Capitolo 44 - Mendel
<< Allora... >> esordii, più che intenzionata a porre fine allo sgradevolissimo silenzio che regnava nell'ambiente. << Cos'è successo? E da quanto tempo sono ricoverata qui? >>.
Giacomo si avvicinò cautamente a me e si sedette sul letto.
<< Sei stata operata solo ieri pomeriggio>> iniziò, schiarendosi la gola. << È successo tutto così in fretta... non ho avuto neppure il tempo di capire cosa stava accadendo... >>.
<< Da quale momento ricordi esattamente? >> volli sapere.
<< Be', ho ricordi vaghi, perlopiù... ricordo di aver ascoltato il tuo messaggio, quello che avevi lasciato in segreteria. E poi è tutto buio... fino al momento in cui il padre di Tommaso - credo sia stato lui, ma non ne sono certo - mi ha colpito alla testa. Poi ricordo di essermi svegliato e di averti trovata stesa a terra... eri piena di sangue, Melissa... io... io non capivo neppure da dove arrivasse tutto quel sangue... ho temuto di perderti >>.
Istintivamente lo presi per mano, e lui parve stupito da quel gesto.
<< Poi ti hanno portata qui >> riprese, un po' esitante. << E il medico ha detto che ti avrebbero dovuta operare... pare che il proiettile fosse penetrato nella milza, e infatti sono stati costretti a togliertela. Mi sono sentito così piccolo e inutile, Mely. Non potevo aiutarti in alcun modo, ero impotente... non sapevo neppure quale fosse il tuo gruppo sanguigno! >>.
Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
<< Giacomo >> lo interruppi, decisa. << Non è una tragedia il fatto che tu non conoscessi il mio gruppo sanguigno! Non è certo uno degli argomenti più gettonati tra fidanzati >>.
Abbozzò un sorriso, probabilmente più per farmi contenta che per altro.
<< Sono zero positivo, comunque. Giusto perché tu lo sappia. Non si sa mai >> lo presi in giro. << E... insomma, Tommaso? >>.
Mi indirizzò uno sguardo indecifrabile.
<< Sta bene >> rispose. << Ieri hanno arrestato lui e tutta la sua famiglia. Il padre di Giada non ha fatto che scusarsi con me, poverino... credo che stamattina siano andati a casa di Federico. Mely >> strinse più forte la mia mano. << Devo dirti una cosa... su di me >>.
Intuii dove voleva arrivare.
<< So già tutto. E ti volevo proprio rassicurare... non hai la Corea di Huntington >> andai subito al dunque.
<< C-come... come fai a saperlo? >> si meravigliò. << Non l'ho rivelato a nessuno >>.
<< È una lunga storia >> dissi semplicemente.
C'era effettivamente una storia molto lunga da raccontare: sul suo rapporto con Tommaso, per esempio, che datava chissà quanti anni.
O, ancora, sul fatto che Vittoria era sua zia.
Ma avevo veramente il diritto di vomitargli addosso tutto quello stesso giorno?
Non mi sentivo neppure fisicamente in grado di farlo, figuriamoci emotivamente.
<< Per adesso, fidati di me. Non hai la Corea di Huntington >> ripetei, destinandogli un sorriso.
<< Allora non mi resta altro che fare questo >> annunciò lui, felicissimo.
Si alzò dal letto e si mise in ginocchio sul pavimento.
<< No, ti prego >> lo supplicai, sentendomi avvampare in volto. << Non farlo >>.
Eravamo decisamente troppo giovani per sposarci.
<< Non è quello che pensi, scema >> mi assicurò. << Volevo solo chiederti... anzi, pregarti di perdonarmi >>.
<< Tu chiedi a me di perdonarti? >> esclamai, imbarazzata. << Sei tu che devi perdonare me, semmai >>.
<< No, tu non hai fatto nulla. Sono stato io lo stupido. Ho frainteso quello che ho visto, e sono scappato via come un idiota, senza neppure darti il tempo di spiegare. Ho deciso arbitrariamente di escluderti a priori dalla mia malattia, e l'ho fatto senza darti la benché minima spiegazione. Ti prego di perdonarmi >> insistette Giacomo, ancora inginocchiato.
