, si voltano a guardarmi, iniziano ad ancheggiare per attirare l'attenzione.
Seguo le loro figure formose e guardo palesemente i loro fondoschiena. Non sono niente male, proprio ciò che mi servirebbe per allentare un po' i nervi. Faccio per alzarmi con l'intento di fermarle, quando sento qualcuno che si schiarisce la voce alle mie spalle.
Viola è in piedi accanto alla porta del bar. Ha i capelli ramati legati in una coda sfatta, un paio di jeans strappati sulle cosce e una canottierina nera che le mette in risalto il seno perfetto, gonfio al punto giusto, niente di volgare o d'inesistente. Tiene in mano la borsa e ha le guance gonfie di disappunto.
Ecco di cos'avrei bisogno in questo momento, non di quelle due galline, non di questa birra che è diventata calda, non della dozzina di sigarette che mi sono fumato, non delle due canne che ho praticamente spento sane.
Avrei bisogno di lei. Di Viola. Di tenerla stretta per tutta la notte. Della sua voce che riempie casa mia. E la mia vita.
Ma è impossibile quello che chiedo.
Sorrido e mi avvicino. <<Che è 'sta faccia?>>
Lei scrolla le spalle. <<Niente, niente.>> Cammina verso la mia moto parcheggiata poco distante da noi. <<Gli hai lasciato gli occhi sul culo, a quelle due. Fate proprio schifo voi uomini.>>
Scoppio a ridere e la raggiungo, passandole il casco. <<Gli occhi sono fatti per guardare, tesoro.>>
Arriviamo a casa sua una decina di minuti dopo. Abita vicino alla piazza insieme a sua nonna Anna. Anche io ho vissuto per un po' con loro, quando mia madre era appena morta, prima che Giorgia sposasse quel coglione. Forse è stato il periodo più normale della mia vita.
Viola scende dalla moto e si sistema i capelli. <<Sali? C'è anche Lara.>>
Scuoto la testa e le accarezzo una guancia. <<No, vado che c'ho appuntamento con Luca al parco.>>
Lei annuisce. <<Poi che fai? Vieni a dormire da me o torni a casa?>>
<<No, tranquilla, vado a casa.>> Mi sporgo e le bacio la fronte. <<Notte, Violè.>>
La guardo camminare fino al portone, e una volta entrata nel palazzo punto lo sguardo verso la finestra di casa sua e aspetto di vedere la luce del salone accendersi. Viola appare davanti al vetro e mi saluta.
Con lei al sicuro, sfreccio via e in un attimo arrivo davanti all'entrata del parco.
Le ho mentito. Stanotte non ci torno neanche morto a casa, piuttosto dormo in palestra. Ma non potevo dirle che non voglio dormire con lei per paura di perdere il controllo. Perché lo so, lo sento che stasera non riuscirei a resisterle.
Scendo dalla moto e cammino verso la panchina. Luca non è ancora arrivato. Scalcio una bottiglia di vetro buttata per terra e mi siedo, alzando gli occhi verso il cielo.
Quanto vorrei poter chiedere a mia madre cosa pensa di me, del mio essere diventato uomo. Mi fanno schifo tutte queste stelle che stanno in cielo, dopo aver trascorso l'infanzia a supplicarle di ridarmela indietro. Di ridarmi indietro mia madre.
Luca si siede accanto a me senza dire una parola. Mi porge una sigaretta ed io me la porto alle labbra e l'accendo, soffiando fuori il fumo.
<<In palestra tutto bene. Ai ragazzi sei mancato>>, mi dice.
<<Domani torno.>> Finalmente alzo lo sguardo su di lui. <<Per quell'altra storia? Saputo niente?>>
Luca rimane zitto per un po', si gusta la sigaretta e osserva un gruppo di formiche che banchettano con un pezzo di pizza bianca caduta a chissà chi, chissà quando. Dopo quella che mi sembra un'eternità, il mio amico tira fuori un bigliettino dalla tasca dei jeans e me lo porge.
<<Questo è il suo numero. Mi hanno detto che sta sempre all'Eternit.>>
Sorrido sprezzante, rigirandomi il foglietto tra le dita. <<Dove c'è un problema, c'è sempre Luigi Forlani di mezzo.>>
<<Dan, devi stare attento stavolta.>> Luca sospira e mi guarda preoccupato. <<E' gente strana, mai vista prima. Mi sembra poco raccomandabile. E pericolosa, molto pericolosa.>>
Gli metto una mano sulla spalla e annuisco, dopodiché mi alzo in piedi e cammino verso la mia moto. <<E' per questo che so che è la volta buona, Luchino.>> Mi metto il casco e lo saluto con un cenno della testa. <<Tieni la bocca chiusa con gli altri. Soprattutto con Viola.>>
Parto verso l'autostrada, semino manciate di asfalto a tutta velocità, fregandomene dei semafori rossi e delle regole stradali. Mi sento strano, euforico. Non vedo l'ora che sia domani per iniziare la seconda parte del mio piano.
Non posso dire nulla a nessuno, neanche a Viola. Specialmente a lei. Mi ucciderebbe se sapesse cosa sto per fare.
Ed io so che per quanto la amo, riuscirebbe anche a farmi desistere se lo volesse, e non posso permettermelo. La amo, è vero, ma quelle stelle schifose che mi hanno portato via mia madre devono andare a farsi fottere.
Stavolta la vendico.
Stavolta me la riprendo.
Note dell'autrice
Salve, gente! Questo capitolo è un piccolo salto nel meraviglioso mondo di Daniele.
Mi sembrava doveroso presentarvi anche lui nel modo più adeguato, anche se Viola vorrebbe tenerselo tutto per sé.
Ci saranno naturalmente anche altri capitoli dal punto di vista di Daniele, e spero che in questo modo riusciate a comprendere meglio questi due matti!
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
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