<< Ti ho ferito. L'ho fatto involontariamente, sì, ma comunque l'ho fatto >> dissi, incapace di guardarlo negli occhi.
<< Mely, la verità è che non ho mai smesso di amarti. Mi hai addomesticato >> esclamò lui, sorridendo.
<< Addomesticato? Che brutta parola >> gli feci notare.
<< Sí, addomesticato. Come il piccolo principe con la volpe >>.
Dedussi quel che voleva dire.
<< Ricordi? Addomesticare significa creare legami, dice la volpe. Significa, per esempio, che ogni singolo temporale, negli ultimi giorni, mi ha fatto piangere. Perché mi ricordava il giorno in cui, solo pochi mesi fa, decidesti di darmi una possibilità. E lo facesti senza la benché minima logica, follemente, direi. Significa che ogni episodio di Dr. House mi faceva pensare a te. Significa che... >> tirò su col naso e riprese. <<... significa che ogni santa notte in cui prendevo in mano "I dolori del giovane Werther" e uscivo in balcone a leggere, inevitabilmente scoppiavo a piangere, pensando a te. Ma allo stesso tempo sorridevo, e sai perché? Perché conoscerti è stata una delle più grandi fortune che abbia avuto. Forse l'unica cosa che non rimpiango della mia vita >>.
Scoppiai involontariamente a ridere, bloccandomi subito dopo per la fastidiosa trazione sui punti.
Lo amavo così tanto...
<< Perché ridi? >> domandò il ragazzo, perplesso.
<< Perché siamo due stupidi >> risposi, sincera. << Anzi, tu sei uno stupido. Io sono scema >>.
<< Non mi farai passare facilmente il fatto che ti abbia chiamata scema, eh? >> intuì Giacomo, mettendosi in piedi. << Ma io ti amo lo stesso >>.
Si chinò delicatamente su di me e mi diede un bacio, rischiando di impigliarsi in un tubo e cadermi addosso.
<< Un altro caro e comodo drenaggio, vedo >> commentai, aiutandolo a svincolarsi. << E anche questa volta a sinistra, bene. Sono una comunista nata >>.
<< Secondo me è stato tuo padre a chiedere che ti venisse messo, in modo da tenermi a debita distanza da te >> azzardò - ma in realtà neanche troppo - Giacomo.
<< Probabile >> risi. << E i miei dove sono adesso? >>.
<< Tuo fratello a scuola, sono le undici del mattino. I tuoi genitori qui fuori. L'infermiere - Stefano, mi pare abbia detto di chiamarsi - ci ha ordinato di entrare al massimo due alla volta. Anzi, tra un po' sarà finito l'orario di visita ed è giusto che i tuoi entrino a vederti >> dichiarò, mettendosi nuovamente in piedi. << Sono già stati gentilissimi a farmi entrare per primo... tua madre, più che altro. Tuo padre credo che mi detesti, ma... dettagli >>.
Non volevo che se ne andasse. Dopo aver rischiato di perderlo, desideravo averlo sempre accanto a me...
<< Rimani ancora cinque minuti >> lo supplicai.
<< D'accordo >> accettò. << Ma solo cinque minuti. Fosse per me starei tutto il giorno sdraiato accanto a te, ma sarebbe ingiusto verso i tuoi genitori >>.
Mi misi a sedere e presi il regalo che aveva lasciato sul comodino Elettra.
<< Chissà cosa mi avrà comprato >> dissi, tastando la consistenza della confezione.
<< Azzarderei qualcosa tipo un libro della James >> ipotizzò Giacomo.
Aprii il pacco regalo e mi trovai di fronte...
<< Il libro di Biologia >>.
Scoppiai a ridere, questa volta trattendomi per evitare di stirare i punti.
<< Mi conosce veramente bene quella ragazza >> osservai.
Mi venne in mente un'idea.
Mi misi a sfogliare convulsivamente i capitoli di Genetica fino alla pagina designata.
<< Sei impazzita? Vuoi già iniziare a studiare? >> mi rimproverò il ragazzo, serio.
<< Mendel... >> borbottai, pensierosa. << Le leggi di Mendel... le abbiamo persino ripetute insieme... >>.
<< Cosa stai dicendo? >> chiese Giacomo, confuso.
<< Credo che Tommaso abbia la Corea di Huntington >> rivelai.
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